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L'accertamento dei reati di guida in stato di ebbrezza e alterazione da droghe / The evidence about driving under the influence of alcohol and drugs

Del Monaco, Roberta <1983> 22 May 2012 (has links)
La tesi affronta le questioni processuali connesse alla verifica dei reati di guida in stato di ebbrezza e di alterazione da droghe. La ricerca si sviluppa in tre direzioni. La prima parte studia la disciplina tedesca. L’analisi parte dalle norme sostanziali che definiscono le fattispecie incriminatrici contemplate dall’ordinamento osservato; s’interessa, poi, degli equilibri tra gli strumenti di captazione della prova utili ai reati in discorso ed il principio nemo tenetur se detegere (l’ estensione del diritto di difesa tedesco copre anche le prove reali e non prevede obblighi di collaborazione all’alcoltest). Prosegue, infine, con l’esame delle metodologie di acquisizione della prova, dall’etilometro agli screening per le droghe, sino al prelievo ematico coattivo, indispensabile per l’accertamento penale. La seconda sezione esamina gli artt. 186 e 187 del codice della strada italiano, alla luce del principio di libertà personale e del diritto a non autoincriminarsi. Particolarmente delicati gli equilibri rispetto a quest’ultimo: l’obbligatorietà di un atto potenzialmente autoaccusatorio è evitabile solo a pena di una severa sanzione. Occorre definire se il diritto di difesa copra anche il mero facere o garantisca il solo silenzio. Se si ammette, infatti, che il nemo tenetur sia applicabile anche alle prove reali, la collaborazione obbligatoria imposta al conducente è scelta incompatibile con il diritto di difesa: la disciplina italiana presenta, dunque, profili d’illegittimità costituzionale. La terza parte riguarda le problematiche processuali poste dai controlli stradali che emergono dall’analisi della giurisprudenza. Si affrontano, così, le diverse vicende della formazione della prova: ci si interroga sull’istituto processuale cui ricondurre gli accertamenti, sulle garanzie di cui goda il guidatore durante e dopo l’espletamento dell’atto, sulle eventuali sanzioni processuali derivanti da una violazione delle predette garanzie. Si esaminano, infine, le regole di apprezzamento della prova che guidano il giudice nella delicata fase valutativa. / The thesis deals with some procedural issues in order to the evidence about driving under alcohol and drugs influence. It’s composed of three parts. The first part concerns the German law. First of all, it analyses the criminal and administrative rules that define the behavior of driving under the influence of alcohol and drugs. Furthermore, it deals with the specific balance between investigation’s aims and the privilege against self incrimination: in the German system, real evidences are under the privilege, so the driver has the possibility to refuse the alcohol-test (but the police can take a blood sample). Finally, it examines the methods of investigation: breath-test, drugs-screening, blood-test (essential for the evidence in criminal trial). The second part is about articles 186 and 187 of Italian traffic regulation and their compatibility with personal liberty and the nemo tenetur se ipsum accusare principle. In the matter of the privilege, to compel someone to accuse himself, even just with actions and not with words, could be considered a breach into the right not to incriminate oneself: the results would be that the Italian system were not constitutional valid. The third part faces the questions raised up in the case law. It concerns the procedural rules about collecting the evidence, with particular reference to the right to have a defending counsel and the outcomes of the violation of this right. Finally, it examines the judgement’s rules that must be observed in sentencing and the reliability of the scientific evidences here involved.
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I controlli sulla tutela interinale della crisi della famiglia / Controls over temporary wardship in cases of family crisis

