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Il discorso straviato: Stefano D'Arrigo e il romanzo del NovecentoBiagi, Daria January 2013 (has links)
La tesi nasce come indagine intorno allo scrittore siciliano Stefano D'Arrigo e alla sua opera principale, il romanzo "Horcynus Orca" (1975). Situandosi nel punto di intersezione tra diverse linee chiave del Novecento – dalla riflessione sulle possibilità comunicative della lingua fino al problema della rielaborazione del trauma bellico – l'opera darrighiana connette strettamente il contesto italiano a quello sovranazionale: nonostante "Horcynus Orca" sia stato più volte associato alle grandi narrazioni novecentesche e ai nomi di autori come Joyce o Proust, tuttavia, raramente è stato analizzato nei suoi effettivi legami con il panorama letterario internazionale. La ricerca riconsidera dunque le caratteristiche dell'opera seguendo un percorso che, in linea con le esperienze biografico-letterarie dell'autore, inizia con Hölderlin (il «poeta ingrato», oggetto della tesi di laurea di D'Arrigo nel 1942), passa per i modernisti americani (Melville e Faulkner soprattutto, autori di riferimento per i romanzieri del dopoguerra italiano) e giunge fino a Gogol' (da cui D'Arrigo trae il suo primo romanzo, "Il venditore di anime morte", rimasto inedito). L'analisi mantiene una stretta correlazione tra il piano delle scelte stilistiche e quello dello sviluppo narrativo delle opere, ponendo al centro la domanda intorno alle possibilità di significazione della parola letteraria e alla sua legittimità. D'Arrigo rientra nel novero degli scrittori contemporanei che avvertono, per la prima volta, il senso dell'inadeguatezza del loro strumento, la lingua, e praticano la letteratura in un contesto di sfiducia ignoto ai loro predecessori: la figura di Hölderlin mostra come questa riflessione derivi dall'attraversamento della tradizione europea più che dall'influenza del coevo romanzo sperimentale, rispetto al quale D'Arrigo aveva sempre dichiarato la propria estraneità. Se il romanzo “straviato” – aggettivo che D'Arrigo mutua dai racconti di Raffaello Brignetti – nasce dall'esperienza di una crisi, non è con la provocatorietà delle avanguardie né con il silenzio attonito della “letteratura dell'incomunicabilità” che D'Arrigo intende reagirvi. L'influenza del romanzo epico-popolare, segnalata dalla presenza di Gogol', mostra di avere un peso significativo nell'indirizzare la poetica darrighiana verso una visione della letteratura che abbandona il desiderio di risalire alla parola intatta del passato e si serve degli effetti babelici della lingua come di una risorsa narrativa. L'opera di D'Arrigo può dunque essere considerata un esempio di questa diversa risposta alla crisi della parola letteraria, una risposta più tarda, che matura nel romanzo del pieno Novecento e contrariamente alla sua fama di “mostruosità” trae linfa dal sostegno della tradizione.
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La trasgressione fantastica: infrazioni logiche e abissi di senso nella narrativa fantastica da Kafka a CortázarZeppegno, Giuliana January 2009 (has links)
La tesi propone una disamina comparatistica e multifocale della narrativa fantastica novecentesca, allo scopo di rintracciare gli inneschi e i dispositivi di quella trasgressività semantica e logica nella quale si è individuato uno degli aspetti più significativi del fantastico contemporaneo, nella persuasione che a scatenarne e orientarne il processo siano, a diverse latitudini e in corrispondenza di congiunture storico-politiche eterogenee, meccanismi strutturalmente simili. Un viaggio esplorativo attraverso le diverse forme del fantastico contemporaneo ha permesso di individuare con una certa precisione la trasgressione fantastica, collocandola nel punto di intersezione tra determinate caratteristiche tematiche, mondo-finzionali, formali.
