Introduzione
L’importanza clinica, sociale ed economica del trattamento dell’ipertensione
arteriosa richiede la messa in opera di strumenti di monitoraggio dell’uso dei
farmaci antiipertensivi che consentano di verificare la trasferibilità alla pratica
clinica dei dati ottenuti nelle sperimentazioni.
L’attuazione di una adatta strategia terapeutica non è un fenomeno
semplice da realizzare perché le condizioni in cui opera il Medico di Medicina
Generale sono profondamente differenti da quelle che si predispongono
nell’esecuzione degli studi randomizzati e controllati. Emerge, pertanto, la
necessità di conoscere le modalità con cui le evidenze scientifiche trovano reale
applicazione nella pratica clinica routinaria, identificando quei fattori di disturbo
che, nei contesti reali, limitano l’efficacia e l’appropriatezza clinica.
Nell’ambito della terapia farmacologica antiipertensiva, uno di questi
fattori di disturbo è costituito dalla ridotta aderenza al trattamento. Su questo
tema, recenti studi osservazionali hanno individuato le caratteristiche del paziente
associate a bassi livelli di compliance; altri hanno focalizzato l’attenzione sulle
caratteristiche del medico e sulla sua capacità di comunicare ai propri assistiti
l’importanza del trattamento farmacologico.
Dalle attuali evidenze scientifiche, tuttavia, non emerge con chiarezza il
peso relativo dei due diversi attori, paziente e medico, nel determinare i livelli di
compliance nel trattamento delle patologie croniche.
Obiettivi
Gli obiettivi principali di questo lavoro sono: 1) valutare quanta parte della
variabilità totale è attribuibile al livello-paziente e quanta parte della variabilità è
attribuibile al livello-medico; 2) spiegare la variabilità totale in funzione delle
caratteristiche del paziente e in funzione delle caratteristiche del medico.
Materiale e metodi
Un gruppo di Medici di Medicina Generale che dipendono dall’Azienda Unità
Sanitaria Locale di Ravenna si è volontariamente proposto di partecipare allo
studio. Sono stati arruolati tutti i pazienti che presentavano almeno una
misurazione di pressione arteriosa nel periodo compreso fra il 01/01/1997 e il
31/12/2002. A partire dalla prima prescrizione di farmaci antiipertensivi
successiva o coincidente alla data di arruolamento, gli assistiti sono stati osservati
per 365 giorni al fine di misurare la persistenza in trattamento. La durata del
trattamento antiipertensivo è stata calcolata come segue: giorni intercorsi tra la
prima e l’ultima prescrizione + proiezione, stimata sulla base delle Dosi Definite
Giornaliere, dell’ultima prescrizione. Sono stati definiti persistenti i soggetti che
presentavano una durata del trattamento maggiore di 273 giorni.
Analisi statistica
I dati utilizzati per questo lavoro presentano una struttura gerarchica nella quale i
pazienti risultano “annidati” all’interno dei propri Medici di Medicina Generale.
In questo contesto, le osservazioni individuali non sono del tutto indipendenti
poiché i pazienti iscritti allo stesso Medico di Medicina Generale tenderanno ad
essere tra loro simili a causa della “storia comune” che condividono. I test
statistici tradizionali sono fortemente basati sull’assunto di indipendenza tra le
osservazioni. Se questa ipotesi risulta violata, le stime degli errori standard
prodotte dai test statistici convenzionali sono troppo piccole e, di conseguenza, i
risultati che si ottengono appaiono “impropriamente” significativi.
Al fine di gestire la non indipendenza delle osservazioni, valutare
simultaneamente variabili che “provengono” da diversi livelli della gerarchia e al
fine di stimare le componenti della varianza per i due livelli del sistema, la
persistenza in trattamento antiipertensivo è stata analizzata attraverso modelli
lineari generalizzati multilivello e attraverso modelli per l’analisi della
sopravvivenza con effetti casuali (shared frailties model).
Discussione dei risultati
I risultati di questo studio mostrano che il 19% dei trattati con antiipertensivi ha
interrotto la terapia farmacologica durante i 365 giorni di follow-up. Nei nuovi
trattati, la percentuale di interruzione terapeutica ammontava al 28%.
