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Ovidio e Marziale tra poesia e retoricaCenni, Claudia <1979> 04 June 2009 (has links)
This
study
participates
of
the
vivacious
and
recent
interest
for
the
Martial’s
work,
that
has
brought
to
discover
a
wealth
and
a
complexity,
remained
for
a
long
time
hidden,
of
the
epigrammatic
kind.
Of
this
complexity
is
an
important
part
the
refined
allusive
game
with
the
preceding
tradition,
as
that
with
Ovid.
My
work
is
divided
in
two
sections:
the
first
one
is dedicated
to
the
passages
in
which
Martial
quotes
Ovid
and
to
the
surest
and
more
important
recalls.
The
single
chapters
are
dedicated
to
a
detail
theme
(the
apostrophe
to
the
book;
the
mythology;
the
love;
the
exile).
The
second
section,
instead,
is
dedicated
to
the
rhetoric,
with
an
analysis
of
the
structure
of
the
poetic
discourse
in
the
elegy
and
in
the
epigram,
and
to
the study
of
some
rhetorical
figures,
in
primis
the
sententia,
key‐element
in
the
Martial’s
work,
but
also
decisive
in
the
innovative
poetic process
begun by
Ovid.
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I sarcofagi tra III e IV secolo d. C.: problemi di iconologiaDall'Aglio, Michele <1978> 05 June 2009 (has links)
Cosa e’ stato fatto e il fine della ricerca in questi tre anni si è esaminato il materiale edito sui sarcofagi del periodo in esame, sui culti funerari, i problemi religiosi ed artistici.
Per trovare confronti validi si sono resi necessari alcuni viaggi sia in Italia che all’estero.
Lo scopo della ricerca è stato quello di “leggere” i messaggi insiti nelle figurazioni delle casse dei sarcofagi, per comprendere meglio la scelta dei committenti verso determinati temi e la ricezione di questi ultimi da parte del pubblico.
La tomba, infatti, è l’ultima traccia che l’uomo lascia di sé ed è quindi importante cercare di determinare l’impatto psicologico del monumento funerario sul proprietario, che spesso lo acquistava quando ancora era in vita, e sui familiari in visita alla tomba durante la celebrazione dei
riti per i defunti.
Nell’ultimo anno, infine, si è provveduto a scrivere la tesi suddivindendo i capitoli e i pezzi in base
all’argomento delle figurazioni (mitologici, di virtù, etc.).
I capitoli introduttivi
Nel primo capitolo di introduzione si è cercato di dare un affresco per sommi capi del periodo storico in esame da Caracalla a Teodosio e della Chiesa di III e IV secolo, mettendo in luce la profonda crisi che gravava sull’Impero e le varie correnti che frammentavano il cristianesimo.
In particolare alcune dispute, come quella riguardante i lapsi, sarà alla base di ipotesi interpretative riguardanti la raffigurazione del rifiuto dei tre giovani Ebrei davanti a Nabuchodonosor.
Nel capitolo seguente vengono esaminati i riti funerari e il ruolo dei sarcofagi in tali contesti, evidenziando le diverse situazioni emotive degli osservatori dei pezzi e, quindi, l’importanza dei temi trattati nelle casse.
I capitolo
Questo capitolo tratta dei sarcofagi mitologici.
Dopo una breve introduzione, dove viene spiegata l’entrata in uso dei pezzi in questione, si passa alla discussione dei temi, suddivisi in paragrafi.
La prima classe di materiali è qualla con la “caduta di Fetonte” la cui interpretazione sembra chiara:
una tragedia familiare. Il compianto sul corpo di un ragazzo morto anzi tempo, al quale partecipa tutto il cosmo. L’afflizione dei familiari è immane e sembra priva di una possibile consolazione.
L’unico richiamo a riprendere a vivere è solo quello del dovere (Mercurio che richiama Helios ai propri impegni).
