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La traduzione interculturale nell’Austria-Ungheria della Jahrhundertwende Analisi critica delle traduzioni in tedesco e in italiano del romanzo ungherese I ragazzi della Via Pál di Ferenc Molnár / Intercultural translation in the Austro-Hungarian fin de siècle Critical analysis of the German and Italian translations of the Hungarian novel A Pál utcai fiúk by Ferenc Molnár

Tatasciore, Claudia <1984> 03 June 2014 (has links)
Riconoscendo l’importanza delle traduzioni all’interno della cosiddetta repubblica democratica dell’infanzia, il lavoro analizza le prime traduzioni tedesche e italiane del classico della letteratura per l’infanzia I ragazzi della Via Pál di Ferenc Molnár, al fine di metterne in luce i processi non solo prettamente traduttivi, ma anche più ampiamente culturali, che hanno influenzato la prima ricezione del romanzo in due contesti linguistici spesso legati per tradizione storico-letteraria alla letteratura ungherese. Rispettando la descrizione ormai comunemente accettata della letteratura per ragazzi come luogo di interazione tra più sistemi – principalmente quello letterario, quello pedagogico e quello sociale –, il lavoro ricostruisce innanzitutto le dinamiche proprie dei periodi storici di interesse, focalizzando l’attenzione sulla discussione circa l’educazione patriottica e militare del bambino. In relazione a questa tematica si approfondisce l’aspetto della “leggerezza” nell’opera di Molnár, ricostruendo attraverso le recensioni del tempo la prima ricezione del romanzo in Ungheria e presentando i temi del patriottismo e del gioco alla guerra in dialogo con le caratteristiche linguistico-formali del romanzo. I risultati raggiunti – una relativizzazione dell’intento prettamente pedagogico a vantaggio di una visione critica della società e del militarismo a tutti i costi – vengono messi alla prova delle traduzioni. L’analisi critica si basa su un esame degli elementi paratestuali, sull’individuazione di processi di neutralizzazione dell’alterità culturale e infine sull’esame delle isotopie del “gioco alla guerra” e dei “simboli della patria”. Si mostra come, pur senza un intervento censorio o manipolazioni sensibili al testo, molte traduzioni italiane accentuano l’aspetto patriottico e militaresco in chiave pedagogica. Soprattutto in Italia, il romanzo viene uniformato così al contesto letterario ed educativo dell’epoca, mentre in area tedesca la ricezione nell’ambito della letteratura per ragazzi sembra aprire al genere del romanzo delle bande. / Recognizing the importance of translations in the “democratic republic of childhood”, I analyse the first German and Italian translations of the children’s literature classic The Paul Street Boys, by Ferenc Molnár, in order to enlighten the translational and cultural processes which influenced the first reception of the novel into two linguistic contexts that for different reasons have been traditionally tied to the Hungarian literature. Research today agrees in considering children’s literature as a place where several systems interact: the literary, the pedagogical and the social. Thus, the work reconstructs first of all the dynamics of the historical periods in which the translations have been done, focusing on the discussion regarding children’s education, patriotism and war. Referring to these themes, I consider the character of “lightness” in Molnár’s work, reconstructing through contemporary reviews the first reception of the novel in Hungary and proposing an analysis of the novel, through which patriotism and war are presented in dialogue with its linguistic-formal characteristics. The results – a reduction of the mainly pedagogical aim in favour of a critical view of the society and its militarism – are then compared with the translations. In the critical analysis of the translations I consider first of all the paratextual elements, then the processes of neutralisation of foreignness and finally an exam of two main isotopies: “playing the war” and “symbols of the homeland”. The analysis shows how some Italian translations amplify the military and patriotic character of the novel, although they don’t operate with censorship or significant modifications of the source text. In particular in Italy, the novel is integrated in the literary and pedagogical system of the target language, whereas the German area seems to be opened to a new literary genre of children’s literature, the “gang-novel”.
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»Der Tod ... warf aus den Weiden auf uns seinen Schatten«. Leben und Werk Immanuel Weißglas'

Robol, Daniele 29 June 2020 (has links)
Scopo del lavoro è la ricostruzione della vita del poeta e traduttore di origine ebraica Immanuel Weißglas (1920-1979) e l’analisi della sua opera, con particolare attenzione agli anni compresi tra il 1920 e il 1947. La dissertazione si suddivide in tre parti. Nella prima si forniscono informazioni riguardanti la vita e l’opera dell’autore sulla base di diverse testimonianze. Una particolare attenzione è riservata ai differenti nomi e pseudonimi con i quali Immanuel era conosciuto. Nella seconda parte della tesi si offre un’analisi dettagliata delle traduzioni giovanili di Weißglas. Vengono quindi presentati testi lirici romeni di Tudor Arghezi, che il traduttore diciassettenne volge in tedesco, pubblicandoli in seguito sulla rivista «Viața romînească». Viene poi approfondita l’irrisolta questione relativa alle traduzioni di testi rilkiani da parte di Weißglas. Si analizza successivamente la traduzione tedesca del poema "Luceafărul". La produttività dell’autore è compromessa dallo scoppio della seconda guerra mondiale. La popolazione ebraica di Czernowitz, città nella quale Weißglas è nato e in cui risiede, viene dapprima rinchiusa nel ghetto per poi essere gradualmente avviata nei lager della Transnistria. Durante l’internamento l’autore comporrà alcune poesie, che confluiranno nelle sillogi del 1947 "Kariera am Bug" e "Gottes Mühlen in Berlin". Ritornato a Czernowitz riprende le attività di traduzione. Volge infatti in tedesco, proprio come Paul Celan, le poesie "Schinderhannes" di Apollinaire, "Epitaph on an Army of Mercenaries" di Housman e "Down by the Salley Gardens" di Yeats. Del poeta irlandese Weißglas traduce inoltre "The Fiddler of Dooney". La poesia di Brjusov "Грядущие гунны" è invece tradotta in romeno. Nel 1947 viene stampata la raccolta "Kariera am Bug". Le liriche di "Gottes Mühlen in Berlin" non saranno pubblicate. La terza parte della dissertazione contiene le conclusioni e i riferimenti bibliografici.
