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Percorsi in Prima Philosophia: la riflessione fenomenologica in Michel Henry. Essenza della manifestazione e critica della trascendenza

Formisano, Roberto <1981> 26 November 2010 (has links)
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La determinazione dell'esistenza: Nietzsche e Spinoza / The Determination of Existence: Nietzsche and Spinoza

Scandella, Maurizio <1984> 12 September 2013 (has links)
La tesi indaga i temi fondamentali, i limiti e le implicazioni della relazione tra le filosofie di Nietzsche e di Spinoza, sia analizzando storiograficamente il ruolo di Spinoza nei testi di Nietzsche (I parte), sia sviluppando una proposta teoretica a partire dai due autori (II, III e IV parte). L’indagine storiografica procede presentando le riflessioni che Nietzsche dedica a Spinoza secondo un criterio tematico-cronologico. Durante l’esposizione sono discusse le fonti utilizzate da Nietzsche e il significato che le menzioni di Spinoza ricoprono nell’economia generale del pensiero nietzschiano. La seconda parte della ricerca indaga le ragioni per le quali la connessione tra Nietzsche e Spinoza può risultare teoreticamente convincente, in particolare a partire dall’istanza propriamente critica della loro riflessione, che si manifesta come domanda “empia” sul mondo delle credenze condivise. In particolare, è la nozione di “causa” a fungere da rifugio per la credenza metafisica nel soggetto anche all’interno dell’universo deterministico in cui opera la scienza. Come va invece pensato un determinismo che sia filosoficamente coerente? Le ultime due parti di questa ricerca sviluppano alcune ipotesi in proposito, considerando singolarmente le filosofie di Spinoza e di Nietzsche. / This thesis investigates the key issues, limits and implications of the relation between the philosophies of Nietzsche and Spinoza. It analyses the role of Spinoza in Nietzsche’s writings (part I) and develops a theoretical proposal starting from the works of the two authors (II, III and part IV). The historical investigation presents Nietzsche’s notes on Spinoza in a thematic-chronological order, analyses their sources and discusses their meaning in the general economy of Nietzsche’s thought. The second part of the thesis investigates the reasons why the connection between Nietzsche and Spinoza can be theoretically convincing by analysing their critical approach to the world of shared beliefs. In particular, the notion of "cause" seems to be a rest of the metaphysical belief in the subject within the deterministic universe of science. How can determinism be philosophically consistent? The last two parts of this thesis develop some hypotheses on this subject by considering separately the philosophies of Spinoza and Nietzsche.
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Geometria e metodo tra Cartesio e Spinoza / Geometry and method between Descartes and Spinoza

Baggi, Paolo Giovanni <1982> 12 September 2013 (has links)
Il testo che segue è, in primo luogo, una lettura del Tractatus de intellectus emendatione di Spinoza. Tra i tanti filtri che potevano caratterizzare la lettura di quest'opera, quello che si è adottato ha avuto lo scopo di far emergere nei suoi tratti fondamentali la distanza tra l'approccio spinoziano al problema della conoscenza e del metodo per il suo raggiungimento e l'approccio cartesiano. / The text that follows is, first, a reading of the Tractatus de intellectus emendatione of Spinoza. Among the many filters that were able to characterize the reading of this work, one that has been adopted had the purpose of bringing out in its basic distance the approach of Spinoza and Descartes to the problem of knowledge and method.
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L'idea d'intenzionalità di Emmanuel Lévinas

