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Il Gravettiano dell'Italia tirrenica nel contesto mediterraneo: definizione delle strategie di insediamento e mobilità attraverso lo studio delle materie prime e delle industrie liticheSantaniello, Fabio January 2016 (has links)
The Gravettian is the second chrono-cultural complex of the Upper Paleolithic after the Aurignacian. The Gravettian diffusion, throughout Europe, took place in a short span of time between 30.000 and 20.000 years BP. During this period, the climate instability due to the LGM approach created different environments. Particularly, Italy was split in two regions separated by the Apennine mountains: the cold and arid Adriatic coast on the first hand and the more temperate Tyrrhenian coast on the other hand. The latter region is the main object of this research. With the aim to understand the development and the mobility strategies used by the Gravettian groups in this area, several lithic assemblages have been analyzed. Specifically, the Gravettian sequence of Riparo Mochi (Balzi Rossi, Liguria - Italy), providing one of the most important stratigraphy of the Italian Upper Paleolithic, has been entirely studied. Inside the Balzi Rossi archaeological complex a direct comparison has been provided by the Gravettian collection of Grotta dei Faniculli. Moreover, some other smaller collections coming from the Provence area have been studied, allowing a comparison with the Balzi Rossi area. Finally, the site of Bilancino located in Tuscany let to contextualize the Gravettian between the liguro-provençal arc and Italy. The relation between techno-typological aspects and the raw materials provenance gives important advances in our comprehension of the behavior of the hunter-gatherer groups who inhabited the sites, discussing the timing and territorial mobility of the Tyrrhenian Gravettian.
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Etnoarcheologia dei Paesaggi Pastorali nelle Alpi: Strategie Insediative Stagionali d'Alta Quota in TrentinoCarrer, Francesco January 2012 (has links)
This research deals with the study of current pastoral seasonal settlement patterns in the uplands of Val di Fiemme (Trentino province), in order to create a quantitative locational model for predicting archaeological pastoral site locations. In fact, few archaeological sites related to pastoral economy are known in the Alps, and this lack of data affects the interpretation of the ancient pastoral strategies. A predictive model could be useful to identify new sites and to optimize archaeological surveys in mountain environments. However, inductive predictive modelling is considered a field with many unresolved theoretical problems. Ethnoarchaeology of pastoralism seems to be a good method to provide a behavioural framework for predictive modelling, and the interaction with quantitative approaches may be worthwhile to improve the ethnoarchaeological methods and theory as well.
The ethnoarcheological research is divided into two parts: a “desk ethnoarchaeology†, the spatial analysis of the relationship between current pastoral/dairying sites (malghe) and mountain environment of Val di Fiemme, in order to create an inductive predictive model; and a “field ethnoarchaeology†, the study of the relationship between modern shepherds/dairymen and environment, in order to understand their locational strategies. The interaction between the first and the second part has enabled the interpretation of the settlement pattern of modern malghe in Val di Fiemme. It has hence been assumed that the model can predict the location of modern and ancient dairying sites, as the malghe are mainly related to milking, milk-processing and cheese storing activities.
The final step has been the archaeological evaluation. The predictive model doesn’t predict the location of Mesolithic hunting sites in the uplands of Val di Fiemme. It predicts instead the location of some dry-stone enclosures in the upland valleys of Ortisé (Mezzana, Val di Sole, TN), while it doesn’t predict the location of rock-shelters in the same area. It has therefore been assumed that enclosures were linked to dairying economy and rock-shelters to simple (“dry†) pastoralism. Further qualitative tests of the model have been carried out in different areas of the Alpine arc.
These results allow two different application of the model: a “predictive†application, aimed at finding new pastoral sites in the uplands, and an “interpretative†application, aimed at discriminating hunting sites and simple pastoral sites from dairying sites. Furthermore, this model has suggested that the interaction between predictive modelling and ethnoarchaeology is useful to tackle the theoretical and methodological problems of these fields of research.
