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3-D reconstruction of the human skeleton during motion

L’analisi del movimento umano ha come obiettivo la descrizione del
movimento assoluto e relativo dei segmenti ossei del soggetto e, ove richiesto,
dei relativi tessuti molli durante l’esecuzione di esercizi fisici. La bioingegneria
mette a disposizione dell’analisi del movimento gli strumenti ed i metodi
necessari per una valutazione quantitativa di efficacia, funzione e/o qualità del
movimento umano, consentendo al clinico l’analisi di aspetti non individuabili
con gli esami tradizionali. Tali valutazioni possono essere di ausilio all’analisi
clinica di pazienti e, specialmente con riferimento a problemi ortopedici,
richiedono una elevata accuratezza e precisione perché il loro uso sia valido. Il
miglioramento della affidabilità dell’analisi del movimento ha quindi un
impatto positivo sia sulla metodologia utilizzata, sia sulle ricadute cliniche
della stessa.
Per perseguire gli obiettivi scientifici descritti, è necessario effettuare una
stima precisa ed accurata della posizione e orientamento nello spazio dei
segmenti ossei in esame durante l’esecuzione di un qualsiasi atto motorio. Tale
descrizione può essere ottenuta mediante la definizione di un modello della
porzione del corpo sotto analisi e la misura di due tipi di informazione: una
relativa al movimento ed una alla morfologia. L’obiettivo è quindi stimare il
vettore posizione e la matrice di orientamento necessari a descrivere la
collocazione nello spazio virtuale 3D di un osso utilizzando le posizioni di
punti, definiti sulla superficie cutanea ottenute attraverso la
stereofotogrammetria.
Le traiettorie dei marker, così ottenute, vengono utilizzate per la
ricostruzione della posizione e dell’orientamento istantaneo di un sistema di
assi solidale con il segmento sotto esame (sistema tecnico) (Cappozzo et al.
2005). Tali traiettorie e conseguentemente i sistemi tecnici, sono affetti da due
tipi di errore, uno associato allo strumento di misura e l’altro associato alla
presenza di tessuti molli interposti tra osso e cute. La propagazione di
quest’ultimo ai risultati finali è molto più distruttiva rispetto a quella
dell’errore strumentale che è facilmente minimizzabile attraverso semplici
tecniche di filtraggio (Chiari et al. 2005). In letteratura è stato evidenziato che
l’errore dovuto alla deformabilità dei tessuti molli durante l’analisi del
movimento umano provoca inaccuratezze tali da mettere a rischio
l’utilizzabilità dei risultati. A tal proposito Andriacchi scrive: “attualmente,
uno dei fattori critici che rallentano il progresso negli studi del movimento
umano è la misura del movimento scheletrico partendo dai marcatori posti
sulla cute” (Andriacchi et al. 2000).
Relativamente alla morfologia, essa può essere acquisita, ad esempio,
attraverso l’utilizzazione di tecniche per bioimmagini. Queste vengono fornite
con riferimento a sistemi di assi locali in generale diversi dai sistemi tecnici.
Per integrare i dati relativi al movimento con i dati morfologici occorre
determinare l’operatore che consente la trasformazione tra questi due sistemi
di assi (matrice di registrazione) e di conseguenza è fondamentale
l’individuazione di particolari terne di riferimento, dette terne anatomiche.
L’identificazione di queste terne richiede la localizzazione sul segmento osseo
di particolari punti notevoli, detti repere anatomici, rispetto ad un sistema di
riferimento solidale con l’osso sotto esame. Tale operazione prende il nome di
calibrazione anatomica. Nella maggior parte dei laboratori di analisi del
movimento viene implementata una calibrazione anatomica a “bassa
risoluzione” che prevede la descrizione della morfologia dell’osso a partire
dall’informazione relativa alla posizione di alcuni repere corrispondenti a
prominenze ossee individuabili tramite palpazione. Attraverso la
stereofotogrammetria è quindi possibile registrare la posizione di questi repere
rispetto ad un sistema tecnico. Un diverso approccio di calibrazione anatomica
può essere realizzato avvalendosi delle tecniche ad “alta risoluzione”, ovvero
attraverso l’uso di bioimmagini. In questo caso è necessario disporre di una
rappresentazione digitale dell’osso in un sistema di riferimento morfologico e
localizzare i repere d’interesse attraverso palpazione in ambiente virtuale
(Benedetti et al. 1994 ; Van Sint Jan et al. 2002; Van Sint Jan et al. 2003). Un
simile approccio è difficilmente applicabile nella maggior parte dei laboratori
di analisi del movimento, in quanto normalmente non si dispone della
strumentazione necessaria per ottenere le bioimmagini; inoltre è noto che tale
strumentazione in alcuni casi può essere invasiva.
Per entrambe le calibrazioni anatomiche rimane da tenere in
considerazione che, generalmente, i repere anatomici sono dei punti definiti
arbitrariamente all’interno di un’area più vasta e irregolare che i manuali di
anatomia definiscono essere il repere anatomico. L’identificazione dei repere
attraverso una loro descrizione verbale è quindi povera in precisione e la
difficoltà nella loro identificazione tramite palpazione manuale, a causa della
presenza dei tessuti molli interposti, genera errori sia in precisione che in
accuratezza. Tali errori si propagano alla stima della cinematica e della
dinamica articolare (Ramakrishnan et al. 1991; Della Croce et al. 1999). Della
Croce (Della Croce et al. 1999) ha inoltre evidenziato che gli errori che
influenzano la collocazione nello spazio delle terne anatomiche non dipendono
soltanto dalla precisione con cui vengono identificati i repere anatomici, ma
anche dalle regole che si utilizzano per definire le terne. E’ infine necessario
