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211

Struttura e funzione del nuovo giudizio in Cassazione

Mantovani, Nicole January 2019 (has links)
Il presente lavoro esamina struttura e funzione del giudizio avanti la Suprema Corte di Cassazione: in particolare l’attenzione è rivolta all’influsso esercitato dai numerosi interventi legislativi emanati nell’ultimo decennio per tentare di porre rimedio ai problemi che ormai da lungo tempo affliggono la Corte in termini di carico di lavoro, durata del processo, persuasività ed autorevolezza della sua giurisprudenza. A questi fini, dopo una breve illustrazione circa lo scopo dell’indagine, nel primo capitolo sono analizzate, anche sotto l’aspetto statistico, le problematiche inerenti alle sopravvenienze ed alle pendenze dei ricorsi, alla durata del giudizio ed ai contrasti giurisprudenziali interni alla stessa Cassazione, per poi prendere in considerazione le diverse soluzioni prospettate recentemente dal legislatore. Nel secondo capitolo tali riforme sono esaminate con specifico riferimento alla loro incidenza sulla struttura del giudizio di legiitmità, inclusi i criteri di redazione degli atti introduttivi. Esse da un lato hanno tentato di introdurre requisiti più stringenti in ordine alla formulazione del ricorso, sia in termini di inammissibilità sia incidendo sulla deducibilità del vizio di motivazione, dall’altro hanno modificato il procedimento vero e proprio col fine di stabilire modalità più snelle di definizione dei giudizi, prima istituendo un’apposita Sezione “spoglio” caratterizzata dal rito camerale e poi estendendo quest’ultimo a tutti i processi privi di rilievo nomofilattico. Caratteristica precipua di tale disamina è un costante raffronto con la disciplina del procedimento avanti le Sezioni Penali della Cassazione, ponendo in luce il forte debito che le riforme del rito civile portano verso quest’ultima. Nel terzo capitolo l’indagine si sposta sulle funzioni attribuite dall’art.65 ord.giud. alla Corte di Cassazione, cioè l’esatta osservanza della legge e la sua uniforme interpretazione, onde comprendere se anch’esse siano state incise dalle riforme. Si evidenzia in particolare come il senso attribuito al termine “nomofilachia” si sia evoluto nel tempo e sia attualmente diverso da quello ideato in origine da Calamandrei. Analizzando le funzioni summenzionate si tenta di comprendere come possano essere interpretate oggi, a settantacinque anni dalla loro introduzione. Alla luce di ciò si evidenzia come i recenti interventi legislativi, pur optando per una nuova concezione della nomofilachia, non siano riusciti a perseguirla in modo coerente ed unitario.
212

Le nullità  degli atti processuali civili

Pelle, Lorenzo January 2015 (has links)
Il presente studio ha a oggetto il sistema giuridico che regola il fenomeno della divergenza di ogni attività processuale dall’archetipo legale di riferimento. L'argomento investe la questione pregiudiziale di metodo del processo, ne svela l’ossatura portante nel suo movimento serialmente dinamico, anticipa e prelude al problema contenutistico della fondatezza degli atti e della giusta composizione della lite. Se il processo è l’ordinamento mediante il quale lo Stato attua la concreta volontà di legge e i soggetti di diritto ricevono la tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche lese, la disciplina delle nullità non è niente di più che lo strumento col quale sindacare l’irritualità di questo fenomeno e, se possibile, ricondurlo entro i binari delle “regole del gioco”.
213

L'attuazione delle decisioni che applicano una penalità " nell'ambito dello spazio giudiziario europeo tra pubblico e privato "

