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Il mercato europeo delle professioni liberali e la protezione dei diritti fondamentali / The EU market for liberal professions and the protection of fundamental rightsAmbrosini, Elisa <1986> 20 June 2016 (has links)
La prassi istituzionale dell'UE garantisce un trattamento speciale ai liberi professionisti in materia di regole di concorrenza e di mercato. Questa prassi, tuttavia, manca di coerenza perché si basa su un approccio caso per caso e non è mai stata studiata in un'ottica trasversale.
Il presente lavoro di ricerca propone dunque un'analisi complessiva di questo mercato, individuando gli elementi caratterizzanti le "professioni liberali". L'elaborazione di una categoria propria per tali servizi potrebbe infatti aiutare le istituzioni europee a razionalizzare le loro azioni. Invero, nel quadro costituzionale post Lisbona le professioni liberali potrebbero essere considerate come paradigma del principio di economia sociale di mercato, offrendo così una giustificazione teorica al trattamento speciale loro accordato a livello europeo. / The EU institutional practice grants a special treatment to liberal professions in the fields of competition and market law. This practice, however, suffers a lack of consistency insofar as it is based on a case-by-case approach and has never been considered by way of a transversal analysis.
Thus, this research identifies the elements that characterize the “liberal professions”, so that the Court of Justice and the European institutions can rationalize their actions.
The convergence of public and private interests, which is typical of these professions, causes tensions between competition rules and fundamental rights. Therefore, in the context of the post-Lisbon constitutional framework, these professions may well be regarded as a paradigm of the principle of social market economy. This finding could, then, give a theoretical justification for the special treatment accorded them at European level.
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Gli accordi di politica estera e di sicurezza comune dell'Unione EuropeaPaladini, Luca <1970> 08 May 2007 (has links)
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Principi penalistici e sanzioni antitrust comunitariePortincasa, Maria Francesca <1977> 08 May 2007 (has links)
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La dimensione giuridica della politica alimentare europeaVolpi, Francesca <1973> 05 May 2008 (has links)
La ricerca consiste nell’analisi degli elementi normativi che caratterizzano l’azione
della Comunità in materia di alimenti. L’obiettivo è quello di verificare l’esistenza
di un nucleo di principi comuni cui il legislatore comunitario si ispira nella ricerca di
un equilibrio tra le esigenze di tutela della salute e quelle relative alla libera
circolazione degli alimenti.
Lo studio si apre con la ricostruzione storica delle principali fasi che hanno condotto
alla definizione della politica comunitaria di sicurezza alimentare. Durante i primi
anni del processo di integrazione europea, l’attenzione del legislatore comunitario si
è concentrata sugli alimenti, esclusivamente in virtù della loro qualità di merci. La
tutela della salute rimaneva nella sfera di competenza nazionale e le incursioni del
legislatore comunitario in tale settore erano volte ad eliminare le divergenze
normative suscettibili di rappresentare un ostacolo al commercio. Nella trattazione
sono illustrati i limiti che un approccio normativo essenzialmente orientato alla
realizzazione del mercato interno era in grado potenzialmente di creare sul sistema e
che le vicende legate alle crisi alimentari degli anni Novanta hanno contribuito a
rendere evidenti. Dall’urgenza di un coinvolgimento qualitativamente diverso della
Comunità nelle tematiche alimentari, si è sviluppata progressivamente la necessità
di una politica che fosse in grado di determinare un punto di equilibrio tra le
esigenze di sicurezza alimentare e quelle della libera circolazione degli alimenti. Il
risultato di tale processo di riflessione è stata l’adozione del Regolamento 178/2002
CE che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare ed
istituisce l’Autorità per la sicurezza alimentare.
Nei capitoli successivi, è svolta un’analisi dettagliata delle innovazioni normative
introdotte nell’ambito dell’azione comunitaria in materia di alimenti, con l’obiettivo
di verificare se tale riforma abbia impresso alla formazione delle regole in materia di
alimenti caratteristiche e specificità proprie.
