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Species and Functional Composition of some Abandoned Fields in the Northern Apennines (Italy). A Detailed Overview with particular Reference to the Habitat 6210 in the EU 92/43 Directive

Troiani, Natalia <1985> 09 May 2016 (has links)
Abandoned croplands can be considered a new category of “scattered elements” of mountain landscapes. To gain deeper understanding of the conservation status (sensu EEC Directive 92/43) of abandoned cropland in the northern Apennines, we coupled the concepts of the social behavior type (SBT) and the functional assessment of plant communities. SBTs refer to behaviour and ecological attributes of species at a given observation level and allow the understanding of the plant community conservation status, while the functional approach may help in predicting changes of species composition along disturbance and stress gradients. We found that topographic and soil conditions drive the species assemblage in pastures after crop abandonment, but long-term abandonment does not lead per se to the recovery of the semi-natural grassland communities deemed worthy of conservation in the EEC Directive. It was mainly due to the lack of appropriate disturbance regimes that allows the spread of dominant tall herbs, which, in turn, reduces the site suitability for subordinate plants. Moreover, their spread fosters the presence of elements such as ruderals and fringe species. We conclude that, these abandoned croplands have a good potential to develop into Habitat of EU Directive but without appropriate management plans they will remain of low representativeness.
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Ecologia del limite altitudinale del bosco nell'Appennino settentrionale: un approccio dendrocronologico

Magnani, Silvia <1976> 30 May 2007 (has links)
No description available.
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Analisi dei parametri vegetazionali e dei caratteri funzionali di specie guida come strumenti di studio di comunità prative