ORGANISTI, UMBERTO JAMES 19 April 2010 (has links)
La ricerca, seguendo l’evoluzione dell’idea d’intenzionalità nell’opera di Lévinas, vuole mettere a tema il problema che è all’origine della sua scelta di superare l’intenzionalità stessa. In particolare, intendiamo mostrare che la comprensione della coscienza come esistenza intenzionale rappresentativa, conduce Lévinas a cercare un’esperienza della trascendenza irriducibile alla rappresentazione, e che si presenti come un’interruzione della correlazione tra idea e ideatum. Infatti, per il nostro autore si giunge all’esperienza della trascendenza attraverso un atto al quale è impossibile ritornare a se stesso, essendo ogni ritorno a se stesso il tentativo della coscienza di costituire l’alterità. Questa convinzione ha come conseguenza la separazione tra ontologia ed etica. Tale separazione implica l’impossibilità per la coscienza etica di accedere ad un senso che essa possa intenzionare, vale a dire una pratica senza sapere. / The research, following the evolution of the idea of intentional in the script of Levinas, wants to focus the problem at the base of his choice to go through the intention itself. To be more precise, our goal is to demonstrate that the comprehension of conscience as intentional and representative existence make Levinas look for an experience of irreducible transcendence to representation, an experience that seems to be as an interruption of the correlation between idea and ideatum. In fact, the author gets to the experience of the transcendence through an act, which is impossible to go back to again, because every coming back to self is an attempt of the conscience to constitute the concept of Other. This conviction carries the separation between ontology and ethic. This separation implies the impossibility for the ethic conscience to get to a sense that could be intentional, that it means an activity without knowledge.
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Mondo, libertà, finitezza: Eugen Fink e la questione meontica dell'origine

Cervo, Giulia Roberta January 2017 (has links)
La tesi ricostruisce l’evoluzione del pensiero di Eugen Fink, dalla meditazione fenomenologica degli anni Trenta alla filosofia cosmologica del dopoguerra, inaugurata nel 1946 dallo scritto Nietzsches Metaphysik des Spiels, mostrando come sia improprio parlare di una “svolta” cosmologica nel pensiero finkiano e scorgendo anzi nella Weltfrage, oltre che nel concetto della “meontica”, il filo conduttore che consente di cogliere la continuità della riflessione del filosofo: la questione cosmologica non entra in scena con il dopoguerra, ma è anzi ciò che motiva l’interesse di Fink per la fenomenologia di Husserl, costituendo il banco di prova di fronte al quale si deve provare la validità del metodo fenomenologico. Ulteriore scopo del lavoro è far emergere l’originalità della filosofia finkiana sia rispetto a Husserl, sia e soprattutto rispetto a Heidegger, sulla base dei manoscritti inediti conservati presso l’Universitätsarchiv della Albert-Ludwigs-Universität di Freiburg im Breisgau – di cui si propongono, tradotti, alcuni passi – nonché attraverso confronti più circoscritti con una serie di altri autori (tra i quali Marx, Adorno, Gehlen e, soprattutto, Patočka). Dopo un’introduzione volta a ricostruire lo stato attuale delle ricerche e le principali interpretazioni dell’opera finkiana, il primo capitolo illustra gli elementi di novità che la Sesta meditazione cartesiana introduce rispetto all’impostazione husserliana, individuando in tale scritto la prima effettiva presa di distanza di Fink dal maestro e scorgendo l’originalità del contributo finkiano soprattutto nel ruolo assegnato allo spettatore trascendentale, concepito come mero “esponente funzionale” della riflessione fenomenologica, operante uno sfondamento del piano ontologico della coscienza trascendentale. Dopo avere mostrato il debito di Fink nei confronti di Hegel per la concezione dialettica dell’Assoluto fenomenologico, si illustrano le differenze tra Fink e Husserl nel modo di intendere la “mondanizzazione secondaria”, nonché le ripercussioni della teoria della riduzione come de-umanizzazione (Entmenschung) sui compiti pedagogici della fenomenologia e in relazione alla possibilità di un’etica fenomenologica. Trait d’union tra primo e secondo capitolo è la critica del concetto husserliano di mondo. Il secondo capitolo muove da un confronto tra l’interpretazione heideggeriana di Hegel e quella finkiana, incentrata sul concetto cosmologico della “Vita”, per poi svolgere un confronto tra differenza ontologica e differenza cosmologica, principalmente alla luce del Colloquio sulla Dialettica e dell’Heraklit-Seminar, mostrando come la cosmologia finkiana, lungi dall’essere una mera integrazione dell’ontologia di Heidegger, implichi una diversa concezione dell’essere, realizzando una vera e propria “rivoluzione della comprensione ontologica”, che sfocia in una differente esplicazione della libertà, vista non più come corrispondenza alla chiamata dell’Essere all’interno dell’Ereignis, ma come l’auto-produzione (Selbstherstellung) dell’uomo. Il terzo capitolo mostra infine come la filosofia finkiana del dopoguerra sia di fatto l’articolazione cosmologica di quella “Lehre von der Freiheit” che costituiva il nucleo profondo della stessa fenomenologia husserliana: l’esame del gioco quale essenza positiva della libertà, il confronto con Patočka, e, non da ultimo, una lettura fenomenologica della nietzscheana “trasvalutazione dei valori”, sono i momenti teoretici che consentono di delineare i tratti di una originale e inedita “fenomenologia della libertà”, nella quale si esprime il medesimo ideale finkiano – inaugurato dalla radicalizzazione della riduzione fenomenologica come “riduzione tematica dell’idea di essere” nella Sesta meditazione cartesiana – della filosofia quale liberazione dall’ “irretimento mondano” (“Weltbefangenheit”).
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La teoresi in Nicolás Gómez Dávila. Prolegomeni allo studio di un classico

