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Le nullità  degli atti processuali civili

Pelle, Lorenzo January 2015 (has links)
Il presente studio ha a oggetto il sistema giuridico che regola il fenomeno della divergenza di ogni attività processuale dall’archetipo legale di riferimento. L'argomento investe la questione pregiudiziale di metodo del processo, ne svela l’ossatura portante nel suo movimento serialmente dinamico, anticipa e prelude al problema contenutistico della fondatezza degli atti e della giusta composizione della lite. Se il processo è l’ordinamento mediante il quale lo Stato attua la concreta volontà di legge e i soggetti di diritto ricevono la tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche lese, la disciplina delle nullità non è niente di più che lo strumento col quale sindacare l’irritualità di questo fenomeno e, se possibile, ricondurlo entro i binari delle “regole del gioco”.
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L'attuazione delle decisioni che applicano una penalità " nell'ambito dello spazio giudiziario europeo tra pubblico e privato "

Giovannini, Sonia January 2013 (has links)
Il presente studio ha per oggetto il tema dell’attuazione, per mezzo di misure coercitive, del comando giudiziale cui il contenzioso transfrontaliero e, segnatamente, quello comunitario pone capo. L’importanza che il ricorso agli strumenti di coercizione indiretta riveste nell'ottica dell'effettività della tutela giurisdizionale civile, ha costituito, in particolare, il fondamento sulla cui base sono state fissate le direttrici della ricerca. L’inquadramento del problema all’interno della cornice della cooperazione giudiziaria in materia civile, ha permesso di chiarire, innanzitutto, il ruolo che le misure coercitive sono chiamate ad assolvere sul piano del contenzioso comunitario. Vale a dire, quello di garantire la validità del principio della libera circolazione delle decisioni giudiziarie e, con esso, la piena vincolatività del comando giudiziale pronunciato in seno ad uno degli Stati membri. Precisamente, l’oggetto dell’indagine è stato circoscritto alle modalità con cui le misure coercitive, o meglio, le decisioni che le applicano, sono ammesse a circolare nell’ambito dello spazio giudiziario europeo. La questione trova un accenno di disciplina all’interno del Reg. (CE) n. 44/2001 che ad essa dedica, all’art. 49, una scarna disposizione di riferimento. Sino ad ora, il compito di chiarire - almeno in parte - il contenuto e la portata di tale disposizione è stato demandato, da parte del legislatore comunitario, alla Corte di Giustizia, la quale è intervenuta fornendo alcune indicazioni di principio. Tali indicazioni, pur essendo in sé apprezzabili, hanno tuttavia trascurato totalmente di coordinare detta disciplina con altre norme poste dal Regolamento e di considerare l’aspetto, altrettanto cruciale, dell’innesto dello strumento nel tessuto normativo interno degli Stati membri. In tale ottica, lo studio della materia è stato condotto cercando di dimostrare come quest’ultima si lasci apprezzare, pur con notevoli difficoltà interpretative, sulla base dell’applicazione dei medesimi presupposti generali che sovraintendono il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni giudiziarie nell’ambito dello spazio giudiziario europeo. L’intento cui si è cercato di dare soddisfazione nel corso dello svolgimento dell’intero lavoro risponde, invero, alla necessità di fornire una coerente sistemazione della materia nell’ambito della teorica generale del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni infra-europee
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La fin de non-recevoir nell'esperienza del processo civile francese: storia e funzioni di un istituto

Dal Santo, Giulia January 2018 (has links)
Il presente studio è dedicato alla categoria delle fins de non-recevoir, un istituto proprio dell' ordinamento processuale francese che si pone accanto alle exceptions de procédure e alle défenses au fond e che, solo superficialmente, può essere assimilata alla categoria delle condizioni dell'azione. Ciò malgrado, nel diritto processuale civile francese regnano ancora oggi numerose incertezze attorno alla natura della fin de non-recevoir, una constatazione che potrà risultare sorprendente a proposito di un istituto apparso in Francia nel XIV secolo e che non ha più cessato, a partire da quel momento, di essere sollevato davanti a corti e tribunali. Invero, come si avrà modo di illustrare nel corso di questa dissertazione, questa incertezza ha un'anima antica che solo in parte è stata riscattata dai nuovi approdi, specie in materia di teoria dell'azione, raggiunti dalla dottrina francese nel corso del XX secolo.
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I profili processuali dell'automatic stay nel diritto fallimentare statunitense