Le caratteristiche-paziente individuate dall’analisi multilivello indicano
come la probabilità di interrompere il trattamento sia più elevata nei soggetti che
presentano una situazione clinica generale migliore (giovane età, assenza di
trattamenti concomitanti, bassi livelli di pressione arteriosa diastolica). Questi
soggetti, oltre a non essere abituati ad assumere altre terapie croniche,
percepiscono in minor misura i potenziali benefici del trattamento antiipertensivo
e tenderanno a interrompere la terapia farmacologica alla comparsa dei primi
effetti collaterali. Il modello ha inoltre evidenziato come i nuovi trattati presentino
una più elevata probabilità di interruzione terapeutica, verosimilmente spiegata
dalla difficoltà di abituarsi all’assunzione cronica del farmaco in una fase di
assestamento della terapia in cui i principi attivi di prima scelta potrebbero non
adattarsi pienamente, in termini di tollerabilità, alle caratteristiche del paziente.
Anche la classe di farmaco di prima scelta riveste un ruolo essenziale nella
determinazione dei livelli di compliance. Il fenomeno è probabilmente legato ai
diversi profili di tollerabilità delle numerose alternative terapeutiche.
L’appropriato riconoscimento dei predittori-paziente di discontinuità (risk
profiling) e la loro valutazione globale nella pratica clinica quotidiana potrebbe
contribuire a migliorare il rapporto medico-paziente e incrementare i livelli di
compliance al trattamento.
L’analisi delle componenti della varianza ha evidenziato come il 18% della
variabilità nella persistenza in trattamento antiipertensivo sia attribuibile al livello
Medico di Medicina Generale. Controllando per le differenze demografiche e
cliniche tra gli assistiti dei diversi medici, la quota di variabilità attribuibile al
livello medico risultava pari al 13%.
La capacità empatica dei prescrittori nel comunicare ai propri pazienti
l’importanza della terapia farmacologica riveste un ruolo importante nel
determinare i livelli di compliance al trattamento. La crescente presenza, nella
formazione dei medici, di corsi di carattere psicologico finalizzati a migliorare il
rapporto medico-paziente potrebbe, inoltre, spiegare la relazione inversa,
particolarmente evidente nella sottoanalisi effettuata sui nuovi trattati, tra età del
medico e persistenza in trattamento.
La proporzione non trascurabile di variabilità spiegata dalla struttura in
gruppi degli assistiti evidenzia l’opportunità e la necessità di investire nella
formazione dei Medici di Medicina Generale con l’obiettivo di sensibilizzare ed
“educare” i medici alla motivazione ma anche al monitoraggio dei soggetti trattati,
alla sistematica valutazione in pratica clinica dei predittori-paziente di
discontinuità e a un appropriato utilizzo della classe di farmaco di prima scelta.
Limiti dello studio
Uno dei possibili limiti di questo studio risiede nella ridotta rappresentatività del
campione di medici (la partecipazione al progetto era su base volontaria) e di
pazienti (la presenza di almeno una misurazione di pressione arteriosa, dettata dai
criteri di arruolamento, potrebbe aver distorto il campione analizzato,
selezionando i pazienti che si recano dal proprio medico con maggior frequenza).
Questo potrebbe spiegare la minore incidenza di interruzioni terapeutiche rispetto
a studi condotti, nella stessa area geografica, mediante database amministrativi di
popolazione.
Conclusioni
L’analisi dei dati contenuti nei database della medicina generale ha consentito di
valutare l’impiego dei farmaci antiipertensivi nella pratica clinica e di stabilire la
necessità di porre una maggiore attenzione nella pianificazione e nell’ottenimento
dell’obiettivo che il trattamento si prefigge. Alla luce dei risultati emersi da questa
valutazione, sarebbe di grande utilità la conduzione di ulteriori studi
osservazionali volti a sostenere il progressivo miglioramento della gestione e del
trattamento dei pazienti a rischio cardiovascolare nell’ambito della medicina
generale.
Identifer | oai:union.ndltd.org:unibo.it/oai:amsdottorato.cib.unibo.it:669 |
Date | 02 April 2008 |
Creators | Di Martino, Mirko <1976> |
Contributors | Monari, Paola |
Publisher | Alma Mater Studiorum - Università di Bologna |
Source Sets | Università di Bologna |
Language | Italian |
Detected Language | Italian |
Type | Doctoral Thesis, PeerReviewed |
Format | application/pdf |
Rights | info:eu-repo/semantics/openAccess |
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