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L'accordo parzialePierazzi, Eleonora Maria <1979> 29 May 2008 (has links)
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Pactum de tractandoTodaro, Veronica <1975> 29 May 2008 (has links)
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Product placement e libertà di espressioneFiori, Laura <1978> 29 May 2008 (has links)
Object of the search is the advertising phenomenon of the "product
placement", with reference to that it has been investigated legality’s limits,
as well as the relationship with the constitutionally protected liberty of
expression.
Particularly, it has been analyzed, in first place, the problem of the
relationship between the freedom of expression and the liberty of economic
initiative, with particular reference to the different circles of guardianship to
these prepared: or, larger, the one provided for the first from the 21th article
of Costitution, more circumscribed, instead, the one established in the 41th
article of Costitution, with reference to the second. This analysis has been
made with the purpose to investigate the coordination among such liberties
in those forms of communications that, for the proper peculiarities that
characterize them, can be qualified, according to the concrete circumstances
in which they are spread, so much forms of liberty of expression, how much
exercise of an activity of enterprise.
Under this last profile, it has been taken attention on the advertising activity
and, specially, on the non transparent publicities, or not immediately
perceivable as such from their receivers, and, therefore, in contrast with the
advertising trasparence’s principle: or, the so-called cases of hidden
publicity, what the editorial publicity, both "in narrow sense" both "in
general sense", as well as the phenomenon of the product placement (or
positioning of product), by now diffused in the commercial routine.
Therefore, it has been proceeded to a complete and exhaustive examination
of innovations introduced by the recent legislative discipline in subject of
“planned placement of marks and products” in the cinema works,
appraising, in the specific one, the effects, juridical and no juridical,
consequential from the introduction of a first form of regulation of the
phenomenon of the product placement and, particularly, from the express
provision about the legality of the use to such advertising, if it has realized
according to specific requirements or condition. In relationship to such
profile, it has been also investigate limits (sub kind of normative gaps) from
which the recently introduced discipline in subject would seem
characterized.
Finally, a further circle of investigation has concerned the possible
organization of the phenomenon under a negotiate aspect, as particular
contract of advertising, in which the object consists in an promotional
activity. Concerning this, the experience of foreign countries (above all the
Anglo-Saxon one) has been very important, because of the absence, in our
arrangement, of a general normative discipline about advertising contracts.
Consequently, I’ve investigated principal characteristics of similar
contracts, in first place the atypicalness, because of the lack, in Italy, of a
legislative discipline of this contract. Such investigation has also been
developed through a comparation between the positioning of product and
the other advertising contracts, among which, particularly, the sponsorship,
as well as the contracts for the advertising exploitation of the name and
other people's image, and, specially, the contract of testimonial and the
contract of endorsement.
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Profili costituzionali della tutela del risparmioMagliari, Alessandro <1979> 30 June 2008 (has links)
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Profili giuspubblicistici del consumo Un'analisi costituzionalePedrini, Federico <1980> 30 June 2008 (has links)
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Il Segretariato Generale della Presidenza del Consiglio dei MinistriCarlo, Antonino <1967> 30 June 2008 (has links)
Il tema di ricerca sul Segretariato Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri si colloca su di un terreno che potremmo definire, genericamente, giuspubblicistico, posto al confine tra il diritto costituzionale ed il diritto amministrativo.
Tale visione sistematica trae fondamento alla apparente vocazione del Segretariato, di soggetto istituzionale dalla doppia attitudine: da un lato, infatti, è preposto alla traduzione - in termini strettamente operativi - dell’indirizzo politico governativo e dall’altro svolge un’attività di monitoraggio e di raccolta di informazioni generali necessarie per il migliore svolgimento dell’azione governativa.
Pertanto, per l’inquadramento e l’analisi delle differenti problematiche che avvolgono l’istituto sono state recuperate, per i profili d’interesse, diverse categorie giuridiche, alcune di stampo marcatamente costituzionalistico (a titolo esemplificativo, la funzione, l’indirizzo politico, il rapporto di fiducia, la posizione costituzionale del Presidente del Consiglio, dei Ministri e del Consiglio dei Ministri, categorie cui è stata aggiunta, per alcuni aspetti, la disciplina elettorale e, in particolare, la stessa formula elettorale, suscettibile di apportare una spiccata “mobilità decisionale” tra i diversi organi di cui si compone il Governo), accostate ad altre di specifico interesse amministrativistico (il coordinamento, l’atto politico, l’atto di alta amministrazione, la direzione, le strutture in cui si dipana l’organizzazione, l’azione amministrativa, la gestione finanziaria).
