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LA TUTELA DEI SOCI E DEI CREDITORI NELLA FUSIONE "CONCORDATARIA" / The protection of shareholders and creditors in the merger as a means of insolvency arrangement

La tesi di dottorato su “La tutela dei soci e dei creditori nella fusione concordataria” si compone di tre capitoli.
Nel primo, il lavoro muove dalla constatazione della (apparente) marginalità dell’istituto oggetto di indagine, rispetto al quale scarsa è stata finora l’attenzione dedicata dalla letteratura italiana ed alquanto esigua risulta la casistica giurisprudenziale. Viene, quindi, individuata nella carenza di coordinamento normativo tra la disciplina (ed i procedimenti) di diritto societario e diritto concorsuale la causa della trascurabile diffusione pratica dell’istituto e la conseguente necessità di un lavoro di ricostruzione interpretativa tutt’altro che agevole. La revisione critica dell’istituto muove – quindi ed inevitabilmente – dalla valutazione dell’ammissibilità di una fusione concordataria nell’ambito di concordati aventi finalità tanto conservative, quanto liquidative; e ciò considerando sia la possibile applicazione analogica dell’art. 2499 c.c., che in tema di trasformazione consente la realizzazione dell’operazione solo in quanto compatibile con le finalità e lo stato della procedura; sia la modalità in cui le altre (principali) esperienze giuridiche hanno affrontato le problematiche connesse alla fusione come strumento di soluzione concordata della crisi.
Tale questione viene positivamente risolta, da un lato, sottolineando l’importanza sistematica e l’innegabile valore innovativo degli artt. 124 e 160 l. fall., per la parte in cui disciplinano la vasta gamma di soluzioni di cui il soggetto proponente dispone nella redazione dell’offerta concordataria: e ciò, in particolare, se si considera che le procedure di auto-regolamentazione della crisi o dell’insolvenza rappresentano soluzioni alternative al procedimento fallimentare e, quindi, derogatorie dello stesso; dall’altro lato, ponendo l’accento sulle soluzioni, tutte tendenzialmente positive, accolte dagli altri ordinamenti giuridici in ordine alla possibilità di contemplare un’operazione di fusione come modalità esecutiva di un piano di regolazione della crisi o dell’insolvenza.

Il lavoro passa - nel secondo capitolo - ad individuare gli interessi coinvolti dall’operazione e ne trae spunto al fine della preventiva indicazione dei problemi posti dalla fusione concordataria. Si distinguono, al riguardo, due differenti serie di interessi: quello dei soci della società in procedura, e quello dei suoi creditori sociali.
Quanto ai primi, il pregiudizio alla loro posizione è riconducibile alla risalente controversia sulla conservazione della qualità di socio, alla luce della inevitabile riduzione del valore (quantomeno) contabile del patrimonio dell’impresa in procedura. Viene innanzitutto valutata l’ipotesi in cui il valore contabile del capitale risulti azzerato, con la conseguente ammissibilità dell’operazione di fusione solo nel caso in cui il valore reale del patrimonio risulti più elevato di quello contabile e quindi idoneo a consentire la compenetrazione (non solo patrimoniale, ma anche) delle relative compagini sociali; quindi, viene esaminata la diversa circostanza in cui - sebbene il patrimonio dell’ente in concordato conservi un valore anche contabile positivo - alcuni soci si ritrovino a possedere, all’indomani della concentrazione e per effetto della determinazione di un determinato concambio, una partecipazione inferiore al minimo convertibile, venendo così di fatto “esclusi” dall’ente incorporante o risultante dall’operazione. In entrambe le vicende, viene poi affrontata (e risolta positivamente) l’ammissibilità di una decisione maggioritaria dei soci, pure da taluno revocata in dubbio in favore del principio unanimistico, là dove venga leso il diritto di ciascuno alla conservazione della status soci: e ciò, sia in considerazione della previsione legislativa che limita il conguaglio in denaro al dieci per cento delle partecipazioni assegnate, con ciò indirettamente escludendo la possibilità di conguagli totalmente compensativi della posizione di singoli soci, cui non venga riservata alcuna partecipazione nella società post-fusione; sia considerando che la congruità del concambio, la conformità alle regole previste a protezione dei diritti (informativi) dei soci e, in ogni caso, la presenza di contesti in cui sono esperibili i rimedi societari destinati (dal legislatore) assicurano il “ristoro” per eventuali pregiudizi sofferti dai titolari di quote minime di partecipazione al capitale.
Quanto al rischio cui sono esposti i creditori della società in concordato, l’analisi viene condotta su due differenti “binari”: i creditori che concorrono all’approvazione del piano restano infatti esposti al rischio che la proposta in cui hanno riposto (con l’approvazione) speranza di soddisfazione subisca una battuta d’arresto a causa della mancata approvazione assembleare del progetto di fusione; i creditori contrari alla proposta di concordato corrono invece il rischio che le decisioni maggioritarie di approvazione della proposta possano (eventualmente) pregiudicare i propri interessi, privi (in assenza di classi) di qualsiasi rimedio endo-concorsuale ed esposti al mancato riconoscimento del rimedio oppositivo previsto – in ambito squisitamente societario – dall’art. 2503 c.c.

