Même si composée par un nombre réduit de membres, à peu près 20.000 personnes, pendent le XIXe siècle l’Eglise vaudoise italienne a réussi à se doter d’une grande quantité d’œuvres sociales, grâce à un réseau de relations dense et vaste avec l’Internationale protestante, en Europe et dans l’Amérique du Nord. Hôpitaux, maisons de retraites, orphelinats, écoles professionnelles, colonies de vacances et diaconats ont été les principales réalisations de cet effort social. Suivant trois axes de recherche (les liens entre église et œuvres, les rapports entre l’action sociale ecclésiastique et celui de l’Etat, le problème du financement), le travail traverse environ un siècle d’histoire religieuse et de la sécurité sociale en Italie - entre la Restauration et la législation de Crispi -, en essayant d’expliquer les étapes qui ont permis à cette petite église réformé de se transformer, d’objet de l’assistance étrangère, à un des principaux sujets italiens de services sociaux. / Despite being composed of a limited number of members (about 20000), during the XIXth century the Italian Waldensian Church succeeded in developing a great amount of social works, thanks to a network of relations with the “Protestant International” in Europe and Northern America. This social effort resulted in the development of hospitals, retirement houses, orphanages, professional schools, summer schools and monetary assistance to the poor. This thesis explores a century of Italian social and religious history – from the Restauration to the birth of national legislation on welfare in the Crispinian period – a long three axes of research (the link between church and social works, the relationship between the ecclesiastic and national social intervention, the issue of funding). Its main aim is to identify the steps that allowed this little reformed church to undergo such a significant transformation: from being the recipient of foreign assistance to being one of the key agents in Italian social assistance. / Anche se composta da un numero esiguo di membri, circa 20.000 persone, durante l’Ottocento la Chiesa valdese italiana è riuscita a dotarsi di una grande quantità di opere sociali, grazie a una fitta e ampia rete di relazioni con l’Internazionale protestante, in Europa e Nord America. Ospedali, ospizi, orfanotrofi, scuole professionali, colonie estive e borse dei poveri furono i principali risultati di questo sforzo sociale. Attraverso tre assi di ricerca (il legame tra chiesa e opere, i rapporti tra l’azione sociale ecclesiastica e quella statale, il problema del suo finanziamento), il lavoro percorre circa un secolo di storia religiosa e assistenziale in Italia - dalla Restaurazione alla nascita di una legislazione statale in materia assistenziale in epoca crispina –, cercando di mostrare le tappe che hanno permesso a questa piccola chiesa riformata di trasformarsi, da oggetto dell’assistenza straniera, a una delle principali soggetti italiani di servizi sociali.

La ricerca ha mostrato come per mezzo della riforma ospedaliera e della fondazione di un capitolo – l’organo d’autogestione dell’ospedale - il ceto decurionale milanese riuscì dopo la caduta della Repubblica Ambrosiana a perpetuare l’esistenza di una sorta di micro-repubblica (uno spazio cioè che garantiva la conservazione di un potere pluralistico). Con l’assunzione del patronato sul sontuoso edifico dell’Ospedale Maggiore il neo-duca Francesco Sforza invece, trasformò l’immagine della riforma ospedaliera in emblema del suo principato e in espressione della sua potenza. In questo senso allora il fenomeno della riforma ospedaliera - fenomeno molto precoce in Lombardia rispetto al resto dell’Europa centrale - trova a Milano una propria spiegazione nel contesto della contrapposizione politica di due autorità, che, attraverso il riferimento al concetto medievale della misericordia, si impegnavano a far trionfare un potere legittimo. Non vi sono attestazioni che permettono di inserire la riforma milanese nella tipologia dei riordinamenti sociali realizzatesi in Europa centrale negli anni venti e trenta del Cinquecento, che la moderna storiografia considera secondo i paradigmi del 'disciplinamento sociale' e della 'esclusione'. / The research has shown how, through hospital reform and the foundation of a chapter - the body for the self-government of the hospital – the local governing classes (ceto decurionale) of Milan succeeded in perpetuating the existence of a kind of micro-republic (a place where the conservation of a pluralistic proportion of power was guaranteed) after the fall of the Ambrosian Republic. On the other hand, by assuming patronage of the sumptuous building housing the Ospedale Maggiore, the new Duke, Francesco Sforza, transformed hospital reform into an emblem of his principality and a manifest sign of his power. In this sense, therefore, the phenomenon of hospital reform, which came about very early in Lombardy compared to the rest of central Europe, can be explained in terms of a political confrontation between two authorities which, using the medieval concept of misericordia as their landmark, endeavoured to make a certain legitimate seat of power committed themselves to the triumph of legitimate power. At the same time there is no evidence to warrant the Milanese reform being classified together with the type of social re-ordering carried out in central Europe in the fifteen-twenties and fifteen-thirties, which modern historical scholarship considers according to the paradigm of 'disciplinary action' and 'exclusion'.