Fasciano, Gaia Maria Teresa <1982> 29 June 2012 (has links)
La tesi affronta il tema dei controlli avverso i provvedimenti nell’interesse della prole e dei coniugi resi nell’ambito dei procedimenti di separazione e di divorzio, dapprima fornendo un inquadramento storico della problematica, attraverso la disamina delle posizioni dottrinali e giurisprudenziali formatesi con riferimento alla natura ed al regime impugnatorio di tali provvedimenti dall’entrata in vigore del codice di rito del 1865 ad oggi, dopodiché analizzando le numerose questioni interpretative cui l’attuale quadro normativo, risultante dalla stratificazione legislativa operata dalla L. 14 maggio 2005, n. 80 e dalla L. 8 febbraio 2006, n. 54, dà origine. In particolare la tesi, dopo aver delineato la struttura del reclamo di cui all’art. 708 c.p.c., cercando di fornire una soluzione ai dubbi che la scarna disciplina contenuta nella menzionata norma solleva, si occupa dei rapporti tra gli istituti del reclamo alla Corte d’appello e della revoca e modifica ad opera del giudice istruttore, riepilogando le varie teorie elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza sul tema e cercando di individuare quale sia l’ambito di applicazione di ciascuno strumento di controllo. La tesi affronta poi, a fronte della mancata previsione di una forma di riesame avanti ad un organo superiore avverso i provvedimenti resi dal giudice istruttore ai sensi dell’art. 709, ultimo comma, c.p.c., la questione della reclamabilità di tali provvedimenti, cercando di individuare quale sia lo strumento più idoneo cui fare ricorso per colmare la lacuna che si dovesse ritenere esistente nel dato normativo. Il lavoro si conclude con la disamina, in una prospettiva de iure condendo, dei progetti di riforma che sono stati elaborati con riferimento al tema dei controlli avverso i provvedimenti temporanei e urgenti. / The thesis deals with the subject of controls over provisions made on behalf of children and married couples during separation and divorce proceedings. It firstly provides a historical framework for the problem, by examining the opinions of legal doctrine and the case history built up concerning the nature and means of opposing such provisions, from the coming into force of the 1865 procedural code till the present day. It will then analyse the numerous questions of interpretation created by the current regulatory framework as a result of the stratification of rules resulting from Law 14 May 2005, no. 80 and Law 8 February 2006, no. 54. In particular the thesis, after describing the structure for opposing provisions as of art. 708 of the Italian Civil Procedure Code and attempting to resolve the doubts raised by the meagre discipline contained in this regulation, will compare the ways and means of disputing provisions in the Appeal Court and having them revoked or modified by the Investigating Magistrate. It will then summarize the various theories on the subject evolved by legal doctrine and case law and will attempt to identify the area of application of each controlling instrument. Given that no form of re-examination before a higher body is envisaged of the Investigating Magistrate’s provisions, issued as of art. 709, last paragraph, of the Italian Civil Procedure Code, the thesis will discuss whether such provisions can be appealed against, and will try to identify the most suitable instrument with which to overcome the lacuna which must be deemed to exist in the present regulations. The work will conclude by examining, from a de iure condendo perspective, the projects for reform that have been drawn up regarding the question of controls over temporary and urgent provisions.
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La testimonianza anonima nel processo penale. Un'analisi comparata.

Biral, Marianna January 2017 (has links)
La testimonianza anonima – intesa come la testimonianza resa da un soggetto con identità sconosciuta all’imputato – è un istituto che ha trovato, in tempi recenti, crescente diffusione in Europa. Ha trovato legittimazione anzitutto a Strasburgo, presso la Corte europea dei diritti dell’uomo. È principio ormai consolidato, nell’ambito della giurisprudenza della Corte europea, quello per cui l’uso di testimonianze anonime non è in tutti i casi incompatibile con i canoni dell’equo processo. Qualora sussista un rischio per l’incolumità della fonte di prova e siano attivate garanzie compensative a beneficio della difesa, l’impiego di dichiarazioni accusatorie provenienti da testimoni la cui identità sia secretata all’imputato non viola l’art. 6 C.e.d.u. Sulla scia di questa legittimazione “dall’alto”, molte legislazioni nazionali hanno introdotto modalità speciali di acquisizione della prova dichiarativa nei casi in cui sussista un pericolo per la sicurezza del testimone. In questa direzione si è mosso anche il legislatore italiano. La legge n 136 del 2010 ha inserito, nel corpo dell’art. 497, il comma 2-bis, il quale impone agli agenti sotto copertura chiamati a riferire in dibattimento in ordine alle attività svolte sotto copertura, di declinare le generalità fittizie adottate nel corso delle investigazioni. Si tratta di una disposizione che non ha avuto molta eco nel dibattito giuridico, eppure essa rappresenta una novità di grande rilievo, per almeno tre ragioni. In primo luogo, riflette una tendenza più generale, che attraversa ordinamenti stranieri e sovranazionali, volta a legittimare l’anonimato testimoniale in chiave di tutela delle fonti di prova. In secondo luogo, s’intreccia alle evoluzioni recenti in due settori nevralgici della procedura penale: da una parte, la tutela delle pregorative delle vittime e dei testimoni nell’ambito del processo; dall’altra, lo sviluppo delle tecniche “coperte” d’investigazione, ossia quella variegata fenomenologia di attività d’indagine che impongono, nel corso del loro svolgimento e nel processo celebrato sulla base dei risultati in esse acquisiti, condizioni di particolare segretezza dei funzionari coinvolti. Infine, la novella imprime una forte accelerazione e al tempo stesso innova, sotto molteplici aspetti, il dibattito sui rapporti tra fonti anonime e processo penale. Si rompe il dogma per cui al segreto sulla fonte di prova immancabilmente si associa l’irrilevanza delle informazioni rese. È oggi consentito l’uso a fini probatori di una conoscenza anche quando questa non è controllabile, sotto il profilo della provenienza, da ogni parte processuale. Il punto di rottura non è di quelli che passano inosservati. Si spiega, così, il particolare taglio che si è voluto dare al lavoro. Si è scelto di concentrarsi, fra tutte le possibili manifestazioni dell’anonimo in campo processualpenalistico, sulla testimonianza anonima perché è attorno a tale figura probatoria che si coaugulano i più significativi tratti di novità che investono la materia e che si fa sentire più forte l’esigenza di un approfondimento sistematico.
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Prova informatica e diritti fondamentali della persona nel processo penale

