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Le cardiomiopatie nell'infanzia: quadri eziologici ed evolutivi nei primi anni di vita

Premessa: nell’aprile 2006, l’American Heart Association ha approvato la nuova
definizione e classificazione delle cardiomiopatie (B. J. Maron e coll. 2006),
riconoscendole come un eterogeneo gruppo di malattie associate a disfunzione
meccanica e/o elettrica riconducibili ad un ampia variabilità di cause. La
distinzione tra le varie forme si basa non più sui processi etiopatogenetici che ne
sono alla base, ma sulla modalità di presentazione clinica della malattia. Si
distinguono così le forme primarie, a prevalente od esclusivo interessamento
cardiaco, dalle forme secondarie in cui la cardiomiopatia rientra nell’ambito di un
disordine sistemico dove sono evidenziabili anche disturbi extracardiaci. La nostra
attenzione è, nel presente studio, focalizzata sull’analisi delle cardiomiopatie
diagnosticate nei primi anni di vita in cui si registra una più alta incidenza di
forme secondarie rispetto all’adulto, riservando un particolare riguardo verso
quelle forme associate a disordini metabolici. Nello specifico, il nostro obiettivo è
quello di sottolineare l’influenza di una diagnosi precoce sull’evoluzione della
malattia.
Materiali e metodi: abbiamo eseguito uno studio descrittivo in base ad un’analisi
retrospettiva di tutti i pazienti giunti all’osservazione del Centro di Cardiologia e
Cardiochirurgia Pediatrica e dell’ Età Evolutiva del Policlinico S. Orsola-
Malpighi di Bologna, dal 1990 al 2006, con diagnosi di cardiomiopatia riscontrata
nei primi due anni di vita. Complessivamente sono stati studiati 40 pazienti di cui
20 con cardiomiopatia ipertrofica, 18 con cardiomiopatia dilatativa e 2 con
cardiomiopatia restrittiva con un’età media alla diagnosi di 4,5 mesi (range:0-24
mesi). Per i pazienti descritti a partire dal 2002, 23 in totale, sono state eseguite le
seguenti indagini metaboliche: emogasanalisi, dosaggio della carnitina,
metabolismo degli acidi grassi liberi (pre e post pasto), aminoacidemia
quantitativa (pre e post pasto), acidi organici, mucopolisaccaridi ed oligosaccaridi
urinari, acilcarnitine. Gli stessi pazienti sono stati inoltre sottoposti a prelievo
bioptico di muscolo scheletrico per l’analisi ultrastrutturale, e per l’analisi
dell’attività enzimatica della catena respiratoria mitocondriale. Nella stessa seduta
veniva effettuata la biopsia cutanea per l’eventuale valutazione di deficit
enzimatici nei fibroblasti.
Risultati: l’età media alla diagnosi era di 132 giorni (range: 0-540 giorni) per le
cardiomiopatie ipertrofiche, 90 giorni per le dilatative (range: 0-210 giorni)
mentre le 2 bambine con cardiomiopatia restrittiva avevano 18 e 24 mesi al
momento della diagnosi. Le indagini metaboliche eseguite sui 23 pazienti ci
hanno permesso di individuare 5 bambini con malattia metabolica (di cui 2 deficit
severi della catena respiratoria mitocondriale, 1 con insufficienza della β-
ossidazione per alterazione delle acilcarnitine , 1 con sindrome di Barth e 1 con
malattia di Pompe) e un caso di cardiomiopatia dilatativa associata a rachitismo
carenziale. Di questi, 4 sono deceduti e uno è stato perduto al follow-up mentre la
forma associata a rachitismo ha mostrato un netto miglioramento della
funzionalità cardiaca dopo appropriata terapia con vitamina D e calcio. In tutti la
malattia era stata diagnosticata entro l’anno di vita. Ciò concorda con gli studi
documentati in letteratura che associano le malattie metaboliche ad un esordio
precoce e ad una prognosi infausta.
Da un punto di vista morfologico, un’evoluzione severa si associava alla forma
dilatativa, ed in particolare a quella con aspetto non compaction del ventricolo
sinistro, rispetto alla ipertrofica e, tra le ipertrofiche, alle forme con ostruzione
all’efflusso ventricolare.
Conclusioni: in accordo con quanto riscontrato in letteratura, abbiamo visto come
le cardiomiopatie associate a forme secondarie, ed in particolare a disordini
metabolici, sono di più frequente riscontro nella prima infanzia rispetto alle età
successive e, per questo, l’esordio molto precoce di una cardiomiopatia deve
essere sempre sospettata come l’espressione di una malattia sistemica. Abbiamo
osservato, inoltre, una stretta correlazione tra l’età del bambino alla diagnosi e
l’evoluzione della cardiomiopatia, registrando un peggioramento della prognosi in
funzione della precocità della manifestazione clinica. In particolare la diagnosi
eseguita in epoca prenatale si associava, nella maggior parte dei casi, ad
un’evoluzione severa, comportandosi come una variabile indipendente da altri
fattori prognostici. Riteniamo, quindi, opportuno sottoporre tutti i bambini con
diagnosi di cardiomiopatia effettuata nei primi anni di vita ad uno screening
metabolico completo volto ad individuare quelle forme per le quali sia possibile
intraprendere una terapia specifica o, al contrario, escludere disordini che possano
controindicare, o meno, l’esecuzione di un trapianto cardiaco qualora se ne
presenti la necessità clinica.

Identiferoai:union.ndltd.org:unibo.it/oai:amsdottorato.cib.unibo.it:971
Date09 June 2008
CreatorsRagni, Luca <1968>
ContributorsCocchi, Guido
PublisherAlma Mater Studiorum - Università di Bologna
Source SetsUniversità di Bologna
LanguageItalian
Detected LanguageItalian
TypeDoctoral Thesis, PeerReviewed
Formatapplication/pdf
Rightsinfo:eu-repo/semantics/restrictedAccess

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