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Das arbeitsvertragliche Konkurrenzverbot /

Neeracher, Christoph. January 2001 (has links) (PDF)
Univ., Diss.--Zürich, 2000.
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Il divieto di concorrenza nella società a responsabilità limitata / IL DIVIETO DI CONCORRENZA NELLA SOCIETA' A RESPONSABILITA' LIMITATA / The ban on competition in limited liability company

MORGESE, MIRTA 25 March 2021 (has links)
Il presente lavoro di tesi si occupa di verificare la possibile applicabilità del divieto di concorrenza, previsto a carico dei soci nelle società di persone, dall’art. 2301 c.c., e degli amministratori nelle s.p.a., dall’art. 2390 c.c., alle s.r.l., nel regime legale. Le citate norme precludono ai rispettivi destinatari, di svolgere, per conto proprio o altrui, un’attività in concorrenza con quella della società, e di partecipare come socio illimitatamente responsabile a società che ugualmente svolgono attività concorrente. L’interrogativo in questione si pone a valle della Riforma del 2003, là dove viene eliminato dalla disciplina delle s.r.l. il richiamo, prima di allora presente, all’art. 2390 c.c., creando, tra l’altro, quelle condizioni per cui l’interdizione all’attività concorrenziale per gli amministratori possa non rivelarsi più appropriata in tale tipo sociale, a causa dei maggiori diritti di voice e di controllo spettanti ai soci. Il nuovo ruolo riconosciuto al socio di s.r.l. rappresenta, per altro verso, la motivazione di una plausibile estensione del divieto di concorrenza nei suoi confronti. Entrambi i quesiti sono stati, però, affrontati tenendo presenti le alterazioni subite dal tipo, all’esito dell’entrata in vigore dell’art. 57 d.l. n. 50/2017, e dell’art. 377 del d.lgs. n. 14/2019. Infatti, sia il possibile accesso al mercato, avutosi nel 2017 per tutte le s.r.l. P.M.I., che l’ipotetica esclusione dei soci della gestione, disposta dal Codice della Crisi e dell’Insolvenza, sono in grado di influire sulla risposta che il lavoro di tesi si propone di fornire. Dall’analisi svolta è emerso, prima di tutto, come il problema della portata del divieto di concorrenza non riguardi solo le s.r.l., ma entrambe le società lucrative in cui lo stesso è imposto, là dove molteplici sono i dubbi sull’estensione soggettiva ed oggettiva dell’istituto, in conseguenza di una scarsa chiarezza sul fondamento dello stesso. È stata, pertanto, approfondita la questione della ratio della prescrizione normativa, esaminando la dottrina sul punto a partire dalle origini della sua introduzione nel nostro ordinamento, ovvero dal Codice del Commercio del 1865. In tal modo, è stato accertato come il divieto di concorrenza, sia nei confronti dei soci che degli amministratori, svolga una funzione interna, volta a favorire l’imparziale esercizio dei poteri gestori ed una funzione esterna, andando a prevenire il danno prodotto dall’utilizzo delle informazioni privilegiate di cui il destinatario del divieto è in possesso, a causa del potere di controllo di cui dispone, da parte di un’impresa in concorrenza. La trattazione si concentra, poi, sulla specifica questione relativa all’applicazione del divieto di concorrenza all’amministratore di s.r.l., in modo da comprendere se la regola in questione, possa perseguire lo scopo di cui sopra, nei confronti degli amministratori, nel tipo sociale in oggetto. Sul punto sono state, in primo luogo, scardinate le motivazioni di coloro che si oppongono ad un’applicazione analogica nelle s.r.l. dell’art. 2390 c.c., fondate essenzialmente sul diverso tenore della disciplina degli interessi degli amministratori, tra s.p.a. e s.r.l. Viene, difatti, rilevato come siffatte divergenze dipendano dalla maggiore capacità dei soci nel modello legale di s.r.l. del 2003 di influire sulla gestione, e non dalla minore pretesa d’imparzialità, richiesta all’amministratore, come altrove sostenuto. Superate queste obbiezioni si è verificato se l’art. 2390 c.c. sia oggi vincolante per gli amministratori di s.r.l., a causa del nuovo tenore letterale dell’art. 2475, comma 1° c.c. il quale affida ai soli amministratori la gestione dell’impresa, rendendo potenzialmente affine la posizione dei gestori di s.r.l. a quella degli amministratori di s.p.a., rendendo i primi soggetti allo statuto legale dei secondi. Sul