Iovene, Federica January 2014 (has links)
La tesi si propone di approfondire il tema dell’incidenza che le innovazioni in campo tecnologico e informatico hanno sui mezzi di ricerca della prova. Preliminare all’esame della disciplina positiva è una riflessione sui diritti fondamentali – costituzionali e convenzionali (CEDU e CDFUE) - che le indagini informatiche sono suscettibili di comprimere e limitare. A tal fine vengono esaminati innanzitutto i “classici” diritti fondamentali alla libertà personale, all’inviolabilità del domicilio, alla libertà e segretezza delle comunicazioni e alla libertà di circolazione, inoltre diritti di “nuova generazione”, come i diritti di privacy - riservatezza e tutela dei dati personali -. Infine, prendendo spunto dall’esperienza comparata, e in particolare dalla giurisprudenza costituzionale tedesca, si vaglia l’opportunità di creare nuovi diritti fondamentali, in grado di tutelare la persona di fronte alle sfide poste dal progresso tecnologico. Una volta delineata la cornice costituzionale di riferimento, vengono presi in considerazione i mezzi di ricerca della prova informatici tipici, così come disciplinati a seguito della ratifica della Convenzione Cybercrime e vengono messe in luce le carenze dell’intervento legislativo che lasciano aperte alcune questioni fondamentali: la natura giuridica dell’attività di clonazione dell’hard disk, cui è strettamente collegato il problema dell’attuazione del contraddittorio con la difesa, le conseguenze derivanti dall’inosservanza delle best practices nel condurre le indagini informatiche, la persistenza dell’interesse al riesame del decreto di sequestro di computer, restituito dopo la clonazione dell’hard disk, il rischio di perquisizioni esplorative, che muovono alla ricerca della notitia criminis. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, si suggerisce una possibile soluzione, che prende spunto dalla ricerca comparata, ed in particolare dal sistema statunitense. Vengono poi esaminate altre questioni lasciate irrisolte dal legislatore, quali la captazione di comunicazioni vocali effettuate con sistemi VoIP e l’apprensione in tempo reale della posta elettronica. Infine, viene approfondita la complessa tematica della conservazione dei dati di traffico telefonico e telematico – c.d. data retention. Sul versante delle indagini informatiche non disciplinate dalla legge – pedinamento satellitare e c.d. perquisizioni online – il quesito centrale cui si è cercato di dare risposta è se, allo stato, si tratti di prova atipica oppure piuttosto di prova incostituzionale, propendendo per quest’ultima conclusione. Da ultimo si sono presi in considerazione i delicati profili di cooperazione giudiziaria, con particolare attenzione alla tutela dei diritti fondamentali della persona. Una cooperazione giudiziaria in materia di acquisizione probatoria che sia rispettosa dei diritti fondamentali dei soggetti coinvolti e che porti a risultati utilizzabili e ammissibili in giudizio presuppone, infatti, l’esistenza di standards investigativi comuni. Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, l’Unione europea possiede gli strumenti per dettare disposizioni comuni agli Stati membri in materia di acquisizione probatoria (art. 82 TFUE). A tal fine, riteniamo che la giurisprudenza della Corte di Strasburgo relativa in particolare all’art. 8 CEDU possa costituire una buona base giuridica da cui prendere le mosse.
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L'opposizione ordinaria del terzo

