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Ernesto Nathan Rogers e le preesistenze ambientali. Itinerario teorico, 1948-1964 / Ernesto Nathan Rogers and the Environmental Pre-existences. Theoretic Itinerary, 1948-1964

Lattante, Valeria <1981> January 1900 (has links)
La tesi indaga il significato del concetto di “preesistenze ambientali” nel pensiero teorico dell’architetto Ernesto Nathan Rogers. Il tema è scelto come punto di vista privilegiato per indagare il contributo di Rogers al dibattito sull’eredità del Movimento Moderno in un momento, il secondo dopoguerra, in cui si intensifica la necessità di soffermare l’attenzione delle riflessioni teoriche sulle relazioni tra ambiente e progetto. Il problema fu inteso come la ricerca di un linguaggio adeguato all’era macchinista e di un ordine formale per lo sviluppo urbano recente da costruire in funzione del suo rapporto con la città consolidata. Esso fu sviluppato, all’interno dell’opera teorica rogersiana, come riflessione sulla dialettica contrapposizione tra intuizione e trasmissione del sapere, contingenza e universalità. La tesi mostra le ricche connessioni culturali tramite cui tale dialettica è capace di animare un discorso unitario che va dall’insegnamento del Movimento Moderno alle ricerche tipologiche e urbane della cultura italiana degli anni Sessanta. Riportando il concetto di preesistenze ambientali alla sua accezione originale, da un lato attraverso la ricostruzione delle relazioni intellettuali instaurate da Rogers con il Movimento Moderno e i CIAM, dall’altro mediante l’approfondimento del progetto editoriale costruito durante la direzione della rivista “Casabella continuità”, la tesi intende conferire alla nozione il valore di un contributo importante alla teoria della progettazione architettonica urbana. Il concetto di preesistenze ambientali diventa così la chiave analitica per indagare, in particolare, l’influenza del dibattito dell’VIII CIAM su Il Cuore della città e della partecipazione di Rogers al lavoro di redazione dell’Estudio del Plan di Buenos Aires nel 1948-1949 nella maturazione del progetto editoriale di “Casabella continuità” (1954-1965) attraverso l’attribuzione di un preciso valore all’archetipo, alla fenomenologia e alla tradizione nella definizione del rapporto architettura e storia. / This dissertation examines the meaning of the concept of ‘environmental pre-existences’ in the theoretical thinking of Ernesto Nathan Rogers. The theme is chosen as a privileged point of view for investigating Rogers’ contribution to the debate on the legacy of the Modern Movement in post-WWII, when the necessity of paying attention to the theoretical reflections on the relationships between environment and project intensified. The problem was intended as the search for an adequate language for the machine era and for a formal order for the recent urban development to be constructed according to its rapport with the existing city. It was developed, within Rogers’ theoretical work, as a reflection on the dialectical contraposition between intuition and the handing down of knowledge, contingency and universality. The thesis shows the cultural connections through which such dialectic was able to animate a unitary discourse, from the teaching of the Modern Movement to the typological and urban researches of the Italian culture of the Sixties. Bringing the concept of environmental pre-existences back to its original acceptation, by retracing the intellectual relationships established by Rogers with the Modern Movement and the CIAM and through the deepening of the editorial project built during the editorship of the review “Casabella continuità”, the thesis aims to establish the notion’s value of an important contribution to the theory of architectural and urban design. Thus, the concept of environmental pre-existences becomes the analytical key for investigating the influence of the VIII CIAM debate on The Heart of the City and of Rogers’ participation to the drafting of the Estudio del Plan de Buenos Aires in 1948-1949 on the maturation of the editorial project for “Casabella continuità” (1954-1965) through the assignment of a precise value to archetype, phenomenology and tradition in the definition of the relationship between architecture and history.