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La rappresentazione della relazione fra corpo e mente nei racconti Der Magnetiseur, Die Abenteuer der Sylvester-Nacht e Die Automate di E.T.A. Hoffmann

Abramo, Federica Claudia 05 July 2021 (has links)
Nel 1818 E.T.A Hoffmann (1776-1822), celebre e prolifico autore tedesco, chiamato dal tribunale di Berlino a redigere una perizia giudiziaria conosciuta in seguito come Gutachtens über die Mordtat des Tabakspinnergesellen Daniel Schmolling, così scriveva: «all’uomo, prigioniero della sua vita terrena, non è dato di esplorare le profondità della propria natura». Eppure, nonostante la rassegnazione che emerge da queste parole, l’autore esplorò ininterrottamente gli abissi dell’essere umano. A partire da questa riflessione e dal quadro epistemologico delle teorie mediche e filosofiche di metà Settecento e inizio Ottocento, il presente studio analizza alcune modalità di raffigurazione poetica del rapporto corpo-mente del periodo meta-rappresentate da E.T.A. Hoffmann. Animato da un profondo scetticismo, mai scevro da una grande fascinazione per il sapere del suo tempo, l’autore sviluppa una poetica che concepisce l’opera come un esperimento mentale sulle più complesse questioni irrisolte, nel tentativo di comprendere l’essere umano nella sua complessità. In tale contesto alcuni racconti, quali Der Magnetiseur (1814), Die Abenteuer der Sylvester-Nacht (1815) e Die Automate (1814), tematizzano lo spinoso, e al tempo cruciale, rapporto fra corpo e mente, in vista di un miglioramento dell’essere umano che passi attraverso la conoscenza, sebbene l’intervento umano si rilevi fallimentare e controproducente nella ricostituzione di un equilibrio psico-fisico, poiché ancora non si è raggiunto un rapporto armonico tra soggetto e mondo. Dimostrando come la medicina abbia fallito nel presupposto di un intervento unilaterale e parziale, come la stessa creazione umana, se deconnessa dai rapporti di relazione con la totalità dell’esistente sia fallimentare, e come il progresso non riconduca l’uomo alla totalità smarrita della natura, ma anzi lo allontani, i racconti di E.T.A. Hoffmann confermano, ex-negativo, l’indissolubile nesso fra corpo e mente e la necessità, per l’uomo scisso della modernità, di comprenderne il profondo legame e di armonizzare la propria enthelechia rispetto a un mondo esterno che appare inconciliabile con le forze interiori dell’essere umano.
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Stefan George e Friedrich Hoelderlin: due ciclicità  a confronto

Serio, Marco January 2016 (has links)
Lo studio affronta il problematico argomento della ciclicità in relazione a due grandi lirici tedeschi, Stefan George e Friedrich Hoelderlin, misurandosi con una vasta tradizione critica e con non agevoli dettati ermeneutici. Il lavoro è scandito in sette capitoli, dei quali il primo analizza il termine 'ciclo', partendo dal suo significato etimologico di cerchio, circolo e ruota, per poi soffermarsi sul significato di successione di eventi memorabili all'interno di un'epoca. Il ciclo è inteso quale categoria estetico-semantica che, incardinata nella dimensione riflessiva del linguaggio, permette di leggere le liriche sia come singoli testi autonomi sia come testi poetici inseriti in un insieme più vasto. Nel secondo capitolo si analizza la nozione di rituale ciclico in Stefan George nel contesto della Germania guglielmina, lacerata dalla frattura fra Bourgeoise e Bildungsbuergertum. Da questo prospettiva il rituale ciclico georgeano è concepito come mito che mira a creare una tradizione culturale funzionale ai bisogni della Germania, legittimandone i caratteri di specificità, eccellenza ed esclusività rispetto alle altre nazioni, nonché esorcizzando lo stereotipo tedesco di "verspaetete Nation", condannata a restare in uno stato di frammentazione territoriale fino al 1871. Il mito carente, capace di tradurre in realtà una volontà di potenza di stampo nietzscheano, viene incarnato dal poeta come esponente di una realtà potenziata che si colloca in un punto di scissura tra finito e infinito. Fondandosi sulla ripetizione di un'azione, il rituale estetico garantisce stabilità e continuità e offre un efficace antidoto contro la fugacità del tempo, mentre l'espressione poetica diviene una totalità in sé conchiusa. In Stefan George il culto della bellezza genera un cerchio magico, nel quale egli si trasforma da esteta in vate che preconizza la palingenesi dell'umanità. Oggetto di indagine sono state, a titolo di esempio, le strutture cicliche di Der Teppich des Lebens und die Lieder von Traum und Tod mit einem Vorspiel. Infine il lavoro volge a contemplare il rapporto tra Friedrich Hoelderlin e Stefan George, a partire dall'analisi del contributo di George e dei suoi sodali per la riscoperta dell'opera tarda di Hoelderlin per poi estendersi alle fonti utilizzate nel processo ermeneutico della poesia georgeana, nonché alle analogie tematiche rintracciabili tra i due poeti tedeschi che mantengono inalterata la propria singolarità sul piano stilistico e linguistico. Ciò avviene attraverso l'analisi di testi esemplari come gli hoelderliniani Fragment philosophischer Briefe e Verfahrungsweise des poetischen Geistes oltre agli inni Patmos, Friedensfeier, Brot und Wein e Der Zeitgeist e le loro ricadute entro l'opera georgeana, a fronte dello specifico paradigma della ciclicità.