evidenziare che la palpazione manuale richiede tempo e può essere effettuata
esclusivamente da personale altamente specializzato, risultando quindi molto
onerosa (Simon 2004).
La presente tesi prende lo spunto dai problemi sopra elencati e ha come
obiettivo quello di migliorare la qualità delle informazioni necessarie alla
ricostruzione della cinematica 3D dei segmenti ossei in esame affrontando i
problemi posti dall’artefatto di tessuto molle e le limitazioni intrinseche nelle
attuali procedure di calibrazione anatomica. I problemi sono stati affrontati sia
mediante procedure di elaborazione dei dati, sia apportando modifiche ai
protocolli sperimentali che consentano di conseguire tale obiettivo.
Per quanto riguarda l’artefatto da tessuto molle, si è affrontato l’obiettivo
di sviluppare un metodo di stima che fosse specifico per il soggetto e per l’atto
motorio in esame e, conseguentemente, di elaborare un metodo che ne
consentisse la minimizzazione. Il metodo di stima è non invasivo, non impone
restrizione al movimento dei tessuti molli, utilizza la sola misura
stereofotogrammetrica ed è basato sul principio della media correlata. Le
prestazioni del metodo sono state valutate su dati ottenuti mediante una
misura 3D stereofotogrammetrica e fluoroscopica sincrona (Stagni et al. 2005),
(Stagni et al. 2005). La coerenza dei risultati raggiunti attraverso i due
differenti metodi permette di considerare ragionevoli le stime dell’artefatto
ottenute con il nuovo metodo. Tale metodo fornisce informazioni sull’artefatto
di pelle in differenti porzioni della coscia del soggetto e durante diversi compiti
motori, può quindi essere utilizzato come base per un piazzamento ottimo dei
marcatori. Lo si è quindi utilizzato come punto di partenza per elaborare un
metodo di compensazione dell’errore dovuto all’artefatto di pelle che lo modella
come combinazione lineare degli angoli articolari di anca e ginocchio. Il metodo
di compensazione è stato validato attraverso una procedura di simulazione
sviluppata ad-hoc.
Relativamente alla calibrazione anatomica si è ritenuto prioritario
affrontare il problema associato all’identificazione dei repere anatomici
perseguendo i seguenti obiettivi:
1. migliorare la precisione nell’identificazione dei repere e, di conseguenza,
la ripetibilità dell’identificazione delle terne anatomiche e della cinematica
articolare,
2. diminuire il tempo richiesto,
3. permettere che la procedura di identificazione possa essere eseguita
anche da personale non specializzato.
Il perseguimento di tali obiettivi ha portato alla implementazione dei
seguenti metodi:
• Inizialmente è stata sviluppata una procedura di palpazione virtuale
automatica. Dato un osso digitale, la procedura identifica automaticamente i
punti di repere più significativi, nella maniera più precisa possibile e senza
l'ausilio di un operatore esperto, sulla base delle informazioni ricavabili da
un osso digitale di riferimento (template), preliminarmente palpato
manualmente.
• E’ stato poi condotto uno studio volto ad indagare i fattori metodologici che
influenzano le prestazioni del metodo funzionale nell’individuazione del
centro articolare d’anca, come prerequisito fondamentale per migliorare la
procedura di calibrazione anatomica. A tale scopo sono stati confrontati
diversi algoritmi, diversi cluster di marcatori ed è stata valutata la
prestazione del metodo in presenza di compensazione dell’artefatto di pelle.
• E’stato infine proposto un metodo alternativo di calibrazione anatomica
basato sull’individuazione di un insieme di punti non etichettati, giacenti
sulla superficie dell’osso e ricostruiti rispetto ad un TF (UP-CAST). A partire
dalla posizione di questi punti, misurati su pelvi coscia e gamba, la
morfologia del relativo segmento osseo è stata stimata senza identificare i
repere, bensì effettuando un’operazione di matching dei punti misurati con
un modello digitale dell’osso in esame. La procedura di individuazione dei
punti è stata eseguita da personale non specializzato nell’individuazione dei
repere anatomici. Ai soggetti in esame è stato richiesto di effettuare dei cicli
di cammino in modo tale da poter indagare gli effetti della nuova procedura
di calibrazione anatomica sulla determinazione della cinematica articolare. I
risultati ottenuti hanno mostrato, per quel che riguarda la identificazione dei
repere, che il metodo proposto migliora sia la precisione inter- che intraoperatore,
rispetto alla palpazione convenzionale (Della Croce et al. 1999). E’
stato inoltre riscontrato un notevole miglioramento, rispetto ad altri
protocolli (Charlton et al. 2004; Schwartz et al. 2004), nella ripetibilità della
cinematica 3D di anca e ginocchio. Bisogna inoltre evidenziare che il
protocollo è stato applicato da operatori non specializzati nell’identificazione
dei repere anatomici. Grazie a questo miglioramento, la presenza di diversi
operatori nel laboratorio non genera una riduzione di ripetibilità. Infine, il
tempo richiesto per la procedura è drasticamente diminuito. Per una analisi
che include la pelvi e i due arti inferiori, ad esempio, l’identificazione dei 16
repere caratteristici usando la calibrazione convenzionale richiede circa 15
minuti, mentre col nuovo metodo tra i 5 e i 10 minuti.

Identiferoai:union.ndltd.org:unibo.it/oai:amsdottorato.cib.unibo.it:389
Date19 April 2007
CreatorsDonati, Marco <1978>
ContributorsCappozzo, Aurelio
PublisherAlma Mater Studiorum - Università di Bologna
Source SetsUniversità di Bologna
LanguageEnglish
Detected LanguageItalian
TypeDoctoral Thesis, PeerReviewed
Formatapplication/pdf
Rightsinfo:eu-repo/semantics/openAccess

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