Giovannini, Sonia January 2013 (has links)
Il presente studio ha per oggetto il tema dell’attuazione, per mezzo di misure coercitive, del comando giudiziale cui il contenzioso transfrontaliero e, segnatamente, quello comunitario pone capo. L’importanza che il ricorso agli strumenti di coercizione indiretta riveste nell'ottica dell'effettività della tutela giurisdizionale civile, ha costituito, in particolare, il fondamento sulla cui base sono state fissate le direttrici della ricerca. L’inquadramento del problema all’interno della cornice della cooperazione giudiziaria in materia civile, ha permesso di chiarire, innanzitutto, il ruolo che le misure coercitive sono chiamate ad assolvere sul piano del contenzioso comunitario. Vale a dire, quello di garantire la validità del principio della libera circolazione delle decisioni giudiziarie e, con esso, la piena vincolatività del comando giudiziale pronunciato in seno ad uno degli Stati membri. Precisamente, l’oggetto dell’indagine è stato circoscritto alle modalità con cui le misure coercitive, o meglio, le decisioni che le applicano, sono ammesse a circolare nell’ambito dello spazio giudiziario europeo. La questione trova un accenno di disciplina all’interno del Reg. (CE) n. 44/2001 che ad essa dedica, all’art. 49, una scarna disposizione di riferimento. Sino ad ora, il compito di chiarire - almeno in parte - il contenuto e la portata di tale disposizione è stato demandato, da parte del legislatore comunitario, alla Corte di Giustizia, la quale è intervenuta fornendo alcune indicazioni di principio. Tali indicazioni, pur essendo in sé apprezzabili, hanno tuttavia trascurato totalmente di coordinare detta disciplina con altre norme poste dal Regolamento e di considerare l’aspetto, altrettanto cruciale, dell’innesto dello strumento nel tessuto normativo interno degli Stati membri. In tale ottica, lo studio della materia è stato condotto cercando di dimostrare come quest’ultima si lasci apprezzare, pur con notevoli difficoltà interpretative, sulla base dell’applicazione dei medesimi presupposti generali che sovraintendono il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni giudiziarie nell’ambito dello spazio giudiziario europeo. L’intento cui si è cercato di dare soddisfazione nel corso dello svolgimento dell’intero lavoro risponde, invero, alla necessità di fornire una coerente sistemazione della materia nell’ambito della teorica generale del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni infra-europee
214

La fin de non-recevoir nell'esperienza del processo civile francese: storia e funzioni di un istituto

Dal Santo, Giulia January 2018 (has links)
Il presente studio è dedicato alla categoria delle fins de non-recevoir, un istituto proprio dell' ordinamento processuale francese che si pone accanto alle exceptions de procédure e alle défenses au fond e che, solo superficialmente, può essere assimilata alla categoria delle condizioni dell'azione. Ciò malgrado, nel diritto processuale civile francese regnano ancora oggi numerose incertezze attorno alla natura della fin de non-recevoir, una constatazione che potrà risultare sorprendente a proposito di un istituto apparso in Francia nel XIV secolo e che non ha più cessato, a partire da quel momento, di essere sollevato davanti a corti e tribunali. Invero, come si avrà modo di illustrare nel corso di questa dissertazione, questa incertezza ha un'anima antica che solo in parte è stata riscattata dai nuovi approdi, specie in materia di teoria dell'azione, raggiunti dalla dottrina francese nel corso del XX secolo.
215

Gli "Sprüche" su Roma e sul Papa di Freidank: introduzione, commento ed edizione di tutti i testimoni"

Bertagnolli, Davide January 2012 (has links)
Gli "Sprüche" su Roma e sul Papa sono una sezione particolare della "Bescheidenheit", l'opera didascalica costituita da sequenze di distici rimati di contenuto prevalentemente religioso e morale che nel Medioevo ebbe grande e duraturo successo. In essi, a differenza che nel resto dell'opera, in cui si raccolgono insegnamenti di validità generale spesso racchiusi in un distico, Freidank entra nello specifico della situazione romana a lui contemporanea, apparendo nel testo come istanza enunciante e presentando "Sprüche" più narrativi. In questa tesi gli "Sprüche" su Roma e sul Papa vengono considerati come una sezione dotata autonomamente di senso all'interno della "Bescheidenheit". In un primo momento vengono raccolte le informazioni riguardanti l’autore e le caratteristiche dell’opera nel suo complesso; in seguito vengono descritti tutti i testimoni che contengono gli "Sprüche" su Roma e sul Papa e vengono presentate delle tabelle che, grazie al raffronto dell’ordine degli "Sprüche", aiutano a comprendere i rapporti tra i vari testimoni. Seguono quella che è stata definita l’edizione “eclettica” di questo gruppo di "Sprüche", con l’apparato critico e le note di commento, e l’edizione diplomatica di ogni testimone.
216