In modo particolare, si sono rivelate determinanti per la sua definizione: 1) una certa novità tematica dell’immagine fantastica contemporanea, intraducibile alla luce delle enciclopedie dominanti e non riconducibile ai codici di riferimento validi per la narrativa fantastica tradizionale; 2) la contraddittorietà interna al mondo finzionale istituito dal testo, per rendere conto del quale la semantica a mondi possibili si rivela, ancorché ricca di spunti nelle sue linee generali, fondamentalmente insufficiente, e la salvaguardia della sua consistenza e referenzialità , in assenza della quale la trasgressione manca di un oggetto contro cui dirigere i propri assalti; 3) un esteso ricorso del testo alla narrazione reticente, declinata nelle diverse, possibili forme i. della reticenza esplicativa (silenzio sulle cause contingenti), ii. della reticenza relativa alla fabula (con conseguente produzione di fabule aperte), iii. della reticenza semantica (silenzio sul significato complessivo, simbolico o allegorico del racconto).
L’analisi incrociata della narrativa breve di diversi autori (Kafka, Borges, Ocampo, Bombal, Merino, Dürrenmatt, ma soprattutto Julio Cortázar e, quale controparte attestata spesso su posizioni opposte, più raramente portatrice di un’analoga trasgressività , Dino Buzzati) ha permesso di constatare come il concorso dei fattori elencati tenda alla produzione di immagini radicamente negative, refrattarie alla significazione tanto per l’intrinseca vuotezza semantica (si tratta appunto di immagini aberranti, nuove, per parafrasare le quali mancano codici di riferimento adeguati) quanto per il carattere di assoluta eccezione di cui godono all’interno del mondo finzionale che le alberga. Si è quindi osservato come tali immagini, oscure per ragioni sia tematiche che prettamente formali (impiego esteso e drastico della reticenza), convergano in diversi punti con la nozione benjaminiana di allegoria vuota, con la quale condividono l’amplissima, se pure non infinita, apertura semantica e lo sguardo critico-negativo che per suo tramite il testo rivolge alla realtà esterna.
Interrogandosi infine sulla natura specifica della trasgressione fantastica, la si è potuta rintracciare nell’attacco ai principi cardine della logica aristotelica, esaminato mediante il proficuo accostamento della nozione di logica simmetrica proposta da Ignacio Matte Blanco ai dispositivi logicamente paradossali in atto nei testi, riuscendo a individuare in questo modo, nella precipua combinazione tra trasgressione logica e trasgressione semantica realizzata da numerosi racconti contemporanei − e in modo assolutamente paradigmatico dalla narrativa breve di Julio Cortázar − la versione più acuta e dirompente della trasgressione che anima l’avanguardia novecentesca del genere.
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Los caminos ecfrásticos de la palabra al borde de la visión: Valente, Durero y el «ovillo negro» de Interior con figurasParedes Bertagnolli, Elsa Maria January 2015 (has links)
Este trabajo analiza el territorio ecfrástico de la primera sección del poemario “Interior con figuras” de José Ángel Valente y la necesidad de su palabra de conquistar, sobre todo a través de un diálogo visceral con la pintura y el arte, un espacio interior de autoconocimiento cada vez más profundo. En particular, examina las imágenes y la simbología del oscuro poema “Una antigua representación” dedicado a la famosa obra “El caballero, la muerte y el diablo” de Durero. La larga historia generada por este grabado empieza en el siglo XVI y se transforma con el pasar del tiempo, de las distintas lecturas, de las reescrituras literarias y de las ideologías hasta alcanzar sus interpretaciones más extremas en los eslóganes propagandísticos del Tercer Reich: ¿por qué encuentra su lugar también en la poesía de Valente y bajo qué perspectiva es insertada? ¿Remite el poema a alguna tradición o a otras versiones literarias precedentes? ¿Por qué sus imágenes parecen imprescindibles para el descenso del poeta en el interior de su palabra? Como demuestran las fechas de composición de los poemas de “Interior con figuras”, para llegar a concebir “Territorio”, poema programático del entero poemario, Valente necesitó primero contemplar los objetos-talismanes de las pinturas de Luis Fernández, la material memoria de Antoni Tàpies, los sueños de Odilon Redon, el enigma de la mirada del ángel de la “Melancolía I” y los símbolos de esa “antigua representación” que encontró rescatada eternamente por un grabado de Durero, “El caballero, la muerte y el diablo”. Sólo entonces se abrió la visión consciente del territorio interior de su palabra: otredad, figuras solas y materia fracturada.