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LA VITA DI DANTE DI LEONARDO BRUNI: EDIZIONE CRITICA E COMMENTO

ROGNONI, ROBERTA 03 April 2009 (has links)
LA VITA DI DANTE DI LEONARDO BRUNI: EDIZIONE CRITICA E COMMENTO Il lavoro è stato strutturato e realizzato così da dare alla luce l’edizione critica della Vita di Dante, che Leonardo Bruni scrisse nel 1436 assieme a quella del Petrarca, sul modello delle Vite di Plutarco. Le due biografie sono state tramandate nei secoli soprattutto insieme, come un’unica opera, ma hanno conosciuto pure una circolazione indipendente, nella tradizione manoscritta e in quella a stampa; ciò perché entrambe le Vite sono di per sé organismi indipendenti, dotati di propria autonomia, che, inseriti tra un Proemio generale e un Parallelo tra i due poeti, vengono ad assumere un aspetto unitario. Tale situazione di partenza ha consentito di poter lavorare anche solo sulla biografia dantesca, potendo approdare a risultati inediti e decisivi, rimandando l’edizione della Vita petrarchesca ad altra sede. Dall’editio princeps (1671) in poi, le Vite sono state pubblicate più volte nel corso dei secoli, ma sempre senza che venisse posta sotto vaglio critico la tradizione del testo, nella sua complessità e ricchezza di testimonianze. Questa edizione critica della Vita di Dante, dunque, ha il fine aprire l’accesso al testo bruniano in una modalità tutta nuova, basata su principi ecdotici, nella volontà di restituire la lezione genuina e il più vicino possibile all’originale. Per fare ciò sono stati sottoposti a recensio tutti i codici della Vita di Dante oggi conosciuti, a partire dal Repertorium Brunianum di James Hankins e da lì sviluppando la ricerca, con l’approdo a nuovi dati. Una volta recensita la tradizione è stato possibile costruire lo stemma codicum, in base agli errori evidenti, fino alla redazione del testo critico, dotato di apparato. Trattandosi di un’opera piuttosto attraente, non solo per il piglio critico con cui il Bruni “storico” la concepisce e realizza, ma anche per le numerose informazioni che ci dà, anche inedite, circa la vita del poeta e i fatti fiorentini a lui contemporanei, questa biografia dantesca è stata corredata anche di un commento, finora mai realizzato, così da approfondirne la lettura e sollecitare nuove riflessioni sul testo. Per fornire un’istantanea della tradizione che, “dialogando” con lo stemma, mettesse in luce i legami tra i codici, anche dal punto di vista contenutistico, è stata, infine, realizzata anche una sezione descrittiva dei testimoni recensiti, grazie ai dati reperiti nei cataloghi, nei repertori e in altre opere rilevanti, nonché aggiungendo una serie di informazioni che provengono da un’osservazione diretta degli esemplari. / This work is the critical edition of Life of Dante, written by Leonardo Bruni in Florence in the may of 1436, with the Life of Petrarch as like a Plutarch's lives (Vite Parallele). Every life is an independent text, being together, at the same time, an unitary work, because the have a "Proemio" and a "Parallelo between Dante and Petrarch" which are like a frame for all the work. This is the first critical edition of brunian Dante's Life: the text has been edited more times from the editio princeps (1671), but never including an analysis of all the manuscripts. This critical edition is equipped with a commentary, the first has been published. At last, the work show all descriptions of the manuscripts.
