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Bisanzio, gli stati italiani e il Concilio di Ferrara -Firenze (1438 - 1439). Aspetti Politici ed Economici

Il 29 maggio 1453, dopo un assedio di circa otto settimane, Costantinopoli fu conquistata dal sultano ottomano Mehmed II. La caduta della città fu un duro colpo per la cristianità occidentale, che non era riuscita a valutare la gravità della sua situazione e aveva mandato, nonostante molte promesse, un aiuto del tutto insufficiente. Le polemiche sui mancati soccorsi coinvolsero principalmente il pontefice Niccolò V, il re di Napoli Alfonso d'Aragona e Venezia. La decadenza dell'impero bizantino era tuttavia cominciata da lungo tempo, era stata accelerata dalle funeste conseguenze della quarta crociata ed era divenuta irreversibile allorché i Turchi, impadronitisi dell'intera Asia Minore, avevano attaccato e sistematicamente occupato i territori bizantini in Grecia e nell'Europa orientale. I sovrani della dinastia paleologa si convinsero che solo da Occidente sarebbe potuto giungere a Bisanzio un soccorso efficace e, per ottenerlo, si rivolsero ai papi, all'imperatore, ai sovrani dei principali stati europei, alle repubbliche e ai principati italiani. Condizione irrinunciabile posta dall'Occidente per l'invio di adeguati soccorsi era l'unione delle Chiese greca e latina, che i Bizantini sostenvano dovesse essere ricercata solo attraverso un concilio ecumenico. Il Papato, dopo la conclusione del Grande Scisma e il ristabilimento dell'unità nella Chiesa romana, dovette affrontare la sfida del movimento conciliare; esso la vinse, grazie anche al successo conseguito nel 1439 a Firenze, dove fu proclamata solennemente l'unione di cattolici e ortodossi. Eugenio IV, dopo una lunga contrapposizione con il concilio di Basilea, aveva trasferito il sinodo in Italia, dove, nella prima metà del Quattrocento, si stava assistendo alla graduale formazione di entità statali territoriali: alcune di esse, le repubbliche di Venezia e Genova in particolare, avevano svolto per secoli un ruolo politico-economico di primo piano nell'Oriente bizantino. / On 29 May 1453, after a siege of some eight weeks, Constantinople fell to the Ottoman sultan, Mehmed II. The fall of the city came as a bitter shock to Western Christendom, which had failed to see its plight and had, in spite of promises, sent it negligible help. Bitter controversies followed, involving mainly pope Nicholas V, the king of Naples, Alfonso of Aragona, and Venice. The long decline of the Byzantine Empire, which had been quickened by the outcome of the fourth crusade, became irreversible as the Turks conquered the whole of Asia Minor and occupied the Byzantine territories of Greece and Eastern Europe. The Palaelogan emperors were persuaded that Byzantium could be saved only by Western help; to obtain it, they addressed popes, the Western emperor, European Kings and Italian states. The main condition for proper aid from the West was the union of Greek and Latin Churches; in Byzantine opinion, however, it might be attained exclusively through an oecumenical council. Papacy, after the vicissitudes of the Great Schism, had to face the challenge of the conciliar movement, which it won thanks to the successful, even if ephemeral, result of the council of Florence as well. There, in July 1439, the union between Catholic and Orthodox Churches was solemnly celebrated. The synod had been moved by pope Eugenius IV, after harsh quarrels with the council of Basel to Italy, where, in the first half of fifteenth century, bigger territorial states were forming. Some of them had been long time playing an important political and economical part in the Byzantine East.

Identiferoai:union.ndltd.org:DocTA/oai:tesionline.unicatt.it:10280/170
Date20 June 2007
CreatorsGATTESCHI, ALBERTO
ContributorsTOSCANI, XENIO LUIGI, MAZZUCCHI, CARLO MARIA
PublisherUniversità Cattolica del Sacro Cuore, MILANO
Source SetsUniversita Cattolica del Sacro Cuore. DocTA
LanguageItalian
Detected LanguageItalian
TypeDoctoral Thesis
FormatAdobe PDF
Rightsopen

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