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Gli interlocutori di Socrate nei Dialoghi di PlatoneDi Stefano, Martina January 2018 (has links)
Questa tesi ha come obiettivo quello di definire il ruolo intratestuale degli interlocutori di Socrate in sei dialoghi di Platone: Alcibiade maggiore, Carmide, Teeteto, Gorgia, Repubblica (libri I, II e V), Filebo. Le ragioni di interesse per questo argomento sono almeno due. Alcuni di questi personaggi individuano gli antagonisti di Socrate e rappresentano sfide per la riflessione platonica. In questo senso la loro presenza risulta importante per osservare in che modo i Dialoghi siano più la messa in scena di un metodo e di un diverso atteggiamento verso il sapere che l’esposizione di una dottrina, permettendo così di definire e contrario la φιλοσοφία. Ad essi è dedicato il primo capitolo (Il sapere ricevuto: gli interlocutori secondo l’Apologia), usando come traccia la lista che Socrate fa nell’Apologia. Prima di intraprendere l’analisi dei personaggi è stato però necessario definire che cosa si intenda per interlocutore (Che cos’è un interlocutore socratico?). L’interazione o la presenza nei Dialoghi presenta molte sfumature, ma la definizione dei tratti che caratterizzano un interlocutore, in positivo e in negativo, sarà alla base della successiva lettura dei testi. Sulla base della caratterizzazione e della loro interazione dialogica si analizzeranno alcuni personaggi del corpus (La rifondazione platonica del sapere: il ruolo degli interlocutori). Le osservazioni sulla lista dell’Apologia e la disamina terminologica consentiranno di analizzare i dialoghi con una griglia interpretativa il più possibile ricavata dai testi. Si potrà perciò notare che sia gli interlocutori “impossibili” che i personaggi con i quali Socrate può costruire positivamente alcune tesi possiedono caratteristiche caratteriali e sociali ben precise. Infine, si analizzeranno alcuni fenomeni discorsivi che ostacolano il dialogo: se in questo modo Platone vuole mostrare l’impossibilità di «tessere un discorso comune in mancanza di un mondo di valori condiviso» (Fussi), è anche forse perché riconosce che la persuasione filosofica si esercita al di fuori della finzione dialogica.
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Alessandro Manzoni e la cultura anglosassone / Alessandro Manzoni and the English-speaking cultureCROSTA, ALICE 05 March 2012 (has links)
La presente tesi di dottorato è il primo studio complessivo sui rapporti di Alessandro Manzoni con la cultura anglosassone, considerati nelle due direzioni: da una parte, le possibili influenze della letteratura inglese sulle sue opere, dall’altra la fortuna dell’autore in Gran Bretagna e negli Stati Uniti nell’Ottocento. Manzoni, infatti, non fu complessivamente incompreso o ignorato nei paesi anglosassoni, come ritenevano alcuni studiosi. Al contrario: personaggi importanti del mondo letterario e culturale apprezzavano e citavano le sue opere, e le numerose traduzioni, recensioni, antologie e libri sull’Italia testimoniano che questo autore era noto tra il pubblico colto. Tra gli episodi più importanti della fortuna di Manzoni nell’Inghilterra vittoriana si possono ricordare: due recensioni di Mary Shelley, influenzata dalla prospettiva risorgimentale (che era in realtà ambivalente verso Manzoni); e un romanzo della scrittrice Charlotte Yonge, legata al movimento di Oxford, che apprezzava particolarmente "I promessi sposi" per i valori cristiani. Negli Stati Uniti, i pregi del romanzo erano riconosciuti da intellettuali attenti alla cultura italiana contemporanea, come Emerson e Margaret Fuller. / This dissertation is the first overall study on Alessandro Manzoni’s relationship with the English-speaking world, considered along both lines: possible influences from English literature on Manzoni’s works, and Manzoni’s reception in Great Britain and the United States in the XIXth century. Manzoni was not ignored or misunderstood in those countries, as some critics believed. On the contrary, distinguished men and women from the literary and cultural world read, liked and quoted his works. Indeed, the great number of translations, reviews, anthologies and books on Italy dealing with Manzoni testifies that the Italian author was well-known among the educated reading public. Two important episodes of Manzoni’s reception in Victorian England can be mentioned: two reviews by Mary Shelley, who was influenced by the issues of the Italian Risorgimento (not totally sympathetic with Manzoni); a novel by Charlotte Yonge, the novelist of the Oxford movement, who admired Manzoni’s "Promessi sposi" for its Christian values. In the United States, the merits of Manzoni’s work were acknowledged by Emerson and Margaret Fuller, who showed interest and consideration for the contemporary Italian culture.