In particolare, vengono esaminate le finalità della politica alimentare comunitaria,
evidenziando il ruolo centrale ormai assunto dalla tutela della salute rispetto al
principio fondamentale della libera circolazione. Inoltre, l’analisi si concentra
nell’identificazione del campo di applicazione materiale – la definizione di alimento
– e personale – la definizione di impresa alimentare e di consumatore – della
legislazione alimentare.
Successivamente, l'analisi si concentra s sui principi destinati ad orientare l’attività
normativa della Comunità e degli Stati membri nell’ambito del settore in precedenza
individuato. Particolare attenzione viene dedicata allo studio dell’interazione tra
l’attività di consulenza scientifica e la fase politico-decisionale, attraverso
l’approfondimento del principio dell’analisi dei rischi, del principio di precauzione e
del principio di trasparenza. Infine, l’analisi si conclude con lo studio di alcuni
requisiti innovativi introdotti dal Regolamento 178 come la rintracciabilità degli
alimenti, l’affermazione generale dell’esigenza di garantire la sicurezza dei prodotti
e la responsabilità primaria degli operatori del settore alimentare. Il risultato del
profondo ripensamento del sistema attuato con il Regolamento 178 é la progressiva
individuazione di un quadro di principi e requisiti orizzontali destinati ad imprimere
coerenza ed organicità all’azione della Comunità in materia di alimenti. Tale
tendenza è inoltre confermata dalla giurisprudenza comunitaria che utilizza tali
principi in chiave interpretativa ed analogica.
Lo studio si conclude con alcune considerazioni di carattere generale, mettendo in
luce la difficoltà di bilanciare le esigenze di protezione della salute con gli
imperativi della libera di circolazione degli alimenti. Tale difficoltà dipende dalla
natura di merce “complessa” dei prodotti alimentari nel senso che, accanto alla
dimensione economica e commerciale, essi sono caratterizzati da un’importante
dimensione sociale e culturale. L'indagine svolta mostra come nel settore
considerato la ricerca di un equilibrio tra esigenze contrapposte ha prodotto una
sostanziale centralizzazione della gestione della politica alimentare a livello
europeo.
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Regioni e Unione europeaPicciano, Lorenzo <1978> 05 May 2008 (has links)
La tesi mira ad analizzare e valutare le attuali relazioni esistenti tra le regioni e l’Unione europea, alla luce dei processi di riforma in atto sia sul versante interno sia su quello europeo. In particolare, essa prende spunto dalla riforma del Titolo V della Costituzione italiana e dalle leggi di attuazione della stessa, che hanno ridisegnato i contorni del regionalismo italiano. Nell’introduzione si analizza il contesto europeo delle relazioni dell’Unione con le entità sub-statali; in tal senso si è voluto preliminarmente chiarire il senso in cui si è utilizzato il termine “regione”: non tutti gli Stati europei infatti accolgono una tale nozione nel senso in cui essa è utilizzata nell’ordinamento italiano, né i poteri conferiti alle regioni sono i medesimi in tutti gli Stati che utilizzano ripartizioni territoriali simili alle regioni italiane. Prendendo come punto di riferimento per la prima parte della ricerca le entità territoriali dotate di competenze legislative, trascurando le relazioni dell’UE con i soggetti sub-statali con attribuzioni meramente amministrative. La ricerca prende dunque le mosse dal concetto di “regionalismo comunitario”. La questione regionale ha sempre costituito un problema aperto per le istituzioni comunitarie (legato alla problematica del “deficit democratico” dei processi legislativi comunitari). Le istituzioni, soprattutto agli inizi del cammino di integrazione europea, risentivano infatti delle origini internazionali delle Comunità, e consideravano quale unici interlocutori possibili i governi centrali degli Stati membri. Si è quindi voluta mettere in luce la rapida evoluzione dell’attitudine regionale dell’Unione, provocata da una nuova coscienza comunitaria legata alla prima fase di attuazione della politica dei fondi strutturali, ma soprattutto all’ingresso sulla scena europea del principio di sussidiarietà, e degli effetti che esso è stato in grado di produrre sull’intero sistema di relazioni Stati/Regioni/Unione europea: l’Unione è giunta