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Ragnar Östberg. Genius loci e memorie urbane. Stockholms Stadshuset-Nämndhuset e villa Geber / Ragnar Östberg. Genius Loci and Urban Memories. Stockholms Stadshuset-Nämndhuset e villa Geber

Monterumisi, Chiara <1986> January 1900 (has links)
La ricerca si propone di analizzare una di quelle stagioni architettoniche controverse e lontane dalle internazionali strade maestre del nascente Neues Bauen: il romanticismo-nazionale svedese riletto attraverso l’esperienza del suo massimo esponente, Ragnar Östberg (1866-1945). L’obiettivo della tesi non è solamente quello di una revisione della critica storiografica, facendo così luce su una di quelle personalità considerate marginali, quanto quello di ricavare dalla lettura comparata di due tra i suoi progetti, fino ad ora mai indagati, quegli elementi che fanno dell’architettura un “fatto urbano” in cui la collettività può riconoscersi e parallelamente un fatto di rappresentazione della stessa. L’arcipelago di Stoccolma e quel processo di “renovatio urbis” a cui fu sottoposta proprio agli albori del XX secolo furono gli scenari in cui presero vita i due progetti: il complesso formato dallo Stockholms Stadshuset e la vicina parte mai realizzata del Nämndhuset, e villa Geber. Condensano due dimensioni che la città immersa nel paesaggio contiene: la natura urbana dell’edificio municipale e quella domestica della villa urbana isolata. La ricerca intesse un itinerario di disvelamento attraverso una matrice duale di lettura: “genius loci” e memorie urbane. I capitoli cercano di dimostrare come i due casi-studio siano espressione di quella pendolarità di ricerca tra lo spirito del luogo e le rimembranze delle forme urbane della tradizione. Questa analisi ci conduce in un viaggio alla ricerca dell’atlante delle “memorie urbane”, raccolte nei viaggi e nella formazione, comprendendo così il mondo analogico di riferimenti culturali con altre architetture europee della tradizione. I due progetti sorgono in opposte aree di espansione di Stoccolma e, pur nella loro diversità di scala, sono chiara espressione di appropriatezza al luogo e di strutture formali analoghe. Stockholm Stadshuset-Nämndhuset e villa Geber esprimono il metodo di Östberg, dove i riferimenti raccolti dall’imagination passive sono tramutati ed assemblati grazie alla imagination active. / The research aims to investigate one of the controversial chapters in architecture, far from the linear evolution of the internationally nascent Neues Bauen, that is Swedish National Romanticism through the experience of the leading exponent, Ragnar Östberg (1866-1945). This study is not simply a revision to the overseas reception of the movement, but rather from a comparative analysis between two case-studies to deduce those elements that make architecture an urban fact in which the community can identify. The archipelago of Stockholm and its process of renovatio urbis at the turn of the twentieth century were the backdrop for two projects. These embrace two dimensions of living: the urban framework of the municipal centre and the domestic framework of the partially isolated villa. Therefore, the purpose of the research is to embark on a voyage of discovery approaching two instances of Östberg’s artwork through a twofold critical interpretation: genius loci and urban memories. The chapters attempt to demonstrate how the two projects inevitably oscillate between seeking the spirit of the place and harking back to urban forms of tradition. The investigation leads us to penetrate Östberg’s repertoire of urban memories, as amassed from travel and study, and trace analogies of composition with other architecture in the European tradition. The two case-studies are placed on opposite sides of developing Stockholm: the first on the outermost portion of the Kungsholmen peninsula and the second along the banks of the Djurgård canal. Although they are clearly different-scale projects, they also reveal a similar approach to composition. The Stockholm City Hall, including its nearby never-to-be realized part, the Commission Building, and villa Geber can be seen as significant examples of Östberg’s design process: how from the imagination passive studies and select references to imagination active he manages to assemble and combine his inputs.
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Oswald Mathias Ungers: Belvederestraße 60. Zu einer neuen Archtektur. / Oswald Mathias Ungers: Belvederestraße 60. Zu einer neuen Archtektur. / Oswald Mathias Ungers: Belvederestraße 60. Zu einer neuen Archtektur.