Lo sviluppo del tema è proposto, in via preliminare, facendo riferimento all’inquadramento generale dell’istituto, attraverso l’esame della genesi e dello sviluppo della struttura burocratica oggetto dello studio, tenendo conto della versatilità operativa, sia sul versante strutturale, sia funzionale, dimostrata nel corso degli decenni di storia costituzionale del Paese, spesso costellata da avvenimenti politici e sociali controversi e, a volte, non privi di accadimenti drammatici.
La dottrina non ha dedicato specifici studi ma si è occupata dell’argomento in via incidentale, nell’ambito di trattazioni di più ampio respiro dedicate alla funzione di governo nelle sue varie “declinazioni”, legando “a doppio filo” il Segretariato Generale della Presidenza del Consiglio al Presidente del Consiglio soprattutto nella misura in cui afferma che il Segretariato è struttura meramente servente del premier di cui sembrerebbe condividerne le sorti specie con riferimento alla conformazione strutturale e funzionale direttamente collegata alla maggiore o minore espansione dei suoi poteri (reali) di coordinamento e di direzione della compagine governativa, ponendo in secondo piano le funzioni “di continuità” istituzionale e di servizio al cittadino che pure sono assolte dall’organo.
Ciò premesso, si è tentato di fornire una visione generale del Segretariato nella sua dimensione ordinamentale ed operativa, attraverso la ricognizione, scomposizione e ricomposizione delle sue numerose attribuzioni per saggiare il suo reale natura giuridica.
In conclusione, anche a fronte della posizione netta della giurisprudenza, si è optato per ritenere che il Segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri sia attratto tra gli organi amministrativi.
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Le frontiere costituzionali del bilanciamento fra sicurezza e diritti. Analisi comparata tra l'Italia e gli UsaPili, Giulia <1980> 30 June 2008 (has links)
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Il diritto di asilo tra ordinamento costituzionale e sistema europeo di protezione multilivelloMalena, Micaela <1977> 30 June 2008 (has links)
La tesi della candidata presenta - attraverso lo studio della normativa e della giurisprudenza rilevanti in Italia,
Francia e Germania – un’analisi dell'ambito soggettivo di applicazione del diritto costituzionale d'asilo e del
suo rapporto con il riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951,
nonchè della sua interazione con le altre forme di protezione della persona previste dal diritto comunitario e
dal sistema CEDU di salvaguardia dei diritti fondamentali.
Dal breve itinerario comparatistico percorso, emerge una forte tendenza alla neutralizzazione dell’asilo
costituzionale ed alla sua sovrapposizione con la fattispecie del rifugio convenzionale quale carattere comune
agli ordinamenti presi in esame, espressione di una consapevole scelta di politica del diritto altresì volta ad
assimilare la materia alla disciplina generale dell’immigrazione al fine di ridimensionarne le potenzialità
espansive (si pensi alla latitudine delle formule costituzionali di cui agli artt. 10, co. 3 Cost. it. e 16a, co. 1
Grundgesetz) e di ricondurre l'asilo entro i tradizionali confini della discrezionalità amministrativa quale
sovrana concessione dello Stato ospitante.
L'esame delle fonti comunitarie di recente introduzione illumina l’indagine: in particolare, la stessa Direttiva
2004/83CE sulla qualifica di rifugiato e sulla protezione sussidiaria consolida quanto stabilito dalle
disposizioni convenzionali, ma ne estende la portata in modo significativo, recependo gli esiti della lunga
evoluzione giurisprudenziale compiuta dalle corti nazionali e dal Giudice di Strasburgo nell’interpretazione
del concetto di “persecuzione” (specialmente, in relazione all’individuazione delle azioni e degli agenti
persecutori).