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La collezione predinastica del Museo Egizio di Torino: uno studio integrato di archivi e repertiUgliano, Federica January 2016 (has links)
The Predynastic collection of the Museo Egizio (Turin) was mainly acquired by the Italian Egyptologist Ernesto Schiaparelli (1856-1928), leader of the M.A.I. (Missione Archeologica Italiana) through archaeological investigations and purchases on the antiquarian market. Schiaparelli never published extensively the results of his excavation in Predynastic sites as Gebelein, Heliopolis and Hammamiya, and great part of the excavation records are still unedited. This study aims at tracing back the history of the formation of the Predynastic collection stored in the Museo Egizio and at defining its quantitative and qualitative nature by means of an integrated study of artefacts and archives.
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Dinamiche formative di due siti di riferimento del Paleolitico nella Penisola Iberica sud-orientale. Analisi micromorfologica dei depositi di Cueva Antón e Cueva Negra (Spagna, Murcia).Anesin, Daniela January 2016 (has links)
Il presente lavoro consiste nello studio delle stratificazioni archeologiche di due siti del Paleolitico della Penisola Iberica di recente esplorazione, Cueva Antón e Cueva Negra del Estrecho del Río Quípar (Murcia, Spagna). Finalità della ricerca è di chiarire la genesi dei depositi e l’ambiente in cui è avvenuto la frequentazione umana. L’analisi delle stratificazioni di entrambi i siti si è avvalsa della descrizione e del rilievo eseguito sul terreno e dello studio microscopico del sedimento, in particolare dello studio micromorfologico di sezioni sottili. L’accumulo della stratificazione pleistocenica di Cueva Antón, sito del Paleolitico Medio composto in prevalenza da sedimento alluvionale fine, è dovuto alla periodica tracimazione del fiume Mula e registra più cicli sedimentari ben riconoscibili che descrivono lo sviluppo diacronico della pianura alluvionale del fiume Mula. La presente ricerca illustra come il fiume Mula ai tempi della frequentazione dei gruppi del Paleolitico Medio avesse una configurazione a multicanale e un regime costante ad indicare delle precipitazioni piovose varia distribuite sull’intero anno e non concentrate stagionalmente come accade oggi in un clima tipicamente Mediterraneo. L’attività fluviale è documentata da depositi fluvio-palustri, di rotta/crevasse, di riempimento di canale abbandonato, di esondazioni fini a seguito di eventi di piena. Gli apporti autoctoni nella forma di breccia sono minoritari, ma assumono maggiore importanza nella parte superiore del deposito datata al MIS 3 dove derivano dall’azione discontinua del gelo. Il deterioramento climatico ambientale è indicato micromorfologicamente dalla presenza di pedorelitti provenienti dall’erosione del suolo tipo terra rossa che ricopriva i dintorni del sito a seguito della diminuzione della copertura forestale e di una microstruttura lenticolare e frammenti angolosi di roccia locale, entrambi prodotti dal gelo superficiale. La frequentazione antropica è attestata in una varietà di ambienti sedimentari in stretta relazione con lo scorrere del fiume, dalla pianura alluvionale prossimale ad una pianura alluvionale distale interessata nelle ultime fasi di frequentazione da crioclastismo e/o crioturbazione. La microstratigrafia dell’unità archeologica III-i/j individua un’unica fase di utilizzo dei focolari riconosciuti su campo, i quali, in parte, rappresentano superfici prodotte da una singola frequentazione. Le dinamiche fluviali sono responsabili dell’alterazione delle strutture di combustione determinando il dilavamento dei materiali combusti distribuendoli presso la superficie di occupazione; l’alterazione ha visto inoltre la compartecipazione dell’alterazione microbiale dei materiali organici-limosi. Le dinamiche sedimentarie di bassa energia, l’alterazione postdeposizionale di limitata entità principalmente connessa all’idromorfia temporanea dell’ambiente alluvionale, la conformazione stessa del riparo sottoroccia hanno garantito un’ottima conservazione del record sedimentario ed archeologico rendendo il sito di Cueva Antón un archivio ad alta risoluzione. La presente ricerca riconosce che il deposito di Cueva Negra, inquadrabile nel Paleolitico Inferiore e di cui non era stata