Giancipoli, Gilda <1987> 05 June 2015 (has links)
La presente Tesi di Dottorato intende affrontare una lettura critica della Casa in Belvederestraße 60, realizzata dall’architetto Oswald Mathias Ungers (Kaisersesch, 12 luglio 1926 – Köln, 30 settembre 2007), nel 1958-’59 a Köln-Müngersdorf, come studio per sé ed abitazione per la propria famiglia. Questo primo oggetto della ricerca viene considerato evidente espressione delle convinzioni formali e compositive dell’architetto, negli anni Cinquanta e Sessanta. A differenza di altri progetti residenziali coevi ed antecedenti, frutto di un’elaborazione autonoma, la prima casa che costruisce per sé riflette una maggiore libertà di pensiero, dettata dalla coincidenza delle figure di progettista e committente; a ciò si aggiunge anche una precisa volontà dichiarativa ed ideologica. Proprio quest’ultimo aspetto permette di introdurre il secondo oggetto della Tesi: il manifesto “ideologico”, Zu einer neuen Architektur, scritto dallo stesso Oswald Mathias Ungers e da Reinhard Gieselmann, alla fine del 1960; un breve testo che espone, con toni perentori ed inappellabili, il punto di vista dei due architetti nei confronti di un panorama architettonico e critico, caratterizzato da una sterilità di pensiero dilagante, a causa dell’egemonia costruttiva funzionalista. La ricerca indaga quindi le forti reciprocità delle due opere: casa e testo, viste in chiave di “manifesto scritto e manifesto costruito”. Il primo legame tra i due soggetti è senza dubbio la concomitanza temporale, (tra il 1958 ed il 1960) associata ad un rapporto causa-effetto, tale per cui il manifesto viene redatto a difesa delle aspre critiche scaturite dalla pubblicazione della casa sulla rivista Bauwelt. Il secondo nesso è la possibilità di comprendere le accezioni effettive dei termini impiegati nella redazione del testo, attraverso le forme di una delle opere maggiormente personali dell’architetto, estraendone il senso e conferendogli un’immagine architettonica. Si vuole creare così un rapporto biunivoco di traducibilità, dell’architettura nello scritto e della semantica ungersiana in azioni compositive. / This PhD Thesis aims to treat a critical reading of the House at 60 Belvederestraße, designed by Oswald Mathias Ungers (Kaisersesch, 1926 – Cologne, 2007) in 1958-1959 in Cologne-Müngersdorf, as a studio for himself and a dwelling for his family. This first objective of this research is considered obvious expression of the architect’s formal and compositional beliefs, in the Fifties and Sixties. Unlike other previous and contemporary residential projects, result of a stand-alone processing, the first house that he builds for himself reflects a greater freedom of thought, mostly due to the fact that the designer and the client were the same person; in addition, there is also a clear declarative and ideological desire behind it. This last aspect allows the introduction of the second objective of the Thesis: the “ideological” manifesto, Zu einer neuen Architektur, written by Ungers and Reinhard Gieselmann, at the end of 1960: a short text that exposes, the views of the two architects against an architectural and critic outline, characterized by a widespread sterility of thought, due to the hegemony of the constructive functionalism. The research investigates the strong reciprocity of two works: house and text, seen as “manifesto-written” and “manifesto-built”. The first link between the subjects is undoubtedly the combination of time associated with a cause-effect relationship, such that the manifesto is realized to defend the harsh criticism arising from the publication of the home into the review Bauwelt. The second link is the possibility to understand the actual meanings of the words used in the text, through the forms of one of the most personal works of the architect, extracting the meaning and giving it an architectural image. The study wants to create a two-way relationship of translatability, from architecture into writing and from Ungers’ semantics into compositional actions.
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NOVI MAGISTRAT Jože Plečnik, progetti per il centro monumentale di Lubiana

Bandini, Elisa <1982> 06 June 2011 (has links)
This research work analyzes the theme of the architecture of the city and aims at establishing, by studying the urban project of the new town hall in Ljubljana made by the Slovenian architect Jože Plečnik, the idea that the construction of the city must be carried out through a type of architecture directed at the planning of collective urban spaces. The plan for the new town hall building, drew in three versions – 1932, 1939, and 1940-41 –, is part of a large set of plans concerning the area that Plečnik defines to be the “osrčje” (heart) of Ljubljana, that is, the central area within the castle hill and the distinctive arc of the Ljubljanica River, on the eastern boundary of the old “mesto” (town). Among the Plečnik's projects on urban scale for Ljubljana, the above-mentioned plans, unbuilt and scarcely published, must be considered to be ones of the least known, despite their importance in the professional activity of the architect. The work consists of three parts: the first part describes the background of theories and projects which shaped Plečnik's urban culture, during the years of his education in Vienna and before the beginning of the planning activities this work focuses on; the second part studies the plans for the “heart” of the city; the third part investigates the plan for the new town hall building by means of the graphical reconstruction of the three plan versions made by Plečnik, and it provides insights into the relationships among form, significance and motivation of his work. Since the plans have never been built, the digital tridimensional reconstruction of the building models allowed to show unknown spaces and confirm that Architecture has a particular significance when its goal is the planning of collective urban spaces.
