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Terapia con antivirali ad azione diretta in pazienti con epatite cronica HCV e severa fibrosi o cirrosi / Direct-acting antiviral therapy in patients with HCV hepatitis and severe fibrosis or cirrhosisVitale, Giovanni <1980> 22 April 2016 (has links)
Introduzione: l’epatite cronica C è la più comune infezione virale trasmessa per via ematica e la principale causa di mortalità tra le epatopatie. La terapia antivirale può prevenire la progressione della malattia nei pazienti HCV. Telaprevir e simeprevir sono Direct Acting Antivirals e due inibitori delle proteasi, utili nell’eradicazione del virus. Scopo: stabilire l’efficacia e sicurezza di un regime di terapia antivirale con telaprevir, pegIFN/ribavirin e di uno con simeprevir-sofosbuvir+/- ribavirina.
Metodi: 35 pazienti venivano consecutivamente arruolati nel gruppo telaprevir (54.3% maschi, età mediana 61, 43-71) e confrontati con 70 controlli, selezionati random da una popolazione di pazienti trattati con simeprevir-sofosbuvir e appaiati per età, sesso e fibrosi. Erano valutati l’efficacia misurata attraverso la risposta virologica sostenuta (SVR) e il miglioramento dei parametri biochimici, e la sicurezza.
Risultati: i pazienti trattati con telaprevir presentavano eventi avversi nel 94.2% dei casi contro il 28.6% del gruppo simeprevir (p.000). Gli eventi avversi di grado severo si concentravano poi tutti nel gruppo telaprevir (20% vs 0%, p.000). Il più comune evento avverso in entrambi i gruppi era rappresentato dall’anemia (77.1% nel gruppo telaprevir va 14.3% nel gruppo simeprevir, p 0.000). L’SVR era del 91.4% nei casi e del 71.4% nei controlli (p 0.01). L’utilizzo di ribavirina, il tipo di genotipo 1 e lo stadio di fibrosi, non influenzavano i tassi di SVR.
Conclusioni: il nostro studio ha mostrato che il telaprevir è meno efficace e sicuro del simeprevir nei pazienti con fibrosi avanzata o cirrosi epatica. I dati confermano l’indicazione a preferire i regimi liberi da interferone a quelli che lo contengono ancora. / Introduction: Chronic hepatitis C (CHC) is the most common viral infection blood-transmitted and it is the leading cause of death from liver disease. Antiviral therapy can prevent disease progression in patients with CHC. Telaprevir and Simeprevir are Direct Acting Antivirals and two protease inhibitor, useful in the eradication of the virus. Aim: to assess the safety and efficacy of telaprevir-based antiviral therapy with pegIFN/ribavirin or simeprevir-based antiviral therapy with sofosbuvir ± ribavirin. Methods: consecutive 35 CHC patients (54.3% males, median age 61, range 43-71) were enrolled in telaprevir group and compared with 70 controls, randomly selected from the population of patients treated with simeprevir-sofosbuvir and matched by age ± 5 years, sex and degree of fibrosis. Efficacy by sustained virological response (SVR) and improvement of laboratory tests and safety were evaluated. Results: patients treated with telaprevir had adverse events in 94.2% of cases while occurred in 28.6% of patients treated with simeprevir (p.000). Severe adverse events occurred all in telaprevir group (20% vs 0%, p 0.000). The most common adverse event in both groups was anemia (77.1% in telaprevir treatment vs 14.3% in simeprevir treatment, p 0.000). SVR was 91.4% in cases and 71.4% in controls (p 0.01). Use of ribavirin, type of genotype 1 and stage of fibrosis did not affect SVR rates.
Conclusion: our study showed the telaprevir is less effective and safe compared to simeprevir in patients with advanced fibrosis or cirrhosis. The data confirm the indication to prefer interferon free regimens to those still based on interferon in this setting.