Con riferimento al sistema giuridico italiano, la tesi si interroga sulle prospettive di attuazione del dettato
dell’art. 10, terzo comma della Costituzione, ed inoltre propone la disamina di alcuni istituti chiave
dell’attuale normativa in materia di asilo, attraverso cui si riscontrano importanti profili di incompatibilità
con la natura di diritto fondamentale costituzionalmente tutelato, conferita al diritto di asilo dalla volontà dei
Costituenti e radicata nella ratio della norma stessa (il trattenimento del richiedente asilo; la procedura di
esame della domanda, l’onere probatorio e le cause ostative al suo accoglimento; l’effettività della tutela
giurisdizionale).
Le questioni più problematiche ancora irrisolte investono proprio tali aspetti del procedimento - previsto per
ottenere quello che alcuni atti europei, tra cui l'art. 18 della Carta di Nizza, definiscono right to asylum -
come rivela la disciplina contenuta nella Direttiva 2005/85CE, recante norme minime per le procedure
applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.
Infine, il fenomeno della esternalizzazione dei controlli compromette lo stesso accesso alle procedure, nella
misura in cui rende "mobile" il confine territoriale dell’area Schengen (attraverso l'introduzione del criterio
dello "Stato terzo sicuro", degli strumenti dell'esame preliminare delle domande e della detenzione
amministrativa nei Paesi di transito, nonché per mezzo del presidio delle frontiere esterne), relegando il
trattamento dei richiedenti asilo ad uno spazio in cui non sempre è monitorabile l'effettivo rispetto del
principio del non refoulement, degli obblighi internazionali relativi all’accoglienza dei profughi e delle
clausole di determinazione dello Stato competente all'esame delle domande ai sensi del Regolamento n.
343/03, c.d. Dublino II (emblematico il caso del pattugliamento delle acque internazionali e
dell'intercettazione delle navi prima del superamento dei confini territoriali).
Questi delicati aspetti di criticità della disciplina procedimentale limitano il carattere innovativo delle recenti
acquisizioni comunitarie sull’ambito di operatività delle nuove categorie definitorie introdotte (le qualifiche
di rifugiato e di titolare di protezione sussidiaria e la complessa nozione di persecuzione, innanzitutto),
richiedendo, pertanto, l’adozione di un approccio sistemico – piuttosto che analitico – per poter rappresentare
in modo consapevole le dinamiche che concretamente si producono a livello applicativo ed affrontare la
questione nodale dell'efficienza dell'attuale sistema multilivello di protezione del richiedente asilo.
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Gli interventi sostitutivi nei confronti degli enti territorialiRaffiotta, Edoardo Carlo <1979> 30 June 2008 (has links)
La ricerca ha perseguito l’obiettivo di individuare e definire il potere di un ente territoriale di
sostituire, tramite i suoi organi o atti, quelli ordinari degli enti territoriali minori, per assumere ed
esercitare compiutamente, in situazioni straordinarie, le funzioni proprie di questi.
Dogmaticamente potremmo distinguere due generali categorie di sostituzione: quella
amministrativa e quella legislativa, a seconda dell’attività giuridica nella quale il sostituto
interviene. Nonostante tale distinzione riguardi in generale il rapporto tra organi o enti della stessa o
di differenti amministrazioni, con eguale o diverso grado di autonomia; la ricerca ha mirato ad
analizzare le due summenzionate categorie con stretto riferimento agli enti territoriali.
I presupposti, l’oggetto e le modalità di esercizio avrebbero consentito ovviamente di
sottocatalogare le due generali categorie di sostituzione, ma un’indagine volta a individuare e
classificare ogni fattispecie di attività sostitutiva, più che un’attività complessa, è sembrata risultare
di scarsa utilità. Più proficuo è parso il tentativo di ricostruire la storia e l’evoluzione del
menzionato istituto, al fine di definire e comprendere i meccanismi che consentono l’attività
sostitutiva.
Nel corso della ricostruzione non si è potuto trascurare che, all’interno dell’ordinamento
italiano, l’istituto della sostituzione è nato nel diritto amministrativo tra le fattispecie che
regolavano l’esercizio della funzione amministrativa indiretta.
La dottrina del tempo collocava la potestà sostitutiva nella generale categoria dei controlli.
La sostituzione, infatti, non avrebbe avuto quel valore creativo e propulsivo, nel mondo
dell’effettualità giuridica, quell’energia dinamica ed innovatrice delle potestà attive. La sostituzione
rappresentava non solo la conseguenza, ma anche la continuazione del controllo.