Bolzan, Anna <1979> 26 May 2009 (has links)
Lo studio condotto si propone l’approfondimento delle conoscenze sui processi di evoluzione spontanea di comunità vegetali erbacee di origine secondaria in cinque siti all’interno di un’area protetta del Parco di Monte Sole (Bologna, Italia), dove, come molte aree rurali marginali in Italia e in Europa, la cessazione o riduzione delle tradizionali pratiche gestionali negli ultimi cinquant’anni, ha determinato lo sviluppo di fitocenosi di ridotto valore floristico e produttivo. Tali siti si trovano in due aree distinte all’interno del parco, denominate Zannini e Stanzano, selezionate in quanto rappresentative di situazioni di comunità del Mesobrometo. Due siti appartenenti alla prima area e uno appartenente alla seconda, sono gestiti con sfalcio annuale, i rimanenti non hanno nessun tipo di gestione. Lo stato delle comunità erbacee di tali siti è stato valutato secondo più punti di vista. E’ stata fatta una caratterizzazione vegetazionale dei siti, mediante rilievo lineare secondo la metodologia Daget-Poissonet, permettendo una prima valutazione relativa al numero di specie presenti e alla loro abbondanza all’interno della comunità vegetale, determinando i Contributi Specifici delle famiglie principali e delle specie dominanti (B. pinnatum, B. erectus e D. glomerata). La produttività è stata calcolata utilizzando un indice di qualità foraggera, il Valore Pastorale, e con la determinazione della produzione di Fitomassa totale, Fitomassa fotosintetizzante e Necromassa. A questo proposito sono state trovate correlazioni negative tra la presenza di Graminacee, in particolare di B. pinnatum, e i Contributi Specifici delle altre specie, soprattutto a causa dello spesso strato di fitomassa e necromassa prodotto dallo stesso B. pinnatum che impedisce meccanicamente l’insediamento e la crescita di altre piante. E’ stata inoltre approfonditamente sviluppata un terza caratterizzazione, che si propone di quantificare la diversità funzionale dei siti medesimi, interpretando le risposte della vegetazione a fattori globali di cambiamento, sia abiotici che biotici, per cogliere gli effetti delle variazioni ambientali in atto sulla comunità, e più in generale, sull’intero ecosistema. In particolare, nello studio condotto, sono stati proposti alcuni caratteri funzionali, cosiddetti functional traits, scelti perché correlati all’acquisizione e alla conservazione delle risorse, e quindi al trade-off dei nutrienti all’interno della pianta, ossia: Superficie Fogliare Specifica, SLA, Tenore di Sostanza Secca, LDMC, Concentrazione di Azoto Fogliare, LNC, Contenuto in Fibra, LFC, separato nelle componenti di Emicellulosa, Cellulosa, Lignina e Ceneri. Questi caratteri sono stati misurati in relazione a tre specie dominanti: B. pinnatum, B. erectus e D. glomerata. Si tratta di specie comunemente presenti nelle praterie semi-mesofile dell’Appennino Settentrionale, ma caratterizzate da differenti proprietà ecologiche e adattative: B. pinnatum e B. erectus sono considerati competitori stress-toleranti, tipicamente di ambienti poveri di risorse, mentre D. glomerata, è una specie più mesofila, caratteristica di ambienti produttivi. Attraverso l’analisi dei traits in riferimento alle diverse strategie di queste specie, sono stati descritti specifici adattamenti alle variazioni delle condizioni ambientali, ed in particolare in risposta al periodo di stress durante l’estate dovuto a deficit idrico e in risposta alla diversa modalità di gestione dei siti, ossia alla pratica o meno dello sfalcio annuale. Tra i caratteri funzionali esaminati, è stato identificato LDMC come il migliore per descrivere le specie, in quanto più facilmente misurabile, meno variabile, e direttamente correlato con altri traits come SLA e le componenti della fibra. E’ stato quindi proposto il calcolo di un indice globale per caratterizzare i siti in esame, che tenesse conto di tutti questi aspetti, riunendo insieme sia i parametri di tipo vegetativo e produttivo, che i parametri funzionali. Tale indice ha permesso di disporre i siti lungo un gradiente e di cogliere differenti risposte in relazione a variazioni stagionali tra primavera o autunno e in relazione al tipo di gestione, valutando le posizioni occupate dai siti stessi e la modalità dei loro eventuali spostamenti lungo questo gradiente. Al fine di chiarire se le variazioni dei traits rilevate fossero dovute ad adattamento fenotipico dei singoli individui alle condizioni ambientali, o piuttosto fossero dovute a differenziazione genotipica tra popolazioni cresciute in siti diversi, è stato proposto un esperimento in condizioni controllate. All’interno di un’area naturale in UK, le Chiltern Hills, sono stati selezionati cinque siti, caratterizzati da diverse età di abbandono: Bradenham Road MaiColtivato e Small Dean MaiColtivato, di cui non si conosce storia di coltivazione, caratterizzati rispettivamente da vegetazione arborea e arbustiva prevalente, Butterfly Bank 1970, non più coltivato dal 1970, oggi prateria seminaturale occasionalmente pascolata, Park Wood 2001, non più coltivato dal 2001, oggi prateria seminaturale mantenuta con sfalcio annuale, e infine Manor Farm Coltivato, attualmente arato e coltivato. L’esperimento è stato condotto facendo crescere i semi delle tre specie più comuni, B. sylvaticum, D. glomerata e H. lanatus provenienti dai primi quattro siti, e semi delle stesse specie acquistati commercialmente, nei cinque differenti tipi di suolo dei medesimi siti. Sono stati misurati quattro caratteri funzionali: Massa Radicale Secca (DRM), Massa Epigea Secca (DBM), Superficie Fogliare Secca (SLA) e Tenore di Sostanza Secca (LDMC). I risultati ottenuti hanno evidenziato che ci sono significative differenze tra le popolazioni di una stessa specie ma con diversa provenienza, e tra individui appartenenti alla stessa popolazione se fatti crescere in suoli diversi. Tuttavia, queste differenze, sembrano essere dovute ad adattamenti locali legati alla presenza di nutrienti, in particolare N e P, nel suolo piuttosto che a sostanziali variazioni genotipiche tra popolazioni. Anche per questi siti è stato costruito un gradiente sulla base dei quattro caratteri funzionali analizzati. La disposizione dei siti lungo il gradiente ha evidenziato tre gruppi distinti: i siti più giovani, Park Wood 2001 e Manor Farm Coltivato, nettamente separati da Butterfly Bank 1970, e seguiti infine da Small Dean MaiColtivato e Bradenham Road MaiColtivato. L’applicazione di un indice così proposto potrebbe rivelarsi un utile strumento per descrivere ed indagare lo stato della prateria e dei processi evolutivi in atto, al fine di meglio comprendere e dominare tali dinamiche per proporre sistemi di gestione che ne consentano la conservazione anche in assenza delle tradizionali cure colturali.
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Il genere Rhododendron L.: diversità genetica e fenomeni di ibridazione.