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L'Ecoendoscopia nella stadiazione locale dei tumori neuroendocrini del tratto digestivo suscettibili di resezione endoscopica: l'esperienza di un centro / Role of Endoscopic Ultrasound in the local staging of gastrointestinal neuroendocrine tumors candidates to endoscopic resection.Laterza, Liboria <1981> January 1900 (has links)
Oggetto: Ruolo dell’ ecoendoscopia (EUS) nello studio dei tumori neuroendocrini del tratto digestivo è la stadiazione locoregionale basata sulla valutazione dell’ estensione di profondità di parete (T) e l’ interessamento dei linfonodi loco-regionali (N) con un’accuratezza diagnostica del 94-100%. La resezione endoscopica è un’ opzione di trattamento. Scopo dello studio è stato valutare l’ accuratezza diagnostica dell’ EUS nella stadiazione locale dei tumori neuroendocrini gastrici, duodenali e rettali macroscopicamente suscettibili di resezione endoscopica e valutare l’efficacia della resezione endoscopica.
Materiali e metodi: Studio retrospettivo condotto su una coorte consecutiva di pazienti con diagnosi di neoplasia neuroendocrina del tratto gastroenterico afferenti all’ Istituto Europeo di Oncologia di Milano.
Risultati: Sono stati sottoposti ad EUS 21 pazienti per un totale di 22 lesioni da Settembre 2001 a Gennaio 2016. 21 lesioni erano confinate alla sottomucosa, soltanto in una lesione gastrica è stato posto il dubbio di infiltrazione superficiale della tonaca muscolare propria e in una lesione del retto riscontro di una linfoadenopatia di aspetto secondario. 11 lesioni erano nello stomaco (NET gastrico di tipo 1), 5 nel duodeno e 5 nel retto. Le lesioni sono state asportate per via endoscopica in pezzo unico intero. All’ analisi istopatologica 21 lesioni erano limitate alla sottomucosa, tranne il caso con dubbia infiltrazione della tonaca muscolare che presentava interessamento dello strato muscolare superficiale. In 2 dei 21 è stato valutato l’ interessamento linfonodale dopo resezione chirurgica. In 10 di 22 lesioni con infiltrazione dei margini di resezione non si è riscontrata recidiva di malattia durante il follow-up (media 34 mesi, 3-126 mesi).
Conclusioni: L’ EUS è una metodica valida nella valutazione della resecabilità endoscopica dei NETs gastrici di tipo 1, del bulbo e del retto. La resezione endoscopica è risultata efficace nel trattamento di queste neoplasie anche in presenza di infiltrazione dei margini di resezione. / Background and aim: Diagnostic role of endoscopic ultrasound (EUS) in gastrointestinal neuroendocrine tumors (GE-NETs) is the local staging based on the assessment of wall depth (T) and of lymph nodes metastasis (N). Diagnostic accuracy of EUS in T-staging is 94-100%. Endoscopic resection is a treatment option in selected cases. Aim of the current study was to evaluate diagnostic accuracy of EUS in the local staging of GE-NETs candidates to endosciopic resection and the efficacy of endoscopic resection in gastrointestinal neuroendocrine NETs’ treatment.
Methods: This is a retrospective analysis of a prospectively collected database. Patients with GE-NETs that underwent EUS and endoscopic resection at Istituto Oncologico Europeo (IEO) were included.
Results: From September 2001 to January 2016, 21 patients for a total of 22 GE-NETs underwent EUS: 21 GE-NETs were confined to the submucosa layer; 1 case presented a doubtful involvement of the proper muscolaris layer. 11 NETs were in the stomach, 5 NETs in the duodenum and 5 NETs in the rectum. All but one rectal NET case were negative for metastatic lymph nodes. All the 22 lesions were endoscopically resected in one piece by endoscopic resection. The histological analysis confirmed that twenty-one lesions were confined to the submucosa layer and that one case was involved the proper muscolaris layer. The involvement of lymph nodes was evaluated in only the two cases who underwent surgical resection. Ten out of 22 lesions had positive margins at the histological analysis but no recurrence were observed during follow-up (mean 34 months; range 3-126).