La seconda classe è data dalle scene di rapimento divino visto come consolazione e speranza in un aldilà felice, come quelle di Proserpina e Ila. Nella trasposizione della storia di Ila è interessante anche notare il fatto che le ninfe rapitrici del giovane – defunto abbiano le sembianze delle parenti già morte e di un fanciullo, probabilmente la madre, la nonna e un fratello deceduto anzi tempo.
La terza classe presenta il tema del distacco e dell’esaltazione delle virtù del defunto nelle vesti dei
cacciatori mitici Mealeagro, Ippolito e Adone tutti giovani, forti e coraggiosi.
In questi sarcofagi ancor più che negli altri il motivo della giovinezza negata a causa della morte è fondamentale per sottolineare ancora di più la disperazione e il dolore dei genitori rimasti in vita.
Nella seguente categoria le virtù del defunto sono ancora il tema dominante, ma in chiave diversa: in questo caso l’eroe è Ercole, intento ad affrontare le sue fatiche.
L’interpretazione è la virtù del defunto che lo ha portato a vincere tutte le difficoltà incontrate durante la propria vita, come dimostrerebbe anche l’immagine del semidio rappresentato in età diverse da un’impresa all’altra.
Vi è poi la categoria del sonno e della morte, con i miti di Endimione, Arianna e Rea Silvia, analizzato anche sotto un punto di vista psicologico di aiuto per il superamento del dolore per la perdita di un figlio, un marito, o, ancora, della sposa.
Accanto ai sarcofagi con immagini di carattere narrativo, vi sono numerosi rilievi con personaggi mitici, che non raccontano una storia, ma si limitano a descrivere situazioni e stati d’animo di felicità. Tali figurazioni si possono dividere in due grandi gruppi: quelle con cortei marini e quelle con il tiaso dionisiaco, facendo dell’amore il tema specifico dei rilievi. Il fatto che quello del tiaso
marino abbia avuto così tanta fortuna, forse, per la numerosa letteratura che metteva in relazione l’Aldilà con l’acqua: l’Isola dei Beati oltre l’Oceano, viaggi per mare verso il mondo dei morti.
Certo in questo tipo di sarcofagi non vi sono esplicitate queste credenze, ma sembrano più che altro esaltare le gioie della vita.
Forse il tutto può essere spiegato con la coesistenza, nei familiari del defunto, della memoria retrospettiva e della proiezione fiduciosa nel futuro. Sostanzialmente era un modo per evocare situazioni gioiose e di godimento sensibile, riferendole ai morti in chiave beneaugurale.
Per quanto rigurda il tiaso di Bacco, la sua fortuna è stata dettata dal fatto che il suo culto è sempre
stato molto attivo. Bacco era dio della festa, dell’estasi, del vino, era il grande liberatore, partecipe della crescita e della fioritura, il grande forestiero , che faceva saltare gli ordinamenti prestabiliti, i confini della città con la campagna e le convenzioni sociali. Era il dio della follia, al quale le menadi si abbandonavano nella danza rituale, che aggrediva le belve, amante della natura, ma che penetra nella città, sconvolgendola. Del suo seguito facevano parte esseri ibridi, a metà tra l’ordine
e la bestialità e animali feroci ammansiti dal vino. I suoi nemici hanno avuto destini orribili di indicibile crudeltà, ma chi si è affidato anima e corpo a lui ha avuto gioia, voluttà, allegria e pienezza di vita. Pur essendo un valente combattente, ha caratteri languidi e a tratti femminei, con forme floride e capelli lunghi, ebbro e inebriante. Col passare del tempo la conquista indiana di alessandro si intrecciò al mito bacchico e, a lungo
andare, tutti i caratteri oscuri e minacciosi della divinità scomparirono del tutto. Un esame sistematico dei temi iconografici riconducibili al mito di Bacco non è per nulla facile, in quanto l’oggetto principale delle raffigurazioni è per lo più il tiaso o come corteo festoso, o come gruppi di figure danzanti e musicanti, o, ancora, intento nella vendemmia. Ciò che interessava agli scultori era l’atmosfera gioiosa del tiaso, al punto che anche un episodio importante, come abbiamo visto, del ritrovamento di Arianna si pèerde completamente dentro al corteo, affollatissimo di personaggi.