Zuppa, Gabriele January 2014 (has links)
Uno studio teoretico che, sviluppandosi attraverso la lettura puntuale dell'opera gomezdaviliana, consente di mostrare l'appropriata collocazione dell'autore nel firmamento della più alta filosofia di tutti i tempi.
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Le origini, le linee e le prospettive di una cristologia filosofica del Novecento. La cristità "del pensare in Teodorico Moretti-Costanzi."

Bozza, Martino January 2015 (has links)
Il lavoro si è dedicato all'esposizione del pensiero di Teodorico Moretti-Costanzi dalla sua formazione fino alla maturità attraverso la nuova originale prospettiva di comprensione teoretica data dal concetto di cristità. L'attenzione a tale concetto deriva dalla connotazione che assume la cristità nel pensiero di Moretti-Costanzi: tutta l'opera del filosofo è compresa come un tentativo di sviluppare un cristologia fondativa dell'esistenza e del senso dell'esistenza, tale cristologia si diversifica dalla canonica comprensione, nei contenuti, del concetto tradizionale di cristologia stessa e per tale motivo prende appunto il nome di cristità. Il lavoro si è concentrato pertanto nell'approfondimento di tutte le maggiori opere di Moretti-Costanzi dalla giovinezza fino alla maturità analizzate attraverso la linea interpretativa trovata nel concetto di cristità. Infine è statto sviluppato una confronto fra due cristologie novecentesche: quella di Moretti-Costanzi, appunto, e quella di Romano Guardini. Il confronto si è concentrato sull'ispirazione delle due riflessioni cristologiche che di fatto è la medesima, ovvero il pensiero di San Bonaventura; si è cercato così di mettere in evidenza le continuità e le differenze tra le conclusioni dei due filosofi rispetto alla considerazione dell'orizzonte bonaventuriano. Tale percorso di ricerca svolto sui testi è stato completato da un'attività di ricerca svolta direttamente nell'archivio Moretti-Costanzi. Grazie alla concessione della Fondazione “Siro Moretti-Costanzi” è stato possibile ottenere la concessione di trascrivere, in appendice alla tesi di dottorato, un'opera inedita di Teodorico Moretti-Costanzi, per la precisione l'ultima opera dell'autore, composta un anno prima della morte: Naturalità-Trascendenza-Sapienza. Tale scritto è risultato oltremodo necessario ai fini del lavoro di ricerca in quanto ripercorre tutto l'orizzonte del pensiero morettiano alla luce di quel concetto di cristità che è stato preso come originale metro di interpretazione dell'opera di Moretti-Costanzi.
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La testimonianza come fonte di conoscenza irriducibile