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Inimmaginabile e progetto. Architettura e memoria nei luoghi della Deportazione / Designing the unconceivable. Architecture in the "lieux de mémoire" of the Holocaust

Luccaroni, Andrea <1974> 04 June 2015 (has links)
La memoria pubblica della Sho'ah è inscritta in una quantità proliferante di immagini e spazi memoriali. Ciò è riscontrabile in modo particolare nei principali "siti dello sterminio" assurti a simbolo nel corso degli anni, mentre molti altri "luoghi di memoria" della Deportazione soffrono di una condizione di intrinseca debolezza. Essa è riconducibile in primo luogo alla fragilità del dato materiale, i cui resti ormai privi di eloquenza risultano difficili da interpretare e conservare, in secondo luogo alla sovrapposizione di memorie concorrenti venutesi a determinare in conseguenza dei riusi successivi a cui queste strutture sono spesso andate soggette dopo la guerra, infine alla difficoltà di rendere espressione compiuta alla tragedia della Deportazione. Il caso del campo di Fossoli è paradigmatico: esso interroga la capacità del progetto di "dare forma" al palinsesto delle memorie, rendendo possibile il riconoscimento ed esplicitando una significazione delle tracce, senza aggiungere ulteriori interpretazioni. Lo spazio e il paesaggio, in quanto linguaggi indentitari, possono offrirsi come strumenti da questo punto di vista. Michel De Certeau vi fa riferimento quando afferma che lo spazio coincide con «l’effetto prodotto dalle operazioni che lo orientano, che lo circostanziano, o temporalizzano e lo fanno funzionare come unità polivalente di programmi conflittuali o di prossimità contrattuali». Lo spazio gioca un ruolo cruciale nel conformare l'esperienza del presente e allo stesso tempo nel rendere visibili le esperienze passate, compresse nella memoria collettiva. Lo scopo di questa ricerca è interrogare le potenzialità spaziali del luogo, considerate sotto il profilo culturale e semantico, come valida alternativa alla forma-monumento nella costruzione di una o più narrazioni pertinenti della memoria. / The public memory of the Holocaust has been inscribed in a proliferating number of images and memorial spaces. This is partcularly true for the main concentration sites, which have become symbols in times, while many other "lieux de mémoire" of the Deportation still suffer for a condition of intrinsic weakness. This circumstance should be connected to the frailty of material remains, whose debris are often hard to be preserved and interpreted, and to the overlapping of competing memories originated by the frequent reuse of these places by different communities, after the war. The case study of the former Fossoli concentration camp clearly represents this condition, as it question the capability of architecture in giving form to the palimpsest of memories allowing its layers to be recongnizable, in making visible the invisible without imposing new rhetorical meanings. The specific features of space and landscape can be instrumental to mediate between the need for eloquence and the articulation of memories. Indeed, space could be effectively considered as a language capable of expressing things not necessarly connected with restricted spatial meanings: Michel De Certeau wrote about space as «the product of crossing actions which give to it orientation, meaning and time references, and make it work as a multiple unity of conflictual programs». Thus space – being it a urban place, a border, a larger territorial area or else – plays a crucial role in framing our present experience while, at the same time, making it present the past experiences compressed in collective memory. The aim of this work is to investigate how distinct spatial entities, considering their cultural and collective significance, can be used to implement such an interaction of topological features and meaning, making it possible to consider them as consistent spatial narrations of memories.
