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Conflito entre ressocialização e o princípio da legalidade penal / Conflitto tra risocializzazione e il principio de legalità penale

Coelho, Luis Carlos Honório de Valois 03 July 2012 (has links)
O presente trabalho parte da demonstração de não ser o ideal de ressocialização, enraizado na cultura jurídica brasileira, resultado de elaboração científica. Para tanto, recorre aos textos dos precursores, de onde se extrai que a construção desse fim para a pena de prisão se deu com o intuito de humanizar o cárcere, mas sem a comprovação empírica de sua viabilidade. Entretanto, a prática jurisprudencial brasileira coletada demonstra certo descaso para tal evidência. Mesmo diante da violência que permanece imperando na pena de prisão, inúmeros julgados comprovam que os tribunais continuam a usar a ressocialização como fundamento para agravar a pena privativa de liberdade. O Direito perde a sua capacidade de comunicação ao abandonar a realidade como ingrediente. Decisões judiciais, ao usarem termo desacreditado pela história, desistem do diálogo com a sociedade. O princípio da legalidade, com seus pressupostos de clareza e objetividade, fica igualmente prejudicado, com a sanção penal subordinada a uma crença obscura e impossível no meio carcerário. Assim, assumindo que a pena de prisão não se tornará pior com o abandono em definitivo de um ideal desfeito pelo tempo, conclui-se ser o respeito à dignidade da pessoa humana, fundamento do Estado Democrático de Direito, suficiente para o intuito de se continuar buscando uma sanção penal menos desumana. / Il presente lavoro comincia con il dimostrare come l\'ideale di risocializzazione, ben radicato nella cultura giuridica brasiliana, non sia il risultato di elaborazione scientifica. Pertanto, si ricorre ai testi dei precursori, dai quali si desume che l\'elaborazione di questo scopo di risocializzazione per la reclusione in prigione, derivò dall\'intenzione di umanizzare il carcere, ma senza alcuna prova empirica della sua validità. Nel frattempo, la pratica giuridica brasiliana tutta dimostra una certa noncuranza per tale evidenza. Anche davanti alla violenza che continua a regnare nella condanna in carcere, innumerevoli condanne provano che i tribunali continuino ad usare la risocializzazione come fondamento per aggravare la pena privativa di libertà. Il Diritto perde la sua capacità di comunicazione quando abandona l\'ingrediente della realtà. Le decisioni giudiziali, per usare un termine disprezzato dalla storia, non cercano il dialogo con la società. Il principio di legalità, con i suoi presupposti di chiarezza ed obiettività, prosegue ugualmente pregiudicato dalla sanzione penale subordinata ad una credenzaoscura ed impossibile nel mezzo carcerario. Così, assumendo che la condanna alla prigione non si trasformi in maniera ancora peggio con l\'abbandono definitivo di una credenza smentita dal tempo, si conclude che sia il rispetto della dignità dell\'essere imano, fondamento dello Stato Democratico di Diritto, sufficiente per l\'intuizione di continuare con la ricerca di una sanzione penale meno disumana
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POTERE PUBBLICO E AUTOTUTELA AMMINISTRATIVA / Public authority and autoprotection powers