Neva, Sara <1981> 08 July 2011 (has links)
La testimonianza è riconosciuta in epistemologia come una fonte fondamentale di conoscenza. Meno consenso c’è riguardo lo status epistemico delle credenze formate e intrattenute su base testimoniale: la questione è se la testimonianza fornisca di per sé le ragioni per affidarvisi, o se tali ragioni siano riducibili alla giustificazione fornita da percezione, memoria e ragionamento. Il dibattito circa lo status epistemico delle credenze acquisite tramite testimonianza ha dato origine a due linee di pensiero contrapposte: il riduzionismo e l’anti-riduzionismo. Secondo gli antiriduzionisti, che si rifanno al pensiero di Thomas Reid, la testimonianza è una fonte basica di giustificazione, alla pari di percezione, memoria e ragionamento. Ciò significa che il soggetto che riceve testimonianza è giustificato a crederne il contenuto in assenza di defeaters rilevanti. I riduzionisti, che fanno capo al lavoro di David Hume, sostengono al contrario che, oltre all’assenza di defeaters rilevanti, per poter credere giustificatamente il contenuto di una testimonianza il soggetto deve essere in possesso di ragioni positive non-testimoniali. Queste ragioni sono normalmente rintracciate in un’induzione che parte dalla memoria dell’osservazione di una generale conformità tra i fatti e le testimonianze, e conclude che un certo tipo di testimone, di circostanza, di contesto, o di contenuto veicolato sono fonti attendibili di informazioni. La critica principale che viene mossa contro l’antiriduzionismo è che sembra approvare la credulità e l’irresponsabilità epistemica . Mostrerò al contrario che la conoscenza testimoniale non sia riducibile ad alcun tipo di inferenza e che la giustificazione che fornisce è in linea con un resoconto del processo che costituisce testimonianza in termini di norme e di committment. Sosterrò una tesi antiriduzionista basata su un resoconto affidabilista della giustificazione che si spiega nei termini dell’esercizio di abilità epistemiche acquisite entro un ambiente epistemico dove le stesse sono profondamente radicate. Un resoconto dell’asserzione nei termini delle norme da cui è regolata mostrerà che la credenza testimoniale è giustificata in virtù della conoscenza che è presupposta dall’asserzione, che della testimonianza è la forma paradigmatica.
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Il dilemma dell'eroe. Modelli evoluzionistici di analisi narrativa

Zito, Giuseppe January 2017 (has links)
Dopo una panoramica sull’analisi narrativa nel suo sviluppo storico, a partire dall’interpretazione allegorica greca, passando per l’esegesi cristiana, fino allo strutturalismo, l’ermeneutica, la psicanalisi, il femminismo e la decostruzione, il primo capitolo si avvale del contributo di David Bordwell (Making Meaning, 1989), per mostrare il limite del meccanismo cognitivo comune a tutti i modelli ermeneutici: la mancanza di un fondamento epistemologico solido e di un metodo condiviso, che permetterebbe di non costruire ogni volta un edificio concettuale diverso e intercambiabile, ma di far sì che una nuova teoria narrativa abbia un potere esplicativo superiore e non semplicemente alternativo rispetto a quello delle teorie che l’hanno preceduta. Tale fondamento e metodo vengono individuati nel secondo capitolo grazie al ricorso alle scienze evoluzionistiche, soprattutto biologia e neurobiologia. Come sintetizzato da Brian Boyd (On the Origin of Stories: Evolution, Cognition and Fiction, 2009) l’Homo sapiens non si è trovato capace e bisognoso di raccontare e ascoltare storie dall’oggi al domani. La funzione narrativa si è evoluta come qualsiasi altra caratteristica della nostra specie in funzione del mantenimento e della trasmissione della vita, probabilmente in quanto gioco cognitivo, meccanismo neuronale che permette al cervello umano di orientarsi nel tempo dando ordine e senso agli eventi. Adottandone il metodo e basandosi su questo e molti altri risultati delle scienze evoluzionistiche, l’analisi narrativa può finalmente cominciare a costruire su un fondamento solido, sottoponendo i propri risultati teorici al vaglio della verifica quantitativa. A questo è dedicato il terzo capitolo, aperto su una nuova prospettiva di ricerca, che attraverso l’applicazione dei modelli matematici della teoria dei giochi permette di individuare un metodo per verificare l'ipotesi evoluzionistica che la cultura umana, e le storie che nel corso del tempo questa ha raccontato, si siano evolute in una direzione ben precisa, quella della cooperazione (Robert Axelrod, The Evolution of Cooperation, 1984). La teoria dei giochi è infatti nata come studio delle strategie di comportamento economico attraverso l'elaborazione di modelli matematici, ma si presta (ed è stata con successo applicata) a qualunque tipo di interazione umana e non, economica, biologica, sociale, culturale, etica e in questo caso narrativa.
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La filosofia della nascita in María Zambrano