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Studi per una operante storia del territorio. Il libro incompiuto di Saverio Muratori / Studi per una operante storia del territorio. The unfinished book by Saverio Muratori

Tagliazucchi, Silvia <1984> 05 June 2015 (has links)
Muratori concepisce Studi per una operante storia del territorio come una lettura del territorio, una sua interpretazione. E’ una raccolta di disegni (255 disegni a mano e 18 prove di stampa), in cui sono riportati soltanto i tratti rilevanti dei territori considerati al fine dello studio. La tesi ha come obiettivo quello di compiere un’analisi filologica dei documenti e cercare di cogliere le finalità, valutando la sua attendibilità ai giorni nostri. Nella scelta del titolo, Studi per una operante storia del territorio. Il libro incompiuto di Saverio Muratori,inserendo nel titolo quello originale dell'opera, si rende esplicita l’intenzione filologica di base da cui si sviluppano le considerazioni fatte nello svolgimento di questa ricerca, costantemente attenta alla coerenza con i disegni analizzati. Questa coerenza è dettata dalla volontà di perseguire le logiche di confronto che hanno caratterizzato il lavoro di Muratori. Il titolo che descrive il corpus dei disegni mette in primo piano il sistema uomo-natura, che il territorio rappresenta nella sua totalità di unicum. La tesi è suddivisa in due parti. La prima verte sullo studio dei materiali d’archivio relativi agli Studi sul territorio, in cui è spiegato il metodo di catalogazione utilizzato. Fondamentale, ai fini di un primo approccio alla ricerca, è il contributo dato dall’architetto Alessandro Giannini attraverso la preliminare schedatura del materiale ed dell'analisi riportata in Leggendo le minute dell’Atlante del territorio di Saverio Muratori. La seconda parte della tesi verte su un percorso dialettico tra la filosofia, la teoria, la didattica e la pratica progettuale di Muratori, ambiti da tenere in considerazione per una interpretazione critica alla sua metodologia, che ha come fine ultimo il reale, quindi il territorio, in cui trova, prima attraverso la trattazione teorica esposta in Civiltà e territorio, la concreta conclusione nei disegni degli Studi per una operante storia del territorio. / The aim of this thesis is to provide an analysis of the drawings that compose Muratori’s Studi per una operante storia del territorio, a study which he conceived as a way to both read and interpret the territory. Studi per una operante storia del territorio is an unfinished project, and consists of a collection of (255 drawings and 18 printed materials) drawings, extensively studied here for the first time. The research presented here aims at providing a philological analysis of these drawings, so as to identify and reconstruct the thesis put forward by Muratori – the project, being incomplete, does not include a written description of the drawings. In his project Muratori focusses on reality by comparing his research with different aspects of society, and by critically evaluating comparison between his theoretical approach and the analysis, for the practical applications . This thesis - whose title (Studi per una operante storia del territorio. The unfinished book by Saverio Muratori) follows Muratori’s theoretical stance – is divided into two parts. The first section is devoted to the materials included in Studi per una operante storia del territorio, and to the method used for cataloguing the drawings. Crucial to the study presented here is Leggendo le minute dell’Atlante del territorio di Saverio Muratori, written by Alessandro Giannini: in this book (first published in this thesis) Giannini, assistant of Muratori, provides a detailed overview of the cataloguing process, and of the method used for the analysis. The second section presents an itinerary of the philosophical, theoretical, didactical and practical background of Muratori. This is needed to interpret and critically evaluate his methodology, whose final aim is the study of the “real” (i.e. the territory). First approached in Civiltà e territorio, this topic is finalised in Studi per una operante storia del territorio.
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Le Havre. Forme e caratteri dello spazio urbano nel progetto di Auguste Perret / Le Havre. Forms and characters of urban space in the Auguste Perret's project.

Nitti, Antonio <1983> 05 June 2015 (has links)
Oggetto del presente studio è il progetto di ricostruzione del centro urbano di Le Havre ad opera di Auguste Perret. Suo obiettivo è il riconoscimento di quell’idea di città posta a fondamento del progetto, per il quale ci si propone di indagare il senso e le grammatiche costitutive della sua forma. Quella di Le Havre costituisce una dimostrazione di come una forma urbana ancora compatta ed evocativa della città storica possa definirsi a partire dalle relazioni stabilite con gli elementi della geografia fisica. Nei suoi luoghi collettivi e monumentali, che rimandano chiaramente a una cultura dell’abitare che affonda le proprie radici nella più generale esperienza della costruzione della città francese, la città riconosce un valore formale e sceglie di rappresentare il proprio mondo civico dinanzi a quei grandi elementi della geografia fisica che costituiscono l’identità del luogo nel quale questa si colloca. Sembra infatti possibile affermare che gli spazi pubblici della città atlantica riconoscano e traducano nella forma della Place de l’Hôtel de Ville le ripide pendici della falesia del Bec-de-Caux, in quella della Porte Océane l’orizzonte lontano dell’Oceano, e nel Front-de-mer Sud l’altra riva dell’estuario della Senna. Questa relazione fondativa sembra essere conseguita anche attraverso la definizione di un’appropriata grammatica dello spazio urbano, la cui significatività è nel fondarsi sull’assunzione, allo stesso tempo, del valore dello spazio circoscritto e del valore dello spazio aperto. La riflessione sullo spazio urbano investe anche la costruzione dell’isolato, sottoposto a una necessaria rifondazione di forma e significato, allo scopo di rendere intellegibile le relazioni tra gli spazi