Dopo una panoramica sull’analisi narrativa nel suo sviluppo storico, a partire dall’interpretazione allegorica greca, passando per l’esegesi cristiana, fino allo strutturalismo, l’ermeneutica, la psicanalisi, il femminismo e la decostruzione, il primo capitolo si avvale del contributo di David Bordwell (Making Meaning, 1989), per mostrare il limite del meccanismo cognitivo comune a tutti i modelli ermeneutici: la mancanza di un fondamento epistemologico solido e di un metodo condiviso, che permetterebbe di non costruire ogni volta un edificio concettuale diverso e intercambiabile, ma di far sì che una nuova teoria narrativa abbia un potere esplicativo superiore e non semplicemente alternativo rispetto a quello delle teorie che l’hanno preceduta. Tale fondamento e metodo vengono individuati nel secondo capitolo grazie al ricorso alle scienze evoluzionistiche, soprattutto biologia e neurobiologia. Come sintetizzato da Brian Boyd (On the Origin of Stories: Evolution, Cognition and Fiction, 2009) l’Homo sapiens non si è trovato capace e bisognoso di raccontare e ascoltare storie dall’oggi al domani. La funzione narrativa si è evoluta come qualsiasi altra caratteristica della nostra specie in funzione del mantenimento e della trasmissione della vita, probabilmente in quanto gioco cognitivo, meccanismo neuronale che permette al cervello umano di orientarsi nel tempo dando ordine e senso agli eventi. Adottandone il metodo e basandosi su questo e molti altri risultati delle scienze evoluzionistiche, l’analisi narrativa può finalmente cominciare a costruire su un fondamento solido, sottoponendo i propri risultati teorici al vaglio della verifica quantitativa. A questo è dedicato il terzo capitolo, aperto su una nuova prospettiva di ricerca, che attraverso l’applicazione dei modelli matematici della teoria dei giochi permette di individuare un metodo per verificare l'ipotesi evoluzionistica che la cultura umana, e le storie che nel corso del tempo questa ha raccontato, si siano evolute in una direzione ben precisa, quella della cooperazione (Robert Axelrod, The Evolution of Cooperation, 1984). La teoria dei giochi è infatti nata come studio delle strategie di comportamento economico attraverso l'elaborazione di modelli matematici, ma si presta (ed è stata con successo applicata) a qualunque tipo di interazione umana e non, economica, biologica, sociale, culturale, etica e in questo caso narrativa.
Identifer | oai:union.ndltd.org:unitn.it/oai:iris.unitn.it:11572/368158 |
Date | January 2017 |
Creators | Zito, Giuseppe |
Contributors | Zito, Giuseppe, Troncon, Renato |
Publisher | Università degli studi di Trento, place:TRENTO |
Source Sets | Università di Trento |
Language | Italian |
Detected Language | Italian |
Type | info:eu-repo/semantics/doctoralThesis |
Rights | info:eu-repo/semantics/openAccess |
Relation | firstpage:1, lastpage:207, numberofpages:207 |
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