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«Präzise doch ungenau». Tradurre il saggio. Un approccio olistico al saggio poetico di Durs Grünbein / «Präzise, doch ungenau». Translating the Essay. A holistic approach to Durs Grünbein’s poetic Essay

Ruzzenenti, Silvia <1981> 19 December 2012 (has links)
Il saggio, genere di confine (Grenzgänger-Textsorte) per eccellenza, la cui indefinibilità è topos, si profila tuttora come terra incognita nell’àmbito delle scienze della traduzione. La presente ricerca mira a enucleare un modello traduttologico olistico per la traduzione del saggio. In feconda alternativa alla dicotomia approccio ermeneutico-letterario vs. approccio linguistico, la prospettiva teorico-metodologica del lavoro integra linee di ricerca filologico-letterarie e linguistico-testuali. Tale sguardo multiprospettico, l’unico in grado di dar conto della complessità del genere, permette di collocare operativamente il saggio e le sue varianti testuali principali (Textsortenvarianten), dal saggio specialistico (fachlicher Essay) al saggio poetico (poetischer Essay) sul continuum delle forme testuali comprese entro le dimensioni (scientifica, pragmatica, estetica) del Denkhandeln. Dalla produttiva intersezione tra la riflessione dell’Essayforschung classica e contemporanea e le più recenti indagini linguistico-testuali sulle forme del saggismo scientifico, si perviene alla formulazione di una definitio per proprietates del saggio. Segue lo sviluppo di un modello traduttologico olistico, che tesaurizza il proprio paradigma antropologico, la riflessione filosofico-ermeneutica e le acquisizioni della linguistica testuale, articolandosi attraverso le fasi ricorsive e interagenti di ricezione olistica, analisi poetico-ermeneutica e retorico-stilistica, progettazione linguistico-cognitiva, formulazione e revisione. L’approccio olistico così delinatosi viene quindi vagliato nella sua proficuità in sede applicativa. Funge da banco di prova un vero e proprio “caso limite” per complessità e qualità letteraria, ovvero il «poetischer Essay» del poeta, saggista e traduttore Durs Grünbein, una delle voci più acclamate nel panorama contemporaneo. La sezione pratica presenta infine l’inedita traduzione italiana dei saggi grünbeiniani Den Körper zerbrechen e Die Bars von Atlantis. / The Essay, the «anti-genre» par excellence, describes a neglected research area within the Translation Studies. My thesis develops a holistic approach for the translation of the Essay. Preliminarily it joins literary-philological and linguistic acquisitions within the multidisciplinary theoretical-methodological horizon of an anthropological, literary, hermeneutic & text linguistic traductological paradigm. Through a critical examination of state of the art of both the literary-philosophical Essayforschung and text linguistic studies on the Textsorte essay, the work provides an operative: 1. Localisation of the genre and its main variants (from the specialist essay to the poetic essay) on the prototypical text continuum among the dimensions (scientific, pragmatic, aesthetic) of the Denkhandeln (Thought as Action); 2. Definitio per proprietates of the Essay. On the basis of these operative acquisitions the thesis devises a holistic model for the translation of the genre. The translating model is designed as a process with recursive, interacting phases featuring: holistic reception, hermeneutical and poetic analysis, rhetorical and stylistic analysis, cognitive and linguistic draft, wording and revision. The validity of this model is tested through a highly complex case study, i.e. the translation of the «poetischer Essay» of Durs Grünbein, arguably one of the world’s greatest living poets who enjoys large international recognition not least as a new classic of critical-poetic prose. Finally the unpublished Italian translation of Grünbein’s Essays Den Körper zerbrechen and Die Bars von Atlantis is presented.
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Intermedialität zwischen Wort, Bild und Musik im Werk Kurt Tucholskys

Pistocchi, Francesca 13 July 2023 (has links)
Il progetto verte principalmente sullo studio dell’intermedialità nell’opera di Kurt Tucholsky, mettendo in comunicazione i testi dell’autore con la produzione saggistica che, fra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio, descrive il rapporto fra scrittura, visione e suono. Scopo dell’indagine è tracciare un ritratto inedito di Tucholsky sostituendo, alla tradizionale prospettiva storico-biografica, un approccio di tipo formale e giungendo ad osservare la sua figura sotto una nuova luce.
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Walter Benjamins Konzept des Eingedenkens: Über Genese, Stellung und Bedeutung eines ungebräuchlichen Begriffs in Benjamins Schriften

Marchesoni, Stefano January 2013 (has links)
Si tratta di un'indagine approfondita circa il concetto di Eingedenken" che Walter Benjamin utilizza nei suoi scritti dal 1927 fino alla morte (nel 1940)."
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Tra parola e silenzio: Sprachreflexion in Christa Wolf e Kurt Drawert

Rota, Andrea January 2009 (has links)
