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Una congiuntura del progresso". La modernizzazione italiana e Lombroso (1876-1880)"Ficarra, Pietro January 2015 (has links)
The study seeks to provide a non-teleological overview of a meaningful turning point of the "progress" in late nineteenth century Italy: the period from 1876 to 1880, when the Left wing party started to rule the country. The Italian case is set against the influential background of Europe at the dawn of the "Age of Empires". The study is based on primary sources. It provides a textual analysis of parliamentary reports, governmental documents, political newspapers and magazines. It also investigates the debates involving medical, social and criminal sciences, which were closely related to politics. It thus considers the mainstream-culture of the new "bourgeois" Italy: positivism. Specific attention is devoted to a key player of positivism, Cesare Lombroso, whose "discovery" of the "criminal man" - a sort of dangerous sub-man, that had to be neutralized as such – were about to become world famous. The study seeks to provide a multifaceted and comprehensive analysis. It deals with structures and agency, by refusing both deterministic and subjectivist approaches. The research therefore focuses on the interaction between structures and agency, looking into both the impact of social processes and the cultural-political shaping of these processes. The study hopefully provides a “view from the inside” of the risky capitalistic and democratic modernization in liberal Italy. Source analysis suggests that political elites and the rising bourgeoisie experienced a paradox: a) on the one hand, a need for a "progressive" change, in order to turn that late-comer into a competitive "nation" able to cope with social problems; b) on the other hand, a fear of the "progress" itself, whose tangible implications, i.e. the politicization of social conflict, were dangerous to this weak country. That paradox might shed some light on the later centrist political agenda of “trasformismo”. Moreover, it might support a view that liberal democratic and authoritarian trends, which paired up in liberal Italy, were the two sides of the same coin. As for the cultural developments, it might be argued that the biological theory of "crime" was a safe and nonetheless painful representation of the unbearable dark side ofthe "progress": the anti-illuministic features of that increasingly influential representation were dictated by "progressive" feelings.
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Fare gli Italiani dell’Egeo: Il Dodecaneso dall’Impero ottomano all’Impero del fascismoEspinoza, Filippo Marco January 2017 (has links)
Scopo della tesi è indagare i modi e le forme attraverso cui la percezione dell'opinione popolare egea da parte delle autorità italiane hanno influenzato trasformazioni della vita giuridica, economica e sociale del Dodecaneso nel periodo compreso tra la spartizione dell'Impero ottomano e la proclamazione dell'Impero fascista. Attraverso questa chiave interpretativa si tenterà di enucleare alcune peculiarità del Possedimento delle Isole Italiane dell'Egeo rispetto al contesto italiano e a quello internazionale. Per ricostruire gli sviluppi e gli esiti di tale rapporto si è proceduto a una disamina analitica, mettendo a fuoco le vicende che videro coinvolti gli attori locali e gli organi di governo metropolitani, le problematiche affrontate e le decisioni prese sulla base di documenti interni (studi, memorie, carteggi) e di fonti ufficiali (pubblicistica italiana e internazionale, atti di convegno, bilanci, discorsi parlamentari, leggi e regolamenti). Si è poi cercato di interpretare i singoli eventi, evidenziando le specificità del contesto egeo rispetto agli altri territori sottoposti alla sovranità italiana, le linee di continuità o le divergenze tra le pratiche di governo