punto, si è appurato come la portata della novella debba essere ridimensionata nel senso di conferire in via esclusiva agli amministratori soltanto la gestione organizzativa della società, non escludendo i soci da quella operativa. Allo stesso modo, si è rilevato come l’integrazione della disciplina delle s.r.l. con quella delle s.p.a., comprendendo anche eventualmente l’art. 2390 c.c., per le s.r.l. che abbiano la dimensione delle P.M.I., debba avvenire solo in considerazione dell’assunzione da parte della società di uno specifico assetto statutario volto all’apertura al mercato, non anche in via generale. In questa maniera si è acclarato come non possa fondarsi sull’ibridazione dei tipi l’applicazione del divieto di concorrenza agli amministratori s.r.l. A tale approdo si è, comunque, giunti constatando come nella disciplina legale del tipo non esistono altre norme in grado di perseguire la specifica funzione riconosciuta al divieto di concorrenza a carico degli amministratori, sicché l’applicazione analogica dell’art. 2390 c.c. risulta ampiamente giustificata. Si affronta, infine, la delicata questione dell’applicazione del divieto di concorrenza a carico del socio di s.r.l. Ciò che si è verificato è se il complesso dei diritti e poteri riconosciuti al socio siano di intensità tale da generare quegli stessi presupposti per cui il legislatore ha posto la prescrizione a carico dei membri della compagine sociale di società di persone. Una volta risolto positivamente questo interrogativo, viene verificato se nel tessuto normativo della s.r.l. esistano altre norme volte a tutelare la società da un esercizio conflittuale dei diritti di voice e di controllo spettanti ai soci, come l’art. 2479-ter, comma 3° c.c., assenti, invece, nella disciplina delle società personali. Sul punto il lavoro dimostra come la funzione di prevenire negative interferenze nella gestione e di evitare alla società un danno da concorrenza differenziale, di cui agli artt. 2301 e 290 c.c., non sia assolta da alcuna regola della disciplina legale delle s.r.l. e come, quindi, anche per i soci debba valere una simile limitazione all’autonomia privata. Viene, poi, affrontato il profilo della estensione del divieto di concorrenza a tutti i soci o solo a quelli titolari di un’aliquota di capitale sociale tale da consentire l’esercizio dei poteri di cui all’art. 2479, comma 1° c.c., concludendo sulla necessità, anche in base ad una serie di indici sistematici di imporre il divieto a tutti i soci. Questa conclusione, peraltro, non genera conseguenza negative sul piano dell’appetibilità di questo modello societario, a causa delle limitazioni all’autonomia privata scaturenti dalla partecipazione allo stesso, data l’ampia possibilità per i soci di derogarvi. La tesi si conclude verificando, infine, in che termini lo statuto possa, menomando i diritti di voice e di controllo del socio, influire indirettamente sul suo assoggettamento al divieto di concorrenza. / This research aims at investigating whether ban on competition set by the Italian legal system with regards to members of partnerships (società di persone: art. 2301 Italian Civil Code) and directors of public companies (società per azioni: art. 2390 Italian Civil Code) can be applied to members and directors of limited liability companies (società a responsabilità limitata). The mentioned legal provisions command to said subjects an absolute preclusion to exercise – both on their or a third party’s behalf – activities that would result in a competitive behaviour vis-à-vis the entity they represent; and to acquire a non-limited participation in competing entities. The research question is grounded on the 2003 Reform that eliminated a referral to art. 2390 from the statutes of limited liability companies – the new statutes provide greater voice and control rights for members of such companies, thus rendering non-compete prohibitions inadequate. The new role that is played by LLCs members, on the contrary, justifies an interpretation that makes non-compete statutes applicable to them. LLCs have undergone a continuous reform process (see art. 57 d.l. n. 50/2017 and art. 377 d.lgs. n. 14/2019) that have opened them up to on-the-market financing, and the new Insolvency Code permits an exclusion of LLCs’ members from the management – these trends obviously