La tesi intende soffermarsi sulla correlazione tra la scomparsa della RDT e la riflessione sulla lingua che importanti autori dell’Est tedesco tematizzano durante e dopo la Wende. Sebbene l’autunno 1989 sia stato spesso inscritto nei contorni di un’irripetibile Sprachrevolte [rivolta della lingua], nel “nuovo” contesto unitario scrittori orientali di diverse generazioni registrano ripetutamente l’inadeguatezza e l’impossibilità delle proprie parole a rapportarsi con la realtà orientale post-socialista. Riflettendo sul proprio vissuto, sulle proprie opere e sul linguaggio che articola l’esperienza esistenziale e sociale quotidiana, gli intellettuali formatisi nella RDT cercano di orientarsi tra i frammenti di una realtà divenuta improvvisamente estranea - quando non apertamente ostile. La difficile transizione da uno ieri familiare - per quanto controverso - a un domani riunificato e ancora sconosciuto costituisce lo sfondo sul quale importanti autori orientali testualizzano, sotto forma di Sprachreflexion [riflessione sulla lingua], le incertezze e gli interrogativi sul proprio ruolo sociale e culturale all’interno della Germania unita. Di fronte alla controversa dissoluzione della RDT e al conseguente, radicale dissesto del suo mondo culturale, negli anni Novanta gli scrittori dell’Est tracciano i difficili bilanci letterari delle proprie esperienze di vita. Si tratta di resoconti esistenziali tutt’altro che semplici, dai quali emergono le pesanti ripercussioni che la Wende e la riunificazione nazionale hanno avuto, nel giro di brevissimo tempo, sul ruolo sociale e culturale della dissidenza politico-letteraria. Come già avvenuto in altri momenti cruciali della storia tedesca contemporanea, la Selbstreflexion letteraria stimolata dalla riunificazione tocca in primis lo strumento per eccellenza dell’agire intellettuale, artistico e sociale: la lingua. La crisi che nel blocco orientale segna la fine del cosiddetto “secolo breve” si rivela infatti prolifico motore di una poliedrica riflessione metalinguistica e metaletteraria, al cui interno le parole (tanto quelle apparentemente semplici della quotidianità, quanto quelle “elaborate” dell’ars scribendi) assurgono a precipuo oggetto di discorso. Le riflessioni sulla lingua e sul suo prodotto più elevato, la letteratura, si inseriscono dunque all’interno dell’approfondita disamina letteraria ed esistenziale di chi, soffermandosi sui codici della propria storia, indaga se stesso e al contempo il mondo circostante. Inscindibile dallo Zeitgeist ad essa contingente, la Sprachreflexion degli autori tedesco-orientali collima inevitabilmente con la Geschichts- e la Gesellschaftsreflexion, con la riflessione sulla storia, sulle sue cesure e sulla società che le ha prodotte. Schwerpunkt der Dissertation ist die Korrelation zwischen dem Zusammenbruch der DDR und der erzählerischen Sprachreflexion, die das Werk einiger in der DDR aufgewachsener u. dort schon tätiger Autoren nach der Wende thematisieren. Ab 1990 wird die literarische Beziehung zwischen Wörtern, Begriffen und Alltagswahrnehmungen problematischer als sonst: Bei manchen Ost-Schriftstellern verschiedener Generationen scheint die Sprache des wiedervereinigten Deutschlands, keine Adhärenz mehr in Bezug auf ihre Lebenserfahrungen und -auffassungen zu besitzen. Am Beispiel von Christa Wolfs u. Kurt Drawerts Sprachreflexion wird die Problematisierung des Wort- und Erzählvermögens als eine Phase vom literarischen Aufarbeitungsprozess der DDR-Auflösung interpretiert.
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Rilke in München: der Weg zur Abstraktion

Casellato, Anna 11 July 2022 (has links)
Il lavoro si propone di individuare il ruolo che Picasso ha assunto nelle scelte poetologico- estetiche del Rilke monacense. Esso chiarisce quindi il modo le opere del Picasso rosa e protocubista si sono inserite nel ragionamento rilkiano che culmina nella articolazione geometrica di quella lirica figurale tra mimesi e astrazione; in che modo l’impulso picassiano strutturi l’immaginario rilkiano nella pagina poetica e all’infuori di essa dando vita a una prassi dialogica volta alla ricostruzione del Se. Esso si propone inoltre die spiegare in che modo la dialettica picassiana della frammentazione – ricostruzione pittorica venga implementata nella nuova architettura di pensiero che troviamo nelle elegie, nel loro spazio visivo e visibile, dove sguardo poetico e sguardo pittorico s’integrano per dare voce a un dissidio interiore rimasto troppo a lungo nascosto. Il compromesso formale a cui Rilke si attiene nell’accettazione e nella rielaborazione poetica dei presupposti cubisti diventa quindi oggetto d’indagine. Il lavoro procede con un’ampia descrizione contestuale al fine di individuare spunti critici e figurativi che possono aver favorito l’assimilazione di principi picassiani nel tardo Rilke. Lo si è fatto limitatamente al campo filosofico tramite la figura di Rudolf Kassner. Segue una riflessione sui modelli pittorici successivi a Rodin, e sul confronto con le nuove linee proposte dall’avanguardia in cui si distingue un filtro poetico più maturo e consapevole. Il lavoro si concentra poi sul valore della possibile rielaborazione monacense di intuizioni