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Prosa, mondo e verità in Alessandro Manzoni: rilievi retoriciBATTAGLINI, RAFFAELLA 15 April 2013 (has links)
Il lavoro nasce come prosecuzione del saggio del Professor Langella "Manzoni poeta teologo". Consta di tre parti: una iniziale rassegna critica fa quasi da pretesto per trovare assetto e convergenza metodologica. Il secondo capitolo ripercorre due grandi questioni biografiche manzoniane (conversione e giansenismo). Il terzo capitolo, eminentemente stilistico, contiene anche una riflessione sul valore della similitudine in Manzoni. Schedate in appendice tutte le similitudini del "Fermo e Lucia" e dei "Promessi Sposi". / Dr. Raffaella’s Battaglini’s work was born as an ideal completion of Professor Langella's essay "Manzoni poeta teologo".
The present essay is evidently threefold: the critical review at the beginning functions almost as a way - we might even say a pretext – to find the right methodological approach for the entire work.
The biographical overview is focused on the knots of Manzoni’s conversion on one hand, and of his Jansenism on the other. A sort of status quaestionis of Manzoni’s Jansenism is presented in the Second Chapter.
The final stylistic analysis – which was initially supposed to appear at the beginning of the essay – has undoubtedly great qualities and reveals Dr. Raffaella Battaglini’s talent.
The monographic study of the simile summarizes and revives many of the remarks (Trompeo, Petrocchi, Cerisola, Raimondi can be quoted among others) that the critical corpus about Manzoni has often pointed out but not always fully developped.
The approach to the text is easy without being ingenuous, the remarks are always thoughtful, the prose is fluent and lively.
The final appendix about simile, patiently composed, happily fulfills a literary whole contemplari et aliis contemplata tradere.
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Déclinaisons de la nostalgie dans la poésie européenne de la deuxième moitié du 20e siècleMasi, Jacopo <1978> 07 June 2010 (has links)
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L'interface etre humain/technologie dans la Litterature Europeenne des Annees 60 a aujord'huiFenga, Valentina <1978> 07 June 2010 (has links)
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GIULIO CESARE, "SPECCHIO" DELLA CRISI? SULLA FORTUNA DEL JULIUS CAESAR DI SHAKESPEARE NEL TEATRO ITALIANO DAL 1949 A OGGI / Caesar "mirror" of the crisis? A History of Shakespeare's Julius Caesar in Italian Contemporary TheatreCOLOMBO, PIA VITTORIA 23 March 2015 (has links)
Rispetto agli altri studi sulla ricezione dell’opera drammatica di Shakespeare, questa tesi sulla fortuna del Julius Caesar nel teatro italiano dal 1949 al 2012 si spende innanzitutto per promuovere una rivalutazione, in senso positivo, dell’apporto degli adattamenti drammaturgici alla conoscenza del Bardo inglese in Italia. Avvalendosi di documentazione a stampa e archivistica coeva, nonché di interviste agli artisti del nostro teatro contemporaneo, lo studio ha verificato come nel realizzare le proprie messinscene del Julius Cesar i registi e gli attori che nel passato recente vi si sono cimentati abbiano perseguito tanto la ricostruzione filologica del dettato shakespeariano originale, quanto la propria ricerca stilistica personale, spesso e volentieri avvalendosi della collaborazione con eminenti esperti, al fine di presentare al pubblico allestimenti sempre esteticamente e filologicamente rigorosi, oltre che pertinenti e significativi. Pertanto, interrogandosi in generale sulle sfide e i compromessi insiti nella prassi ermeneutica, in definitiva questa ricerca sull’interpretazione del Julius Caesar nella scena italiana contemporanea tenta altresì di “demistificare” entrambe le mitologie shakespeariana e cesarea al fine di auspicare nuove pratiche di indagine drammaturgica e registica che permettano al nostro teatro di superare la crisi che attualmente attraversa. Ricostruendo i caratteri dei quindici allestimenti contemplati dal nostro studio, infatti, si è cercato di trarre dalla storia del nostro teatro e dei nostri studi shakespeariani degli utili spunti che possano infondere nuova linfa vitale