Conclusions: EUS is useful for estimating the depth of invasion of type 1 gastric neuroendocrine tumor, duodenal and rectal neuroendocrine tumors and for determining whether endoscopic resection is indicated. Endoscopic resection is effective in gastrointestinal neuroendocrine NETs’ treatment.
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La Trombosi Portale Non-neoplastica nel Paziente Cirrotico: studio della prevalenza ed eventuale correlazione con i maggiori score di funzionalità epatica (CTP e MELD) / Non-neoplastic portal vein thrombosis in cirrhotic patients: prevalence and possible correlation with major liver function scores (CTP and MELD)Mastroroberto, Marianna <1982> 01 July 2016 (has links)
La trombosi portale non neoplastica (PVT) è una complicanza frequente della cirrosi epatica. Attualmente, gli unici fattori di rischio associati, ripetutamente confermati in letteratura, sono il precedente sanguinamento da varici esofagee e la piastrinopenia che sbilancia il precario equilibrio coagulativo tipico della cirrosi. Tra Gennaio 2013 e Ottobre 2015, sono stati arruolati prospetticamente 253 pazienti cirrotici (età media 58,8 ± 10,3 (23 – 75) anni) senza neoplasie anamnestiche e/o malattia ematologica e liberi da terapia anticoagulante/antiaggregante assunta er altre cause. Nel campione raccolto sono stati studiati: lo stadio di malattia secondo il Child-Pugh (CP) e il Model for end-stage liver disease (MELD) scores, eziologia, età ed esami laboratoristici. I pazienti con PVT sono stati il 13%, di cui il 63,3% maschi, significativamente più giovani dei controllonegativi (51,9 ± 13,2 (23 – 75) anni; P=0,004), con una maggior piastrinopenia (73,1 ± 48,1 (25 – 174); P = 0,001), INR > 1.25 in 54,5% dei casi (P=0,024) e MELD >10 in 86,2% (P=0,001). INR e MELD sono state considerate anche come valore continuo senza raggiungere la significatività come eziologia, ematocrito, Bilirubina ttale, AST, ALT, Albumina, Creatinina e CP score e classe. All'analisi multivariata solo la conta piastrinica è risultata indipendentemente associata alla presenza di PVT (OR = 0.97, 95% CI: 0.96-0.99; P <0.001) come da letteratura.
Le trombocitopenie ereditarie (ITs) sono un gruppo eterogeneo di disordini genetici con diversi gradi di severità e cmplessità caratterizzate da piastrinopenia associata o meno a sanguinamento di variabile entità. Tali disordini, in un substrato così favorevole come la cirrosi epatica, potrebbe spiegare l'eterogeneità dei quadri clinici e la risposta apparentemente casuale alla terapia anticoagulante. Non abbiamo ancora dati che confermino questa ipotesi alternativa, ma se così fosse, probabilmente l'approccio clinico a questa problematica cambierebbe significativamente. / Non-neoplastic porta vein thrombosis (PVT) in cirrhotic patients is a frequent complication of liver cirrhosis. Yet, only confirmed data about its natural history are the association with variceal bleeding and low platelet count which influences this precarious coagulation balance.
In our prospective study, from January 2013 to October 2015, we enrolled 253 cirrhotic patients (mean age 58,8 ± 10,3 (23 – 75) years) without a history of malignancy and/or hematological disease and who aren’t on oral anticoagulants or antiplatelet therapy taken for other reasons.
Overall were subsequently studied according to the degree of liver disease using the Child-Pugh (CP) and Model for end-stage liver disease (MELD) scores, etiology, age and blood tests. Patient with PVT, of which 63,3% males, was significantly younger (51,9 ± 13,2 (23 – 75) yrs; P=0,004), with lesser platelet count (73,1 ± 48,1 (25 – 174); P = 0,001), INR > 1.25 in 54,5% of cases (P=0,024) and MELD >10 in 86,2% (P=0,001). INR and MELD considered as continuous variables were not significant as well as etiology, hematocrit, total Bilirubin, AST, ALT, Albumine, Creatinine and CP score and class. In multivariate analysis, only the platelet count was independently associated with the occurance of PVT (OR = 0.97, 95% CI: 0.96-0.99; P <0.001) confirming the literature.