italiane e quelle ottomane, le finalità attribuite alla politica locale, gli effetti della Grande depressione e dello scenario politico successivo alla Crisi di Abissinia sul tessuto sociale e sulle pratiche amministrative. Il lavoro è diviso in quattro capitoli. Il primo è un'introduzione storica che descrive l'organizzazione politica e sociale dell'Arcipelago durante gli ultimi decenni della dominazione ottomana, le vicende che spinsero gli Italiani all'occupazione del Dodecaneso, gli esiti della Guerra di Libia e delle Guerre balcaniche nell'opinione popolare egea e all'interno dei centri decisionali metropolitani. Nei due capitoli centrali si è deciso di seguire una struttura argomentativa tripartita. Vengono esposti dapprima gli scenari internazionali, con una particolare attenzione alle trattative diplomatiche che interessano la sorte dell'Arcipelago. In secondo luogo, vengono analizzate le politiche amministrative che furono pianificate e portate avanti con il perdurare della presenza italiana, tentando di mettere in luce non solo come le direttive inviate da Roma abbiano condizionato l'azione di governo degli amministratori, ma anche e soprattutto i modi e le forme in cui il preesistente quadro politico ed amministrativo ottomano, pur rimanendo formalmente in vigore, sia stato progressivamente modificato, vuoi per rispondere alle esigenze dei nuovi governanti, vuoi sulla base di spinte che provenivano dalla società civile egea. Infine si tenterà di mettere in luce come i mutamenti degli scenari internazionali e i diversi atteggiamenti adottati dall'amministrazione italiana abbiano influito sulla società dodecanesina, creando non solo oppressione e resistenza, ma anche nuove opportunità di crescita e di guadagno per le diverse classi e gruppi etnici, che adattarono le proprie condizioni di vita secondo dinamiche specifiche e furono in grado di negoziare la loro integrazione all'interno dei nuovi circuiti economici, politici e sociali prodotti dall' imperialismo italiano. L' ultimo capitolo mira invece ad evidenziare gli effetti del clima bellicistico e dell' atteggiamento più marcatamente espansionista esplicitato dal fascismo dopo la conquista dell'Etiopia nel Dodecaneso. Ciò ponendo l'accento sia sugli effetti che il nuovo clima politico, e più in particolare la rivalutazione strategica del Possedimento, ebbe sul rapporto tra Governo ed opinione popolare sia sulle valutazioni, di stampo razzista, che portarono Roma a considerare il Dodecaneso una sorta di laboratorio, o prototipo, per la futura espansione nei Balcani.
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La mente dei civili. Storia e storie da un manicomio di confine (Pergine Valsugana 1909-1924)Grillini, Anna January 2016 (has links)
La tesi esamina tutte le cartelle cliniche prodotte tra il 1909 e il 1924, nel manicomio di Pergine Valsugana. Lo scopo dell'elaborato è l'analisi delle conseguenze psicofisiche lasciate dalla Grande Guerra sulla popolazione, sia civile che militare.
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Celestino Endrici: un Principe Vescovo in Italia (1918-1940)Tenaglia, Camilla January 2019 (has links)
Celestino Endrici, nato a Don in Val di Non nel 1866, fu nominato principe vescovo di Trento dall’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe a soli 38 anni nel 1904. La diocesi trentina era una diocesi di confine e soprattutto mistilingue: comprendeva infatti 27 decanati di lingua italiana e 10 di lingua tedesca. La scelta di quel vescovo era quindi molto delicata, innanzitutto dal punto di vista nazionale, ma anche da quello sociale, a causa del dissidio interno al mondo cattolico tedesco tra conservatori e cristiano sociali. Personaggio molto attivo nel nascente associazionismo trentino, Endrici aveva compiuto i propri studi a Roma dove fu fortemente influenzato dagli insegnamenti di Leone XIII. Il suo episcopato austriaco