have an impact on the answers to the research question. The research shows that the issue at stake concerns both LLCs and PLCs – unclear are both the subjective and objective requisites for the application of non-compete statutes, given that unclear are the rationales behind it. The research investigated such rationales, by means of a literature review since the Codice di Commercio dated 1865. The outcome showed how non-compete statutes play both an internal and external role – the former favours an unbiased exercise of directors’ powers while the latter prevents damages that might arise from the abuse of privileged information obtained through the exercise of control powers within a competing entity. The discussion then moves on to the application of non-compete statutes to LLCs’ directors, so to understand whether the aims of the provision can be achieved with respect to said companies. First of all, the research shows how the arguments brought forward by those who oppose an analogical interpretation of PLC’s statutes to LLCs are weak because limited to the consideration that highlights the differences in legal regimes on directors’ conflicts of interests in the two legal models. Indeed, such differences are not grounded on a lesser request of impartiality in their mandate but, rather, on a stronger set of control rights that LLCs’ members enjoy vis-à-vis PLCs’ ones. Having overcome such arguments, the research investigated whether art. 2390 is still applicable to LLCs’ directors, given the new wording of art. 2475 that assigns the management of the corporation to directors only, thus assimilating PLCs’ directors to LLCs’ ones, thus subjecting the latter to the statutes of the former. A distinction was made between organizational and operational direction, arguing that only the former is reserved to directors, while the latter can be exercised by members as well. Likewise, the research showed how such an analogical integration of the legal provisions set for LLCs can be operated only when companies adopt bylaws that allow them to resort to on-the-market financing, even if just sporadically. This outcome helped in showing that the adoption of a legal regime that resembles the one in which non-compete statutes are present cannot alone ground the analogical application of such provisions to the other legal regime. Such an outcome was actually grounded on the observation that no other provisions that protects non-competition interests are present in the statutes of Italian LLCs – this would result in a normative void that legal operators must fill resorting to analogy. Lastly, the research concludes by investigating the application of non-compete statutes to LLCs’ members. The analysis examined the rights and powers enjoyed by LLCs’ members so to understand whether their scope is so broad to (i) assimilate them to partnerships’ members and thus (ii) justify the application of non-compete provisions to them. Given that the scope of such rights and powers does in fact justify a reaction of the legal system, the research continued in the analysis of the current legal system so to verify whether other legal provisions protect LLCs from a conflicting exercise of voice and control rights members enjoy; something absent in the statutes regulating partnerships. The outcome of this prong of research concluded by stating that no other provision shields LLCs from negative interferences in the management of the company, therefore having no rule in place that prevents damages from anticompetitive behaviour to occur. Concluding, the research continued in understanding whether such non-compete statutes are applicable to every member of an LLC or rather only to those who have a take that habilitates them to the exercise of the rights provided for by art. 2479 co. 1 c.c.: The point made is that the statutes should apply to every member. Such a conclusion has no impact on the preferability of LLCs vis-à-vis PLCs given that private autonomy can decide to opt out from the default system. A brief investigation on how bylaws can interfere on the application of non-compete statutes to LLCs members by altering their voice and control rights.
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IL PRINCIPIO DI CONCORRENZA FRA DIRITTO DEL LAVORO, DIRITTI SOCIALI E ORDINI PROFESSIONALI