The inheritated thrombocytopenias (ITs) are a heterogeneous group of genetic disorders with different degrees of complexity and severity, characterized by a low platelets count associated or not with a bleeding tendency which varies from absent to very strict. This group of diseases, in the context of an extremely favorable substrate such as cirrhotic degeneration, would explain the heterogeneity of the cadres and random responses to anticoagulation. We have no data yet certain about this, but if this hypothesis be confirmed, the clinical approach to the disease might change dramatically.
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Cardiometabolic Disease's Risk through Population Genetic Studies: Historical, Present and Future Resources of the Brisighella BiobankRosticci, Martina <1980> January 1900 (has links)
Cardiovascular diseases (CVD) comprise the most common chronic disease worldwide. High lipid levels are a strong risk factor, making lipid-lowering statin therapy an important preventive measure.
Here we explore the effects of common variants at the KIF6 and HMGCR loci on a range of cardio-metabolic traits and on response to statin therapy. While HMGCR is a well-established lipid-related locus, the role of KIF6 in response to statin therapy is controversial, and its contribution to related phenotype variability has not been clarified.
We genotyped a coding KIF6 variant (p.W719R, rs20455) and two intronic ones in high LD to the former (rs9462535,rs9471077), as well as two non-coding variants in HMGCR (rs3761740 and rs3846662). Effects on 14 quantitative and 5 categorical cardiometabolic phenotypes including lipid-lowering therapy response were tested in a sample of 1,645 individuals from the Genetics in Brisighella Health Study (GBHS) from Italy and replicated in 10,662 individuals from the Estonian Genome Center (EGCUT).
In GBHS the established HMGCR variant rs3846662 affects LDL cholesterol levels (P=8.5x10-4) while the intronic KIF6 variant rs9471077 modifies APOB levels (P=8.2x10-4). The latter association was confirmed in EGCUT. No significant association between KIF6 variants and response to statin therapy was observed.
In the first genetic study involving GBHS we confirm the HMGCR effect on LDL-Cholesterol and demonstrate a novel KIF6 effect on APOB. The latter association needs to be evaluated for its predictive value for overall CVD risk and its potential contribution to stratified patient care.
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Storia naturale della trombosi del sistema venoso portale e sua evoluzione valutata con tecniche di imaging nel paziente cirrotico: studio osservazionale retrospettivo / Natural course of portal vein thrombosis in patients with cirrhosis evaluated with imaging techniques: a retrospective observational studyPettinari, Irene <1987> January 1900 (has links)
Introduzione: la trombosi del sistema venoso portale (PVT) rappresenta una complicanza frequente nel paziente con cirrosi epatica. La gestione terapeutica del paziente cirrotico con PVT non è chiara.
Obiettivi: analizzare retrospettivamente la storia naturale della trombosi portale e gli eventi emorragici in un gruppo di pazienti cirrotici trattati e non trattati con terapia anticoagulante.
Metodi: Da Gennaio 2008 a Dicembre 2015 abbiamo retrospettivamente individuato una coorte di 182 pazienti affetti da PVT. 81 pazienti sono stati trattati con terapia anticoagulante e 101 non hanno ricevuto terapia. Abbiamo valutato le caratteristiche demografiche, l’estensione della trombosi, l’eventuale trattamento anticoagulante, l’evoluzione della patologia e gli eventi emorragici.
Risultati: La trombosi è andata incontro a ricanalizzazione in 46 (56,8%) pazienti trattati e in 26 (25,7%) pazienti non trattati (p<0,001). La durata del trattamento (p=0,005) e la doppia somministrazione giornaliera (p=0,003) sono risultati essere gli unici fattori predittivi di ricanalizzazione nei pazienti trattati. Dopo la sospensione della terapia, dei 46 pazienti che hanno ottenuto la ricanalizzazione, 17(36%) hanno presentato una recidiva della trombosi. L’analisi di Kaplan-Meier ha mostrato un tasso di sopravvivenza maggiore nel gruppo dei pazienti trattati (p=0,010) e il trattamento anticoagulante è risultato essere l’unico fattore indipendente correlato alla sopravvivenza all’analisi multivariata (p=0,014).