Le fattispecie, che la menzionata dottrina analizzava, rientravano principalmente all’interno
di due categorie di sostituzione: quella disposta a favore dello Stato contro gli inadempimenti degli
enti autarchici – principalmente il comune – nonché la sostituzione operata all’interno
dell’organizzazione amministrativa dal superiore gerarchico nei confronti del subordinato.
Già in epoca unitaria era possibile rinvenire poteri sostitutivi tra enti, la prima vera
fattispecie di potestà sostitutiva, era presente nella disciplina disposta da diverse fattispecie
dell'allegato A della legge 20 marzo 1856 n. 2248, sull'unificazione amministrativa del Regno.
Tentativo del candidato è stato quello, quindi, di ricostruire l'evoluzione delle fattispecie sostitutive
nella stratificazione normativa che seguì con il T.U. della legge Comunale e Provinciale R.D. 4
febbraio 1915 e le successive variazioni tra cui il R.D.L. 30 dicembre 1923.
Gli istituti sostitutivi vennero meno (di fatto) con il consolidarsi del regime fascista. Il
fascismo, che in un primo momento aveva agitato la bandiera delle autonomie locali, non tardò,
come noto, una volta giunto al potere, a seguire la sua vera vocazione, dichiarandosi ostile a ogni
proposito di decentramento e rafforzando, con la moltiplicazione dei controlli e la soppressione del
principio elettivo, la già stretta dipendenza delle comunità locali dallo Stato. Vennero meno i
consigli liberamente eletti e al loro posto furono insediati nel 1926 i Podestà e i Consultori per le
Amministrazioni comunali; nel 1928 i Presidi e i Rettorati per le Amministrazioni Provinciali, tutti
organi nominati direttamente o indirettamente dall’Amministrazione centrale.
In uno scenario di questo tipo i termini autarchia e autonomia risultano palesemente
dissonanti e gli istituti di coordinamento tra Stato ed enti locali furono ad esso adeguati; in tale
ordinamento, infatti, la sostituzione (pur essendo ancora presenti istituti disciplinanti fattispecie
surrogatorie) si presentò come un semplice rapporto interno tra organi diversi, di uno stesso unico
potere e non come esso è in realtà, anello di collegamento tra soggetti differenti con fini comuni
(Stato - Enti autarchici); per semplificare, potremmo chiederci, in un sistema totalitario come quello
fascista, in cui tutti gli interessi sono affidati all’amministrazione centrale, chi dovrebbe essere il
sostituito.
Il potere sostitutivo (in senso proprio) ebbe una riviviscenza nella normativa post-bellica,
come reazione alla triste parentesi aperta dal fascismo, che mise a nudo i mali e gli abusi
dell’accentramento statale. La suddetta normativa iniziò una riforma in favore delle autonomie
locali; infatti, come noto, tutti i partiti politici assunsero posizione in favore di una maggiore
autonomia degli enti territoriali minori e ripresero le proposte dei primi anni dell’Unità di Italia
avanzate dal Minghetti, il quale sentiva l’esigenza dell’istituzione di un ente intermedio tra Stato e
Province, a cui affidare interessi territorialmente limitati: la Regione appunto.
Emerge piuttosto chiaramente dalla ricerca che la storia politica e l’evoluzione del diritto
pubblico documentano come ad una sempre minore autonomia locale nelle politiche accentratrici
dello Stato unitario prima, e totalitario poi, corrisponda una proporzionale diminuzione di istituti di
raccordo come i poteri sostitutivi; al contrario ad una sempre maggiore ed evoluta autonomia dello
Stato regionalista della Costituzione del 1948 prima, e della riforma del titolo V oggi, una
contestuale evoluzione e diffusione di potestà sostitutive.
Pare insomma che le relazioni stato-regioni, regioni-enti locali che la sostituzione
presuppone, sembrano rappresentare (ieri come oggi) uno dei modi migliori per comprendere il
sistema delle autonomie nell’evoluzione della stato regionale e soprattutto dopo la riforma apportata
dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
Dalla preliminare indagine storica un altro dato, che pare emergere, sembra essere la
constatazione che l'istituto nato e giustificato da esigenze di coerenza e efficienza dell'azione
amministrativa sia stato trasferito nell'ambio delle relazioni tra stato e autonomie territoriali. Tale
considerazione sembra essere confermata dal proseguo dell’indagine, ed in particolare dai punti di
contatto tra presupposti e procedure di sostituzione nell’analisi dell’istituto.