Baroncini, Valentina January 2015 (has links)
La locuzione automatic stay è oramai entrata a far parte del comune lessico dello studioso di diritto fallimentare italiano, a ragione delle più recenti riforme che, nell’ambito delle cd. procedure negoziali di composizione della crisi, hanno introdotto meccanismi volti a produrre in via automatica una protezione anticipata a favore del debitore, in evidente recezione del sunnominato istituto statunitense. Il presente studio si prefigge dunque l’obiettivo di analizzare in profondità, e per la prima volta nella letteratura giuridica italiana, l’automatic stay nel diritto fallimentare statunitense, al fine di verificare se ed entro quali confini l’odierna equiparazione possa dirsi giustificata. Lo studio procederà, dunque, dall’analisi storica dell’istituto, al fine di individuarne l’esatta scaturigine e la reale natura giuridica – la quale avrà diverse ricadute sul piano della disciplina operativa della protezione, specie con riguardo all’ipotesi di sua violazione -, per poi trascorrere alla disamina dei profili funzionali ed applicativi del medesimo, con speciale riguardo alle ripercussioni che la sua operatività esplica sul piano processuale. L’analisi condotta consentirà alfine di verificare che, a discapito dell’impressione che si possa maturare prima facie, di un meccanismo di protezione assai più rigido e garantistico rispetto a quello predisposto dall’ordinamento italiano, l’automatic stay presenti, viceversa, aspetti di flessibilità – e con essa di derogabilità alle regole del concorso -, del tutto inediti e sconosciuti nella realtà domestica.
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La capacità  nel processo. Profili statici e dinamici

Pinamonti, Anna January 2013 (has links)
Il presente studio è un’indagine “a tutto tondo” sul tema della capacità processuale, che tocca tutti i suoi principali profili d’interesse: la sua definizione e il suo legame con la capacità di diritto sostanziale; la distinzione che essa opera fra soggetti “capaci” e soggetti “incapaci”; le funzioni che essa svolge all’interno del processo e il modo in cui la sua assenza o il suo difetto ne condizionano lo svolgimento; le peculiarità che presenta come thema probandum e come oggetto di decisione in mancanza di prove. L’attenzione che questi molteplici aspetti hanno ricevuto nel nostro ordinamento (sia da parte del legislatore, sia da parte degli interpreti) è piuttosto scarsa: a parte un certo interesse rivolto alla capacità come species del genus “presupposti processuali”, nonché come termine di paragone della capacità di agire di diritto sostanziale all’interno del processo, gli altri profili di rilievo appaiono, tutt’oggi, terreni inesplorati. Nell’ordinamento processuale tedesco, invece, la capacità processuale (Prozessfähigkeit) non solo è stata disciplinata in maniera più complessa e completa nel diritto positivo, ma soprattutto è stata oggetto di un ampio e approfondito dibattito dottrinale – dibattito che ha riguardato tutti i profili d’interesse del tema in questione e che, valicate le disposizioni e le ripartizioni stabilite dal diritto positivo, ha coinvolto i principi fondamentali cui l’argomento si ricollega e gli interessi che esso sottende. Il modus procedendi della presente indagine consiste nel sottoporre a un confronto i due differenti approcci (quello italiano e quello tedesco) all’istituto in esame, ripercorrendo uno dopo l’altro i diversi profili di rilievo menzionati; l’obiettivo è quello di osservare come sono risolti, in Germania, i problemi e gli interrogativi sulla capacità processuale che nel nostro ordinamento non trovano una risposta adeguata; il fine ultimo è quello di ricavarne spunti e direttive di riflessione utili all’interprete italiano per tentare di colmare le lacune che, nel nostro sistema processuale, il tema della capacità presenta.
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La cessazione della materia del contendere: profili di diritto interno e comparato