alla dialettica tra la ricerca accademica e quella teatrale. / This dissertation on the reception of William Shakespeare’s Julius Caesar in Italian theatre from 1949 to 2012 calls for a positive consideration of theatrical adaptation practices, which only recently have been appropriately valued in Italian critical discourse on Shakespeare’s staging desiderata. Based on thorough archival research and interviews with contemporary theatre directors and actors, it also questions how much, and with what results, Italian theatre and academia have cooperated in the last seventy years so as to offer to the Italian audience "compromise stagings" of the Bard’s Roman tragedy that pursue both philology and innovation in theatrical work. While focusing on the history of Shakespeare’s Julius Caesar hermeneutic practice, this research may also be read as an investigation into the myths surrounding both the historical figure of Julius Caesar and that of Shakespeare. This is achieved through an historical reconstruction of different critical approaches to textual analysis in the study of both subjects, which indirectly yet daringly tackles the question of why Italian theatre practitioners prefer Shakespeare’s plays to new dramaturgy in Italian. Through the study of a set of 15 Julius Caesar Italian productions, I thus aim to assess the “liveliness” of Italian theatre and present solution to its current “crisis” by learning from the past and suggesting new ways for active cooperation between theatre and academia.
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Per uno studio del Melkij bes di Fedor Sologub / Towards a study of Fedor Sologub's The Petty DemonFAVA, MONICA 12 March 2013 (has links)
La tesi propone la vicenda umana e letteraria di Fedor Sologub (1863-1927) con un’analisi dell’opera fondamentale dello scrittore, il romanzo Melkij bes (Il demone meschino), scritto tra il 1892-1902. Si ripercorrono la storia della pubblicazione, i giudizi dei contemporanei, si pongono le basi per una definizione del romanzo. Per l’analisi sono stati scelti alcuni tra i temi principali dell’opera che Sologub interpreta secondo la propria visione del mondo e sviluppa in un costante dialogo con la letteratura russa del passato (in particolare Puškin, Gogol’, Dostoevskij, Čechov). Si esamina il tema del demoniaco, a partire dal titolo Melkij bes e dalla creatura maligna chiamata Nedotykomka; si analizzano poi la figura del “piccolo uomo” e il tema della follia. Una sezione è dedicata anche alla figura di A.S. Puškin così come presentato dal protagonista del romanzo Peredonov, ma anche dallo stesso Sologub attraverso alcuni scritti degli stessi anni o successivi. Un ultimo sguardo va al ruolo dell’intreccio parallelo alla vicenda di Peredonov, la storia di Ljudmila e Saša, che propone soltanto in apparenza un mondo alternativo alla peredonovščina. L’ultimo capitolo è dedicato alla fortuna critica del Melkij bes in Russia e all’estero, con un approfondimento sulle prime traduzioni italiane del romanzo. / The dissertation focuses on the human and literary journey of Fedor Sologub (1863-1927), and particularly on the writer’s masterpiece, the novel Melkiy bes (The Petty Demon), written between 1892 and 1902. This work traces the story of the publication, the reactions of Sologub's contemporaries, and lays the basis for a definition of the novel. It analyzes some of the main themes of Melkiy bes, that Sologub interprets according to his own vision of the world, and develops in a constant dialogue with the Russian literature of the past (especially Pushkin, Gogol, Dostoevsky, Chekhov). It examines the theme of the devil, starting from the title Melkiy bes and the evil creature called Nedotykomka; then it analyzes the figure of the "little man" and the theme of madness. A section is also dedicated to the figure of A.S. Pushkin, as presented by the protagonist of the novel Peredonov, and followed by Sologub's conception of the greatest poet of Russia. A reflection is devoted also to the role of the parallel plot of Melkiy bes, the story of Lyudmila and Sasha, that offers only apparently an alternative to the evil world of peredonovščina.
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