è stato però prevalentemente ricordato per il suo infelice epilogo: durante la Prima guerra mondiale venne confinato, prima in un palazzo vescovile vicino a Trento poi in un’abbazia cistercense nei pressi di Vienna, a Heiligenkreuz. Il governo asburgico cercò di ottenere le sue dimissioni durante tutto il conflitto, contestando in particolare il suo atteggiamento verso la società germanizzatrice Tiroler Volksbund e in generale il suo approccio troppo freddo nei confronti dell’impresa bellica dell’Impero. L’esperienza del confino fu fondamentale per la posizione che Endrici riuscì ad assumere dopo la guerra: al termine delle ostilità infatti il Trentino visse un periodo di transizione per l’annessione al Regno d’Italia. Le truppe italiane entrarono a Trento il 3 novembre 1918 ed il giorno successivo venne instaurato il governatorato militare, retto dal generale Pecori Giraldi. La politica tendenzialmente moderata di questo periodo dovette però fare i conti con le sostanziali incoerenze del governo centrale, che per la prima volta nella sua storia si trovava a dover confrontarsi con delle minoranze etniche. Il 4 luglio 1919 fu quindi istituito l’Ufficio centrale per le nuove province, affidato al friulano Francesco Salata, e il 21 luglio furono nominati i commissari civili sia per la Venezia Tridentina che per la Venezia Giulia. A Trento arrivò Luigi Credaro, liberale, già ministro per l’istruzione, profondamente mal visto dalle gerarchie ecclesiastiche per la sua presunta affiliazione alla massoneria. Il processo di integrazione amministrativa e legislativa, in senso apparentemente e moderatamente autonomista, cominciato durante il Commissariato Credaro venne bruscamente interrotto dall’avvento del fascismo. Il 3 e il 4 ottobre 1922 i fascisti fecero a Bolzano e poi a Trento quelle che sono state definite le prove generali della marcia su Roma, occupando le sedi del comune bolzanino e della giunta provinciale e costringendo Credaro, tra gli altri, alle dimissioni. Saliti al potere anche a Roma i fascisti crearono la prefettura della Venezia Tridentina, di fatto uniformando le nuove province alle vecchie. Il primo prefetto fu Giuseppe Guadagnini, bolognese, che aveva partecipato alle azioni squadriste di inizio ottobre e che si insediò a Trento il 3 novembre 1922, esattamente quattro anni dopo l’entrata dell’esercito italiano in città. L’avvento del fascismo pose al vescovo la necessità di adoperarsi attivamente nella protezione del movimento cooperativo e associazionistico cattolico, molto forte in Trentino; dovette farlo in particolare in occasione dell’assalto alle sedi delle istituzioni cattoliche del novembre 1926 e della crisi dell’Azione cattolica nell’estate del 1931. In quel periodo Endrici dovette anche affrontare la politica fascista di assimilazione nazionale nei confronti della minoranza tedesca. Sebbene il rapporto con i decanati tedeschi della diocesi si fosse già compromesso durante la Grande guerra, il vescovo si adoperò per garantire protezione al clero tedesco. Soprattutto, Endrici fu molto attivo durante il difficile periodo delle Opzioni, un accordo del 1939 tra Hitler e Mussolini secondo cui tutti gli altoatesini avrebbero dovuto scegliere se mantenere la cittadinanza italiana oppure acquisire quella tedesca. Gli ultimi anni del suo episcopato furono però segnati da gravi problemi di salute: nel settembre 1934 fu colpito da un ictus, che ne compromise le capacità motorie. Venne quindi affiancato da monsignor Enrico Montalbetti, con cui non riuscì mai a collaborare; a causa del cattivo rapporto sia con il titolare che con le autorità locali questi fu quindi trasferito a Reggio Calabria nel 1938. Vescovo coadiutore divenne allora monsignor Oreste Rauzi, trentino e presidente dell’Azione cattolica, che affiancò Endrici fino alla sua morte, senza però succedergli per l’opposizione dei fascisti. Questa ricerca si concentra