Sassani, Francesca January 2015 (has links)
Sotto il nome di cessazione della materia del contendere è nota quella particolare tipologia di pronuncia, di origine pretoria, cui si fa ricorso quando sopravvenga, pendente il giudizio, un accadimento dotato dell’attitudine a eliminare la ragione del contrasto insorto tra le parti. Nel presente lavoro, si è inteso calare la locuzione “cessazione della materia del contendere” nel più ampio contesto relativo allo studio della problematica riconducibile al fatto sopravvenuto. La formula, infatti, non rappresenta che la sintesi della soluzione congegnata dalla giurisprudenza civile per fronteggiare simile eventualità. Tale più ampia prospettiva d’indagine ha consentito di ravvisare dinamiche e questioni comuni anche in altre branche processuali (quali il sistema processuale amministrativo e tributario) o in altri ordinamenti giuridici (in particolare l’ordinamento tedesco, austriaco e francese); ciò ha reso fecondo, e allo stesso tempo familiare, lo studio del fatto sopravvenuto al di fuori del processo civile italiano. L’analisi ha consentito di mettere in luce alcuni profili di grande rilievo: anzitutto, quanto all’ambito applicativo della formula, si è inteso operare una bipartizione fondamentale tra le ipotesi in cui il sopraggiungere del fatto determini la sopravvenuta estinzione della situazione giuridica dedotta a titolo della domanda (comportandone così la sopravvenuta infondatezza o inammissibilità) e quelle in cui l’evento non rappresenti altro che la concreta manifestazione dell’avvenuta autocomposizione della lite. L’indagine ha messo in luce come il ricorso alla formula di cessata materia del contendere sia avvenuto sulla base di esigenze diverse: ragioni di schietta giustizia per il primo gruppo di ipotesi (la giurisprudenza non reputava, semplicemente, giusto che la parte sostanzialmente vincitrice risultasse soccombente dal punto di vista processuale) e ragioni di opportunità per l’altra categoria di fattispecie (il ricorso alla formula de qua è stato suggerito dalla volontà di arginare il potere dispositivo delle parti, al fine di salvaguardare la libertà di apprezzamento e giudizio del giudice). Una volta ricostruito il perimetro applicativo si sono indagati i caratteri dell’istituto: la soluzione congegnata dalla giurisprudenza civile risulta essere completamente imperniata sul requisito dell’accordo. Più precisamente, all’incontro delle volontà delle parti viene riconosciuta una duplice valenza e una duplice sfera di efficacia: l’accordo relativo al sopraggiungere dell’evento può determinare, in alcuni casi, la sopravvenuta carenza di interesse ad agire e, in altri casi, l’estinzione radicale del processo. In quest’ultima eventualità, l’accordo va inteso quale esercizio congiunto del potere dispositivo riconosciuto alle parti, al quale la giurisprudenza ricollega la conseguenza di porre nel nulla il giudizio e la pregressa attività processuale, ad eccezione delle sentenze già passate in giudicato. In definitiva, la soluzione predisposta dalla giurisprudenza civile relativamente alla problematica del fatto sopravvenuto consiste nell’attribuire una particolare efficacia – dispositiva del processo oppure modificativa dei caratteri propri del fatto – all’accordo tra le parti, il che potrà avvenire solamente allorquando il fatto sopravvenuto possegga la qualità di elemento risolutore della controversia dedotta in giudizio. Non sempre, però, l’avvento del fatto sortisce l’effetto di acquietare le parti: può darsi che l’accordo non si formi perché il convenuto non concordi sulle conseguenze giuridiche riconducibili all’evento oppure perché l’attore ambisca a ottenere una pronuncia di merito quanto alla domanda spiegata. Il permanere del dissenso tra le parti preclude una terminazione anzitempo del processo per avvenuta cessazione della materia del contendere. Preso atto dei limiti della soluzione giurisprudenziale, ci si è soffermati sull’ipotesi di mancato accordo, analizzando l’efficacia e l’incidenza, sul processo in corso, dei diversi fatti sopravvenuti. La soluzione proposta si presenta diversificata a seconda della tipologia di fatto sopravvenuto: per le ipotesi di autocomposizione della lite si ritiene che la soluzione auspicabile sia quella in grado di preservare l’autonomia e la libertà decisionale dell’organo giudicante, mentre, per le ipotesi di sopravvenuta estinzione della situazione giuridica dedotta a titolo della domanda, la soluzione potrebbe essere nel senso di onerare l’attore di porre in essere una riduzione della propria domanda. Pertanto, qualora il fatto sopravvenuto non comporti la riappacificazione tra gli originari contendenti, oppure, semplicemente, la parte ambisca a ottenere una pronuncia di merito idonea al giudicato, si ritiene che l’attore possa adeguare la situazione processuale alla mutata realtà sostanziale mediante una riduzione della domanda al substrato di mero accertamento (proprio di tutte le tipologie di domanda giudiziale). Così facendo, la domanda – ridotta – conserverebbe la propria efficacia propulsiva, in grado di condurre il processo sino a una sentenza di merito favorevole all’attore.
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L'OGGETTO DEL GIUDIZIO NELLA TEORIA GENERALE DEL PROCESSO: IL FRAZIONAMENTO DELLA DOMANDA GIUDIZIALE