Questo perché, come si è detto anche al riguardo dei corte marini, per creare immagini il più possibile fitte e gravide di possibilità associative. Altro contesto iconografico dionisiaco è quello degli amori con Arianna.
Sui sarcofagi l’amore della coppia divina è raffigurato come una forma di stupore e rapimento alla vista dell’altro, un amore fatto di sguardi, come quello del marito sulla tomba della consorte.
Un altro tema , che esalta l’amore, è senza ombra di dubbio quello di Achille e Pentesilea, allegoria dell’amore coniugale. Altra classe è qualla con il mito di Enomao, che celebra il coraggio virile e l’attitudine alla vittoria
del defunto e, se è presente la scena di matrimonio con Ippodamia, l’amore verso la sposa. Infine vi sono i sarcofagi delle Muse: esaltazione della cultura e della saggezza del morto.
II capitolo
Accanto ad i grandi ambiti mitologici dei due tiasi del capitolo precedente era la natura a lanciare un messaggio di vita prospera e pacifica.
Gli aspetti iconografici diq uesto tema sono due: le stagioni e la vita in un ambiente bucolico.
Nonostante la varietà iconografica del soggetto, l’idea di fondo rimane invariata: le stagioni
portano ai morti i loro doni affinchè possano goderne tutto l’anno per l’eternità.
Per quanto riguarda le immagini bucoliche sono ispirate alla vita dei pastori di ovini, ma
ovviamente non a quella reale: i committenti di tali sarcofagi non avevano mai vissuto con i pastori,
né pensavano di farlo i loro parenti.
Le immagini realistiche di contadini, pastori, pescatori, tutte figure di infimo livello sociale,
avevano assunto tratti idilliaci sotto l’influsso della poesia ellenistica. Tutte queste visioni di felicità
mancano di riferimenti concreti sia temporali che geografici. Qui non vi sono protagonisti e
situazioni dialogiche con l’osservatore esterno, attraverso la ritrattistica.
I defunti se appaiono sono all’interno di un tondo al centro della cassa.
Nei contesti bucolici, che andranno via, via, prendendo sempre più piede nel III secolo, come in
quelli filosofici, spariscono del tutto le scene di lutto e di cordoglio.
Le immagini dovevano essere un invito a godersi la vita, ma dovevano anche dire qualcosa del
defunto. In una visione retrospettiva, forse, si potrebbero intendere come una dichiarazione che il
morto, in vita, non si era fatto mancare nulla.
Nel caso opposto, poteve invece essere un augurio ad un’esistenza felice nell’aldilà.
III capitolo
Qui vengono trattati i sarcofagi con l’esaltazione e l’autorappresentazione del defunto e delle sue
virtù in contesti demitizzati.
Tra i valori ricorrenti, esaltati nei sarcofagi vi è l’amore coniugale espresso dal tema della dextrarum iunctio, simbolo del matrimonio, la cultura, il potere, la saggezza, il coraggio, esplicitato dalle cacce ad animali feroci, il valore guerriero e la giustizia, dati soprattutto dalle scene di battaglia e di giudizio sui vinti.
IV capitolo
In questo capitolo si è provato a dare una nuova chiave di lettura ai sarcofagi imperiali di S. Elena e di Costantina.
Nel primo caso si tratterebbe della vittoria eterna sul male, mentre nel secondo era un augurio di vita felice nell’aldilà in comunione con Dio e la resurrezione nel giorno del giudizio.
V capitolo
Il capitolo tratta le mediae voces, quei pezzi che non trovano una facile collocazione in ambito religioso poiché presentano temi neutri o ambivalenti, come quelli del buon pastore, di Prometeo, dell’orante.