Complicanze emorragiche si sono verificate in 22(21,8%) pazienti non trattati e in 16 (19,7%) pazienti trattati, solo in 4 casi dovute al trattamento anticoagulante.
Conclusioni: il trattamento anticoagulante è sicuro ed efficace nei pazienti cirrotici con PVT, raggiungendo dei tassi di ricanalizzazione completa e parziale del 56,8%. La durata del trattamento di almeno 12 mesi e la doppia somministrazione giornaliera sembrano associati a più alti tassi di ricanalizzazione. Nei pazienti che hanno raggiunto la ricanalizzazione, l’interruzione della terapia è associata ad un alto rischio di recidiva. Il trattamento anticoagulante sembra migliorare la sopravvivenza dei pazienti cirrotici con PVT. / Introduction: Portal vein thrombosis (PVT) is a frequent event in patients with cirrhosis. It can be treated with anticoagulants, but the optimal management is still unclear.
Aim: The aim of this study was to retrospectively analyze the natural history of portal thrombosis in cirrhotic patients and bleeding events in a large cohort of patients with or without anticoagulation therapy.
Methods: We analyzed data from 182 patients with cirrhosis and PVT, diagnosed from January 2008 to December 2015. 81 patients were anticoagulated and 101 were untreated. Demographic characteristics, extension of portal vein thrombosis, anticoagulant treatment and hemorrhagic events were evaluated.
Results: thrombosis had improved in 46 (56.8%) treated patients and in 26 (25.7%) untreated patients. The anticoagulation group had significantly better recanalization rate than the untreated group (p <0.001). The duration of treatment (p = 0.005) and twice-daily dosing (p = 0.003) were the only predictors of recanalization in treated patients. Of 46 patients who achieved recanalization, 17 (36%) had recurrent thrombosis after stopping anticoagulation therapy. Kaplan–Meier curve analysis revealed a higher survival rate in the treated group than in controls (p=0,010). Anticoagulant treatment was the only independent factor related to survival in multivariate analysis (p=0,014, HR:0,303, CI: 0.101-0.907).
Bleeding complications occurred in 22 (21.8%) untreated patients and in 16 (19.7%) treated patients, only in 4 cases related to the anticoagulant treatment.
Conclusions: Anticoagulant is a safe and effective treatment that leads to partial or complete recanalization of the portal venous axis in 56% of patients with cirrhosis and PVT. Duration of treatment of at least 12 months and twice-daily dosing seem associated with higher recanalization rates. Discontinuation of therapy is associated with high risk of recurrence of PVT. The anticoagulant treatment seems to improve survival in cirrhotic patients with PVT.
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Indici di funzione epatica in cirrosi compensata: ruolo prognostico nel paziente con epatocarcinoma e modifiche in corso di nuovi trattamenti antivirali per HCV / Liver function indexes in compensated cirrhosis: prognostic value in patients with hepatocellular carcinoma and changes in the course of new antiviral treatments for HCVGianstefani, Alice <1981> January 1900 (has links)
Obiettivo Primo lavoro (1): convalidare il ruolo del nuovo Child-Pugh 0 in pazienti con HCC. Secondo lavoro (2): esplorare il possibile ruolo del Child-Pugh nel rilevare l'impatto funzionale a breve termine in pazienti cirrotici trattati con DAA.
Metodi (1) sono stati analizzati 5456 pazienti con prima diagnosi di HCC, divisi in gruppi in base alla classe CP: 0 (343 pts), A (3143 punti), B (1628 punti), C (342 pts).
(2) 53 pazienti cirrotici HCV trattati con DAA sono stati analizzati. Durante il trattamento e alla fine è stato registrato il cambiamento del CP.
