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Presenze germaniche nell'Italia tardoantica. Identità culturale barbarica, militaria e rinvenimenti monetali per la ricostruzione e l'ampliamento del dato archeologico

Ballestrin, Francesca 12 October 2023 (has links)
La ricostruzione del quadro delle presenze germaniche nell’Italia tardoantica pre-ostrogota su base archeologica si fonda sulla raccolta delle testimonianze relative agli spostamenti dei gruppi umani che costituirono le premesse delle grandi migrazioni di epoca altomedievale, in un periodo che, dal punto di vista disciplinare, si colloca in una zona di confine tra due settori distinti: l’archeologia classica e l’archeologia medievale. Se da un lato sono ancora individuabili gli interventi da parte dell’autorità centrale nell’urbanistica, nell’organizzazione della difesa, sebbene non sempre con continuità, e nell’economia, analogamente a quanto era avvenuto nei secoli precedenti, dall’altro lato evidenti furono le trasformazioni che interessarono soprattutto la composizione degli eserciti e dell’amministrazione. Tali cambiamenti coinvolsero anche le modalità di relazione con il Barbaricum, con l’introduzione di un numero sempre più elevato di individui di origini non locali all’interno dei confini dell’impero, sia a fini militari sia per motivazioni legate più strettamente alla gestione del territorio e della produzione agricola. Inoltre, a partire dall’ultimo quarto del IV secolo, le trasformazioni sociali e politiche, che interessarono le popolazioni barbariche stanziate a ridosso del limes danubiano, ebbero ripercussioni dirette sulla pars Occidentis, con la concessione di territori sul suolo romano. Prima di allora, con un’intensificazione a partire dalla seconda metà del III secolo, l’Italia settentrionale era stata colpita da una serie di incursioni da parte di gruppi composti per lo più da Alamanni, ma si era trattato di raid di breve durata e contrastati a volte con non poche difficoltà dall’autorità centrale. Dal punto di vista archeologico, tali azioni non lasciarono tracce materiali dirette, che permettano di identificare i barbari presenti nel territorio romano, ma forse un’eco dell’insicurezza generata dalla minaccia di un loro ritorno, come effettivamente si verificò in più occasioni, e delle contromisure adottate dall’esercito regolare è stata riconosciuta nella realizzazione di nuove opere fortificate o nel rinnovo delle esistenti, nella distribuzione di oggetti che testimoniano della presenza dei soldati e nell’interramento di numerosi ripostigli e di casse militari. A partire dall’età costantiniana l’immissione nell’esercito di individui di origini non romane iniziò ad assumere proporzioni importanti, mentre gli attacchi dall’esterno riguardarono soprattutto le aree di confine. Sia nella seconda metà del III sia nel corso del IV secolo i contrasti più combattuti e pericolosi per l’Occidente ebbero per protagonisti non tanto le popolazioni barbariche, almeno con riguardo alle vicende che interessarono la Penisola, quanto, piuttosto, i legittimi imperatori e gli usurpatori che tentavano di conquistare il potere con il favore di una parte delle truppe. Fu agli inizi del V secolo che ripresero le incursioni in Italia da parte di individui provenienti dal Barbaricum, non sempre fermate con successo dalle forze imperiali e provenienti sia da nord, via terra, che da sud, via mare. A differenza del contesto europeo, non si può parlare di migrazioni di popoli in Italia prima dell’istituzione del regno ostrogoto, ma, forse, le premesse che portarono a tale esito politico risiedono, da un lato, in una presenza sempre più consistente di individui di origini barbariche nell’esercito e, più in generale, nella società tardoantica residente in Italia e, dall’altro lato, in un’esperienza o consuetudine di percorsi e modalità di ingressione, ma anche di dinamiche relazionali con l’autorità centrale e i possessores locali, che facilitarono i nuovi arrivi. L’approfondimento dei temi della composizione dell’esercito tardoantico, anche attraverso i testi e le iconografie restituite dai contemporanei, e della difesa dell’Italia dalle minacce esterne ed interne, in considerazione della forte presenza dell’elemento barbarico tra le fila dei soldati o al loro fianco, ha dimostrato che gli individui di origine barbarica all’interno dell’esercito