NATALI, LUCA CHRISTIAN 24 February 2012 (has links)
La presente tesi tratta il principio di concorrenza fra diritto del lavoro, diritti sociali e ordini professionali. E' un elaborato multidisciplinare comportando l’analisi di istituti, norme e principi non solo giuslavoristici, ma anche propri del diritto privato generale e del diritto antritrust / This thesis deals with the principle of competition between labor law, social rights and professional associations. it is an elaborate multi-disciplinary analysis of the leading institutions, rules and principles not only labor law but also of their private law and general law antritrust
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OBBLIGO DI FEDELTA’ DEL PRESTATORE DI LAVORO. IL PATTO DI NON CONCORRENZA. MODELLI ORGANIZZATIVI, SVILUPPO DEL CAPITALE UMANO E POLITICHE DI FIDELIZZAZIONE DEL PERSONALE

ANTONELLI, SERGIO 11 May 2010 (has links)
Obbligo di fedeltà del prestatore di lavoro - Il patto di non concorrenza - Modelli organizzativi - Sviluppo del capitale umano e politiche di fidelizzazione del personale / Duty of loyalty - Covenant not to compete - Post termination of employment - Employment retention schemes
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Das vertragliche Konkurrenzverbot : Voraussetzungen, Wirkungen, Schranken /

Cotti, Lukas. January 2001 (has links) (PDF)
Univ., Diss.--Fribourg, 2001. / Zsfassung in dt. und franz. Sprache.
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Wettbewerbliche Organisation von Elektrizitätsmärkten : ein Szenario für die Schweiz /

Egger, Marcel. January 1900 (has links)
Diss. Zürich, 1997. / Zugl. Diss. Univ. Zürich, 1997. Literaturverz.: S. 185-201.
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Le théâtre polémique ou comment faire l'histoire sur la scène : la concurrence entre Comédie Française, Comédie Italienne et Théâtres de la Foire et ses effets sur la vie théâtrale pendant la première moitié du XVIIIe siècle / Polemical theatre, or how to make history on the stage : the competition between the Comédie Française, the Comédie Italienne and the Théâtres de la Foire and its impacts on the theatre during the 18th Century / Il teatro polemico, o come fare la storia sulla scena : La concorrenza tra Comédie Française, Comédie Italienne e Théâtres de la Foire e i suoi effetti sulla vita teatrale durante la prima metà del XVIIIe secolo

Lepore, Ilaria 18 December 2017 (has links)
Par le terme « théâtre polémique » on désigne la production dramatique telle qu’elle s’est structurée au cours de la première moitié du XVIIIe siècle dans le cadre du contexte politico-économique de concurrence, dans lequel se trouvent à opérer les trois théâtres parisiens, la Comédie Française, la Comédie Italienne et les Théâtres de la Foire. La pièce polémique se caractérise par la mise en œuvre d’un dispositif allégorique, fondé sur la tension dynamique entre procédé de fictionnalisation et renvoi à la référentialité. Elle appartient à la catégorie de la littérature de circonstance ou d’actualité, et elle peut s’inscrire dans l’univers des « pratiques transtextuelles ». L’auteur polémiste prend la parole, ou la plume, en réaction à un événement défavorable (une interdiction, une défense, une censure, etc.), et contre son adversaire; cet événement, qui se situe dans ce que l’on peut appeler le « hors-texte », est élaboré au moyen d’une fiction ; par cette fiction, l’auteur essaye de modifier le cours de l’histoire, d’inverser le rapport de forces, d’agir finalement sur le spectateur en gagnant son soutien. La place que le spectateur occupe dans la polémique détermine le passage d’une histoire en forme anecdotique, et donc marginale, vers une histoire qui touche un espace publique. On dira que bien loin d’« historiser le théâtre », le théâtre polémique « théâtralise l’histoire ». L'objectif de cette étude est de déterminer, dans la dialectique polémique, une des causes de l'affaiblissement du système des privilèges et de son corollaire esthétique, c’est-à-dire le principe de hiérarchisation et différenciation des genres dramaturgiques. / The term «polemical theatre» indicates the dramaturgical production which developed during the first part of the 18th Century, within the specific political-economic competitive framework that involved the three most active theatres in Paris at that time: the «Comédie Française», the «Comédie Italienne» and the «Théâtres de la Foire». The «polemical text» relies on an «allegorical device», which is based on the dynamical interaction between the fictionalisation and the relation to the referent. It belongs to the domain of the «littérature de circonstance» or «littérature d’actualité», and it can be considered a «trans-textual practice». The polemical author speaks or writes in reaction to an unfortunate event (interdiction, censorship, etc.), and to oppose a rival writer. This event, occurring outside of the text, becomes the subject of a theatrical fiction through which the author tries to modify the history path, to reverse the force relationships and to act on the audience in order to gain its consent. The role that the audience plays in the polemical comparison, makes the plot evolving from an anecdotal (and thus marginal) story to a public interesting one. So we could say that, far from «historicizing theatre», the polemical theatre does «dramatize History». In conclusion, my work aims at looking on polemical dialectics as one cause of the weakening of a system based on privileges, whose esthetical corollary is the precept of hierarchization and separation of the theatre genres. / Con il termine «teatro polemico» si designa la produzione drammaturgica che si sviluppa nella prima metà del XVIII secolo all’interno di uno specifico contesto politico-economico di concorrenza tra i tre teatri operanti a Parigi, la Comédie Française, la Comédie Italienne e i Teatri de la Foire. Il testo polemico si caratterizza per la messa in atto di un dispositivo allegorico, basato sulla tensione dinamica tra elementi finzionali e elementi referenziali. Esso appartiene, inoltre, alla categoria della letteratura di circostanza, o di attualità, e s’inscrive all’ambito delle “pratiche transtestuali”. L’autore polemico reagisce in reazione a un avvenimento sfavorevole (un’interdizione, una censura etc.), e contro un avversario; tale avvenimento, che si situa in una dimensione extra-testuale, costituisce la materia della finzione teatrale attraverso la quale l’autore cerca di modificare il corso della storia, di invertire il rapporto di forza, di agire infine sullo spettatore per guadagnare il suo consenso. Il ruolo che lo spettatore occupa nel confronto polemico determina il passaggio da una storia in forma aneddotica, et dunque marginale, a una storia di “interesse pubblico”, in cui si mobilitano strategie persuasive, attraverso l’individuazione dei portavoce legittimati a reclamare et gestire la controversia. Si può dire, infine, che invece che “storicizzare il teatro”, il teatro polemico, “teatralizza la storia”. L’obiettivo del nostro studio è di individuare nella dialettica polemica una delle cause dell’indebolimento del sistema dei privilegi e del suo corollario estetico, quello del principio di gerarchizzazione e differenziazione dei generi teatrali.
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LAVORO AUTONOMO E INTERESSI COLLETTIVI: RAPPRESENTANZA, ORGANIZZAZIONE E AZIONE SINDACALE DI TUTELA / Self-Employment and Collective Interests: Representation, Organization and Trade Union Action