VI capitolo
Qui trovano spazio i sarcofagi cristiani, dove sono scolpite varie scene tratte dalle Sacre Scritture.
Anche in questo caso si andati al di là della semplice analisi stilistica per cercare di leggere il messaggio contenuto dalle sculture. Si sono scoperte preghiere, speranze e polemiche con le correnti cristiane considerate eretiche o “traditrici” della vera fede, contro la tradizionale interpretazione che voleva le figurazioni
essenzialmente didascaliche.
VII capitolo
Qui vengono esposte le conclusioni da un punto di vista sociologico e psicologico.
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Alcibiade tra letteratura e storia. Studio sulle rappresentazioni letterarie di Alcibiade con una appendice sull'omonima Vita plutarcheaPacini, Costanza <1981> 28 May 2009 (has links)
No description available.
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L'intertestualità delle Troiane di EuripideFanfani, Giovanni <1978> 28 May 2009 (has links)
No description available.
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Storiografi della Britannia medievale: tematiche storiche e letterarieZama, Alberto <1981> 04 June 2009 (has links)
No description available.
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Creazione e sviluppo di corpora multimediali. Nuove metodologie di ricerca nella traduzione audiovisivaValentini, Cristina <1976> 04 June 2009 (has links)
The construction and use of multimedia corpora has been advocated for a while in the literature as one of the expected future application fields of Corpus Linguistics. This research project represents a pioneering experience aimed at applying a data-driven methodology to the study of the field of AVT, similarly to what has been done in the last few decades in the macro-field of Translation Studies. This research was based on the experience of Forlixt 1, the Forlì Corpus of Screen Translation, developed at the University of Bologna’s Department of Interdisciplinary Studies in Translation, Languages and Culture. As a matter of fact, in order to quantify strategies of linguistic transfer of an AV product, we need to take into consideration not only the linguistic aspect of such a product but all the meaning-making resources deployed in the filmic text. Provided that one major benefit of Forlixt 1 is the combination of audiovisual and textual data, this
corpus allows the user to access primary data for scientific investigation, and thus no longer rely on pre-processed material such as traditional annotated transcriptions. Based on this rationale, the first chapter of the thesis sets out to illustrate the state of the art of research in the disciplinary fields involved. The primary
objective was to underline the main repercussions on multimedia texts resulting from the interaction of a double support, audio and video, and, accordingly, on procedures, means, and methods adopted in their translation. By drawing on previous research in semiotics and film studies, the relevant codes at work in visual and acoustic channels were outlined. Subsequently, we concentrated on the analysis of the verbal component and on the peculiar characteristics of filmic orality as opposed to spontaneous dialogic production. In the second part, an overview of the main AVT modalities was presented (dubbing, voice-over, interlinguistic and intra-linguistic subtitling, audio-description, etc.) in order to define the different technologies, processes and professional qualifications that this umbrella term presently includes. The second chapter focuses diachronically on various theories’ contribution to the application of Corpus Linguistics’ methods and tools to the field of Translation Studies (i.e. Descriptive Translation Studies, Polysystem Theory). In
particular, we discussed how the use of corpora can favourably help reduce the gap existing between qualitative and quantitative approaches. Subsequently, we reviewed the tools traditionally employed by Corpus Linguistics in regard to the construction of traditional “written language” corpora, to assess whether and how they can be adapted to meet the needs of multimedia corpora. In particular, we reviewed existing speech and spoken corpora, as well as multimedia corpora specifically designed to investigate Translation. The third chapter reviews Forlixt 1's main developing steps, from a technical (IT design principles, data query functions) and methodological point of view, by laying down extensive scientific foundations for the annotation methods adopted, which presently encompass categories of pragmatic, sociolinguistic, linguacultural and semiotic nature. Finally, we described the main query tools (free search, guided search, advanced search and combined search) and the main intended uses of the database in a pedagogical perspective. The fourth chapter lists specific compilation criteria retained, as well as statistics of the two sub-corpora, by presenting data broken down by language pair (French-Italian and German-Italian) and genre (cinema’s comedies, television’s soapoperas and crime series). Next, we