PARRAVICINI, SIMONE 14 May 2021 (has links)
La tesi di dottorato ha inteso esaminare il tema – complesso e sempre attuale - della definizione della nozione di oggetto del giudizio sotto il particolare profilo della frazionabilità della domanda giudiziale, ovvero di quel fenomeno per cui l’attore agisce in giudizio azionando una sola parte del diritto vantato o chiedendo al giudice una pronuncia su un quid che in via più o meno sicura, si allontana da quello che viene descritto come diritto soggettivo. Dopo l’esame delle diverse pronunce giurisprudenziali che hanno affrontato il tema in esame e delle principali linee ricostruttive proposte dalla letteratura, si è evidenziato come tale richiesta di tutela (ossia in caso di frazionamento della domanda in senso proprio) sebbene possa corrispondere ad un interesse dell’attore, tuttavia si scontri con la natura indisponibile della nozione positiva di oggetto del giudizio, ovvero con la definizione – operata dall’ordinamento – di ciò che possa essere accertato nel corso del giudizio. La non sussumibilitá di quanto dedotto dall’attore in caso di frazionamento della domanda giudiziale nella nozione positiva di oggetto del giudizio consente quindi di censurare il fenomeno della parcellizzazione della tutela giurisdizionale: in tale ottica si sono quindi distinte le ipotesi di frazionamento in senso proprio da quelle in cui tale discrasia sia solo apparente e si è tentato – seppur per sommi capi – di definire l’esito delle domande deducenti un quid alius rispetto alla questione circa l’esistenza di una posizione giuridica soggettiva. / Doctoral thesis intended to examine the topic - complex and always current - of the definition of the judgment’s object under the particular profile of the fractionability of judicial question, that is phenomenon for which the claim is proposed by asking the judge for a pronunciation on a quid that more or less safely, detaches what is described as subjective right. After the examination of the different jurisprudential pronunciations that have addressed the subject in question and of the main reconstructive lines proposed by judicial doctrine, it has highlighted how this request for protection although it may correspond to an interest of the claimant, however it clashes with the unavailable nature of the positive concept of the judgment’s object, or with the definition - made by positive judicial system - of what can be established in the course of the judgment. The non-subsumability of the object deducted by claim in case of judicial application parting in the positive concept of the object of the judgment therefore allows to censorate the phenomenon of parcellization of jurisdictional protection.
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Il riscatto agrario tra diritto sostanziale e processo / IL RISCATTO AGRARIO TRA DIRITTO SOSTANZIALE E PROCESSO

MARTINOLI, RICCARDO 14 May 2021 (has links)
L’elaborato ha inteso analizzare agli aspetti processuali del riscatto agrario. La tesi affronta in prima istanza la questione attinente all’inquadramento dogmatico del riscatto, quale figura generalmente ricondotta alla categoria dei diritti potestativi, ovvero fra i meri poteri, secondo la tradizionale distinzione cara tanto agli studiosi del processo civile, quanto a quelli del diritto civile sostanziale. Identificato il riscatto quale potere, la riflessione si è concentrata sulla natura sostanziale o processuale del proprio esercizio (in parallelo con lo studio della doppia qualificazione dei diritti potestativi ad esercizio giudiziale o stragiudiziale) ed ha portato ad avvallare la prima ipotesi, sulla base di una precisa scelta discrezionale del legislatore che ha inteso tutelare in maniera peculiare il soggetto coltivatore, senza imporgli la necessità di istaurare un giudizio costitutivo al fine di ottenere la realizzazione dell’effetto traslativo del diritto di proprietà, bensì ritenendo allo scopo sufficiente la mera dichiarazione unilaterale e recettizia. La conclusione della trattazione è dedicata agli aspetti operativi del riscatto agrario, con particolare attenzione alla prassi e ai problemi applicativi che la disciplina speciale della materia pone all’interprete, specialmente riguardo alle modalità per il pagamento del prezzo c.d. di riscatto. / The paper intended to analyze the procedural aspects of agrarian rent. The thesis addresses in the first instance the question relating to the dogmatic framework of redemption, as a figure generally traced back to the category of potestative rights, or among mere powers, according to the traditional distinction dear to both civil law and civil law scholars substantial. Having identified redemption as a power, the reflection focused on the substantive or procedural nature of its exercise (in parallel with the study of the dual qualification of potestative rights for judicial or extrajudicial exercise) and led to endorse the first hypothesis, on the basis of a precise discretionary choice of the legislator who intended to protect the farmer in a particular way, without imposing on him the need to establish a constitutive judgment in order to obtain the translation effect of the property right, but considering the mere unilateral declaration. The conclusion of the discussion is dedicated to the operational aspects of agrarian rent, with particular attention to the special discipline of the subject poses to the interpreter, especially with regard to the methods for paying the so-called price of ransom.

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