Giuliani, Silvia January 2019 (has links)
La prima parte dell’elaborato si occupa della ricerca di una matrice originaria del rimedio in oggetto, nel tentativo di comprenderne la funzione tradizionale in rapporto con gli istituti esistenti, posti a tutela sia delle parti che dei terzi; matrice da individuarsi (potenzialmente) in alcuni istituti del diritto romano. Si dedicherà poi un’attenzione peculiare all’esperienza francese – sia dal punto di vista storico che comparato, e quindi in una prospettiva diacronica e sincronica – per poi soffermarsi sulle peculiarità della dottrina tedesca, la quale, malgrado lo spiccato interesse manifestato tra il XIX e il XX secolo per il tema del presente studio, non è stata recepita dalla propria prassi giudiziaria e ha trovato scarso seguito negli sviluppi successivi. Anche alla luce degli esiti della prima indagine, si tornerà ad analizzare le possibili soluzioni interpretative sorte nel nostro ordinamento attraverso una lunga elaborazione dottrinale e di frequenti – quanto incostanti- pronunce della Suprema Corte di Cassazione.
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Struttura e funzione del nuovo giudizio in Cassazione

Mantovani, Nicole January 2019 (has links)
Il presente lavoro esamina struttura e funzione del giudizio avanti la Suprema Corte di Cassazione: in particolare l’attenzione è rivolta all’influsso esercitato dai numerosi interventi legislativi emanati nell’ultimo decennio per tentare di porre rimedio ai problemi che ormai da lungo tempo affliggono la Corte in termini di carico di lavoro, durata del processo, persuasività ed autorevolezza della sua giurisprudenza. A questi fini, dopo una breve illustrazione circa lo scopo dell’indagine, nel primo capitolo sono analizzate, anche sotto l’aspetto statistico, le problematiche inerenti alle sopravvenienze ed alle pendenze dei ricorsi, alla durata del giudizio ed ai contrasti giurisprudenziali interni alla stessa Cassazione, per poi prendere in considerazione le diverse soluzioni prospettate recentemente dal legislatore. Nel secondo capitolo tali riforme sono esaminate con specifico riferimento alla loro incidenza sulla struttura del giudizio di legiitmità, inclusi i criteri di redazione degli atti introduttivi. Esse da un lato hanno tentato di introdurre requisiti più stringenti in ordine alla formulazione del ricorso, sia in termini di inammissibilità sia incidendo sulla deducibilità del vizio di motivazione, dall’altro hanno modificato il procedimento vero e proprio col fine di stabilire modalità più snelle di definizione dei giudizi, prima istituendo un’apposita Sezione “spoglio” caratterizzata dal rito camerale e poi estendendo quest’ultimo a tutti i processi privi di rilievo nomofilattico. Caratteristica precipua di tale disamina è un costante raffronto con la disciplina del procedimento avanti le Sezioni Penali della Cassazione, ponendo in luce il forte debito che le riforme del rito civile portano verso quest’ultima. Nel terzo capitolo l’indagine si sposta sulle funzioni attribuite dall’art.65 ord.giud. alla Corte di Cassazione, cioè l’esatta osservanza della legge e la sua uniforme interpretazione, onde comprendere se anch’esse siano state incise dalle riforme. Si evidenzia in particolare come il senso attribuito al termine “nomofilachia” si sia evoluto nel tempo e sia attualmente diverso da quello ideato in origine da Calamandrei. Analizzando le funzioni summenzionate si tenta di comprendere come possano essere interpretate oggi, a settantacinque anni dalla loro introduzione. Alla luce di ciò si evidenzia come i recenti interventi legislativi, pur optando per una nuova concezione della nomofilachia, non siano riusciti a perseguirla in modo coerente ed unitario.
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Le nullità  degli atti processuali civili

Pelle, Lorenzo January 2015 (has links)
Il presente studio ha a oggetto il sistema giuridico che regola il fenomeno della divergenza di ogni attività processuale dall’archetipo legale di riferimento. L'argomento investe la questione pregiudiziale di metodo del processo, ne svela l’ossatura portante nel suo movimento serialmente dinamico, anticipa e prelude al problema contenutistico della fondatezza degli atti e della giusta composizione della lite. Se il processo è l’ordinamento mediante il quale lo Stato attua la concreta volontà di legge e i soggetti di diritto ricevono la tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche lese, la disciplina delle nullità non è niente di più che lo strumento col quale sindacare l’irritualità di questo fenomeno e, se possibile, ricondurlo entro i binari delle “regole del gioco”.
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L'attuazione delle decisioni che applicano una penalità " nell'ambito dello spazio giudiziario europeo tra pubblico e privato "