di recente ad accogliere una nozione più ampia di Stato, comprensiva – anche se in modo limitato e solo per alcuni fini – delle entità sub-statali. Lo studio si concentra poi sull’ordinamento italiano, presentando lo stato attuale della legislazione nazionale relativa alla partecipazione delle regioni al sistema del diritto comunitario. All’inizio del capitolo si precisa la fondamentale distinzione tra fase ascendente, cioè partecipazione di rappresentanti regionali alle procedure legislative dell’Unione, e fase discendente, cioè relativa al ruolo delle regioni nell’attuazione del diritto comunitario; tale distinzione appare necessaria al fine di chiarire le diverse modalità che può assumere il ruolo delle regioni nel sistema comunitario, e sarà ripresa durante tutta la ricerca. Il secondo capitolo esamina la riforma costituzionale del 2001, complessivamente orientata verso una ridefinizione del nostro sistema delle autonomie e delle loro relazioni con l’Unione europea. Nel nuovo testo costituzionale le prerogative regionali risultano ormai “costituzionalizzate”, trovano ora definitiva collocazione nell’art. 117 Cost. La riforma del 2001 comporta alcuni elementi innovativi circa la complessiva strutturazione del rapporto tra l’ordinamento nazionale e quello comunitario, in particolare prevedendo che “le regioni, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari, nel rispetto delle norme di procedura stabilite con legge dello Stato”. Grazie a questa previsione il coinvolgimento delle regioni assume rango costituzionale e si impone al legislatore ordinario, il quale può continuare a determinarne le modalità procedurali ma non cancellarlo o pregiudicarlo in modo sostanziale.
In secondo luogo l’art. 117 Cost. propone, all’interno del nostro ordinamento, una definizione complessiva del rapporto tra le fonti statali e quelle regionali, rimodulando le sfere e le modalità di “interferenza” tra lo Stato e le autonomie regionali. Con riferimento alla ripartizione di competenze, l’evoluzione è evidente: da un sistema in cui la competenza generale era statale, e veniva fornita un’elencazione di dettaglio delle materie che facevano eccezione, si è giunti oggi ad un sistema capovolto, in cui per ogni materia non contenuta nell’elencazione dell’articolo 117 la competenza può essere regionale; in tale sistema può leggersi una forma di “sussidiarietà legislativa”, come messo in luce dalla ricerca. Lo studio passa poi ad analizzare le concrete modalità di partecipazione regionale nelle disposizioni delle leggi primarie che hanno dato attuazione alla novella costituzionale, con riferimento tanto alla fase ascendete quanto a quella discendente. La fase ascendente, osservata nel secondo capitolo della tesi, può verificarsi tramite la partecipazione diretta di rappresentanti regionali alle riunioni del Consiglio, così come previsto da una disposizione della legge n. 131/2003 (“La Loggia”), i cui risultati si sono rivelati però piuttosto modesti e privi, in assenza di una radicale revisione dei Trattati, di serie prospettive di sviluppo. Ma esiste altresì un'altra tipologia di relazioni sviluppabili in fase ascendente, relazioni “indirette”, cioè svolte tramite l’intermediazione dello Stato, che si fa portavoce delle istanze regionali a Bruxelles. In tale prospettiva, la ricerca si concentra sulle disposizioni della legge n. 11/2005 (“Buttiglione”), che riformano il sistema delle conferenze, prevedono precisi obblighi informativi per il Governo nei confronti delle regioni in relazione all’adozione di atti comunitari ed introducono nel panorama legislativo italiano l’istituto della riserva d’esame, al fine di dare maggior peso alle istituzioni regionali al momento dell’adozione di atti comunitari. La tesi passa poi all’analisi della fase discendente. Le funzioni regionali in materia di attuazione del diritto comunitario risultano altresì ampliate non soltanto alla luce della nuova formulazione dell’art. 117 Cost., ma anche e soprattutto grazie ad una disposizione della legge “Buttiglione”, che introduce la possibilità di adottare “leggi comunitarie regionali”, da adottarsi sul modello di legge comunitaria nazionale vigente nel nostro ordinamento fin dal 1989. Tale disposizione ha dato il via ad una serie di processi di riforma all’interno degli ordinamenti giuridici regionali, volti a predisporre tutti gli