Bruni, Ilaria <1978> 11 May 2010 (has links)
La terra, nel corso della sua storia, ha subito molteplici cambiamenti con la comparsa e scomparsa di numerose specie animali e vegetali. Attualmente, l’estinzioni delle specie, la riduzione degli areali e il depauperamento degli ecosistemi è da ricollegare alle attività dell’uomo. Per tali motivi, in questi ultimi decenni si è iniziato a dare importanza alla conservazione della biodiversità, alla creazione di zone protette e a sviluppare interventi di reintroduzione e rafforzamento di specie rare e a rischio di estinzione. Questo lavoro di tesi si propone di analizzare la variabilità genetica delle popolazioni di Rhododendron ferrugineum L. lungo il suo areale, con particolare attenzione alle aree marginali dell’Appennino, dove la specie rappresenta un caso di pseudo rarità, al fine di valutare lo stato di salute della specie al limite del suo areale e valutare appropriati interventi di conservazione o reintroduzione. Per effettuare le analisi sono stati messi a punto dei marcatori molecolari discontinui, i microsatelliti, che, essendo dei marcatori co-dominati, permettono di valutare differenti parametri legati alla diversità genetica delle popolazioni inclusi i livelli di eterozigotà ed il flusso genico tra popolazioni limitrofe. I campionamenti sono stati effettuati nelle uniche 3 stazioni presenti sugli Appennini. Al fine di confrontare la struttura genetica di queste popolazioni sono state considerate anche popolazioni delle Alpi Marittime, delle Alpi centro-orientali e dei Pirenei. L’analisi della diversità genetica effettuata su questo pool di popolazioni analizzate con 7 marcatori microsatelliti, ha messo in evidenza che le popolazioni relitte dell’Appennino Tosco-Emiliano presentano un ridotto livello di eterozigosità che suggerisce quindi un elevato livello di inbreeding. Si ritiene che ciò sia dovuto alla loro dislocazione sul territorio, che le rende isolate sia tra di loro che dalle popolazioni delle vicine Alpi Marittime. La stima delle relazioni genetiche tra le popolazioni appenniniche e le vicine piante alpine evidenzia come non vi sia scambio genetico tra le popolazioni. Le analisi dei cluster suggeriscono che due delle popolazioni Appenniniche siano più simili alle popolazioni della Alpi Marittime, mentre la terza ha più affinità con le popolazioni delle Alpi centro-orientali. Le popolazioni dei Pirenei risultano essere geneticamente più simili alle popolazioni delle Alpi Marittime, in particolare alle tre popolazioni del versante francese. In questo lavoro abbiamo affrontato anche il problema delle specie ibride. Rhododendron x intermedium Tausch è un ibrido frutto dell’incrocio tra Rhododendron ferrugineum L. e Rhododendron hirsutum L., in grado di incrociarsi sia con altri ibridi, sia con i parentali (fenomeno dell’introgressione). L’origine di questo ibrido risiede nella simpatria delle due specie parentali, che tuttavia, presentano esigenze ecologiche differenti. Ad oggi la presenza di Rhododendron x intermedium è stata accertata in almeno tre stazioni sulle Alpi Italiane, ma la letteratura documenta la sua presenza anche in altre zone dell’Arco Alpino. L’obiettivo di questa ricerca è stato quello di verificare la reale natura ibrida di Rhododendron x intermedium in queste stazioni utilizzando un approccio integrato ossia sia attraverso un’analisi di tipo morfologico sia attraverso un analisi di tipo molecolare. In particolare l’approccio molecolare ha previsto prima un’analisi filogenetica attraverso l’utilizzo di marcatori molecolari filogenetici nucleari e plastidiali (ITS, At103, psbA-trnH e matK) e quindi un’analisi della struttura delle popolazioni della specie ibrida attraverso l’utilizzo di marcatori molecolari microsatelliti. Da un’analisi morfologica, risulta che gli esemplari ibridi possono essere molto differenti tra loro e ciò supporta la formazione di sciami ibridi. Al fine di verificare la natura di questa specie e la struttura delle popolazioni ibride e dei rispettivi parentali, sono state campionate differenti popolazioni in tutta l’area di interesse. I campioni ottenuti sono stati quindi analizzati geneticamente mediante marcatori molecolari del DNA. I risultati ottenuti hanno permesso innanzitutto di confermare l’origine ibrida degli individui di prima generazione della specie Rhododendron x intermedium e quindi di distinguere i parentali dagli ibridi ed evidenziare la struttura genetica delle popolazioni ibride.
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Ecologia del limite altitudinale del bosco nell'appennino settentrionale: un approccio multidisciplinare