Risultati (1) 10,9% dei pazienti CP A sono stati riclassificati come CP 0. La sopravvivenza mediana globale differiva significativamente tra i gruppi (mesi; 95% CI): CP 0 64 (54,5-73,4), A 43 (40.7-45.3), B 21 (19,1-22,8), C 8 (6,7-9,2), p <0,0001. Il confronto tra sopravvivenze del CP 0 vs A, B e C era significativamente differente (p <0,0001 a tutte le associazioni). La prognosi dei pazienti in BCLC-B differiva in base alla funzione epatica (0 vs A vs B, p <0,0001).
(2) Pazienti con miglioramento del CP di almeno un punto: 41,5% (dopo 12 settimane di trattamento), 38% (alla fine del trattamento) e 54,4% (in SVR12); pazienti con miglioramento della classe CP: 32,1% (dopo 12 settimane di trattamento), 30% (alla fine del trattamento) e 46,9% (in SVR12); pazienti che sono passati dal CP A alla CP 0: 20,6% (dopo 12 settimane di trattamento), 22,6% (alla fine del trattamento) e 44,4% (in SVR12).
Conclusioni CP 0 identifica un diverso sottogruppo di pazienti con HCC con una migliore prognosi. Ciò si ripercuote non solo sulla previsione dell’outcome, ma anche sull’allocazione al trattamento della neoplasia, meglio stratificando il BCLC-B. L'andamento del CP durante il trattamento DAA esprime il guadagno funzionale che il paziente HCV trattato ottiene sul breve termine. / Aim First work (1): to validate the role of new CP 0 in HCC patients. Second work (2): to explore the possible role of CP to detect the functional impact on the short term in cirrhotic patients treated with DAA.
Methods (1) 5456 patients with first diagnosis of HCC were analyzed. They were divided in groups according to CP class: 0 (343 pts), A (3143 pts), B (1628 pts), C (342 pts).
(2) 53 cirrhotic HCV patients treated with DAA were analyzed. During treatment and at the end of it the change of CP was recorded.
Results (1) 10.9% of CP A patients were reclassified as CP 0. Median overall survivals statistically differed among groups (months; 95% CI): CP 0 64 (54.5-73.4), A 43 (40.7-45.3), B 21 (19.1-22.8), C 8 (6.7-9.2), p<0.0001. Comparisons between survivals of CP 0 vs A, B and C were also statistically different (p<0.0001 in all associations). The prognosis of patients in BCLC-B stage differed according to liver function (0 vs A vs B, p<0.0001).
(2) Patients with CP score improvement of at least one point: 41,5% (after 12 weeks of treatment), 38% (at the end of treatment) and 54.4% (at SVR12); patients with CP class improvement: 32,1% (after 12 weeks of treatment), 30% (at the end of treatment) and 46,9% (at SVR12); patients who have passed from CP A to CP 0: 20,6% (after 12 weeks of treatment), 22,6% (at the end of treatment) and 44,4% (at SVR12).
Conclusions CP class 0 identifies a different subgroup of HCC patients with better prognosis. It impacts not only on outcome prediction but also on treatment allocation, better stratifying the heterogeneous BCLC-B stage. The trend of CP score during DAA treatment expresses the functional gain and the prognostic impact that HCV treated patient gets on the short term.
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Caratteristiche cliniche, istologiche ed immunologiche dell'adenocarcinoma dell'intestino tenue associato alla malattia celiaca / Small bowel adenocarcinoma associated with celiac disease: clinical, histological and immunological features.Caio, Giacomo Pietro Ismaele <1986> January 1900 (has links)
L’adenocarcinoma dell’intestino tenue (SBA) è una neoplasia estremamente rara nella popolazione generale. La letteratura suggerisce che la malattia celiaca (MC) sia associata ad un aumentato rischio di sviluppare un SBA, ma non ci siano dati sulle caratteristiche di questa variante associata a MC. Lo scopo dello studio è consistito nel chiarire la prevalenza del SBA in una coorte soggetti con MC, definendo le loro caratteristiche cliniche, istologiche ed immunologiche.