strumenti legislativi utili all’adozione delle leggi comunitarie regionali, di gran lunga la novità più importante contenuta nella disciplina della legge “Buttiglione”. Perciò, dopo un’analisi approfondita relativa al nuovo riparto di competenze tra Stato e regioni, oggetto della prima parte del capitolo terzo, ed uno studio relativo al locus standi delle regioni nel sistema giurisdizionale europeo, svolto nella seconda parte dello stesso capitolo, l’ultima parte della tesi è rivolta ad individuare gli atti regionali di maggior interesse nella prospettiva dell’attuazione del diritto comunitario realizzata tramite leggi comunitarie regionali. In quest’ambito particolare attenzione è stata rivolta alla legislazione della regione Emilia-Romagna, che si è dimostrata una delle regioni più attente e capaci di cogliere le potenzialità presenti nel “nuovo” sistema di relazioni delle regioni con il sistema comunitario.
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La protezione dei diritti sociali nell'ordinamento dell'Unione EuropeaFischetti, Federica <1979> 05 May 2008 (has links)
This study deals with the protection of social rights in Europe and aims to outline the
position currently held by these rights in the EU law.
The first two chapters provide an overview of the regulatory framework in which the
social rights lie, through the reorganisation of international sources. In particular the
international instruments of protection of social rights are taken into account, both at the
universal level, due to the activity of the United Nations Organisation and of its specialized
agency, the International Labour Organization, and at a regional level, related to the activity of
the Council of Europe. Finally an analysis of sources concludes with the reconstruction of the
stages of the recognition of social rights in the EU.
The second chapter describes the path followed by social rights in the EU: it examines
the founding Treaties and subsequent amendments, the Charter of Fundamental Social Rights of
Workers of 1989 and, in particularly, the Charter of Fundamental Rights of the European Union,
the legal status of which was recently treated as the primary law by the Treaty of Lisbon signed
in December 2007.
The third chapter is, then, focused on the analysis of the substantive aspects of the
recognition of the rights made by the EU: it provides a framework of the content and scope of
the rights accepted in the Community law by the Charter of Fundamental Rights, which is an
important contribution to the location of the social rights among the fundamental and indivisible
rights of the person.
In the last section of the work, attention is focused on the two profiles of effectiveness
and justiciability of social rights, in order to understand the practical implications of the gradual
creation of a system of protection of these rights at Community level.
Under the first profile, the discussion is focused on the effectiveness in the general
context of the mechanisms of implementation of the “second generation” rights, with particular
attention to the new instruments and actors of social Europe and the effect of the procedures of
soft law.
Second part of chapter four, finally, deals with the judicial protection of rights in
question. The limits of the jurisprudence of the European Union Court of Justice are more
obvious exactly in the field of social rights, due to the gap between social rights and other
fundamental rights. While, in fact, the Community Court ensures the maximum level of
protection to human rights and fundamental freedoms, social rights are often degraded into mere
aspirations of EU institutions and its Member States. That is, the sources in the social field
(European Social Charter and Community Charter) represent only the base for interpretation and
application of social provisions of secondary legislation, unlike the ECHR, which is considered
by the Court part of Community law.
Moreover, the Court of Justice is in the middle of the difficult comparison between
social values and market rules, of which it considers the need to make a balance: despite
hesitancy to recognise the juridical character of social rights, the need of protection of social
interests has justified, indeed, certain restrictions to the free movement of goods, freedom to
provide services or to Community competition law.