Corazza, Marcello <1979> 11 May 2010 (has links)
No description available.
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El Niño southern oscillation and its effect on fog oases along the Peruvian and Chilean coastal deserts

Manrique Paredes, Rosa Soledad <1971> 09 May 2011 (has links)
Fog oases, locally named Lomas, are distributed in a fragmented way along the western coast of Chile and Peru (South America) between ~6°S and 30°S following an altitudinal gradient determined by a fog layer. This fragmentation has been attributed to the hyper aridity of the desert. However, periodically climatic events influence the ‘normal seasonality’ of this ecosystem through a higher than average water input that triggers plant responses (e.g. primary productivity and phenology). The impact of the climatic oscillation may vary according to the season (wet/dry). This thesis evaluates the potential effect of climate oscillations, such as El Niño Southern Oscillation (ENSO), through the analysis of vegetation of this ecosystem following different approaches: Chapters two and three show the analysis of fog oasis along the Peruvian and Chilean deserts. The objectives are: 1) to explain the floristic connection of fog oases analysing their taxa composition differences and the phylogenetic affinities among them, 2) to explore the climate variables related to ENSO which likely affect fog production, and the responses of Lomas vegetation (composition, productivity, distribution) to climate patterns during ENSO events. Chapters four and five describe a fog-oasis in southern Peru during the 2008-2010 period. The objectives are: 3) to describe and create a new vegetation map of the Lomas vegetation using remote sensing analysis supported by field survey data, and 4) to identify the vegetation change during the dry season. The first part of our results show that: 1) there are three significantly different groups of Lomas (Northern Peru, Southern Peru, and Chile) with a significant phylogenetic divergence among them. The species composition reveals a latitudinal gradient of plant assemblages. The species origin, growth-forms typologies, and geographic position also reinforce the differences among groups. 2) Contradictory results have emerged from studies of low-cloud anomalies and the fog-collection during El Niño (EN). EN increases water availability in fog oases when fog should be less frequent due to the reduction of low-clouds amount and stratocumulus. Because a minor role of fog during EN is expected, it is likely that measurements of fog-water collection during EN are considering drizzle and fog at the same time. Although recent studies on fog oases have shown some relationship with the ENSO, responses of vegetation have been largely based on descriptive data, the absence of large temporal records limit the establishment of a direct relationship with climatic oscillations. The second part of the results show that: 3) five different classes of different spectral values correspond to the main land cover of Lomas using a Vegetation Index (VI). The study case is characterised by shrubs and trees with variable cover (dense, semi-dense and open). A secondary area is covered by small shrubs where the dominant tree species is not present. The cacti area and the old terraces with open vegetation were not identified with the VI. Agriculture is present in the area. Finally, 4) contrary to the dry season of 2008 and 2009 years, a higher VI was obtained during the dry season of 2010. The VI increased up to three times their average value, showing a clear spectral signal change, which coincided with the ENSO event of that period.
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Relationships between plant diversity and environmental heterogeneity in rupicolous grasslands on gypsum. The case study of Alysso-Sedion albi (Habitat 6110).

Velli, Andrea <1984> 05 May 2014 (has links)
Plant communities on weathered rock and outcrops are characterized by high values in species richness (Dengler 2006) and often persist on small and fragmented surfaces. Yet very few studies have examined the relationships between heterogeneity and plant diversity at small scales, in particular in poor-nutrient and low productive environment (Shmida and Wilson 1985, Lundholm 2003). In order to assess these relationships both in space and time in relationship, two different approaches were employed in the present study, in two gypsum outcrops of Northern Apennine. Diachronic and synchronic samplings from April 2012 to March 2013 were performed. A 50x50 cm plot was used in both samplings such as the sampling unit base. The diachronic survey aims to investigate seasonal patterning of plant diversity by the use of images analysis techniques integrated with field data and considering also seasonal climatic trend, the substrate quality and its variation in time. The purpose of the further, synchronic sampling was to describe plant diversity pattern as a function of the environmental heterogeneity meaning in substrate typologies, soil depth and topographic features. Results showed that responses of diversity pattern depend both on the resources availability, environmental heterogeneity and the manner in which the different taxonomic group access to them during the year. Species richness and Shannon diversity were positively affected by increasing in substrate heterogeneity. Furthermore a good turnover in seasonal species occurrence was detected. This vegetation may be described by the coexistence of three groups of species which created a gradient from early colonization stages, characterized by greater slope and predominance of bare rock, gradually to situation of more developed soil.
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Quantifying and modeling ecosystem services provided by urban greening in cities of the Southern Alps, N Italy