Moretti, Manuela Giorgia 24 February 2023 (has links)
Il presente lavoro intende approfondire il tema della nascita nella filosofia di María Zambrano, indagando le diverse possibilità aperte da una tale prospettiva. In contrasto con una pregressa tradizione filosofica che ha accordato un netto privilegio alla morte, la filosofa spagnola sposta infatti l’attenzione sull’evento natale, rimodulando così l’intero suo pensiero all’interno di un orizzonte che riconosce il tratto proprio dell’umano nel suo “essere-natale” piuttosto che nel suo “essere-mortale” In un pensiero, come quello che María Zambrano ci offre, sempre inscindibilmente legato all’esperienza, è a partire dalla sua intensa biografia che si è scelto di approcciare il tema della filosofia della nascita. Il punto di partenza del lavoro che qui viene presentato coincide così con l’istante in cui per la prima volta la filosofa apre gli occhi al mondo, quel reiterato incipit vita nova che scandisce tutto il suo pensiero. All’interno delle vicende che hanno segnato la sua travagliata esistenza, in queste pagine viene dato particolare rilievo alla sua esperienza della maternità, aspetto tralasciato dalla critica e qui considerato come non privo di importanti implicazioni filosofiche. Tornare con il pensiero alla morte, per la maggior parte della sua esistenza tormentata, ha coinciso infatti per María Zambrano con il ripercorrere l’evento della nascita di quel figlio, costringendola a pensare nascita e morte insieme, all’interno di un paradosso dove era impossibile continuare a sostare. Dopo aver delineato i principali aspetti biografici della filosofa, segnati da quegli stati di totale abbandono che sperimenta durante la malattia e il lungo l’esilio, il percorso qui proposto si propone di delineare i principali aspetti teoretici del suo pensiero, approfondimento imprescindibile per addentrarsi adeguatamente nel complesso tema della sua filosofia della nascita. Viene qui messa in luce la presa di distanza della filosofa dal razionalismo occidentale, quella decisa rinuncia all’astrazione che nasce dall’accettazione che il commento sistematico non sia l’unico approccio possibile per avvicinarsi alla filosofia. Riconoscendo nel sentire la radice stessa dell’essere, María Zambrano si allontana infatti dalle astratte categorie della ragione per nutrirsi delle immagini che incontra nel suo cammino di esperienza, attingendo dal linguaggio della mistica e della poesia. Emerge così la possibilità di seguire una logica differente, un vero e proprio cammino di trasformazione che scardina le modalità di pensiero a cui siamo abituati per mostrarci altre possibilità e aprire nuovi orizzonti di senso. Si tratta di un pensiero che, senza mai recidere il legame con la realtà oscura e generativa, si rivela in grado di portare alla luce, sempre e nuovamente, quelle verità che non si lasciano rinchiudere nella gabbia di concetti puramente astratti. Una “ragione poetica” dunque, quella che la filosofa porta alla luce, così come viene solitamente e reiteratamente sottolineato, ma anche una “ragione materna”, in grado di generare un pensiero autenticamente fecondo. L’invito non è dunque quello di rinunciare al rigore metodologico, ma piuttosto quello di trovare altre vie che si discostano dai discorsi puramente sistematici, nel tentativo di riavvicinare il pensiero alla vita. Un esercizio di coerente fedeltà alla realtà stessa dunque che, come si cerca di mostrare in queste pagine, consente all’uomo di ricominciare a pensare dall’esperienza, a partire dalle entrañas (viscere), termine imprescindibile all’interno del pensiero della filosofa spagnola che indica la realtà generativa e materna. Le entrañas sono anche, significativamente, il simbolo di quel fecondo sapere femminile che qui ci si propone di riportare alla luce. È in questa prospettiva che s’inserisce anche il capitolo