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DIGITAL DIVIDE: UNA RILETTURA CRITICA DEL TERMINE, DEL FRAMING IDEOLOGICO, DELLE POLICIES

La letteratura sul digital divide ha fatto negli ultimi anni importanti passi in avanti: una velocità, quella dell’evoluzione del concetto di divario digitale, sorprendente, se si pensa che il termine nasce poco più di dieci anni fa (DiMaggio et al. 2004). Ancora più interessante è la duttilità del termine, che si è trasformato in un vero e proprio discorso, quasi in termini foucaultiani, assorbito da governi, istituzioni, associazioni, aziende.
La flessibilità del termine sembrerebbe avere svuotato il concetto stesso di digital divide: se da una parte la letteratura e la riflessione accademica si sta progressivamente allontanando dal termine (Warschauer, 2003), dall’altra l’azione politica l’ha fatto proprio, perdendo sempre più aderenza col dibattito teorico in corso (van Dijk 2005; Barzilai-Nahon 2006).
L’ambiguità del termine digital divide pone seri problemi circa la definizione della issue: alcuni studiosi (Compaine 2001) hanno definito il digital divide come un problema di semplice diffusione tecnologica.
Tale impostazione, ampiamente superata dalla letterature accademica, è stata invece convintamente adottata dagli strategy makers istituzionale e politici, con effetti spesso contraddittori e discutibili sulle modalità di diffusione e adozione delle ICT tra la popolazione.
E’ come se di fronte all’evoluzione del dibattito accademico, i soggetti pubblici non abbiano avuto la capacità (e la volontà politica) di far contestualmente evolvere le politiche adottate verso un avvicinamento al tema del divario di competenze. Al contrario, le strategie degli attori pubblici (privati e istituzionali) sembrano in alcuni casi essere ancora legate a interpretazioni, valori culturali, miti, retoriche tipiche della nascita dell’era digitale (Mosco 2004).
In particolare, le istituzioni sono impegnate in un continuo processo interpretativo sul ruolo delle tecnologie (della comunicazione) nella società: ciò che sembra emergere dall’analisi dei principali documenti prodotti dalle istituzioni europee e statunitensi sul digital divide e sullo sviluppo della Società dell’Informazione, è la costruzione di un’ideologia di stampo diffusionista e determinista, all’interno della quale le tecnologie digitali (con Internet in testa) sono in grado di determinare una cesura storica e hanno la capacità di offrire alla società delle opportunità di sviluppo rivoluzionarie.
Nonostante tale processo di costruzione narrativa delle opportunità sociali delle ICT, le concrete politiche di riduzione del divario digitale sembrano seguire un’altra strada (Milner 2006).
La ricerca, dopo una panoramica sull’evoluzione del concetto di digital divide (Iannone 2007), affronta la più recente letteratura sul tema delle disuguaglianze digitali (Newholm et al. 2008; Sartori 2006; DiMaggio et al 2004), inserendola nella più ampia riflessione sulle disuguaglianze economiche e sociali del mondo contemporaneo (Gallino 2000; Milanovic 2007) e relazionandola con un’overview delle strategie e politiche pubbliche e private di riduzione del divario numerico, in particolare nell’Unione Europa e negli Stati Uniti.
L’obiettivo finale del paper è dunque evidenziare il pericoloso scollamento tra l’essenza delle disuguaglianze digitali (la cui comprensione è possibile solo se inserita in una più ampia riflessioni sulle disuguaglianza societarie) e la loro discorsivizzazione, rappresentazione e messa in forma operata dai soggetti e dalle istituzioni che si sono assunti la responsabilità di messa a punto delle strategie di superamento del divario digitale (Carlo 2008). La tesi è che, nel processo di discorsivizzazione del digital divide, i soggetti pubblici abbiano costruito un apparato retorico in grado di offrire una rappresentazione del problema lontana dalla reale natura del fenomeno: il digital divide ha assorbito retoriche e miti del ciberspazio e della società contemporanea, trasformando tali miti in un’azione politica in molti casi inadeguata, inefficacia, fuori obiettivo (Colombo – Carlo 2006a).
Sembra di essere di fronte in alcuni casi a una vera e propria azione mistificatoria: si discorsivizzano azioni politiche di riduzione del digital divide legate a un auspicato processo di sviluppo sociale e culturale (determinato dalle ICT) per perseguire, in verità, obiettivi di carattere puramente economico.
Forse solo attraverso un’azione di disvelamento di tale mistificazione, è possibile riconoscere le vere politiche di riduzione del divario digitale che sono tali solo se inserite in una più ampia riflessione (e azione) attorno alla crescita delle disuguaglianze nella società globale, informatizzata, in rete (Colombo – Carlo 2006b). Il rischio è che tali azioni, altrimenti, siano semplicemente legate a dimensioni economicistiche di efficienza e di crescita, pericolosamente controproducenti per lo sviluppo di società più giuste (Feenberg 2002; van Dijk 2006). / In the recent years, the literature about digital divide makes an important breakthrough: the evolution of concept of digital divide it has been very quick, in particular if is related with the relative youthfulness of the term, that born only ten years ago (DiMaggio et al. 2004). Even more interesting is the “pliability” of the term: it’s seem to be transformed in a kind of discourse, near in Foucault’s concept, premise by governments, institutions, associations, companies. The flexibility of the term seems has transform (near empty out) the concept of digital divide: if on the one hand the academic reflections are gradually moving away from the term (making more complex the concept, Warschauer, 2003), on the other hand the political action still “use” the term, without understand the theoretical debate in progress and the changing of meaning of the concept (van Dijk, 2005; Barzilai-Nahon, 2006).
Maybe only through an action of “unmasking” of this kind of mystification could be possible to recognize the true (or, the more efficient, useful, comprehensive) policies of reduction of the digital divide. Only if this policies are combined with a broader reflections (and actions) about the rising of inequality in the global, digital, network society, the effect of these measures of government will be visible. The risk is that these measures, without a deeply consideration about the morphology, characteristic, structurally unequal of contemporary society, are linking only with economic dimension of efficiency and development. This kind of “use” of digital divide term in a frame of economical policy could be very dangerous and counterproductive for the improvement of more equitable societies (Feenberg 2002, van Dijk, 2006).
This paper, after a overview about the evolution of the concept of digital divide (Iannone, 2007) , face the most recent literature about digital inequality (DiMaggio, P., Hargittai, E., Celeste, C., and Shafer, S. 2004): on one side it frames the literature of digital divide in a broader reflection about economic and social inequality in the contemporary world (Gallino 2000; Milanovic 2007), on the other side it wants to related this literature with an overview of policy and strategy public and private for the reduction of digital divide, in particular in EU and USA (Milner, 2006).
The aim of the paper is to stress the dangerous separation between the essence of digital inequalities and their discoursivization, representation and “shaping” made by the subjects that have taken the responsibility or have the role to manage and ideate strategies for fall digital divide.

Identiferoai:union.ndltd.org:DocTA/oai:tesionline.unicatt.it:10280/631
Date26 June 2009
CreatorsCARLO, SIMONE
ContributorsCOLOMBO, FAUSTO, COLOMBO, FAUSTO
PublisherUniversità Cattolica del Sacro Cuore, MILANO
Source SetsUniversita Cattolica del Sacro Cuore. DocTA
LanguageItalian
Detected LanguageItalian
TypeDoctoral Thesis
FormatAdobe PDF
Rightsreserved

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