SILVESTRI, MAURO 08 July 2019 (has links)
La tesi ha per oggetto l’autotutela amministrativa, specialmente quella c.d. decisoria “spontanea”, ovvero quell’insieme di poteri che consentono all’amministrazione di riesaminare i propri provvedimenti e di rimuoverli a vario titolo.
Di questi poteri si è indagato il fondamento dogmatico e positivo. La questione del fondamento è stata per lunghi anni affrontata dalla dottrina e dalla giurisprudenza in termini totalmente pre-critici e non problematici: l’esistenza di questi poteri era semplicemente scontata e le riflessioni sulla loro base giuridica si esaurivano perlopiù nella constatazione della loro necessità nell’immemore consenso circa la loro ammissibilità. Negli ultimi anni, invece, una parte degli Autori ha disconosciuto la natura implicita e per così dire “originaria” di questi poteri e ne ha perciò patrocinato la stretta riconduzione al principio di legalità: in altre parole, l’annullamento e la revoca non sarebbero affatto conseguenza della c.d. inesauribilità del potere amministrativo – negata da questa dottrina – e sarebbero perciò oggi ammissibili unicamente nei casi e nei modi disciplinati dalle due norme introdotte nella legge sul procedimento nel 2005. Ciò a garanzia della certezza dei rapporti giuridici e del legittimo affidamento dei destinatari dei provvedimenti ampliativi. Secondo un filone ricostruttivo in pare contrastante con il primo, altri Autori hanno inteso valorizzare gli elementi de iure condito a favore della obbligatorietà dell’avvio del procedimento di riesame, auspicandone contemporaneamente la generalizzazione, nell’ottica di una più complessiva trasformazione dell’annullamento d’ufficio in un nuovo istituto ibrido, rispondente alla funzione di alternative dispute risolution system o, se si vuole, di ricorso gerarchico. Per le stesse ragioni, l’istituto dovrebbe perdere il carattere ampiamente discrezionale, in favore di una vincolatezza totale o parziale. Questo secondo “fronte di attacco” alla ricostruzione tradizionale intende offrire soluzione al venir meno del sistema dei controlli di legalità sull’azione amministrativa. Lo studio ha sottoposto a verifica entrambi i filoni evolutivi richiamati, discostandosi dal secondo e, pur accogliendo parte delle argomentazioni ad esso sottostanti, anche dal primo. Quanto alla teoria dell’esauribilità del potere amministrativo, oggetto della prima linea evolutiva, si è ritenuto di condividere le considerazioni circa la tutela dell’affidamento degli interessati e della stabilità dei rapporti giuridici. È parsa tuttavia meglio rispondente alle categorie generali e alle esigenze del sistema (anche sulla base di una visione del diritto amministrativo quale “diritto dei terzi”, per natura volto alla tutela dell’interesse generale e non solo dell’interesse privato particolare coinvolto dall’esercizio del potere) la conservazione della tradizionale inesauribilità del potere, seppur assai mitigata, nella pratica, con riferimento all’esercizio dei poteri di ritiro degli atti favorevoli ai privati il cui affidamento sia concretamente meritevole di tutela. La natura discrezionale dell’annullamento d’ufficio (e della revoca), sottoposta a critica dalla seconda linea evolutiva, viene difesa sia sul piano del diritto positivo e pretorio (attraverso la riconduzione dei principali casi di annullamento c.d. doveroso al modello generale), sia sul piano delle categorie generali, a partire dalla natura dei poteri coinvolti e dall’analisi delle posizioni giuridiche dei soggetti interessati dai procedimenti di secondo grado. / The thesis focuses on the Italian system of so called autoprotection or selfprotection. This expression refers to the powers of public administration to revoke its own acts when deemed necessary to repair a vice of legitimacy or a vice of opportunity, without being bind to resort to the courts. Given the aim of this powers – the same of first grade powers plus a semi-judicial one – they are usually meant by judges and scholars as “widely discretionary”. Furthermore, it has always been believed that the choice to activate the correspondent proceeding is totally free for public administration; consequently, a demand of interested parties does not make binding the start of the procedure, opposite to what happens with administrative appeal proceedings. In recent years ECJ, ECHR and national case law has emboldened the limits to selfredress, making clear that legitimate expectations and the public interest to legal certainty must be taken into consideration and given sufficient protection. Lately, also the Legislator followed, making the annulment and the revocation harder to be put in effect when the first act is favorable to the addressed subject. In such cases, the revocation cannot be ordered for a mere reconsideration of already known circumstances (ius poenitendi) but only if new ones show up. At the same time, ex officio annulment is precluded after 18 months from the issuing of the first act, instead of the previous general limit of a “reasonable time”. On the other hand, the case law has apparently pointed out some hypothesis of mandatory annulment, such as for “anticomunitarian acts” and cost-producing acts. Based on these two orientation, some scholars suggested a global rethinking of the self-protection, its bases and its rules. The study analyzes the case law and the latest legislative reforms, proving that no mandatory annulment exists in the Italian legal system. Therefore, nor the ECJ principle of equivalence nor other principles require that selfredress become generally obliged. The thesis also aims to prove that selfprotection remains a discretionary power, in order to ensure that the contrasting needs (the rule of law on the one hand, and the legal certainty and legitimate expectation on the other hand) can be properly balanced in every decision, according to the Constitutional provision of article 97, which requires that both impartiality and good administration are pursued.

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