Nonostante, infatti, il Costituente non disciplinò poteri sostitutivi dello Stato o delle regioni,
al momento di trasferire le competenze amministrative alle regioni la Corte costituzionale rilevò il
problema della mancanza di istituti posti a garantire gli interessi pubblici, volti ad ovviare alle
eventuali inerzie del nuovo ente territoriale. La presente ricerca ha voluto infatti ricostruire
l’ingresso dei poteri sostitutivi nel ordinamento costituzionale, riportando le sentenze del Giudice
delle leggi, che a partire dalla sentenza n. 142 del 1972 e dalla connessa pronuncia n. 39 del 1971
sui poteri di indirizzo e coordinamento dello Stato, pur non senza incertezze e difficoltà, ha finito
per stabilire un vero e proprio “statuto” della sostituzione con la sentenza n. 177 del 1988,
individuando requisiti sostanziali e procedurali, stimolando prima e correggendo successivamente
gli interventi del legislatore.
Le prime fattispecie sostitutive furono disciplinate con riferimento al rispetto degli obblighi
comunitari, ed in particolare con l’art. 27 della legge 9 maggio 1975, n. 153, la quale disciplina, per
il rispetto dell’autonomia regionale, venne legittimata dalla stessa Corte nella sentenza n. 182 del
1976.
Sempre con riferimento al rispetto degli obblighi comunitari intervenne l’art. 6 c. 3°, D.P.R.
24 luglio 1977, n. 616. La stessa norma va segnalata per introdurre (all’art. 4 c. 3°) una disciplina
generale di sostituzione in caso di inadempimento regionale nelle materie delegate dallo Stato.
Per il particolare interesse si deve segnalare il D.M. 21 settembre 1984, sostanzialmente
recepito dal D.L. 27 giugno 1985, n. 312 (disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare
interesse ambientale), poi convertito in legge 8 agosto 1985, n. 431 c.d. legge Galasso. Tali
disposizioni riaccesero il contenzioso sul potere sostitutivo innanzi la Corte Costituzionale, risolto
nelle sentt. n. 151 e 153 del 1986.
Tali esempi sembrano dimostrare quello che potremmo definire un dialogo tra legislatore e
giudice della costituzionalità nella definizione dei poteri sostitutivi; il quale culminò nella già
ricordata sent. n. 177 del 1988, nella quale la Corte rilevò che una legge per prevedere un potere
sostitutivo costituzionalmente legittimo deve: essere esercitato da parte di un organo di governo; nei
confronti di attività prive di discrezionalità nell’an e presentare idonee garanzie procedimentali in
conformità al principio di leale collaborazione.
Il modello definito dalla Corte costituzionale sembra poi essere stato recepito
definitivamente dalla legge 15 marzo 1997, n. 59, la quale per prima ha connesso la potestà
sostitutiva con il principio di sussidiarietà. Detta legge sembra rappresentare un punto di svolta
nell’indagine condotta perché consente di interpretare al meglio la funzione – che già
antecedentemente emergeva dallo studio dei rapporti tra enti territoriali – dei poteri sostitutivi quale
attuazione del principio di sussidiarietà.
La legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha disciplinato all’interno della Costituzione
ben due fattispecie di poteri sostitutivi all’art. 117 comma 5 e all’art. 120 comma 2.
La “lacuna” del 1948 necessitava di essere sanata – in tal senso erano andati anche i
precedenti tentativi di riforma costituzionale, basti ricordare l’art. 58 del progetto di revisione
costituzionale presentato dalla commissione D’Alema il 4 novembre 1997 – i disposti introdotti dal
riformatore costituzionale, però, non possono certo essere apprezzati per la loro chiarezza e
completezza. Le due richiamate disposizioni costituzionali, infatti, hanno prodotto numerose letture.
Il dibattito ha riguardato principalmente la natura delle due fattispecie sostitutive. In
particolare, si è discusso sulla natura legislativa o amministrativa delle potestà surrogatorie e sulla
possibilità da parte del legislatore di introdurre o meno la disciplina di ulteriori fattispecie
sostitutive rispetto a quelle previste dalla Costituzione.