concentrated on the discussion of the results obtained from the analysis of summary tables reporting the frequency of categories applied to the French-Italian sub-corpus. The detailed observation of the distribution of categories identified in the original and dubbed corpus allowed us to empirically confirm some of the theories put forward in the literature and notably concerning the nature of the filmic text, the dubbing process and Italian dubbed language’s features. This was possible by looking into some of the most problematic aspects, like the rendering of socio-linguistic variation. The corpus equally allowed us to consider so far neglected aspects, such as pragmatic, prosodic, kinetic, facial, and semiotic elements, and their combination. At the end of this first exploration, some specific observations concerning possible macrotranslation trends were made for each type of sub-genre considered (cinematic and TV genre). On the grounds of this first quantitative investigation, the fifth chapter intended to further examine data, by applying ad hoc models of analysis. Given the virtually infinite number of combinations of categories adopted, and of the latter with searchable textual units, three possible qualitative and quantitative methods were designed, each of which was to concentrate on a particular translation dimension of the filmic text. The first one was the cultural dimension, which specifically focused on the rendering of selected cultural references and on the investigation of recurrent translation choices and strategies justified on the basis of the occurrence of specific clusters of categories. The second analysis was
conducted on the linguistic dimension by exploring the occurrence of phrasal verbs in the Italian dubbed corpus and by ascertaining the influence on the adoption of related translation strategies of possible semiotic traits, such as gestures and facial expressions. Finally, the main aim of the third study was to verify whether, under which circumstances, and through which modality, graphic and iconic elements were translated into Italian from an original corpus of both German and French films. After having reviewed the main translation techniques at work, an exhaustive account of possible causes for their non-translation was equally provided. By way of conclusion, the discussion of results obtained from the distribution of annotation categories on the French-Italian corpus, as well as the application of specific models of analysis allowed us to underline possible advantages and drawbacks related to the adoption of a corpus-based approach to AVT studies.
Even though possible updating and improvement were proposed in order to help solve some of the problems identified, it is argued that the added value of Forlixt 1 lies ultimately in having created a valuable instrument, allowing to carry out empirically-sound contrastive studies that may be usefully replicated on different language pairs and several types of multimedia texts. Furthermore, multimedia corpora can also play a crucial role in L2 and translation teaching, two disciplines in which their use still lacks systematic investigation.
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Il Comentum super cantum di Roger Caperon. Introduzione ed edizione criticaBevilacqua, Gregorio <1981> 28 May 2009 (has links)
No description available.
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Il Tentamen novae theoriae musicae di Eulero (Pietroburgo, 1739): traduzione e introduzioneDe Piero, Alvise <1974> 28 May 2009 (has links)
No description available.
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Come tradurre il metadiscorso letterario. Esempi di scrittura femminile nell'Ottocento austriacoMarsigli, Monica <1974> 23 June 2009 (has links)
L’argomento affrontato nel presente lavoro di tesi dal titolo “Come tradurre il metadiscorso letterario. Esempi di scrittura femminile nell’Ottocento austriaco” è la versione interlinguistica di testi saggistici afferenti all’ambito del metadiscorso letterario. Nello specifico, non vengono analizzati testi di critica e/o metodologia ma scritti funzionali, di forte carattere pragmatico, che pur tuttavia rientrano tra le testimonianze di alta caratura letteraria, perché dovuti ad autrici che hanno fatto dell’espressione estetica la propria finalità primaria. I materiali scelti per l’analisi linguistico-testuale, compresi in un arco temporale tra la fine del Settecento e la metà dell’Ottocento, sono realizzati da donne che hanno operato in ambito teatrale facendo dell’attività di scrittura lo strumento della propria emancipazione intellettuale ed economica. La necessità di trovare una via alla pubblicazione le ha indotte a strategie di scrittura connotate da particolari stilemi e artifici retorici atti a favorire l’accettazione e la diffusione delle proposte editoriali di cui questi “paratesti” costituivano il momento giustificante. Il “lavoro di penna” è un’esperienza che viene ad assumere molteplici contorni, non privi di ricadute al momento della scelta delle strategie traduttive.