tardoantico erano molto numerosi, se non, in certi periodi o circostanze, preponderanti, e potevano conservare con un carattere più o meno spiccato le connotazioni culturali che li distinguevano dalla componente di identità culturale romana. Alla luce delle considerazioni sulla consistenza della componente barbarica all’interno delle risorse militari romane, è stato raccolto il materiale archeologico, rinvenuto in Italia, che, in letteratura, identifica i soldati in servizio presso l’esercito romano. Tali oggetti, definiti militaria, comprendono, infatti, gli elementi propri dell’abbigliamento e dell’equipaggiamento dei militari: fibule, fibbie, guarnizioni da cintura, armi da difesa e da offesa, oggetti legati all’ambito equestre. Alcune tipologie di militaria, inoltre, rappresentano possibili indicatori della presenza di individui di origini non romane. È, poi, stato esaminato il materiale archeologico riferibile ad un’identità culturale barbarica, di ambito sia militare che civile. Nella maggior parte dei casi si è trattato di rinvenimenti sporadici o isolati; pochi, ma molto preziosi, si sono rivelati i sepolcreti o le sezioni di necropoli indagati in anni recenti e con metodo stratigrafico, in alcuni casi anche con l’ausilio delle analisi bioarcheologiche. Anche gli oggetti non direttamente legati all’ambito militare hanno mostrato con esso stretti legami, come hanno dimostrato proprio i sepolcreti, dove è stato possibile appurare che i soldati di origini barbariche si spostavano con le famiglie al seguito e che nei corredi e tra gli elementi di ornamento ed abbigliamento, deposti nelle sepolture, erano presenti simultaneamente oggetti afferenti tradizioni culturali diverse, compresa quella romana. Ogni tipologia di materiale, ove la disponibilità di dati lo rendesse possibile, è stata accompagnata da un’introduzione, che ne ha illustrato le funzioni, le origini e lo stato della ricerca. In alcuni casi le attribuzioni funzionali, culturali, cronologiche e interpretative degli oggetti sono state sottoposte a revisione, nel caso in cui fossero state riscontrate incongruenze o inesattezze. A partire dal materiale edito nella letteratura specialistica, i ritrovamenti sono stati mappati in tre distinte carte di distribuzione, corredate ognuna da un commento, dall’elenco dei rinvenimenti e dalla lista delle località. Il materiale archeologico è stato classificato in tre macro-fasi, parzialmente sovrapposte e corrispondenti alle tre carte di distribuzione: la prima fase ha compreso i reperti datati tra la seconda metà-fine del III secolo e gli inizi del successivo; la seconda ha raccolto il materiale di pieno IV secolo; nella terza, infine, sono confluiti i reperti di cronologia estesa tra l’ultimo terzo del IV e il V secolo. Un aspetto innovativo dello studio è consistito nel prendere in considerazione congiuntamente, per la prima volta nel medesimo percorso di ricerca, i rinvenimenti archeologici e i ritrovamenti monetali, al fine di ricostruire il quadro delle presenze barbariche nell’Italia tardoantica. Diversi contributi scientifici di ambito numismatico contengono proposte interpretative, che associano l’occultamento di ripostigli e tesori alla presenza militare, in alcuni casi di origini barbariche. Attraverso alcuni casi-studio è stato, infatti, indagato il possibile apporto dei rinvenimenti monetali all’ampliamento del dato archeologico, non traducibile, però, in ulteriori punti in carta. Pochi sono risultati, infine, i dati attualmente disponibili sull’insediamento in Italia di individui di estrazione militare, anche di rango elevato, o di probabili origini non locali. Anche in corrispondenza dei sepolcreti finora meglio indagati, non è ancora stato appurato dove gli individui di provenienza translimitanea dimorassero, se vivessero separatamente dal resto della popolazione o se fossero integrati negli abitati di riferimento; se mantenessero le tradizioni edilizie proprie dei loro luoghi di origine o se vivessero negli spazi messi a disposizione dall’autorità centrale. La conclusione della ricerca, più che costituire un punto di arrivo, si è rivelata una base di partenza per ulteriori approfondimenti, da intraprendere, auspicabilmente, attraverso un lavoro di équipe, che coinvolga specialisti di ambito sia archeologico sia numismatico.

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