che indaga la relazione tra l’orizzonte della nascita e quello della maternità, per mostrare come, all’oblio filosofico dell’orizzonte della nascita, se ne affianchi un altro, di eguale portata, che riguarda l’offuscamento della sapienza materna. Non solo dunque una “filosofia della nascita”, quella che qui si cerca di delineare, ma anche e significativamente una “filosofia della maternità”, che mostra la possibilità di seguire una logica differente, in grado di portare alla luce ciò che è altro da sé, lasciando spazio all’inedito. Se alla nascita il pensiero filosofico ha dedicato scarsissima attenzione, si è ritenuto infatti necessario sottolineare come anche la maternità, simbolicamente e fisicamente tutta femminile, non sia mai stata posta al centro dell’attenzione dei filosofi. Un duplice oblio dunque, sul quale si è cercato di soffermarsi per comprendere e portare alla luce il pensiero generativo che la filosofa spagnola ci offre. Si tratta di provare a ritrovare fiducia nella fecondità del pensiero stesso, abbandonando l’abitudine di seguire sistemi puramente astratti, incapaci di indagare la realtà nelle sue pieghe più recondite. Un metodo, dunque, che invita a un ripensamento in ambito fenomenologico non relegato alle teorie della soggettività, in grado di esprimere l’essere nella sua interezza. Il cammino che María Zambrano ci indica attraverso il suo pensiero si rivela così come un percorso che apre alla vita e porta alla rivelazione di una nuova ragione. Allontanandosi dai concetti astratti e dalle vuote nozioni, la filosofa spagnola invita a seguire dunque, come si cerca di delineare nella parte finale della tesi, un metodo differente che, nutrendosi, come abbiamo precisato anteriormente, delle immagini che la filosofa incontra nel suo cammino di esperienza, si muove per irradiazione, illuminando dunque dall’interno, a partire da un “centro”. Nel sostituire alla chiusura del concetto la trascendenza dell’immagine, María Zambrano trasforma infatti il limite in apertura, consentendo quel reiterato movimento del nascere che è allo stesso tempo fedeltà alla realtà e trascendenza insieme. Sarà nel reiterato tentativo di raggiungere quel “centro” di visibilità pura, lì dove essere e pensiero coincidono, che il movimento del nascere si esplica. Un movimento trasformativo dunque, dove quell’anelata unità che María Zambrano vede incarnata nei “beati”, come qui si cerca di mostrare, non potrà mai essere raggiunta. È proprio in questa tensione continua dell’uomo verso l’unità sempre anelata che si annida la speranza, sostanza e fondo ultimo della nostra vita. Una speranza creatrice, quella che muove la filosofia della nascita in María Zambrano che si rivela autenticamente generativa proprio grazie alla sua capacità di farsi vuoto, senza cadere in ciò che è pre-costituto, pre-fabbricato, ma lasciando sempre, e nuovamente, spazio all’inedito. Non una speranza illusoria dunque, quella qui descritta, ma al contrario profondamente consapevole della sua realizzazione. Nella rinuncia all’astrazione, senza cadere nella gabbia mortifera della rigidità del concetto, María Zambrano mostra così la possibilità di seguire una logica differente che, grazie alla sua generatività, apre a cammini inesplorati. Nell’ultimo capitolo qui presentato, il pensiero di María Zambrano viene messo a confronto con la filosofia della nascita di un’altra grande pensatrice del Novecento, la filosofa tedesca Hannah Arendt, con l’intento di ampliarne l’orizzonte tematico, senza tuttavia cadere in facili parallelismi o pericolose semplificazioni. Il presente lavoro si chiude infine con un’Appendice dove vengono riportati alcuni manoscritti inediti custoditi presso la “Fundación María Zambrano” di Vélez-Málaga, scelti dalla dottoranda sulla base della loro relazione con i contenuti della tesi.

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