soprattutto sulla parte italiana dell’episcopato di Endrici, sia geograficamente che temporalmente. Come già ricordato, la diocesi di Trento comprendeva in quel periodo ben dieci decanati di lingua tedesca nell’Alto Adige, mentre quella di Bressanone si estendeva infatti prevalentemente sul territorio tirolese oltre il Brennero. Il carattere bilingue della diocesi pose parecchi problemi alla curia trentina, specialmente in quegli anni di forti sconvolgimenti politici e di grandi passioni nazionalistiche. Sia nel periodo asburgico che in quello italiano il vescovo di Trento si trovò a essere pastore di una componente linguistica minoritaria, che rivendicava diritti e autonomie spesso negate dall’autorità costituita. Questa chiave di lettura ha pervaso buona parte della letteratura su Endrici, non permettendo una visione più completa di quello che fu il suo episcopato. Per questo motivo si è deciso di studiare in maniera approfondita gli anni dal 1918 al 1940. Nella tesi verranno analizzate le posizioni assunte dal vescovo nelle vertenze politiche principali del periodo tra le due guerre, sia nella fase di transizione del trentino all’Italia sia durante il regime fascista. A corredo del lavoro empirico si è deciso di adottare una componente teorica, attraverso cui inserire le vicende dell’episcopato di Endrici nella più ampia cornice della politica estera del Vaticano degli anni tra le due guerre. A questo scopo ci si è serviti della teoria di relazioni internazionali che descrive la Santa Sede come un attore transnazionale multilivello. Questa impostazione multidisciplinare trova compimento nella suddivisione dei capitoli. La tesi si divide infatti in due parti. La prima ripercorre storicamente tutto il percorso di Endrici, soffermandosi sulla sua azione politica e soprattutto su alcuni passaggi chiave inseriti nel più ampio contesto politico e sociale del Trentino tra le due guerre. La seconda parte presenta invece un approfondimento dell’attività del vescovo all’interno del mondo cattolico e soprattutto dei tre livelli proposti. Seppure non convenzionale, questa suddivisione serve a mostrare in maniera più chiara la rete di rapporti di monsignor Endrici e a permetterne la comparazione con altri casi studio simili. Il vescovo di Trento potrebbe allora diventare un paradigma per lo studio di altri vescovi italiani, e non solo, durante gli anni tra le due guerre: superando così la connotazione localistica che ha caratterizzato le ricerche sulla sua figura, per inserirsi in un più ampio dibattito storiografico sulla posizione della chiesa durante il periodo fascista.
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Europa als politisches Konkurrenzthema zwischen Christ- und Sozialdemokraten in Italien und Deutschland von 1945 bis zum Beginn der 60er JahreBredebach, Patrick January 2012 (has links)
Die vorliegende Arbeit beschreibt die Konkurrenz der Christ- und Sozialdemokraten sowie der Sozialisten um Europa sowohl in der Bundesrepublik Deutschland als auch in Italien. Vor dem Hintergrund des aufziehenden Kalten Krieges und der anschließenden Konsolidierung beider politischen Systeme wird untersucht, wie sich die Parteien zur europäischen Integration positioniert haben, welche europapolitischen Strategien verfolgt wurden und welches Bild diese von Europa hatten. Dabei werden benachbarte Politikfelder und Wortfelder des Begriffs Europa vor dem Hintergrund der internationalen, nationalen sowie der jeweiligen innerparteilichen Situation untersucht. Die Studie legt dar, wie und wieso sich die Parteien gegeneinander positionierten und im Laufe der Zeit auch annäherten. Der Beginn des Zeitraums ist dabei das Ende des Zweiten Weltkriegs und somit der Beginn der jeweiligen politischen Systeme. Das Ende wird in der Bundesrepublik Deutschland mit dem Ende der Ära Adenauer gewählt, in Italien mit der Regierung des ersten centro-sinistra unter Aldo Moro.