studiata né le genesi né la stratigrafia, si compone di sedimento limo sabbioso laminato di natura alluvionale. La presenza di una superficie erosiva riempita da una lente di ghiaia permette di identificare due complessi geoarcheologici riferibili al Pleistocene: inferiormente si osserva un deposito con granulometria fine che culmina al tetto in un suolo incipiente, troncato dalla suddetta superficie, al di sopra della quale si trova un deposito laminato ed uno superiore con granulometria più sabbiosa. A livello micromorfologico il sedimento si compone di materiali provenienti dalle formazioni del Pliocene affioranti poco a monte del sito presso Rambla de Tarragoya e di materiali archeologici e biologici giacenti sulla superficie del riparo stesso in parte rielaborati dal mezzo idrico a cui si aggiunge una componente autoctona derivante dalla disgregazione della volta rocciosa. L’analisi micromorfologica evidenzia come la sequenza sedimentaria colorata rilevata alla base del deposito, da cui provengono frammenti di selce e di fauna/microfauna termoalterati ritenuti testimoniare la combustione antropica, si componga di sedimento laminato derivante da un accumulo alluvionale di bassa energia, di guano, in parte rielaborato ed alterato, di carbonato di calcio pedogenetico connesso allo sviluppo di microrganismi e radici in corrispondenza di una stabilizzazione superficiale. L’analisi micromorfologica indica che tale sequenza derivi dalla termoalterazione intenzionale in situ.
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Tecniche digitali di modellazione 3D applicate alla ricerca e documentazione archeologicaBaratti, Giorgio January 2013 (has links)
Oggetto di questa ricerca è l’esame di alcuni aspetti relativi all’applicazione di sistemi informatici finalizzati alla modellazione tridimensionale in contesti archeologici, con particolare attenzione alle ricadute scientifiche nelle indagini e nella documentazione. Sono state quindi affrontate le problematiche connesse con la creazione di modelli tridimensionali dell’esistente tramite strumenti di rilevamento diretto e la possibilità di una verifica delle alte potenzialità connesse con questi sistemi, anche grazie all’analisi dell’effettivo apporto della disciplina archeologica e del ruolo che la figura dell’archeologo deve assumere, alla luce delle crescenti problematiche tecniche emerse nello sviluppo delle ricerche. Le analisi si sono articolate in primo luogo nell’ambito del progetto multidisciplinare APSAT (Ambiente e Paesaggi dei Siti d’Altura Trentini) e in particolare nella sezione (Attività 5) "Rilievo dei siti tramite fotogrammetria, laser scanner, stazione totale e GPS", curata dalla Fondazione Bruno Kessler di Trento, attraverso l’esame di una serie di casi-studio dedicati ad alcuni castelli e siti trentini (Castel San Michele a Ossana, Castel San Pietro a Ton, Calvola a Tenno, Riparo Gaban, loc. Martignano e Riparo Dalmeri a Grigno). La ricerca ha affrontato quindi altri casi particolarmente significativi per le specificità rilevate (tombe etrusche a camera dipinte, il frontone del Tempio A di Pyrgi a S. Marinella, RM, l’area archeologica di Paestum a Capaccio, SA), per l’applicazione in ambito archeologico professionale (scavo archeologico nell’area della città etrusca di Marzabotto, BO, rilevamento e analisi della stratigrafia muraria dell’area del Teatro romano di Ventimiglia, IM), nonché per l’elaborazione di modelli e ricostruzioni tridimensionali per la divulgazione scientifica (supporti da modello 3D per la fruizione della Tomba della Caccia e della Pesca a Tarquinia, VT, supporti per la mostra internazionale itinerante "Etruschi in Europa", Videowall del nuovo Museo delle Scienze (MUSE) con la rappresentazione dell’evoluzione della Conca di Trento). E’ stato così possibile mettere in luce il valore dell’esperienza diretta dell’archeologo come una delle istanze fondamentali dell’evoluzione scientifica in questo campo, in grado di indirizzare in modo determinante le scelte e gli obiettivi specifici dell’esecuzione dei rilevamenti tecnici. Chiave specifica della ricerca è quindi la possibilità di generare una riflessione mirata sulle problematiche tecniche direttamente connesse con l’archeologia allo scopo di cogliere il significato che la modellazione tridimensionale assume all’interno della disciplina e dell’evoluzione della metodologia della ricerca.
