Il “privilegio” e il “prestigio” intesi come forme di autorappresentazione post mortem tra il tardo antico e l’Alto medioevo sono tematiche che, da oltre quarant’anni, attirano l’attenzione di archeologici e storici, soprattutto francesi e tedeschi. A partire dagli anni Novanta questi temi sono stati oggetto di interesse anche nella ricerca archeologica italiana, tuttavia, le élites di genere femminile non sono mai state al centro di uno studio esclusivo, focalizzato sull’analisi dei rituali funerari e sulle strategie di distinzione adottate nei primi secoli dell’Alto Medioevo. Il tema del genere è stato semmai affrontato da una prospettiva storiografica tendente ad includere e ad analizzare il dato archeologico proveniente dalle necropoli e dai corredi funerari di VI-VIII secolo, in special modo di orizzonte longobardo. La ricerca sulle sepolture femminili privilegiate nella penisola italiana copre un arco cronologico specifico (ultimo terzo del VI-fine del VII secolo circa) che era determinato, nella sua fase iniziale, dalla comparsa in Italia centro-settentrionale di numerosi sepolcreti organizzati in file e di tombe con corredi di pregio che avevano diretti confronti in contesti pannonici coevi. Questo periodo si conclude verso la fine del VII secolo circa perché, salvo alcune eccezioni documentate a livello peninsulare, i corredi funerari sostanzialmente scomparvero dalle sepolture. In questo breve quanto significativo intervallo di tempo coesistettero di fatto due realtà che vengono analizzate e confrontate nella sfera funeraria: un’Italia “longobarda” e un’Italia “bizantina”. La ricerca punta a tracciare la distribuzione territoriale delle élites femminili nella penisola, ad analizzare la composizione dei loro corredi funerari e le diverse strategie di auto rappresentazione adottate all’interno dei rispettivi “luoghi della morte”, anche a seconda delle diverse fasce d’età.Il riconoscimento delle tombe femminili privilegiate si basa sui criteri che sono stati definiti nel colloquio di Créteil del 1984, L’inhumation privilegiee du IV au VIII Siecle en Occident, ovvero la posizione della sepoltura, la sua struttura e la cura del defunto. Questi criteri archeologici non hanno trovato sempre una precisa corrispondenza nella presente ricerca perché, più frequentemente, ad una posizione isolata o di rilievo corrispondeva un corredo di elevata qualità o una struttura tombale di un certo impegno costruttivo. Questi caratteri, quindi, interagivano tra loro in modi diversi a seconda del contesto funerario oggetto di indagine. Complessivamente sono state catalogate 183 tombe femminili, di età adulta e infantile, individuate all’interno di 68 siti archeologici. Le sepolture sono state ordinate in un Catalogo secondo un criterio geografico da Nord a Sud e da Ovest a Est e, per ogni sito, è stata inclusa anche una breve storia con la bibliografia di riferimento. L’eterogeneità dei dati raccolti a livello bibliografico ne ha richiesto una suddivisione e una classificazione coerente e flessibile distinta in “spazi cimiteriali”, tipologie e “usi” tombali, e corredi funerari delle élites femminili. La stesura del lavoro ha previsto anche la creazione di apposite tavole grafiche e fotografiche relative ai siti archeologici che sono stati analizzati nella presente ricerca e ai corredi funerari provenienti dalle sepolture, così come la stesura di carte di distribuzione relative agli “spazi cimiteriali” censiti. Inoltre, un capitolo è stato dedicato alla raccolta dei dati epigrafici per comprendere meglio la distribuzione delle élites tra le aree romano-bizantine e longobarde della penisola e risalire, per quanto possibile, alla loro dimensione sociale. Un capitolo è stato interamente dedicato alle tombe privilegiate infantili (0-12 anni), esposte per aree geografiche e per fasi cronologiche, cioè con gli stessi criteri utilizzati per analizzare le fasce d’età più mature. I trattamenti funerari delle piccole élites femminili riflettevano in buona sostanza il mondo degli adulti e le logiche familiari attorno alla preparazione e alla vestizione delle defunte, verso le quali i rispettivi gruppi parentali furono disposti a spendere anche ingenti somme di denaro ravvisabili, in alcuni casi, nell’acquisto di gioiellerie su misura e nell’elargizione di doni funerari di assoluto pregio, come nei casi delle gioiellerie. Nonostante la molteplicità di “luoghi della morte” che le élites urbane e rurali della penisola fondarono o occuparono in questo periodo adottando variegate strategie di auto rappresentazione funeraria, la tomba ad sanctos costituiva sin dall’età tardo antica uno dei massimi livelli di privilegio e di prestigio funerario. Questa consuetudine funeraria fu portata avanti senza soluzione di continuità nei territori romano-bizantini dove le élites laiche seguitarono a farsi seppellire con un corredo funerario di tipo rituale e/o personale caratterizzato da associazioni molto variabili ma con investimenti funerari di livello tendenzialmente medio-basso nel corso del VII secolo. In Italia centro-settentrionale, in particolare, è stata rilevata una quasi totale scomparsa delle aristocrazie senatorie romane e delle élites locali, corroborata da una significativa carenza di dati epigrafici. L’evangelizzazione delle campagne della penisola bizantina non era ancora compiuta nel VII secolo e ciò potrebbe spiegare la persistenza di sepolcreti rurali di fatto slegati dai luoghi di culto dove la distinzione funeraria si esprimeva ancora attraverso le gioiellerie e i beni di lusso di squisita fattura romano-bizantina. La tomba ad sanctos fu una prerogativa anche alla corte longobarda di Teodolinda e di Agilulfo come espressione e legittimazione del potere e come un efficace strumento di propaganda. L’adeguamento a questa consuetudine funeraria fu perciò adottato anche dalle élites del regno gradualmente convertitesi dopo una fase di convivenza tra le due fedi antagoniste, quella cattolica e quella ariana. Dal censimento dei corredi femminili di età adulta e infantile dell’orizzonte longobardo è stato possibile delineare le tappe del processo di conversione delle élites femminili nella Langobardia Maior, avviato già alla fine del VI-inizi del VII secolo ma pienamente accolto solo dalla metà del VII secolo, così come è stato possibile evidenziare i loro caratteri peculiari e le trasformazioni dei costumi funerari delle élites. Nei territori corrispondenti al ducato di Benevento, invece, né la cultura materiale né i “luoghi della morte” consentono di definire l’elemento culturale longobardo femminile per come è noto nel Settentrione, impedendo di tracciare una precisa linea di demarcazione tra queste due realtà culturali che, nel Meridione, tesero a fondersi tra loro in una fase piuttosto precoce. In questo caso una completa sostituzione delle élites femminili locali con i nuovi dominatori longobardi è ipotizzabile ma non è confermabile dal dato archeologico.
Identifer | oai:union.ndltd.org:unitn.it/oai:iris.unitn.it:11572/349999 |
Date | 18 July 2022 |
Creators | Dalceggio, Martina |
Contributors | Dalceggio, Martina, Possenti, Elisa |
Publisher | Università degli studi di Trento, place:TRENTO |
Source Sets | Università di Trento |
Language | Italian |
Detected Language | Italian |
Type | info:eu-repo/semantics/doctoralThesis |
Rights | info:eu-repo/semantics/embargoedAccess |
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