finiti della città e quelli infiniti della natura. La definizione dell’identità dello spazio urbano, sembra fondarsi, in ultima analisi, sulle possibilità espressive delle forme della costruzione che, connotate come forme dell’architettura, definiscono il carattere dei tipi edilizi e dello spazio da questi costruito. / Object of this study is the rebuilding project for the city center of Le Havre by Auguste Perret. It proposes to recognize the idea of city at the basis of the project, for which we propose to investigate the meaning and constitutive grammar of its form. The one of Le Havre is a demonstration of how a compact urban form, evocative of the historical city, could be defined starting from the relations established with the elements of physical geography. In its collective and monumental places, which evoke an inhabiting culture which has its roots in the more general experience of construction of French city, the city recognizes a formal value and chooses to represent its civic society in front of those great elements of physical geography that constitute the identity of the place where it is located. It seems possible to affirm that the public spaces of the atlantic city translate in the form of the Place de l'Hôtel de Ville the steep slopes of the cliff of Bec-de-Caux, in the Porte Océane the distant horizon of the ocean, and in the Front-de-mer Sud the other bank of the Seine estuary. The foundational relationship seems to be achieved also by establishing an appropriate grammar of urban form, whose significance is based on the assumption of the value of the enclosed space and the value of the open space. This reflection invests the construction of the block, subjected to a necessary refoundation of form and meaning, in order to make intelligible the relationships between the finite spaces of city and the infinite ones of nature. The definition of the identity of urban space seems to be based, ultimately, on the expressive possibilities of forms of construction, which, connoted as forms of architecture, define the character of building types and urban space.
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Willem Marinus Dudok. Progetti urbani per la citta' di Hilversum / Willem Marinus Dudok. Urban projects for the city of Hilversum

Cantalupo, Massimiliano <1978> 05 June 2015 (has links)
Il tema principale affrontato dalla presente ricerca è quello dell’architettura della città; attraverso lo studio dei progetti urbani redatti dall’architetto Willem Marinus Dudok per la città di Hilversum, la tesi vuole confermare l’ipotesi che la costruzione dei “luoghi urbani” collettivi è il fulcro dell’idea di architettura che porta alla costruzione della città. La ricerca si propone di studiare il contributo dato da Dudok al progetto dello sviluppo urbano della città olandese, considerando un arco temporale che va dal 1915, anno in cui l’architetto viene designato a ricoprire la carica di direttore del locale ufficio Lavori Pubblici, al 1954, anno simbolico della sua nomina a cittadino onorario di Hilversum. Il lavoro di ricerca vuole individuare quelle caratteristiche formali e tipologiche, insite nei quartieri progettati dall’architetto olandese, in grado di definire una struttura urbana capace di sostenere un ragionamento architettonico indipendente dal luogo e dal tempo, un ragionamento impostato sulla definizione della forma urbis. Non desidera certo delineare un modello, vista la consapevolezza che ogni progetto ha un proprio luogo e un proprio tempo, cerca di tratteggiare, piuttosto, uno scenario possibile per il progetto urbano, capace di assurgere ad exemplum per la costruzione della città. I progetti analizzati riguardano edifici residenziali e spazi urbani per la collettività; questi rappresentano veri e propri nuclei aggregativi per la costruzione dei complessi di alloggi popolari, dei quali definiscono la scena fissa delle vicende umane. Lo studio di questi quartieri rappresenta, pertanto, il tentativo di decodificare un “modo” di comporre la città dal quale sia possibile estrapolare temi validi e di carattere generale che permettano di formalizzare una serie di utili insegnamenti, tramite i quali poter pensare alla realizzazione della stessa, nella convinzione che “la qualità del progetto consiste nella qualità dei caratteri del tema e nel loro riconoscimento nelle forme dell’architettura”. / The main question raised by this research is about the architecture of the city; through the study of urban projects drawn up by the architect Willem Marinus Dudok for the city of Hilversum, the thesis wants to confirm the hypothesis that the construction of collective "urban places" is the core of the idea of architecture leading to the construction of the city. The choice of the theme is geared to offer a useful contribution to corroborate this hypothesis, considering the architecture of the city as "fixed scene of human affairs, full of feelings of generations of public events, private tragedies, of new and ancient facts". The research aims to study the contribution made by Dudok to the project of urban development of the Dutch city, considering a time span ranging from 1915 to 1954. It certainly does not want to outline a model, considering the knowledge that each project has its own place and time; tries to outline, however, a possible “scenario” for the urban project, able to serve as an exemplum for the construction of the city. The argument, in essence, based on the study of residential expansions designed by Dudok, tries to indicate a leading path to some of the formal principles of urban design, considered as a discipline "halfway" between planning and building project. The projects analyzed deal with residential buildings and urban spaces for the community; these represent real cores aggregation for the construction of housing complexes, which define the fixed scene of human affairs. Therefore the study of these neighborhoods is an attempt to decode a "way" to compose the city, from which it is possible to extrapolate valid and general themes that allow to formalize a number of useful lessons, through which the realization can be thought of.