Sono stati studiati retrospettivamente (1995-2014) tutti i casi di SBA trovati in associazione a MC. Le biopsie dei casi identificati sono state valutate attraverso indagini immunoistochimiche impiegando anticorpi monoclonali che riconoscono markers epiteliali intestinali (e.g. MUC2, CDX2 e CD10) e gastrici (e.g. MUC5AC e MUC6). Sono inoltre state ricercate eventuali mutazioni di KRAS, NRAS e BRAF.
Sono stati identificati 5 SBA su 779 pazienti con MC (0,65%), tutte di sesso femminile età media 53. La tipizzazione dell'HLA ha mostrato un DQ2+ in tutti i casi. Al momento della diagnosi di SBA il quadro clinico di questi pazienti era caratterizzato da diarrea in 3 casi e da episodi subocclusivi negli altri due casi. La più frequente localizzazione anatomica dell’SBA era il digiuno. In nessuno dei 5 casi lo SBA è stato preceduto da una malattia celiaca refrattaria. L’esame istologico eseguito mostrava la presenza in tre casi di un carcinoma di alto grado, scarsamente differenziato (grado III-IV). La sopravvivenza a 5 anni è risultata molto migliore rispetto al SBA sporadico. KRAS è stato trovato mutato in 2/5 casi. L’ SBA associato a MC sembra avere caratteristiche cliniche, istologiche e fenotipiche differenti rispetto al SBA sporadico. In particolare: a) il più frequente coinvolgimento del sesso femminile; b) l’età di esordio più giovane; c) la localizzazione digiunale; d) una migliore prognosi associata a positività per CDX2; e) presenza di neoplasie con KRAS mutato. / The small bowel adenocarcinoma (SBA) is a very rare neoplasia in the general population. Previous studies suggest that celiac disease (CD) is associated with an increased risk in developing a SBA. Unfortunatly, there are no information about the features of this cancer when associated with CD.
The aims of the present study were to shed light on the prevalence of SBA in a CD patients cohort and to define its clinical, histological and immunological features.
We retrospectively investigated all the cases of SBAs in a cohort of CD patients during a 19 years period (1995-2014). Biopsies from selected cases were analyzed by immunohistochemestry, looking for intestinal and gastric markers, using monoclonal antibodies against MUC2, CDX2, CD10, MUC5AC, MUC6. Moreover, we checked the presence of KRAS, NRAS and BRAF mutations.
We identified 5 cases of SBA in a population of 779 CD patients (0,65%). All the SBA found were in female patients with a mean age of 53 years. The HLA genotyping revealed a positivity for the DQ2+ in all cases. At onset SBA showed a clinical picture characterized by diarrhoea in 3 cases and subocclusion in 2 cases. Refractory CD never preceded the onset of a SBA. Th histologica evaluation revealed a high grade, poorly differentiated neoplasia in 3 cases (G3-G4). Overall survival at 5 years was extremely better than that of the sporadic SBA. A mutation of KRAS was found in 2/5 cases. In conclusion, the SBA associated with CD showed different features in comparison to the sporadic one, in particular: a) a female gender predominace, b) a lower median age at diagnosis, c) a preferred jejunal localization, d) a better prognosis (in particular when associated witha CDX2 positivity) and e) for the finding of KRAS mutations.
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Terapia di combinazione con Micofenolato Mofetile ed inibitori della calcineurina a basse dosi: utilità della riduzione della concentrazione ematica pre-dose in pazienti sottoposti a trapianto di fegato con insufficienza renale cronicaScuteri, Alessandra <1971> 26 September 2007 (has links)
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Termoablazione ecoguidata con radiofrequenza per piccolo epatocarcinoma (HCC) su cirrosi: radicalità e ricorrenza di malattia in HCC di prima diagnosi o recidivoCelli, Natascia <1973> 19 March 2007 (has links)
No description available.
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Valutazione quantitativa dei recettori della somatostatina in tumori neuroendocrini e loro valutazione funzionale mediante nuovi analoghi della somatostatina in modelli cellulariTomassoni, Federica <1972> 19 February 2007 (has links)
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