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Il vaso antropomorfo nel Neolitico: origine, funzione e significatoBersani, Monica 31 October 2019 (has links)
This research deals with the phenomenon of anthropomorphic vessels between the 7th and the beginning of the 5th millennium BC in a vast area that includes the Italian peninsula with Sicily, Central Europe, the Balkans and the Near East. The survey concerned 927 specimens from 229 sites. The formal analysis of the artifacts belonging to the cultures attested between Mesopotamia and the Rhine river allowed to establish the times and vectors of diffusion of this tradition before its arrival in Italy, as well as to hypothesize the connections that have transmitted the tradition of the anthropomorphic vessel to the Neolithic farming communities in the south-east of southern Italy. The study of Italian finds has led to the recognition of four main areas affected by the phenomenon and has allowed us to define their styles. An important part of the study was the examination of the archaeological contexts of the finds, in order to understand the possible spheres of use. In particular, the research allowed us to highlight the frequent and widespread presence of the anthropomorphic vessel in waste pits together with a series of symbolic objects: a constant presence and therefore not random, which is a hint of deliberate deposition of selected materials. This circumstance suggests that the anthropomorphic vessel belongs to a set of objects of ritual use and that the Neolithic refuse pit, contrary to what is generally believed, should be interpreted also as places of performative activity.
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Alle origini del rogo votivo e della metallurgia alpina Il culto del fuoco nell’Età del Rame nel caso del Pigloner KopfOberrauch, Hanns 02 December 2021 (has links)
The archaeological site Pigloner Kopf (Vadena/Pfatten, South Tyrol, Italy) has revealed unexpected elements related to the local Bell Beaker culture, like the local production of shaft-hole axes, typologically linked to the Balkans and the Danube region. The site also shows the oldest evidence of ritual burnt offerings in the Eastern Alps. The mostly burnt animal bones, cereals, flint tools and fragments of pottery could be interpreted as the remains of a rock sanctuary with burnt offerings. The site can be considered as a prototype of the alpine places of worship and mountain sanctuaries. These burning rituals were practised from the beginning of the Bronze Age until the late Roman Empire. The aim of the paper is to present the results of the study of materials and their analyses, focussing on the metallurgical industry, composed mostly by objects produced with local copper, like 10 miniaturised shaft-hole axes, 7 awls and a pin and also by imported objects like a dagger blade and spiral ornaments. The deposition of copper tools in hoards in association with burnt offerings suggest a ritual interpretation of the site, dated to the late Copper Age with Bell Beaker elements in lithics and pottery.