I profili processuali dell'automatic stay nel diritto fallimentare statunitense

Baroncini, Valentina January 2015 (has links)
La locuzione automatic stay è oramai entrata a far parte del comune lessico dello studioso di diritto fallimentare italiano, a ragione delle più recenti riforme che, nell’ambito delle cd. procedure negoziali di composizione della crisi, hanno introdotto meccanismi volti a produrre in via automatica una protezione anticipata a favore del debitore, in evidente recezione del sunnominato istituto statunitense. Il presente studio si prefigge dunque l’obiettivo di analizzare in profondità, e per la prima volta nella letteratura giuridica italiana, l’automatic stay nel diritto fallimentare statunitense, al fine di verificare se ed entro quali confini l’odierna equiparazione possa dirsi giustificata. Lo studio procederà, dunque, dall’analisi storica dell’istituto, al fine di individuarne l’esatta scaturigine e la reale natura giuridica – la quale avrà diverse ricadute sul piano della disciplina operativa della protezione, specie con riguardo all’ipotesi di sua violazione -, per poi trascorrere alla disamina dei profili funzionali ed applicativi del medesimo, con speciale riguardo alle ripercussioni che la sua operatività esplica sul piano processuale. L’analisi condotta consentirà alfine di verificare che, a discapito dell’impressione che si possa maturare prima facie, di un meccanismo di protezione assai più rigido e garantistico rispetto a quello predisposto dall’ordinamento italiano, l’automatic stay presenti, viceversa, aspetti di flessibilità – e con essa di derogabilità alle regole del concorso -, del tutto inediti e sconosciuti nella realtà domestica.
217

Notes from the Suburb: the Image of Helsinki in the works by Kjell Westö

Bassini, Alessandro January 2012 (has links)
My doctoral thesis aims at analysing the suburbs of Helsinki as the urban space where the social, economic, cultural and linguistic transformations of the Finnish post-war society took place. Starting with the neo-marxist discourse elaborated by Marshall Berman in his essay "All that is solid melts into air", and taking into account contributions from the neo-marxist school, such as Pierre Bourdieau's, Terry Eagleton's and Rickard Graneau's, my thesis explores a selection of the works by the Finnish-Swedish writer Kjell Westö (1961), where the transformations of Helsinki during the second half of the century seem to reflect the country's opening to post-war capitalism. After a survey about Finnish modern history,my study focuses on the linguistic contraposition between the Finnish-speaking majority and the the Swedish-speaking minority as it has evolved during the Nineteenth and Twentieth century, trying to re-consider the concept of official language as a reliable means to help different communities to live side by side in the same space.
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La capacità  nel processo. Profili statici e dinamici

Pinamonti, Anna January 2013 (has links)
Il presente studio è un’indagine “a tutto tondo” sul tema della capacità processuale, che tocca tutti i suoi principali profili d’interesse: la sua definizione e il suo legame con la capacità di diritto sostanziale; la distinzione che essa opera fra soggetti “capaci” e soggetti “incapaci”; le funzioni che essa svolge all’interno del processo e il modo in cui la sua assenza o il suo difetto ne condizionano lo svolgimento; le peculiarità che presenta come thema probandum e come oggetto di decisione in mancanza di prove. L’attenzione che questi molteplici aspetti hanno ricevuto nel nostro ordinamento (sia da parte del legislatore, sia da parte degli interpreti) è piuttosto scarsa: a parte un certo interesse rivolto alla capacità come species del genus “presupposti processuali”, nonché come termine di paragone della capacità di agire di diritto sostanziale all’interno del processo, gli altri profili di rilievo appaiono, tutt’oggi, terreni inesplorati. Nell’ordinamento processuale tedesco, invece, la capacità processuale (Prozessfähigkeit) non solo è stata disciplinata in maniera più complessa e completa nel diritto positivo, ma soprattutto è stata oggetto di un ampio e approfondito dibattito dottrinale – dibattito che ha riguardato tutti i profili d’interesse del tema in questione e che, valicate le disposizioni e le ripartizioni stabilite dal diritto positivo, ha coinvolto i principi fondamentali cui l’argomento si ricollega e gli interessi che esso sottende. Il modus procedendi della presente indagine consiste nel sottoporre a un confronto i due differenti approcci (quello italiano e quello tedesco) all’istituto in esame, ripercorrendo uno dopo l’altro i diversi profili di rilievo menzionati; l’obiettivo è quello di osservare come sono risolti, in Germania, i problemi e gli interrogativi sulla capacità processuale che nel nostro ordinamento non trovano una risposta adeguata; il fine ultimo è quello di ricavarne spunti e direttive di riflessione utili all’interprete italiano per tentare di colmare le lacune che, nel nostro sistema processuale, il tema della capacità presenta.
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Uomo e Animale: identità in divenire: Incontri metamorfici in Fuglane di Tarjei Vesaas e in Gepardene di Finn Carling