Con particolare riferimento all’art. 120 c. 2 Cost. sembra semplice capire che le difficoltà
definitorie siano state dovute all’indeterminatezza della fattispecie, la quale attribuisce al Governo il
potere sostitutivo nei confronti degli organi (tutti) delle regioni, province, comuni e città
metropolitane. In particolare, la dottrina, che ha attribuito all’art. 120 capoverso la disciplina di un
potere sostitutivo sulle potestà legislative delle Regioni, è partita dalla premessa secondo la quale
detta norma ha una funzione fondamentale di limite e controllo statale sulle Regioni. La legge 18
ottobre 2001 n. 3 ha, infatti, variato sensibilmente il sistema dei controlli sulle leggi regionali, con
la modificazione degli artt. 117 e 127 della Costituzione; pertanto, il sistema dei controlli dopo la
riforma del 2001, troverebbe nel potere sostitutivo ex art. 120 la norma di chiusura.
Sul tema è insistito un ampio dibattito, al di là di quello che il riformatore costituzionale
avrebbe dovuto prevedere, un’obiezione (più delle altre) pare spingere verso l’accoglimento della
tesi che propende per la natura amministrativa della fattispecie in oggetto, ovvero la constatazione
che il Governo è il soggetto competente, ex art. 120 capoverso Cost., alla sostituzione; quindi, se si
intendesse la sostituzione come avente natura legislativa, si dovrebbe ritenere che il Costituente
abbia consentito all’Esecutivo, tosto che al Parlamento, l’adozione di leggi statali in sostituzione di
quelle regionali. Suddetta conseguenza sembrerebbe comportare una palese violazione dell’assetto
costituzionale vigente.
Le difficoltà interpretative dell’art. 120 Cost. si sono riversate sulla normativa di attuazione
della riforma costituzionale, legge 5 giugno 2003, n. 131. In particolare nell’art. 8, il quale ha
mantenuto un dettato estremamente vago e non ha preso una chiara e netta opzione a favore di una
della due interpretazione riportate circa la natura della fattispecie attuata, richiamando
genericamente che il potere sostitutivo si adotta “Nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120”
Cost.
Di particolare interesse pare essere, invece, il procedimento disciplinato dal menzionato art.
8, il quale ha riportato una procedura volta ad attuare quelle che sono state le indicazioni della Corte
in materia.
Analogamente agli anni settanta ed ottanta, le riportate difficoltà interpretative dell’art. 120
Cost. e, più in generale il tema dei poteri sostitutivi dopo la riforma del 2001, sono state risolte e
definite dal giudice della costituzionalità.
In particolare, la Corte sembra aver palesemente accolto (sent. n. 43 del 2004) la tesi sulla
natura amministrativa del potere sostitutivo previsto dall’art. 120 c. 2 Cost. Il giudice delle leggi ha
tra l’altro fugato i dubbi di chi, all’indomani della riforma costituzionale del 2001, aveva letto nel
potere sostitutivo, attribuito dalla riformata Costituzione al Governo, l’illegittimità di tutte quelle
previsioni legislative regionali, che disponevano ipotesi di surrogazione (da parte della regione) nei
confronti degli enti locali. La Corte costituzionale, infatti, nella già citata sentenza ha definito
“straordinario” il potere di surrogazione attribuito dall’art. 120 Cost. allo Stato, considerando
“ordinare” tutte quelle fattispecie sostitutive previste dalla legge (statale e regionale).
Particolarmente innovativa è la parte dell'indagine in cui la ricerca ha verificato in concreto
la prassi di esercizio della sostituzione statale, da cui sono sembrate emergere numerose tendenze.
In primo luogo significativo sembra essere il numero esiguo di sostituzioni amministrative
statali nei confronti delle amministrazioni regionali; tale dato sembra dimostrare ed essere causa
della scarsa “forza” degli esecutivi che avrebbero dovuto esercitare la sostituzione. Tale
conclusione sembra trovare conferma nell'ulteriore dato che sembra emergere ovvero i casi in cui
sono stati esercitati i poteri sostitutivi sono avvenuti tutti in materie omogenee (per lo più in materia
di tutela ambientale) che rappresentano settori in cui vi sono rilevanti interessi pubblici di
particolare risonanza nell'opinione pubblica. Con riferimento alla procedura va enfatizzato il
rispetto da parte dell'amministrazione sostituente delle procedure e dei limiti fissati tanto dal
legislatore quanto nella giurisprudenza costituzionale al fine di rispettare l'autonomia dell'ente
sostituito.