Una volta individuati gli eventuali pregiudizi cui sono esposti i soci ed i creditori della società in concordato, vengono ricostruiti i rimedi tesi alla tutela delle rispettive posizioni; e proprio a tale profilo è dedicato il terzo capitolo, suddiviso in due sezioni.
Nella prima, ci si sofferma sulla questione se la perdita della qualità di socio possa essere in qualche modo evitata o, ricorrendo determinate condizioni, se tale pregiudizio possa trovare adeguato ristoro: viene, quindi, dapprima accreditata la tesi – sostenuta dalla prevalente dottrina – secondo cui la sussistenza di un danno derivante dalla perdita della qualità di socio potrà ravvisarsi solo qualora, all’esito del vaglio giudiziale, venga riscontrata l’incongruità del rapporto di cambio prescelto ovvero, più in generale, un abuso del potere deliberativo della maggioranza. In questo contesto, due sono i principali strumenti predisposti dal legislatore a difesa della posizione dei soci di minoranza; il primo, di stampo “precauzionale”, relativo all’esercizio consapevole del diritto di voto da parte della maggioranza del capitale, e correlato alla disciplina degli adempimenti pubblicitari fissati dagli artt. 2501-ter, comma 3, c.c. e 2502-septies, comma 1, c.c.; il secondo, invece, tipicamente societario, attinente all’impugnativa della delibera (consiliare ovvero assembleare) di approvazione del progetto ex artt. 2373 e 2391 c.c. e, dopo l’iscrizione camerale dell’atto, all’azione di risarcimento ex art. 2504-quater, comma 2, c.c.
Movendo dalla constatazione che il ventaglio di rimedi previsto dal diritto societario può apparire soluzione poco attenta alla posizione dei soci di minoranza anche qualora l’operazione di fusione sia del tutto estranea agli scopi concordatari – dal che i tentativi dottrinali di consentire al socio di minoranza l’esercizio dell’azione di risarcimento in forma specifica e per equivalente, da ingiustificato arricchimento ovvero da responsabilità da voto – viene valutata la possibilità che, allorquando la fusione rappresenti lo strumento di attuazione di una soluzione concordata della crisi, la figura dei soci possa assumere tutt’altro rilievo, fino quasi ad assimilarsi a quella dei creditori; ciò, naturalmente, nei limiti in cui la posizione degli stessi venga coinvolta o addirittura “compromessa” dal processo concordatario, dal quale l’attuale disciplina concorsuale li esclude completamente. Sebbene tale “riqualificazione” sembri inattuabile in ambito nazionale, viene valutato (e criticato) un recente disegno di legge del Governo federale tedesco (Gesetzentwurf der Bundesregierung), che riserva la tutela della posizione dei soci ai soli rimedi concorsuali, disattivando – una volta ammessa la società al concordato – quelli previsti in via generale dalla disciplina societaria.
Nella seconda sezione viene esaminata la modalità di tutela dei creditori che approvano il concordato e, successivamente, la protezione dei creditori contrari alla proposta. Quanto ai primi, più che ricorrere a ricostruzioni dottrinali (in particolare, tedesche) tese a ridurre il potere deliberativo dei soci, si affronta la possibilità di affidare la tutela delle aspettative dei creditori sociali al coordinamento del procedimento decisionale previsto in ambito societario con l’iter procedurale del concordato. Risulta infatti evidente che il pericolo che il diniego assembleare leda gli interessi del ceto creditorio si manifesta solo nel caso in cui l’adozione delle delibere societarie richieste per l’attuazione della fusione venga rinviata alla fase esecutiva del concordato, assegnando così all’offerta concordataria un valore meramente programmatico. E - si osserva - tali “inconvenienti” potrebbero essere evitati avviando il procedimento assembleare contestualmente ovvero nel corso della procedura concordataria, condizionandone peraltro l’esito finale al perfezionamento definitivo del concordato.
Passando alla modalità di tutela dei creditori che non concorrono all’approvazione della proposta, viene prospettata la possibilità che la difficoltosa conciliazione delle regole che disciplinano l’approvazione a maggioranza del concordato (artt. 128, comma 1°, e 177, comma 1°, l. fall.) e la normativa societaria che, in tema di fusione, riconosce invece ai creditori il diritto individuale di opposizione (art. 2503 c.c.), venga risolta mediante il disconoscimento di tale diritto, affidando la tutela del ceto creditorio ai soli rimedi previsti in ambito concorsuale. Non diversamente degli obbligazionisti, i creditori concorsuali costituiscono infatti una sorta di “comunità accidentale”, dal momento che è loro vietato di agire individualmente nei confronti del patrimonio sociale ed è prevista un’organizzazione di gruppo (i.e. concorsuale) tesa a risolvere gli eventuali conflitti di interessi tra gli stessi creditori. Dal che l’applicazione a questi ultimi dello stesso regime (di esclusione dal diritto di opposizione) riservato espressamente agli obbligazionisti dall’art. 2503-bis c.c. Tale soluzione viene, infine, confortata da ulteriori considerazioni concernenti, da un lato, la modalità di espressione della volontà dei creditori concorsuali nelle forme della mera partecipazione alla volontà del gruppo e, dall’altro, il combinato disposto degli artt. 2503, comma 1, c.c., e 128, comma 1°, e 177, comma 1°, l. fall., ai sensi del quale il consenso dei creditori anteriori all’iscrizione camerale del progetto di fusione deve considerarsi prestato qualora l’offerta concordataria (implicante la fusione) risulti approvata dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti. / The doctoral thesis, about “The protection of shareholders and creditors in the merger as a means of insolvency arrangement”, consists of three chapters. In the first one, the work moves from the observation of the low use of the transaction under investigation, to which the Italian scholars and case law have devoted little attention. The lack of coordination between the regulatory framework (and processes) company law and insolvency law is identified as the main reason of the limited practice of the institution and the consequent need for an interpretative work of reconstruction. The critical review of the institute moves by evaluating the eligibility of a merger as a means of an insolvency arrangement with both conservation and the claims settlement purposes; and this is realized through the possible application by analogy of article 2499 c.c., which in terms of transformation allows the transaction only to the extent compatible with the purposes and status of the procedure; or through the implementation of solutions made in the other (main) foreign experiences.
This issue is resolved positively, on the one hand, by emphasizing the importance of systematic and innovative articles 124 and 160 l. fall., to the extent they deal with the wide range of solutions in which the proponent can choose; on the other hand, focusing on solutions, all basically positive, accepted by other jurisdictions in order to contemplate the possibility of a merger as a way of an executive plan of adjustment of the crisis or insolvency.