Giovannini, Sonia January 2013 (has links)
Il presente studio ha per oggetto il tema dell’attuazione, per mezzo di misure coercitive, del comando giudiziale cui il contenzioso transfrontaliero e, segnatamente, quello comunitario pone capo. L’importanza che il ricorso agli strumenti di coercizione indiretta riveste nell'ottica dell'effettività della tutela giurisdizionale civile, ha costituito, in particolare, il fondamento sulla cui base sono state fissate le direttrici della ricerca. L’inquadramento del problema all’interno della cornice della cooperazione giudiziaria in materia civile, ha permesso di chiarire, innanzitutto, il ruolo che le misure coercitive sono chiamate ad assolvere sul piano del contenzioso comunitario. Vale a dire, quello di garantire la validità del principio della libera circolazione delle decisioni giudiziarie e, con esso, la piena vincolatività del comando giudiziale pronunciato in seno ad uno degli Stati membri. Precisamente, l’oggetto dell’indagine è stato circoscritto alle modalità con cui le misure coercitive, o meglio, le decisioni che le applicano, sono ammesse a circolare nell’ambito dello spazio giudiziario europeo. La questione trova un accenno di disciplina all’interno del Reg. (CE) n. 44/2001 che ad essa dedica, all’art. 49, una scarna disposizione di riferimento. Sino ad ora, il compito di chiarire - almeno in parte - il contenuto e la portata di tale disposizione è stato demandato, da parte del legislatore comunitario, alla Corte di Giustizia, la quale è intervenuta fornendo alcune indicazioni di principio. Tali indicazioni, pur essendo in sé apprezzabili, hanno tuttavia trascurato totalmente di coordinare detta disciplina con altre norme poste dal Regolamento e di considerare l’aspetto, altrettanto cruciale, dell’innesto dello strumento nel tessuto normativo interno degli Stati membri. In tale ottica, lo studio della materia è stato condotto cercando di dimostrare come quest’ultima si lasci apprezzare, pur con notevoli difficoltà interpretative, sulla base dell’applicazione dei medesimi presupposti generali che sovraintendono il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni giudiziarie nell’ambito dello spazio giudiziario europeo. L’intento cui si è cercato di dare soddisfazione nel corso dello svolgimento dell’intero lavoro risponde, invero, alla necessità di fornire una coerente sistemazione della materia nell’ambito della teorica generale del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni infra-europee
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La fin de non-recevoir nell'esperienza del processo civile francese: storia e funzioni di un istituto

Dal Santo, Giulia January 2018 (has links)
Il presente studio è dedicato alla categoria delle fins de non-recevoir, un istituto proprio dell' ordinamento processuale francese che si pone accanto alle exceptions de procédure e alle défenses au fond e che, solo superficialmente, può essere assimilata alla categoria delle condizioni dell'azione. Ciò malgrado, nel diritto processuale civile francese regnano ancora oggi numerose incertezze attorno alla natura della fin de non-recevoir, una constatazione che potrà risultare sorprendente a proposito di un istituto apparso in Francia nel XIV secolo e che non ha più cessato, a partire da quel momento, di essere sollevato davanti a corti e tribunali. Invero, come si avrà modo di illustrare nel corso di questa dissertazione, questa incertezza ha un'anima antica che solo in parte è stata riscattata dai nuovi approdi, specie in materia di teoria dell'azione, raggiunti dalla dottrina francese nel corso del XX secolo.
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I profili processuali dell'automatic stay nel diritto fallimentare statunitense

Baroncini, Valentina January 2015 (has links)
La locuzione automatic stay è oramai entrata a far parte del comune lessico dello studioso di diritto fallimentare italiano, a ragione delle più recenti riforme che, nell’ambito delle cd. procedure negoziali di composizione della crisi, hanno introdotto meccanismi volti a produrre in via automatica una protezione anticipata a favore del debitore, in evidente recezione del sunnominato istituto statunitense. Il presente studio si prefigge dunque l’obiettivo di analizzare in profondità, e per la prima volta nella letteratura giuridica italiana, l’automatic stay nel diritto fallimentare statunitense, al fine di verificare se ed entro quali confini l’odierna equiparazione possa dirsi giustificata. Lo studio procederà, dunque, dall’analisi storica dell’istituto, al fine di individuarne l’esatta scaturigine e la reale natura giuridica – la quale avrà diverse ricadute sul piano della disciplina operativa della protezione, specie con riguardo all’ipotesi di sua violazione -, per poi trascorrere alla disamina dei profili funzionali ed applicativi del medesimo, con speciale riguardo alle ripercussioni che la sua operatività esplica sul piano processuale. L’analisi condotta consentirà alfine di verificare che, a discapito dell’impressione che si possa maturare prima facie, di un meccanismo di protezione assai più rigido e garantistico rispetto a quello predisposto dall’ordinamento italiano, l’automatic stay presenti, viceversa, aspetti di flessibilità – e con essa di derogabilità alle regole del concorso -, del tutto inediti e sconosciuti nella realtà domestica.

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