Culeddu, Sara January 2011 (has links)
“Metamorphosis and identity are the two limits of human existence, incompatible with one another, but complementary in that human life exists in a movement between these two limits.” La metamorfosi è un fenomeno diffuso tanto in natura quanto nella mitologia e in letteratura: con questo termine si può infatti designare la trasformazione di piante, animali e uomini intendendone lo sviluppo attraverso cambiamenti di forma, ma anche l’attraversamento di regni di diversa natura, passando così dall’appannaggio della scienza a quello dell’immaginazione. “Avant d’être un thème littéraire, la métamorphose a été un mythe; et avant d’être un mythe, un phénomène observable dans les quatre règnes de la nature: minéral, végétal, animal et humain”. Nel presente studio il fenomeno metamorfico sarà affrontato alla luce della relazione tra uomo ed animale: la vicinanza tra i due “regni” e l’instabilità del confine ontologico tra di essi è tale da aver dato vita ad una ricchissima letteratura intorno al loro contatto e al loro possibile intreccio, che va dalle Metamorfosi ovidiane agli splendidi ibridi postmoderni di Angela Carter. La metamorfosi è il tema letterario che più di ogni altro riesce a tradurre il paradosso dell’identità nel cambiamento: esso possiede un grande potenziale sovversivo di natura politica, sociale, esistenziale. Pierre Brunel, nella sua ricerca diacronica sul mito della metamorfosi da Ovidio a Kafka , cerca infatti di spiegarne le origini e le funzioni e conclude affermando che esso traduce la domanda universale dell’uomo sul suo posto nel mondo, sul suo passato prenatale e sul suo futuro dopo la morte. È prevalentemente da un punto di vista filosofico e nelle sue implicazioni esistenziali che si cercherà di indagare il processo metamorfico tra uomo e animale nel modo in cui si manifesta nell’opera di due scrittori norvegesi del Novecento, Tarjei Vesaas e Finn Carling, e in particolare nei due rispettivi romanzi Fuglane (Gli uccelli, 1957) e Gepardene (I ghepardi, 1998). La presente riflessione prende avvio dall’indagine intorno alla portata e alla natura della presenza animale all’interno del linguaggio umano e del testo letterario, per poi aprire il discorso sulla precarietà del confine ontologico che separa uomini ed animali. Si procede dunque ad una lettura del rapporto tra i primi ed i secondi in termini di relazione oggettuale, per soffermarsi soprattutto sulle modalità in cui essa entra in crisi nel momento in cui l’uomo e l’animale incorrono in un rapporto di tipo metamorfico. La prima parte di questo lavoro si conclude, infine, con la presentazione delle proposte teoriche che Gilles Deleuze e Félix Guattari hanno costruito proprio intorno alla crisi della relazione oggettuale, ovvero teorizzando il vero e proprio sgretolamento di ogni sistema di pensiero binario, che ruotano intorno alla natura mobile, in divenire, dell’uomo e sono esposte in Mille plateaux. Un posto centrale è riservato nei Mille plateaux proprio al divenir-animale dell’uomo. Nella seconda parte di questo studio, dedicata alla presentazione di Tarjei Vesaas e Finn Carling, si è scelto di fornire le informazioni necessarie allestendo un percorso che mettesse in luce, nella loro scrittura, l’attenzione “ecologica” verso il mondo animale ma anche, e soprattutto, il loro sguardo attento sul presente, sulla trasformazione antropologica e la fragilità esistenziale dell’uomo di fine Novecento. Si passa dunque ad una presentazione della loro opera che si propone di illustrare alcune modalità di comparsa delle figure animali: il loro utilizzo, le loro funzioni, il loro rapporto con i personaggi umani. L’ultima parte del lavoro analizza infine i due romanzi Fuglane e Gepardene alla luce delle relazioni, degli inseguimenti e degli incontri tra i protagonisti umani e gli animali, incontri che si spingono fino a controversi momenti metamorfici. È possibile scrivere un racconto di metamorfosi nell’ambito di una scrittura “realista”? È possibile raccontare una metamorfosi “reale” e non prettamente metaforica? È possibile infine annoverare il fenomeno metamorfico tra le cose narrabili o si rischia di incorrere nei limiti del linguaggio? Queste alcune delle domande che il mio lavoro, lungi dal risolvere, solleva.
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La cessazione della materia del contendere: profili di diritto interno e comparato