Russo, Alessio <1983> 09 April 2013 (has links)
Population growth in urban areas is a world-wide phenomenon. According to a recent United Nations report, over half of the world now lives in cities. Numerous health and environmental issues arise from this unprecedented urbanization. Recent studies have demonstrated the effectiveness of urban green spaces and the role they play in improving both the aesthetics and the quality of life of its residents. In particular, urban green spaces provide ecosystem services such as: urban air quality improvement by removing pollutants that can cause serious health problems, carbon storage, carbon sequestration and climate regulation through shading and evapotranspiration. Furthermore, epidemiological studies with controlled age, sex, marital and socio-economic status, have provided evidence of a positive relationship between green space and the life expectancy of senior citizens. However, there is little information on the role of public green spaces in mid-sized cities in northern Italy. To address this need, a study was conducted to assess the ecosystem services of urban green spaces in the city of Bolzano, South Tyrol, Italy. In particular, we quantified the cooling effect of urban trees and the hourly amount of pollution removed by the urban forest. The information was gathered using field data collected through local hourly air pollution readings, tree inventory and simulation models. During the study we quantified pollution removal for ozone, nitrogen dioxide, carbon monoxide and particulate matter (<10 microns). We estimated the above ground carbon stored and annually sequestered by the urban forest. Results have been compared to transportation CO2 emissions to determine the CO2 offset potential of urban streetscapes. Furthermore, we assessed commonly used methods for estimating carbon stored and sequestered by urban trees in the city of Bolzano. We also quantified ecosystem disservices such as hourly urban forest volatile organic compound emissions.
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Micro-analytical methodologies for the characterization of airborne inorganic pollutants collected on unconventional substrates

Bertolotti, Giulia January 2014 (has links)
The present work regards the development of a methodology for the study of atmospheric particulate matter (PM) which is alternative to instrumental measurements. The methodology developed exploits the surfaces already present in the field as samplers of PM. In particular, conifer needles and building facades are employed to investigate different temporal ranges: conifer needles potentially retain particles circulating in the atmosphere from the recent past up to now, while building facades could retain particles from an older period up to know. The field of application of the approach developed are the situations in which a wide territory must be monitored, eventually including remote locations, or information on past pollution scenario must be reconstructed in the absence of monitoring stations. For instance, the evaluation of the improved efficiency of off-gas abatement systems of industrial plants is a typical case of application. These pollution sources affect large areas and might have been active before regulation on air quality required constant monitoring of their emissions. Typically in such a case the methodology could assist in evaluating how large was in the past and it is nowadays the area of impact of the plant. In general, such an approach could be valuable whenever relying on instrumental measurements is cost and time consuming in terms of installing a large network of monitoring stations to study the dispersion of pollutants from a single or few sources. To have a detailed description of the spatial distribution of pollutant particles, they are studied individually with subsequent higher magnification. Where no traces of a source are detected by scanning electron microscopy coupled with energy dispersive x-ray spectroscopy (SEM-EDXS), the samples are analyzed with the higher resolution of transmission electron microscopy coupled with energy dispersive x-ray spectroscopy (TEM-EDXS) and selected area electron diffraction (SAED) in order to make sure that no smaller particles, able to travel farther from their source, are present at a certain site. All data provided by electron microscopy analysis of particles collected by conifer needles are placed in the context of elemental concentrations measured by inductively coupled plasma atomic emission spectroscopy (ICP-AES), which is a bulk analytical technique. The same is not possible for the data on single particles present on building facades given the inorganic matrix of the substrate, especially in the case of metal oxide paints, which does not allow the bulk measurement. Both the preparation of the samples for bulk analytical techniques and single particle analysis by electron microscopy were optimized. For method development and evaluation, the analytical protocol was applied to estimate spatial and temporal trends of accumulation of inorganic pollutants that can be related with changes in the emissions of atmospheric pollutants by an electric arc furnace (EAF) steelmaking plant located in a test site. The benefits of combining the single particle and bulk analytical techniques emerged especially for the discrimination of the emissions from different sources.

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