The work goes on - in the second chapter - to identify the interests involved in the transaction distinguishing them, in this regard, in two different sets: the shareholders of the company in the procedure, and that of its creditors.
As for the former, the prejudice to their position is due to the controversy over the dating of membership retention, in the light of the inevitable reduction in the value (at least) of the company's assets in the accounting procedure. It’s first evaluated the situation in which the value of the capital is zero, resulting in eligibility for the merger only if the real value of the assets is more than that amount; then, it evaluates the different circumstances in which - even though the entity's shareholders agreed to retain a positive value even accounting - some members are found to possess, after the merger and because of the determination of a particular exchange, a share less than the minimum convertible, thus in effect being “excluded” by the surviving or resulting company. In both events, it is then addressed (and answered in the affirmative) the eligibility of a majority decision of members, also called into question by some in favor of the unanimity, where it is breached the right of everyone to the conservation status of the members: and this, both because of the legislative provision limiting the cash compensation to ten percent of the shares allocated, thereby indirectly excluding the possibility of fully compensatory adjustments of the position of some members; whereas both the fairness of the exchange, in compliance with the rules laid down for the protection of rights (information) of the shareholders and, in any case, the presence of contexts in which the general remedies for corporate can be used.
As for the risk faced by creditors, the analysis is conducted on two different “tracks”: the creditors that contribute to the approval of the plan are in fact exposed to the risk that the proposal they put (with the approval) satisfaction hopes suffer a setback, due to the failure to approve the merger by shareholders; and the creditors against the proposal agreed, which are instead exposed to the risk that the majority approval decisions of the proposal would (eventually) affect their interests.