Dal punto di vista formale, le testimonianze si collocano in una zona di modalità espressiva contigua alla testimonianza autobiografica. Il periodo storico e l’area di
provenienza delle autrici hanno reso necessario un approccio capace di incrociare il piano diacronico con la dimensione diatopica, rendendo conto delle componenti
diamesiche di una scrittura che nasce dal teatro per il teatro e ad esso e ai suoi frequentatori deve rapportarsi.
Il modello traduttologico applicato ricava le sue linee fondamentali dalle riflessioni della linguistica testuale e dall’approccio integrato/multidisciplinare della “prototipologia dinamica”. / This essay entitled “Come tradurre il metadiscorso letterario. Esempi di scrittura femminile nell’Ottocento austriaco/How to translate literary metadiscourse. Examples of nineteenth-century Austrian women’s writing” looks at the
interlinguistic translation of non-fiction texts focusing on literary metadiscourse. More specifically, it does not analyse critical texts and/or methods, but rather functional writings of a strong pragmatic nature, which are also considered very important literary testimonies because they were written by women writers who made aesthetic expression their primary aim. The materials selected for the linguistic-textual analysis, spanning from the late
eighteenth century to the mid nineteenth century, were written by women who worked in the theatre and used the pen as a tool for their intellectual and financial emancipation. The necessity of finding a way to publish their works induced them to use writing strategies connoted by special stylistic elements and rhetorical devices. These strategies aimed at favouring the acceptance and diffusion of the publishing offers of which these “paratexts” were the justifying moment. The “art of writing” is an experience that takes on many different contours, not devoid of relapses when selecting the translation strategies. In formal terms, the testimonies belong to an area of expressive mode similar to autobiographical testimonies. The historical period and the country of origin of the writers made it necessary to use an approach that could interconnect the diachronic plan with the diatopic dimension, whilst taking into account the diamesic
components of a writing that was born in the theatre for the theatre and that must relate with the theatre and its regular visitors. The traductological model applied gets its fundamental lines from the reflections of textual linguistics and from the integrated/multi-disciplinary approach of “dynamic prototypology”.
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Arti decorative: Bologna e Faenza tra Ottocento e NovecentoBaldini, Elisa <1970> 29 June 2009 (has links)
La ricerca approfondisce gli studi iniziati dalla dott.ssa Baldini in occasione della tesi di laurea e amplia le indagini critiche avviate per la mostra sull’Aemilia Ars, società attiva nel campo delle arti decorative bolognesi e romagnole tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento. Inizialmente si intendeva allargare questo tipo di ricerca a tutto il territorio regionale, ma data la
complessità e l’estensione della materia, si è optato per una ridefinizione degli ambiti. La ricerca si è quindi interessata alle aree di Bologna e Faenza individuando le connessioni che, nel periodo indicato, intercorrono tra la cultura artistica locale e quella nazionale ed europea. Per quanto riguarda l’ambiente faentino ci si è concentrati sull’opera degli artisti del Cenacolo baccariniano e delle botteghe artigiane locali, che stabiliscono un apprezzabile contatto tra le due città. L’indagine si orienta soprattutto allo studio degli aspetti decorativi legati agli arredi urbani, agli allestimenti d’interni e alle arti applicate, considerando gli eventuali collegamenti con pittura, grafica e scultura.