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Luoghi e spazi del sacro. Matrici urbane; archetipi architettonici; prospettive contemporanee per la progettazione di spazi per la cristianità

Bartolomei, Luigi <1977> 23 May 2008 (has links)
No description available.
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Progettare l'ospitalità: turismi e turisti della città contemporanea

De Paz, Daniele <1974> 23 May 2008 (has links)
La ricerca si pone come obbiettivo principale quello di individuare gli strumenti in grado di controllare la qualità di una progettazione specifica che risponde alle forti richieste della domanda turistica di un territorio. Parte dalle più semplici teorie che inquadrano una costante condizione dell’uomo, “il VIAGGIARE”. La ricerca si pone come primo interrogativo quello definire una “dimensione” in cui le persone viaggiano, dove il concetto fisico di spazio dedicato alla vita si è spostato come e quanto si sposta la gente. Esiste una sorta di macroluogo (destinazione) che comprende tutti gli spazi dove la gente arriva e da cui spesso riparte. Pensare all'architettura dell’ospitalità significa indagare e comprendere come la casa non è più il solo luogo dove la gente abita. La ricerca affonda le proprie tesi sull’importanza dei “luoghi” appartenenti ad un territorio e come essi debbano riappropriarsi, attraverso un percorso progettuale, della loro più stretta vocazione attrattiva. Così come si sviluppa un’architettura dello stare, si manifesta un’architettura dello spostarsi e tali architetture si confondono e si integrano ad un territorio che per sua natura è esso stesso attrattivo. L’origine terminologica di nomadismo è passaggio necessario per la comprensione di una nuova dimensione architettonica legata a concetti quali mobilità e abitare. Si indaga pertanto all’interno della letteratura “diasporica”, in cui compaiono le prime configurazioni legate alla provvisorietà e alle costruzioni “erranti”. In sintesi, dopo aver posizionato e classificato il fenomeno turistico come nuova forma dell’abitare, senza il quale non si potrebbe svolgere una completa programmazione territoriale in quanto fenomeno oramai imprescindibile, la ricerca procede con l’individuazione di un ambito inteso come strumento di indagine sulle relazioni tra le diverse categorie e “tipologie” turistiche. La Riviera Romagnola è sicuramente molto famosa per la sua ospitalità e per le imponenti infrastrutture turistiche ma a livello industriale non è meno famosa per il porto di Ravenna che costituisce un punto di riferimento logistico per lo scambio di merci e materie prime via mare, oltre che essere, in tutta la sua estensione, caso di eccellenza. La provincia di Ravenna mette insieme tutti i fattori che servono a soddisfare le Total Leisure Experience, cioè esperienze di totale appagamento durante la vacanza. Quello che emerge dalle considerazioni svolte sul territorio ravennate è che il turista moderno non va più in cerca di una vacanza monotematica, in cui stare solo in spiaggia o occuparsi esclusivamente di monumenti e cultura. La richiesta è quella di un piacere procurato da una molteplicità di elementi. Pensiamo ad un distretto turistico dove l’offerta, oltre alla spiaggia o gli itinerari culturali, è anche occasione per fare sport o fitness, per rilassarsi in luoghi sereni, per gustare o acquistare cibi tipici e, allo stesso tempo, godere degli stessi servizi che una persona può avere a disposizione nella propria casa. Il percorso, finalizzato a definire un metodo di progettazione dell’ospitalità, parte dalla acquisizione delle esperienze nazionali ed internazionali avvenute negli ultimi dieci anni. La suddetta fase di ricerca “tipologica” si è conclusa in una valutazione critica che mette in evidenza punti di forza e punti di debolezza delle esperienze prese in esame. La conclusione di questa esplorazione ha prodotto una prima stesura degli “obbiettivi concettuali” legati alla elaborazione di un modello architettonico. Il progetto di ricerca in oggetto converge sul percorso tracciato dai Fiumi Uniti in Ravenna. Tale scelta consente di prendere in considerazione un parametro che mostri fattori di continuità tra costa e città, tra turismo balneare e turismo culturale, considerato quindi come potenziale strumento di connessione tra realtà spesso omologhe o complementari, in vista di una implementazione turistica che il progetto di ricerca ha come primo tra i suoi obiettivi. Il tema dell’architettura dell’ospitalità, che in questo caso si concretizza nell’idea di sperimentare l’ALBERGO DIFFUSO, è quello che permette di evidenziare al meglio la forma specifica della cultura locale, salvandone la vocazione universale. La proposta progettuale si articola in uno studio consequenziale ed organico in grado di promuovere una riflessione originale sul tema del modulo “abitativo” nei luoghi di prossimità delle emergenze territoriali di specifico