figurative precedenti, considerando Wendung come soglia del cambiamento nel sentire, nel vedere, nella configurazione poetica di entrambi. Segue l’analisi di scambi epistolari monacensi in cui ricompaiono esperienze passate come il viaggio a Toledo, la stesura del Malte, l’affiorare di quel tanto cercato contatto con la cosa in sé e con la propria natura umana grazie a cui Rilke comprende come ciò che subito appare come limite può rivelarsi occasione di apertura verso nuove, essenziali, geometriche ma intense possibilità espressive della poesia. Il lavoro procede quindi con la ricerca di collegamenti tematici fra lirica rilkiana e opere pittoriche del 1914, soprattutto in relazione alla nuova visione in cui sono inserite. Topo presenti in Rudolf Kassner, Paul Klee, Cézanne, Wassily Kandinsky, e in contributi di Hausenstein e Worringer diventano immagini utili a identificare una soglia nella ricerca del sé e il suo superamento tramite la restituzione figurale della stessa all’interno di una costellazione geometrica, per poi ricongiungersi all’unità, al tutto tramite l’unica tecnica compositiva possibile, quella che tende all’astrazione. Alla luce della riflessione qui proposta si rivela impossibile stabilire una diretta corrispondenza tra elementi estetici e figurativi contestuali a Wendung e la lirica rilkiana dopo il ’14. Diventa possibile però individuare nella Quarta, Quinta e Decima Elegia una assimilazione graduale, una tendenza verso il geometrico che nel caso di Rilke è frutto di un dialogo costruttivo fra matrice e risultato; fra Monaco, dove Rilke trascorre gli anni della guerra e Parigi, sempre presente nel suo immaginario. Quella Parigi che rimane ricordo fertile, luogo della matrice cezanniana su cui vengono implementate le nuove intuizioni strutturali del costruttivismo formale cubista. Diventa possibile, inoltre, individuare un principio comune tra il modello compositivo sempre più astratto che propongono Klee e Kandinsky pre-Bauhaus, non estraneo al Picasso analitico, che Rilke non riconosce esplicitamente ma nemmeno contraddice. Si tratta della volontà di attuare un cambiamento nei presupposti del ragionamento estetico su cui si basa poi la rappresentazione visibile su tela o pagina poetica. La volontà di porre enfasi sulla giustapposizione di risultato e processo; realtà e nostra conoscenza di essa, i cui presupposti sono da rivedere in base a esigenze rappresentative contingenti. L’accettazione del fatto che il la soglia, il confine Io-Mondo, tra visibile e invisibile, tra ciò che posso conoscere e ciò che invece è solo lecito immaginare sulla base di un disegno geometrico e parlante, possa essere superato ma non possa essere definito. Esso rimane un’entità indescrivibile, luogo in cui ha luogo il gesto artistico, un una combinazione di movimento e contromovimento in eterno divenire. Un luogo che consente all’Io di comprendere il meccanismo senza divenire padrone degli elementi in esso coinvolti. Un luogo in cui il Ding, intermediario fra Io e mondo, appare frammentato ma ricomponibile. Un luogo in cui si rivela quella componente spirituale dell’umano con cui egli stesso aveva perso il contatto prima di accorgersi che la figura geometrica è il compromesso accettabile tra mimesi e astrazione. L’idea di un contorno riconoscibile, ma luogo di libera interazione fra interiorità e realtà, luogo della loro parità ontologica del gesto artistico moderno. Ciò che emerge inoltre è il contributo picassiano alla soluzione formale elaborata da Rilke tra ’15 e ’22, in quanto egli partecipa al percorso verso la ricostruzione dell’Io e della sua visione. Nella finalità analitica della frammentazione su tela trova la vera e consapevole ricostruzione. Il lavoro risulta suddiviso in quattro macro-sezioni, con ragionamenti giustapposti e considerati da prospettive molteplici. A fronte di riferimenti che si ripetono e si riposizionano, per essere poi ricomposti dal lettore in questo nuovo, fluido orizzonte culturale, si offre un quadro critico altrettanto dinamico e complesso. Anche a livello critico il lavoro restituisce quindi un’impostazione consapevolmente stabilita attorno agli estremi inconoscibili del gesto letterario moderno e a una riconoscibile ma più libera topografia poetica dell’Io. / Die vorliegende Arbeit ist das Ergebnis der Auseinandersetzung Rilkes mit der Abstraktionsfrage während seines Münchner Aufenthaltes. Mit dem Fokus auf Picasso behandelt die Arbeit den Einfluss der künstlerischen Avantgarde auf die ästhetisch-poetologischen Entscheidungen des späten Rilke. Mit besonderem Interesse an der Vierten, Fünften und Zehnten Elegie bestimmt diese Arbeit den Zusammenhang zwischen Picasso und der in der Rilke’schen Lyrik erkennbaren Neigung zur Geometrisierung. Auf welcheWeise haben Rosa und analytischeWerke des spanischen Malers Rilkes Gedankengang beeinflusst, als sich seine Dichtung neuer, geometrischer Konfigurationen bedient? Was für einen Beitrag leistet Picassos Malerei bei der Entstehung von Rilkes formalem Kompromiss zwischen Mimesis und Abstraktion? Inwiefern ist Rilkes figurale Lyrik der Münchner Zeit davon abhängig? Auf welche Weise strukturieren Picassos Gestaltungsantriebe die Vorstellungswelt