In the third chapter, divided into two sections, the remedies are identified to claim protection of their positions.
In the first, we focus on whether the loss of membership can be somehow avoided or, under certain conditions, if such injury can find suitable refreshment: it’s endorsed the first argument - supported by the prevailing doctrine – in which the existence of an injury resulting from the loss of membership will be seen in it, only if - the outcome of judicial scrutiny found in the incongruity of the chosen exchange rate or, more generally, an abuse of the decision-making power of the majority. In this context, there are two main instruments prepared by the legislature to defend the position of minority shareholders: the first mold “precautionary” for the aware of the right to vote by the majority of the capital, and related to the discipline the advertising requirements set by the articles 2501-ter, paragraph 3, c.c. and 2502-septies, paragraph 1, c.c., and the second, however, typically corporate, relating to appeals of the resolution (i.e. council meeting) to approve the project under articles 2373 and 2391 c.c. and, after signing the Chamber of the act, action for damages pursuant to art. 2504-quater, paragraph 2, Civil Code.
Moving from the observation that the range of remedies provided for company law solution may appear inattentive to the position of minority shareholders even if the merger is entirely foreign to the arrangement purposes - the doctrine is evaluated the possibility that when the merger represents the tool for implementing a mutually agreed solution of the crisis, the figure of the partners can be assimilated to that of creditors, and this, of course, to the extent in which they are involved with “compromised” by the insolvency process. Although this “retraining” seems impractical at the national level, it is evaluated (and criticized) a recent bill of the German Federal Government (Bundesregierung Gesetzentwurf), which reserves to protect the position of shareholders in insolvency remedies just by turning off - once admitted the company agreed to - those generally provided by corporate regulations.
The second section examines the mode of protection of creditors who approved the agreement and, subsequently, the protection of creditors against the proposal. As for the former, rather than resorting to reconstructions of doctrine (especially the German one) aimed at reducing the decision-making power of shareholders, we face the possibility of entrusting the protection of creditors ' expectations for the coordination of the decision-making procedure provided for the company with the procedural course of the arrangement. It is clear that the danger of the creditors occurs only if the adoption of corporate resolutions required to implement the merger may be delayed until the execution phase of the agreement, thus giving to the arrangement a merely programmatic rule. And these “problems” could be avoided by starting the process at the same meeting or during the insolvency procedure, however, influencing the final outcome to the improvement of the final agreement.
Turning to the ways of protecting creditors which do not contribute to the approval of the proposal, the difficult reconciliation of the rules governing the approval of a majority arrangement agreed (art. 128, paragraph 1, and 177, paragraph 1, l. fall.) and that, in terms of a merger, recognizes the individual right of creditors to oppose (art. 2503 cc), can be settled by their failure to recognize this right, entrusting the protection class of creditors only remedies provided for in the field of competition. Like bondholders, creditors bankruptcy constitute in fact a sort of “community accidental”, since they are forbidden to go it alone against the assets of an organization and is expected to group (i.e. competition) aims to resolve any conflicts of interests between the creditors themselves.

Identiferoai:union.ndltd.org:DocTA/oai:tesionline.unicatt.it:10280/1551
Date13 July 2012
CreatorsDI MARTINO, MARIA CONSIGLIA
ContributorsREGOLI, DUCCIO, RESCIO, GIUSEPPE ALBERTO
PublisherUniversità Cattolica del Sacro Cuore, MILANO
Source SetsUniversita Cattolica del Sacro Cuore. DocTA
LanguageItalian
Detected LanguageItalian
TypeDoctoral Thesis
FormatAdobe PDF
Rightsreserved

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