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Le faune del Paleolitico medio-superiore in Nord Italia: nuovi dati archeozoologici dal Riparo Mochi e dal Riparo TaglientePerez, Andrea 15 September 2023 (has links)
In the world of archaeological and anthropological research, the transition from the Middle Paleolithic (MP) to the Upper Paleolithic (UP) is widely debated and studied. During this period in Europe, the last Neanderthals were replaced by the first Anatomically Modern Humans (AMH). It is widely debated how and in what time frame this replacement occurred, and if, when, and where the two human species interacted with eachother. In order to understand the differences and similarities between Neanderthals and AMH, many branches of archaeology collaborate to answer these questions. For example, the study of artifacts or genetic investigations can provide a wealth of information on the cognitive-behavioral abilities of the two hominins or
on possible hybridization. In this context, archaeozoology is an extremely interesting branch for reconstructing the interactions between humans and the environment in which they lived and thus defining the economic and behavioral strategies of the two human species. Of particular interest are the sites of RiparoMochi (Ventimiglia) and RiparoTagliente (Verona), which present evidence of occupation by the last Neanderthals and subsequent arrival of AMH. Due to their geographical location, crucial for investigating the arrival of AMH in Europe, the study of faunal remains from these two sites is of fundamental importance. This thesis proposes an archaeozoological study useful for shedding light on the human-environment dynamics that occurred between the end of the MP and the beginning of the UP innorthern Italy, examining two sites belonging to two distinct geographical regions, Liguria and Veneto, characterized (today and in the past) by different climatic and environmental conditions. In addition to the classic archaeozoological study, the methodologies applied here range from analyses of dental microwear to the use of 3D technology for the study of bone artifacts. The archaeozoological analysis of these two contexts is also necessary due to the scarcity of
faunal data for the two sites, which are infact preliminary or incomplete. How did Neanderthal hunting strategies differ between the Tyrrhenian and Adriatic sides of the Apennines? Did the arrival of AMH correspond to a change in hunting behavior or in the way sites were occupied? How have the fauna and surrounding ecosystems of the two sites evolved? Answering these and other questions will help to understand how the rapid climatic and environmental changes that characterized the end of the MP influenced human groups and animal populations in the two regions and how human-environment interactions changed in the transition from the late MP to the beginning of the UP. / Nel mondo della ricerca archeologica e antropologica, la transizione fra il Paleolitico Medio (PM) e il Paleolitico Superiore (PS) è ampiamente dibattuta e studiata. In questo periodo, in Europa, gli ultimi Neandertal vengono sostituiti dai primi Umani Anatomicamente Moderni (UAM). È ampiamente dibattuto come e in quanto tempo sia avvenuta questa sostituzione e se, quando e dove, le due specie umane abbiano interagito fra loro. Al fine di comprendere le differenze e le similitudini fra Neandertal e UAM, molte branche dell’archeologia collaborano per rispondere a queste incognite. Ad esempio, lo studio dei manufatti o le indagini genetiche possono dare molte informazioni sulle capacità cognitivo-comportamentali dei due ominini o su una possibile ibridazione. In questo contesto l’archeozoologia è una branca di estremo interesse per ricostruire le interazioni fra l’uomo e l’ambiente nel quale viveva e definire quindi le strategie economiche e comportamentali delle due specie umane. Di particolare interesse sono i siti di Riparo Mochi (Ventimiglia) e Riparo Tagliente (Verona), i quali presentano testimonianze dell’occupazione da parte degli ultimi Neandertal e la successiva frequentazione di UAM. Per via della loro posizione geografica, nevralgica per indagare sull’arrivo di UAM in Europa, lo studio dei resti faunistici provenienti da questi due siti è di fondamentale importanza. In questa tesi si propone uno studio archeozoologico utile a far luce sulle dinamiche uomo-ambiente intercorse fra la fine del PM e l’inizio del PS in Nord Italia, prendendo in esame due siti facenti parte di due regioni geografiche
distinte, la Liguria e il Veneto, caratterizzate (oggi e in passato) da differenti condizioni climatico-ambientali. Oltre al classico studio archeozoologico, le metodologie qui applicate spaziano dalle analisi della microusura dentale all’utilizzo della tecnologia 3D per lo studio di manufatti in osso. L’analisi archeozoologica di questi due contesti risulta inoltre necessaria a causa della scarsità di dati faunistici per i due siti, questi risultano infatti preliminari o incompleti. Come differivano le strategie di caccia dei Neandertal fra il versante tirrenico e adriatico degli appennini?L’arrivo di UAM ha corrisposto ad un cambiamento del comportamento venatorio o nelle modalità di occupazione dei siti? Come si sono evolute le faune e gli ecosistemi circondanti i due siti? Rispondere a queste ed altre domande permetterà di comprendere come le rapide variazioni climatico-ambientali che caratterizzarono la fine del PM, abbiano influito sui gruppi umani e
sulle popolazioni animali delle due regioni e come le interazioni uomo-ambiente siano mutate nel passaggio dal PM finale e l’inizio del PS.
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