Sassani, Francesca January 2015 (has links)
Sotto il nome di cessazione della materia del contendere è nota quella particolare tipologia di pronuncia, di origine pretoria, cui si fa ricorso quando sopravvenga, pendente il giudizio, un accadimento dotato dell’attitudine a eliminare la ragione del contrasto insorto tra le parti. Nel presente lavoro, si è inteso calare la locuzione “cessazione della materia del contendere” nel più ampio contesto relativo allo studio della problematica riconducibile al fatto sopravvenuto. La formula, infatti, non rappresenta che la sintesi della soluzione congegnata dalla giurisprudenza civile per fronteggiare simile eventualità. Tale più ampia prospettiva d’indagine ha consentito di ravvisare dinamiche e questioni comuni anche in altre branche processuali (quali il sistema processuale amministrativo e tributario) o in altri ordinamenti giuridici (in particolare l’ordinamento tedesco, austriaco e francese); ciò ha reso fecondo, e allo stesso tempo familiare, lo studio del fatto sopravvenuto al di fuori del processo civile italiano. L’analisi ha consentito di mettere in luce alcuni profili di grande rilievo: anzitutto, quanto all’ambito applicativo della formula, si è inteso operare una bipartizione fondamentale tra le ipotesi in cui il sopraggiungere del fatto determini la sopravvenuta estinzione della situazione giuridica dedotta a titolo della domanda (comportandone così la sopravvenuta infondatezza o inammissibilità) e quelle in cui l’evento non rappresenti altro che la concreta manifestazione dell’avvenuta autocomposizione della lite. L’indagine ha messo in luce come il ricorso alla formula di cessata materia del contendere sia avvenuto sulla base di esigenze diverse: ragioni di schietta giustizia per il primo gruppo di ipotesi (la giurisprudenza non reputava, semplicemente, giusto che la parte sostanzialmente vincitrice risultasse soccombente dal punto di vista processuale) e ragioni di opportunità per l’altra categoria di fattispecie (il ricorso alla formula de qua è stato suggerito dalla volontà di arginare il potere dispositivo delle parti, al fine di salvaguardare la libertà di apprezzamento e giudizio del giudice). Una volta ricostruito il perimetro applicativo si sono indagati i caratteri dell’istituto: la soluzione congegnata dalla giurisprudenza civile risulta essere completamente imperniata sul requisito dell’accordo. Più precisamente, all’incontro delle volontà delle parti viene riconosciuta una duplice valenza e una duplice sfera di efficacia: l’accordo relativo al sopraggiungere dell’evento può determinare, in alcuni casi, la sopravvenuta carenza di interesse ad agire e, in altri casi, l’estinzione radicale del processo. In quest’ultima eventualità, l’accordo va inteso quale esercizio congiunto del potere dispositivo riconosciuto alle parti, al quale la giurisprudenza ricollega la conseguenza di porre nel nulla il giudizio e la pregressa attività processuale, ad eccezione delle sentenze già passate in giudicato. In definitiva, la soluzione predisposta dalla giurisprudenza civile relativamente alla problematica del fatto sopravvenuto consiste nell’attribuire una particolare efficacia – dispositiva del processo oppure modificativa dei caratteri propri del fatto – all’accordo tra le parti, il che potrà avvenire solamente allorquando il fatto sopravvenuto possegga la qualità di elemento risolutore della controversia dedotta in giudizio. Non sempre, però, l’avvento del fatto sortisce l’effetto di acquietare le parti: può darsi che l’accordo non si formi perché il convenuto non concordi sulle conseguenze giuridiche riconducibili all’evento oppure perché l’attore ambisca a ottenere una pronuncia di merito quanto alla domanda spiegata. Il permanere del dissenso tra le parti preclude una terminazione anzitempo del processo per avvenuta cessazione della materia del contendere. Preso atto dei limiti della soluzione giurisprudenziale, ci si è soffermati sull’ipotesi di mancato accordo, analizzando l’efficacia e l’incidenza, sul processo in corso, dei diversi fatti sopravvenuti. La soluzione proposta si presenta diversificata a seconda della tipologia di fatto sopravvenuto: per le ipotesi di autocomposizione della lite si ritiene che la soluzione auspicabile sia quella in grado di preservare l’autonomia e la libertà decisionale dell’organo giudicante, mentre, per le ipotesi di sopravvenuta estinzione della situazione giuridica dedotta a titolo della domanda, la soluzione potrebbe essere nel senso di onerare l’attore di porre in essere una riduzione della propria domanda. Pertanto, qualora il fatto sopravvenuto non comporti la riappacificazione tra gli originari contendenti, oppure, semplicemente, la parte ambisca a ottenere una pronuncia di merito idonea al giudicato, si ritiene che l’attore possa adeguare la situazione processuale alla mutata realtà sostanziale mediante una riduzione della domanda al substrato di mero accertamento (proprio di tutte le tipologie di domanda giudiziale). Così facendo, la domanda – ridotta – conserverebbe la propria efficacia propulsiva, in grado di condurre il processo sino a una sentenza di merito favorevole all’attore.

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