FERRARIO, SUSANNA 18 February 2008 (has links)
La ricerca prende avvio dalla ricostruzione dei processi socio-economici che hanno portato alla crisi del modo di produzione taylorista-fordista. Muovendo da tali riflessioni, si constata come le imprese “post-fordiste” si avvalgano in misura crescente di lavoratori autonomi, un tempo coordinati e continuativi e, oggi, a progetto (artt. 61 e ss., d.lgs. 276/2003). Tali collaboratori sono, dunque, soggetti ad un potere (contrattuale) di coordinamento del committente che, alle volte, si somma ad una condizione di dipendenza economica dal committente medesimo. Si crea, quindi, una differenziazione interna all'area dell'autonomia coordinata che non pare adeguatamente valorizzata dal legislatore ordinario, ma che sembra interessare i sindacati. Il dato reale vede, infatti, agire rappresentanze varie, sicché occorre circoscrivere l'ambito di applicabilità degli artt. 39 e 40 Cost. L'assenza di un genuino interesse collettivo e di un'effettiva attività di autotutela inducono a ritenere che i collaboratori “forti” e il relativo associazionismo possano beneficiare delle sole tutele poste dagli artt. 2, 18 e 41 Cost. A conclusione si affrontano le problematiche che la ricostruzione così svolta solleva, ovverosia come garantire l'effettività delle tutele riconosciute al sindacalismo dei collaboratori “deboli” e come contemperare l'associazionismo dei collaboratori “forti” con il diritto antitrust comunitario. / The search starts with the reconstruction of socio-economic processes. Moving from these reflections, it's possible to see that today's companies take advantage of increasingly self-employed coordinated and continuous and, after d.lgs. 276/2003 “lavoratori a progetto”. These employees are, therefore, subject to a power (contractual) coordination of the customer that, at times, it adds up to a state of economic dependence by the same. It then creates an internal differentiation into autonomy area that does not seem properly valued by the ordinary legislator, but that seems to involve trade unions. Given that in reality there are different representations, we move to circumscribe the scope of applicability of the Arts. 39 and 40 Const. The absence of a genuine interest and genuine self activities suggest that employees "strong" and its associations can only benefit from the protections posed by Arts. 2, 18 and 41 Const. At the end tackling the problems so that the reconstruction turn raises, namely how to ensure the effectiveness of the safeguards recognized unionism collaborators "weak" and reconcile the associations of employees "strong" with the antitrust law.

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