Rilkes, und inwiefern generieren sie eine auf die Re-Komposition vom Ich und seine von der Kontingenz zerstörten Anschauung gerichtete, dialogische Praxis? Erweist sich Picassos kombinatorische Erkenntnisdialektik von analytischer Fragmentierung und hermeneutischer Rekonstruktion auf der malerischen Leinwand als wegweisend für die Darstellung der neuen, in München konzipierten Gedankenarchitektur Rilkes? Findet Picassos Vorbild eine erkennbare Implementierung in Rilkes Elegien? Unter welchen Aspekten können sie darauf sinnstiftend wirken? Können sie einem noch schwachen, dichterischen Wort Form verleihen und Gehör verschaffen? Wo liegt Rilkes Kompromissschwelle bei der kritischen Annahme solcher Voraussetzungen? Um solche Fragen zu beantworten, präsentiert diese Arbeit eine umfangreiche Beschreibung der kontextuellen, kritischen und figurativen Antriebe, welche die Assimilation von Picassos Gestaltungsprinzipien in den nach 1914 verfassten Elegien beeinflusst haben könnten. Rilkes Verhältnis mit dem eklektischen Philosophen Rudolf Kassner wie auch dessen physiognomische Lehre und Prinzip des Opfers werden als bedeutsame Elemente für Rilkes dichterische Wandlung herausgestellt. Mit kunsttheoretisch orientiertem Fokus schlägt die Arbeit eine Reflexion über jene malerischen Vorbilder vor, welche Rilkes Interesse nach seinem Aufenthalt in Paris bei Rodin erwecken. Die Analyse stellt Rilkes bewusste Auseinandersetzung mit den neuen Avantgarde-Kompositionsstrategien heraus. Ein Vergleich dieser neuen Strategien mit Rilkes vorherigen, figurativen Eingebungen zur Zeit der Fassung von Wendung (1914) in München verdeutlicht diesen dichterischen Wandel. Durch die Analyse von zahlreichen Briefwechseln und der in Rilkes Lebenschronik (Schnack) enthaltenen, biographischen und dichterischen Elemente lässt sich Wendung als kathartisches Erlebnis, welches Wahrnehmung und Anschauung betrifft, bezeichnen. Die neue, dichterische Konfiguration beider Aspekte lässt sich auch daraus herleiten. Darüber hinaus verzeichnen Briefwechsel mit Marie von Thurn und Taxis, Lou Andreas Salome und Lou Albert Lasard Rilkes Verarbeitung vergangener Erfahrungen wie die Toledo-Reise, die Malte-Fassung, den so angestrebten, geistigen Kontakt mit dem Ding an sich und mit jener scheinbar unannehmbaren, unverständlichen, menschlichen Natur. Aus der Analyse von Rilkes Schriftverkehr hebt sich die anfangs scheue, aber wachsende Überzeugung über eine der Anschauungsgrenze innewohnende, potenzielle Öffnung für neue, wesentliche, geometrische, aber geistig intensive Ausdrucks-Möglichkeiten der Dichtung. Die Arbeit studiert mögliche, thematische Zusammenhänge zwischen der Lyrik Rilkes und einiger malerischer Werke, die in der Kriegszeit geschaffen wurden. Der wegweisende Charakter dieser Werke bei der kritischen Reflexion über Voraussetzungen und Schlussfolgerungen von Rilkes Umkehr besteht in ihrer Zugehörigkeit zu einer neuen Gedankenanschauung, welche die Avantgardezeit charakterisiert. Motivisch ähnliche Verweise lassen sich inWerken von Rudolf Kassner, Paul Klee, Cézanne,Wassily Kandinsky sowie in kritischen Beiträgen von Hausenstein und Worringer erkennen. Die strukturellen Gemeinsamkeiten und der Einfluss dieser Werke auf die Poetik Rilkes werden durch ihre Thematisierung der Ich-Suche und Ich-Überwindung deutlich. Diesen philosophischen Konflikt präsentieren sie mitunter durch figurale, geometrische Konstellationen. Sie weisen außerdem auf eine noch mögliche Zusammenführung von dem Ich mit jenem Ganzen hin. Eine solche Ausdehnung auf der wahrnehmenden sowie auf der begrifflichen Ebene ist nur abstrakt durchführbar. Die Analyse stellt heraus, dass es keine unmittelbare Entsprechung zwischen jenen ästhetischen, figurativen und kontextuellen Elementen aus dem Gedicht Wendung und der nach dem Jahr 1914 erschaffenen Lyrik Rilkes gibt. Eine graduelle Assimilation der Neigung zur geometrischen Darstellung in der Vierten, Fünften und Zehnten Elegie Rilkes lässt sich aber erkennen. Sie erweist sich als Ergebnis eines konstruktiven Dialogs zwischen Matrix und Resultat; zwischen München, wo sich Rilke zur Kriegszeit aufhielt, und Paris. Diese Stadt gestaltet immer noch Rilkes Vorstellungswelt; sie stellt die nie vergessene, ästhetische und ethische Lehre Cézannes dar. Sie stellt den Keim dar, aus dem die neuen, strukturellen Eingebungen der Avantgarde gediehen. Unter solchen formalen Vorschlägen wird Picassos formaler, kubistischer Konstruktivismus betrachtet. Darüber hinaus stellt der Vergleich zwischen immer abstrakteren Kompositionsvorbildern von Klee und Kandinsky ein gemeinsames, strukturelles Merkmal heraus, welchen auch Picasso in seinen Werken vermittelt. Rilke erkennt die Gegenwart ähnlicher struktureller Züge in ihrer ästhetischen Vision und in ihren Werken explizit nicht, aber er widerspricht ihr auch nicht. Was diese drei Avantgarde-Maler gemeinsam haben, bevor sie sich radikal abstrakteren Darstellungen widmen, hängt mit demWunsch zusammen, die dem ästhetischen Gedankengang innewohnenden Voraussetzungen, auf denen die sichtbare, malerische oder dichterische Komposition beruht, zu verändern. Bauhaus-Zeit und synthetischer Kubismus werden die