The road towards the recognition and the full protection of social rights in the European
Union law appears, however, still long and hard, as shown by the recent judgments Laval and
Viking, in which the Community court, while enhancing the Nice Charter, has not given priority
to fundamental social rights, giving them the role of limits (proportionate and justified) of
economic freedoms.
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Il contributo dell’Unione europea all’affermazione dello stato di diritto nella comunità internazionaleFicchi, Luisa <1979> 05 May 2008 (has links)
This thesis is aimed at analysing EU external relations from the perspective of the promotion of the
rule of law in order to evaluate the effectiveness and consistency of its action within the
international community.
The research starts with an examination of the notion of the rule of law from a theoretical point of
view. The first chapter initially describes the historical-political evolution of the establishment of
the notion of the rule of law. Some of the most significant national experiences (France, the UK,
Germany and Austria) are discussed. Then, the focus is put on the need to propose interpretations
which explain the grounds of the rule of law, by highlighting the different formal and substantive
interpretations. This philosophical-historical analysis is complemented by a reconstruction of how
the notion of the rule of law was developed by the international community, with a view to
searching a common notion at the international level by comparing theory and practice within the
main international organisations such as the UN, OECD and the Council of Europe. Specific
mention is made of the EU experience, whose configuration as a Community based on the rule of
law is often debated, starting from the case law of the European Court of Justice. The second
chapter deals with the conditionality policy and focuses on the development and scope of
democratic conditionality according to the dominant approach of the doctrine. First, the birth of
conditionality is analysed from an economic point of view, especially within international financial
organisations and the different types of conditionality recreated in the scientific sector. Then an
analysis is provided about the birth of democratic conditionality in the EC – in relation to its
external relations – firstly as a mere political exercise to be then turned into a standardised system
of clauses. Specific reference is made to the main scope of conditionality, that is to say enlargement
policy and the development of the Copenhagen criteria. The third chapter provides further details
about the legal questions connected to the use of democratic clauses: on the one hand, the power of
the EC to include human rights clauses in international agreements, on the other, the variety and
overlapping in the use of the legal basis. The chapter ends with an analysis of the measures of
suspension of agreements with third countries in those rare but significant cases in which the
suspension clause, included in the Lomè Convention first and in the Cotonou Agreement then, is
applied. The last chapter is devoted to the analysis of democratic clauses in unilateral acts adopted
by the European Union which affect third countries. The examination of this practice and the
comparison with the approach analysed in the previous chapter entails a major theoretical question.
It is the clear-cut distinction between conditionality and international sanction. This distinction is to
be taken into account when considering the premises and consequences, in terms of legal relations,
which are generated when democratic clauses are not complied with. The chapter ends with a brief
analysis of what, according to the reconstruction suggested, can be rightly labelled as real
democratic conditionality, that is to say the system of incentives, positive measures developed
within the community GSP.
The dissertation ends with a few general considerations about the difficulties experienced by the EU
in promoting the rule of law. The contradictory aspects of the EU external actions are manifold, as
well as its difficulties in choosing the most appropriate measures to be taken which, however,
reflect all the repercussions and tension resulting from the balance of power within the international
community. The thesis argues that it is difficult to grant full credibility to an entity like the EU
which, although it proclaims itself as the guardian and promoter of the rule of law, in practice, is too
often biased in managing its relations with third countries. However, she adds, we must
acknowledge that the EU is committed and constantly strives towards identifying new spaces and
strategies of action.
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La lotta al terrorismo tra diritto internazionale e diritto dell'Unione EuropeaIapichino, Lucrezia <1979> 24 April 2009 (has links)
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Le esigenze imperative nel mercato internoCurzon, Stephen James <1982> 24 April 2009 (has links)
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L'evoluzione dei poteri del Parlamento EuropeoCamporesi, Federico <1980> 24 April 2009 (has links)
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