interesse, attorno alle quali la crescente affluenza di un’utenza fortemente differenziata evidenzia la necessità di nodi singolari che si prestino a soddisfare una molteplicità di usi in contesti di grande pregio. / The main objective of this study is the identification of instruments capable of controlling the quality of a specific planning process that can meet the strong tourism demands of a territory. It starts from the simplest theories framing a constant condition of man: TRAVEL. The study considers its first priority to be the definition of a “dimension” in which people travel, where the physical concept of living space has shifted in the same way, and as much, as people move. There is a sort of “macro-place” (destination) that comprises all the places where people arrive, and from where they often depart again. Thinking of the architecture of hospitality means studying and understanding how the home is no longer the only place where people live. The study bases its argument on the importance of the “places” belonging to a territory and how they must take back, through a planning path, their natural vocation as attractions. Just as a form of architecture for “staying” is developed, a form of architecture for moving around is also manifested, and these architectures mix together and integrate into a territory that, by its very nature, is itself an attraction. The terminological origin of the term “nomadism” is a necessary step for understanding a new architectural dimension connected with concepts such as mobility and living. An examination is thus made of “diasporic” literature, in which the first configurations connected with temporariness and “mobile” constructions appear. In brief, after having positioned and classified the tourist phenomenon as a new form of living, without which it would not be possible to make a complete territorial plan since it has by now become a crucial element, the study proceeds with the identification of a context meant as an instrument for studying the relationships among the various tourist categories and “types”. The “Riviera Romagnola” is certainly very famous for its hospitality and for its impressive tourist infrastructure, but at the industrial level it is no less famous for the harbour of Ravenna, which is a logistical point of reference for the sea trade of cargo and raw materials, as well as being an example of excellence in its entirety. The province of Ravenna combines all the factors needed to create the Total Leisure Experience during vacations.What emerges from the considerations made on the territory of Ravenna is that the modern tourist no longer seeks a monothematic vacation, to be spent solely on the beach or devoted exclusively to visiting monuments and cultural attractions. The demand is for an enjoyment provided by a number of different elements. We are thinking of a tourist district where the offering, in addition to the beach or the cultural itineraries, also offers the opportunity for practicing sports or fitness activities, for relaxing in peaceful places, for tasting or buying typical local foods and, at the same time, for enjoying the same services that a person can enjoy in his or her own home. The path, aiming to define a method for planning hospitality, starts from the acquisition of the national and international experiences which have taken place over the past ten years. The so-called “type” research phase has ended with a critical evaluation that highlights the strengths and weaknesses of the experiences examined. The conclusion of this exploration has produced a first draft of the “conceptual objectives” connected with the development of an architectural model. The specific research project focuses on the path marked out by the Fiumi Uniti (United Rivers) in Ravenna. This decision makes it possible to consider a parameter that shows factors of continuity between coast and city, between seaside resort tourism and cultural tourism, therefore considered as a potential instrument for connection between situations that are often homologous or complementary, in view of a tourism implementation that the research project numbers among its first objectives. The hospitality architecture theme – which in this case is implemented through the idea of experimenting with the “DIFFUSE HOTEL” model, a horizontal, multi-building hotel structure – offers the best possibility to highlight the specific form of the local culture. The planning proposal is structured as a consequential and organic study capable of promoting an original reflection on the theme of the “living” module in places near territorial structures of particular interest, around which the growing flow of users of extremely varied types highlights the need for singular nodes that can provide for numerous different uses in contexts of great value and interest.

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