radikalsten Entwicklungen einer figuralen Tendenz, die Resultat und Prozess sowie Realität und unsere Kenntnis davon nebeneinanderstellen. Künstlerische Intention und formale Antwort von Klee und Kandinsky variieren je nach individuellen Darstellungsbedürfnissen. Solche Kompositionsvorbilder beeinflussen Rilkes Verständnis des Schwellenbegriffs und dessen Anwendung bei der Formulierung der ewigen Fragen nach der künstlerischen Darstellung und ihrem Objekt. Diese Schwelle ermöglicht die flexible und durchlässige Unterscheidung zwischen Sichtbarem und Unsichtbarem, zwischen Erkennbarem und dem mithilfe einer geometrischen, sprechenden Kontur Vorstellbarem. Diese Schwelle, so merkt Rilke bei dem kritischen Vergleich mit den Avantgardetheorien, kann er überwinden, aber nie eindeutig definieren. Diese Grenze bleibt eine unbeschreibbare Entität, auf der die künstlerische Gebärde stattfindet. Die Kombination von Bewegung und Gegenbewegung zeigt das ewige Werden der Welt. Die Schwelle erlaubt dem Ich, diesen irdischen Mechanismus zu begreifen, ohne die davon betroffenen Elemente zu beherrschen. Auf dieser Sichtbarkeitsschwelle wird Rilke auf die dingliche Zerlegung aufmerksam, aber zugleich bemerkt er dessen konstruktive Natur. Durch diese seit Wendung anerkannte Grenze des Anschauens zeigt sich dem Dichter erneut jene geistige Komponente des Menschlichen, zu welcher er zuvor den Kontakt verloren hatte. Die frühe Avantgarde-Kunst lässt Rilke erkennen, dass die geometrische Figur den annehmbaren Kompromiss zwischen Mimesis und Abstraktion darstellen kann. Der Kontakt mit solcher Avantgarde-Kunst beeinflusst Rilke bei der Annahme ihrer Voraussetzungen. Aus struktureller Sicht lassen sich die neuen Kompositionsvorbilder bereits in dem von Cézanne gezeichneten Rahmen erkennen. Die Vorstellung eines erkennbaren Umrisses hängt mit dem einer freien Interaktion zwischen Innerlichkeit und Realität zusammen, welche die Avantgarde-Kunst auf der Leinwand explizit macht. Rilke transponiert diese Vorstellung in seine Elegien. Der Umriss stellt eine neue Linie des gnoseologischen Horizontes dar, welche sich in der Moderne verschoben hat; er wird zum Ort einer bereits von Cézanne bezeichneten, ontologischen Gleichheit zwischen Innen und Außen sowie zwischen Subjekt und Objekt der Darstellung. Das Ding bleibt übrigens unentbehrlicher Vermittler von einem neuen Verhältnis mit dem Ganzen, das die Malte-Krise zuvor zerstört hatte. Picasso leistet seinen Beitrag zur Verarbeitung der formalen Lösung Rilkes zwischen 1915 und 1922; er nimmt an seiner Suche nach der eigenen Rekonstruktion teil. Durch die Zerlegung auf der Leinwand beabsichtigte der Maler die wahre und bewusste Rekonstruktion seiner Anschauung. Diese Arbeit ist in vier Abschnitte unterteilt. Im ersten Kapitel wird ein Überblick über die historisch-kontextuellen Elemente gegeben, welche die Entwicklung von dem schöpferischen Akt Rilkes geprägt haben. Mit besonderem Augenmerk auf die Figur Kassners wird dem Leser eine Übersicht über das Münchner Milieu präsentiert. Das zweite Kapitel widmet sich der Beschreibung jener zur Kriegszeit verbreiteten Gestaltungsprinzipien und Theorien, mit denen Rilke in Kontakt getreten sein könnte. Das dritte Kapitel fokussiert sich auf die Voraussetzungen für seine Herzpoetik, welche sich mit diesen formalen Antrieben in einer ontologisch neuen Auffassung kombiniert haben. Das vierte Kapitel beschriebt Rilkes dichterische Schlussfolgerungen, welche aus dem produktiven Vergleich zwischen Tradition und Avantgarde entstanden. Beobachtungen über Themen und Strukturen der Münchner Elegien1 werden im Laufe der Arbeit mehrperspektivisch in Betracht gezogen und kritisch verglichen. Beim Hervorheben von Berührungspunkten und Unterschieden zwischen Rilke und der Avantgarde weist die Arbeit auf die Besonderheiten von Rilkes Weg zur Abstraktion hin und vermittelt Vorkenntnisse und neue Vorschläge in einem facettierten, undefinierbaren, kritischen Rahmen. Das Wesen der illustrierten, ästhetischen Reflexion ist, wie die von Cézanne bezeichnete Kontur der Dinge, flüssig und schillernd. Die Wiedergabe einer scheinbar fragmentierten Gedankenstruktur, in der sich Hinweise in dem Gewissen des Leser ständig neu aufstellen, fordert vom Leser selbst eine Rekonstruktion des kulturellen Horizonts, welcher für Kassner physiognomische Züge trägt und sich als sichtbarer Ausgangspunkt und als Wiederkehr des modernen Ichs vorstellt. Diese Arbeit sondiert die bisher unerforschte Begründungen, welche zur Rilkes Annahme des analytischen, kubistischen Gerüsts geführt haben.Mit der Absicht, die Gefahr steriler, formalen Klassifizierungen abzuwenden, wird in dieser Arbeit Rilkes ganz persönliches und reifes Wahrnehmungsvermögen bei der Münchner Zeit wiedergegeben. Ein breites Diskurs zwischen Dichtung und Malerei wird anhand der Hauptfiguren der ersten Avantgardezeit geführt, um die Genese eines zwischen Wort und Bild entstehenden literarischen Akt zu illustrieren. Auf der durchlässigen Grenze zwischen dieser künstlerischen Bereichen beruht die zwischen Picassos Saltimbanques und Rilkes Fünfter Elegie auftauchenden Kenntnisdialektik.

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