Nella prima parte del lavoro viene delineato sinteticamente il panorama artistico e culturale di Bologna e di Faenza nel periodo che va dall’ultimo decennio dell’Ottocento al primo decennio del secolo successivo. Le due città, connesse da una rete di collaborazioni tra artisti e laboratori artigianali, vivono un momento di particolare vivacità e grazie all’impegno di valenti personalità e
alla congiunzione d’interessanti sinergie, sono in grado confrontarsi con importanti esempi nazionali ed internazionali. Il clima artistico faentino di questi anni risente ancora della significativa eredità neoclassica lasciata da Felice Giani, il quale oltre a fornire ad artisti e artigiani ineludibili esempi nei palazzi locali – tra cui primeggiano gli splendidi apparati decorativi di Palazzo Milzetti – si era fatto promotore insieme al Laderchi della locale Scuola di Disegno. La Scuola, che dal 1879 era divenuta Scuola d’Arti e Mestieri, viene diretta da Antonio Berti per un quarantennio, dal 1866 al 1906. Il Berti, formatosi in area fiorentina e sostanzialmente antiaccademico, si fa portatore a Faenza d’istanze macchiaiole. In questi anni la Scuola si proietta anche verso una concezione delle arti decorative che s’ispira al
mondo inglese delle Arts and Crafts. L’artigianato bolognese nella seconda metà dell’Ottocento è ancora saldamente ancorato ad una tradizione che affonda le sue radici nei due secoli precedenti. La cultura figurativa della città è inoltre influenzata dalla Accademia Clementina, i cui insegnamenti non risentono particolarmente
del clima internazionale. Nasce proprio in questo periodo Aemilia Ars, uno dei più innovativi movimenti del contesto nazionale nel campo delle arti decorative. I membri del gruppo, raccoltisi intorno alla carismatica figura di Alfonso Rubbiani nei primi anni Ottanta, sono attratti da influenze nordeuropee e sin dall’inizio si mostrano orientati a seguire precetti ruskiniani e preraffaelliti.
Molto importante in entrambe le città, per l’evoluzione dello scenario artistico e artigianale – in questi anni più che mai unite in un rapporto di strettissima correlazione – è l’apporto e il sostegno offerto dai salotti, dai circoli, dai caffé e dai cenacoli locali. Queste realtà alimentano il processo di rinnovamento, fornendo valide occasioni d’incontro e confronto tra gli operatori culturali locali e
ospiti italiani e stranieri; supportano inoltre le nuove esperienze tese allo svecchiamento del settore produttivo, attraverso quel fenomeno sociale così tipico di questi anni che è la filantropia di marca più o meno utopista e socialista. Solo per citare alcuni esempi si deve ricordare l’attività dei cenacoli che si raccolsero a Faenza intorno ad Angelo Marabini, a Pietro Conti e a Domenico Baccarini, ma anche il sostegno che le famiglie Cavazza e Pizzardi non fecero mancare alle iniziative del gruppo bolognese, o ancora l’attività di cenacoli artistici come l’Accademia della Lira e il Comitato per Bologna Storica ed Artistica.