Dalla ricerca emerge che non è stato mai esercitato un potere sostitutivo direttamente ex art.
120 Cost., nonostante sia nella quattordicesima (Governo Berlusconi) che nella quindicesima
legislatura (Governo Prodi) con decreto sia stata espressamente conferita al Ministro per gli affari
regionali la competenza a promuovere l’“esercizio coordinato e coerente dei poteri e rimedi previsti
in caso di inerzia o di inadempienza, anche ai fini dell'esercizio del potere sostitutivo del Governo
di cui all'art. 120 della Costituzione”. Tale conclusione, però, non lascia perplessi, bensì, piuttosto,
sembra rappresentare la conferma della “straordinarietà” della fattispecie sostitutiva
costituzionalizzata. Infatti, in via “ordinaria” lo Stato prevede sostituzioni per mezzo di specifiche
disposizioni di legge o addirittura per mezzo di decreti legge, come di recente il D.L. 09 ottobre
2006, n. 263 (Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione
Campania. Misure per la raccolta differenziata), che ha assegnato al Capo del Dipartimento della
protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri “le funzioni di Commissario delegato
per l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania per il periodo necessario al
superamento di tale emergenza e comunque non oltre il 31 dicembre 2007”. Spesso l’aspetto
interessante che sembra emergere da tali sostituzioni, disposte per mezzo della decretazione
d’urgenza, è rappresentato dalla mancata previsione di diffide o procedure di dialogo, perché
giustificate da casi di estrema urgenza, che spesso spingono la regione stessa a richiedere
l’intervento di surrogazione. Del resto è stata la stessa Corte costituzionale a legittimare, nei casi di
particolare urgenza e necessità, sostituzioni prive di dialogo e strumenti di diffida nella sent. n. 304
del 1987.
Particolare attenzione è stata data allo studio dei poteri sostitutivi regionali. Non solo perché
meno approfonditi in letteratura, ma per l’ulteriore ragione che tali fattispecie, disciplinate da leggi
regionali, descrivono i modelli più diversi e spingono ad analisi di carattere generale in ordine alla
struttura ed alla funzione dei poteri sostitutivi. Esse sembrano rappresentare (in molti casi) modelli
da seguire dallo stesso legislatore statale, si vedano ad esempio leggi come quella della regione
Toscana 31 ottobre 2001, n. 53, artt. 2, 3, 4, 5, 7; legge regione Emilia-Romagna 24 marzo 2004, n.
6, art. 30, le quali recepiscono i principi sviluppati dalla giurisprudenza costituzionale e scandiscono
un puntuale procedimento ispirato alla collaborazione ed alla tutela delle attribuzioni degli enti
locali.
La ricerca di casi di esercizio di poter sostitutivi è stata effettuata anche con riferimento ai
poteri sostitutivi regionali. I casi rilevati sono stati numerosi in particolare nella regione Sicilia, ma
si segnalano anche casi nelle regioni Basilicata ed Emilia-Romagna. Il dato principale, che sembra
emergere, pare essere che alle eterogenee discipline di sostituzione corrispondano eterogenee prassi
di esercizio della sostituzione. Infatti, alle puntuali fattispecie di disciplina dei poteri sostitutivi
dell’Emilia-Romagna corrispondono prassi volte ad effettuare la sostituzione con un delibera della
giunta (organo di governo) motivata, nel rispetto di un ampio termine di diffida, nonché nella
ricerca di intese volte ad evitare la sostituzione. Alla generale previsione della regione Sicilia, pare
corrispondere un prassi sostitutiva caratterizzata da un provvedimento del dirigente generale
all’assessorato per gli enti locali (organo di governo?), per nulla motivato, salvo il richiamo
generico alle norme di legge, nonché brevi termini di diffida, che sembrano trovare la loro
giustificazione in note o solleciti informati che avvisano l’ente locale della possibile sostituzione.
In generale il fatto che in molti casi i poteri sostitutivi siano stimolati per mezzo
dell’iniziativa dei privati, sembra dimostrare l’attitudine di tal istituto alla tutela degli interessi dei
singoli.
I differenti livelli nei quali operano i poteri sostitutivi, il ruolo che la Corte ha assegnato a
tali strumenti nell’evoluzione della giurisprudenza costituzionale, nonché i dati emersi dall’indagine
dei casi concreti, spingono ad individuare nel potere sostitutivo uno dei principali strumenti di
attuazione del principio di sussidiarietà, principio quest’ultimo che sembra rappresentare – assieme
ai corollari di proporzionalità, adeguatezza e leale collaborazione – la chiave di lettura della potestà
sostitutiva di funzioni amministrative.
In tal senso, come detto, pare emergere dall’analisi di casi concreti come il principio di
sussidiarietà per mezzo dei poteri sostitutivi concretizzi quel fine, a cui l’art. 118 cost. sembra
mirare, di tutela degli interessi pubblici, consentendo all’ente sovraordinato di intervenire laddove
l’ente più vicino ai cittadini non riesca.
Il principio di sussidiarietà sembra essere la chiave di lettura anche dell’altra categoria della
sostituzione legislativa statale. L’impossibilità di trascurare o eliminare l’interesse nazionale,
all’interno di un ordinamento regionale fondato sull’art. 5 Cost., sembra aver spino la Corte
costituzionale ad individuare una sorta di “potere sostitutivo legislativo”, attraverso il (seppur
criticabile) meccanismo introdotto per mezzo della sent. 303 del 2003 e della cosiddetta “chiamata i
sussidiarietà”. Del resto adattare i principi enucleati nella giurisprudenza costituzionale a partire
dalla sent. n. 117 del 1988 alla chiamata in sussidiarietà e i limiti che dal principio di leale
collaborazione derivano, sembra rappresentare un dei modi (a costituzione invariata) per limitare
quello che potrebbe rappresentare un meccanismo di rilettura dell’art. 117 Cost. ed ingerenza dello
stato nelle competenze della regioni.
Nonostante le sensibili differenze non si può negare che lo strumento ideato dalla Corte
abbia assunto le vesti della konkurrierende gesetzgebung e, quindi, di fatto, di un meccanismo che
senza limiti e procedure potrebbe rappresentare uno strumento di interferenza e sostituzione della
stato nelle competenze regionali. Tali limiti e procedure potrebbero essere rinvenuti come detto
nelle procedure di sostituzione scandite nelle pronunce del giudice delle leggi.
I risultati che si spera emergeranno dalla descritta riflessione intorno ai poteri sostitutivi e il
conseguente risultato circa lo stato del regionalismo italiano, non sembrano, però, rappresentare un
punto di arrivo, bensì solo di partenza.
I poteri sostitutivi potrebbero infatti essere oggetto di futuri interventi di riforma
costituzionale, così come lo sono stati in occasione del tentativo di riforma del 2005. Il legislatore
costituzionale nel testo di legge costituzionale approvato in seconda votazione a maggioranza
assoluta (recante “Modifiche alla Parte II della Costituzione” e pubblicato in gazzetta ufficiale n.
269 del 18-11-2005) pareva aver fatto un scelta chiara sostituendo il disposto “Il Governo può
sostituirsi a organi delle Regioni, delle città metropolitane, delle Province e dei Comuni” con “Lo
Stato può sostituirsi alle Regioni, alle città metropolitane, alle Province e ai Comuni nell'esercizio
delle funzioni loro attribuite dagli articoli 117 e 118”.
Insomma si sarebbe introdotto quello strumento che in altri Paesi prende il nome di
Supremacy clause o Konkurrierende Gesetzgebung, ma quali sarebbero state le procedure e limiti
che lo Stato avrebbe dovuto rispettare?
Il dettato che rigidamente fissa le competenze di stato e regioni, assieme alla reintroduzione
espressa dell’interesse nazionale, non avrebbe ridotto eccessivamente l’autonomia regionale?
Tali interrogativi mirano a riflettere non tanto intorno a quelli che potrebbero essere gli
sviluppi dell’istituto dei poteri sostitutivi. Piuttosto essi sembrano rappresenterebbe l’ulteriore punto
di vista per tentare di comprendere quale percorso avrebbe potuto (o potrebbe domani) prendere il
regionalismo italiano.
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Qualità della legge e forme di governo. Controlli e garanzie costituzionali in prospettiva comparataBillè, Roberta <1978> 30 June 2008 (has links)
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