Nella seconda parte del lavoro l’attenzione si è focalizzata sull’attività degli artisti e artigiani legati
ad Alfonso Rubbiani, uniti in un sodalizio che fin dalla metà degli anni Ottanta prende il nome di Gilda di San Francesco e successivamente si istituzionalizza in Aemilia Ars. Si è cercato di esaminare l’intero campo di interventi per settori produttivi, delineando le principali modalità e
caratteristiche operative di Aemilia Ars, dando risalto ai maggiori operatori di ogni settore. Ha inoltre dato ampio spazio dal punto di vista documentario, iconografico e fenomenologico al raffronto tra il lavoro dei bolognesi e quello che si ritiene essere stato per questi artefici il più rilevante ambito di riferimento, cioè l’attività degli artisti e artigiani inglesi che si formarono ed operarono attorno alla figura di William Morris. In conformità ai dettami anglosassoni si avvia un rinnovamento della tradizione artigianale sensibile dal punto di vista formale al mondo della natura, da cui sono selezionate forme
eccentriche, idonee a subire un processo di razionalizzazione sintetizzante. Per quanto riguarda le
modalità di realizzazione, si assiste spesso all’adozione di metodiche ibride che risentono di una volontà di recupero di modi produttivi antichi congiunti a materiali nuovi o perlomeno inusuali. Questo slancio innovatore, che si avvale di elementi fitomorfi, si fonde a un gusto storicista rivolto in particolar modo al recupero di modelli tardogotici – assai diffuso in Europa – o del primo
Rinascimento; in entrambi i casi si tratta di forme particolarmente adatte alla modalità lineare ed astrattiva a cui tendono i principali interpreti dell’ultimo ventennio dell’Ottocento. I settori produttivi che si sono indagati riguardano prevalentemente la ceramica, l’ebanisteria, i ferri battuti, l’oreficeria, le arti tessili e i cuoi. Gran parte di queste lavorazioni – che si erano attardate
nella realizzazione di oggetti dalle forme pesanti, di ispirazione seicentesca, certamente poco adatte all’affermarsi di una produzione industriale – subiscono ora una decisa accelerazione verso forme più leggere e svelte che, adeguandosi alla possibilità di riproduzione seriale degli oggetti, si diffonderanno quasi capillarmente tra l’aristocrazia e la borghesia, faticando tuttavia a raggiungere le classi meno abbienti a causa degli elevati costi di produzione.
Nell’ultima parte viene tracciato sinteticamente il quadro delle attività artistiche e artigianali faentine del periodo indicato, con una particolare attenzione all’opera delle personalità afferenti al Cenacolo baccariniano: Giovanni Guerrini (Faenza 1887 – Roma 1972), Francesco Nonni (Faenza 1885 – 1976), Domenico Rambelli (Faenza 1886 – Roma 1972), Orazio Toschi (Lugo 1887 – Firenze 1972) e Giuseppe Ugonia (Faenza 1881 – Brisighella 1944). Viene notato che i giovani artisti, riunitisi intorno alla figura di Domenico Baccarini, interessati all’area anglosassone ed
impegnati nel rinnovamento dell’artigianato locale, si avvicinano marginalmente al gusto floreale nella fase iniziale di ispirazione simbolista, per approdare negli anni successivi ad esiti spesso più vicini all’Espressionismo o al gusto déco. Viene tracciato un panorama delle attività articolato per settori produttivi: ceramica, ebanisteria e ferri battuti, all’interno dei quali si è dato risalto a coloro che maggiormente hanno influito sull’innovazione e lo sviluppo dell’artigianato locale. Si è inteso ricercare quelle che furono le principali collaborazioni con gli artisti e le botteghe prese in esame nel capitolo precedente, mettendo in rilievo le affinità stilistiche con il contesto nazionale ed
europeo. Oltre ai già citati artisti inglesi è stato messo in evidenza il riferimento all’area scozzese e mitteleuropea.
Questa ricerca si propone lo studio delle relazioni che si stabiliscono tra l’estetica neomedievalista e l’aspirazione al rinnovamento delle arti decorative. Tale orientamento, che nasce e si sviluppa tra Francia e Inghilterra alla metà dell’Ottocento intorno agli scritti e alle opere di figure quali Eugène Viollet-le-Duc e John Ruskin, è prontamente recepito in Italia tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta
dell’Ottocento dal gruppo di artisti e artigiani riunitosi nel capoluogo emiliano intorno ad Alfonso Rubbiani. In seguito questi artisti prenderanno strade diverse, portando con sé la propria cifra stilistica legata a quel gusto che in Italia si chiamerà “Stile Floreale”, che nel frattempo si diffonde anche attraverso importanti vetrine quali l’Esposizione Internazionale di Arte Decorativa di Torino e
le Biennali veneziane nonché sulle pagine di autorevoli riviste come Emporium e Arte Italiana Decorativa e Industriale. Il successo dell’esperienza bolognese unito alla collaborazione che sorse con la città di Faenza, si ritiene abbia offerto significativi stimoli per la formazione di alcuni tra i principali artisti faentini di fine secolo.
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