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Neue Armut, Exklusion, Prekarität. Armutspolitische Debatten im deutsch-französischen Vergleich, 1970 - 1990Hassdenteufel, Sarah January 2016 (has links)
La straordinaria crescita economica conosciuta dalla Franca, dalla Repubblica Federale Tedesca così come da quasi tutti i paesi europei nei tre decenni che seguirono la Seconda guerra mondiale, subì una fine repentina a causa dell’impennata dei prezzi del petrolio nel 1973 e nel 1979/80. A questo periodo di crescita spettacolare succedettero anni di recessione economica nei quali la disoccupazione divenne un fenomeno di massa e la povertà si estese al punto da colpire ampie fasce della popolazione, fasce che prima si ritenevano al riparo dal rischio della povertà. Il presente progetto di Dottorato si propone di indagare il modo in cui il dibattito pubblico affrontò, elaborò e comunicò la crescita della povertà e la disoccupazione nel periodo della recessione. Attraverso lo studio comparato di Francia e Germania si tratterà di analizzare come furono comunicati i rischi sociali nei due Paesi, quali cause furono trovate, come vennero elaborate, e quali possibili soluzioni furono negoziate per risolvere il problema della nuova povertà. Il progetto della tesi rientra nell’ambito della comunicazione politica come conflitto su norme dell’IGK ed è parte della ricerca sulla sicurezza sociale come costruzione comunicativa. Quest’ultima muove dalla tesi per cui sullo sfondo della comunicazione sui nuovi rischi della vita sociale sarebbero riconoscibili le diverse strade prese dai paesi europei in fatto di sicurezza sociale. Conformemente a questa tesi, il progetto si propone di spiegare i diversi sviluppi dello stato sociale in Germania e in Francia a partire dagli anni Settanta muovendo da un’analisi comparata della comunicazione dei nuovi rischi sociali.
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Il nazionalsocialismo e la destra nazionalista tedesca: 1925 - 1933Salvador, Alessandro January 2010 (has links)
Il lavoro di tesi consiste in una analisi dello sviluppo del partito nazionalsocialista tedesco a partire dalla sua seconda fondazione, nel 1925, fino alla nomina di Hitler alla carica di Cancelliere. Lo scopo del lavoro è di mettere in luce come la strategia politica della NSDAP sia stata volta non solo a consolidare la propria stabilità e coerenza interna e a rafforzare il partito nel contesto politico della Repubblica di Weimar, ma anche a destabilizzare e logorare le forze politiche della destra nazionalista. Dette forze politiche, in particolare lo Stahlhelm (lega dei veterani) e il partito popolare tedesco-nazionale (DNVP)pur perseguendo scopi simili a quelli della NSDAP, come il rovesciamento del sistema democratico, venivano da essa percepiti come un ostacolo per il potere. Il movimento hitleriano alterna quindi momenti di convergenza a momenti di rivalità con questi soggetti politici e lo scopo di questo lavoro era mettere in luce come questi sviluppi abbiano di fatto provocato il declino di una destra nazionalista conservatrice favorendo la presa del potere da parte del nazionalsocialimo.
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Europa im Bild. Imaginationen Europas in Wochenschauen in Deutschland, Frankreich, Großbritannien und Österreich 1948-1959Pfister, Eugen January 2013 (has links)
Le "immagini dell'Europa" di cui è fatta menzione nel titolo rappresentano costrutti mentali o luoghi comuni (topoi) connessi, appunto, all'idea di Europa e veicolati dai cinegiornali analizzati. Tali immagini possono essere considerate delle proposte di definizione di Europa, quali furono offerte al pubblico negli anni Cinquanta. Un tema che, considerata la discussione attuale sull'identità europea si rivela di notevole attualità. I cinegiornali offrono inoltre agli storici la possibilità unica e fino ad ora non sfruttata, di analizzare le fonti filmiche relative ai primi anni d'integrazione europea. Oggetto di indagine sono, in primo luogo, gli atti di fondazione dell'integrazione europea, come ad esempio la firma dei Trattati di Roma, i dibattiti parlamentari o la presentazione del Piano Schuman, ovvero atti politici di ordine simbolico e rituale. Le riprese dei cinegiornali tradussero tali conferenze e cerimonie di sottoscrizione dei contratti in fatti comunicati; nella prospettiva della ricerca storico-politica tali avvenimenti acquisirono significato proprio attraverso la loro comunicazione. Infine, uno degli obiettivi della presente ricerca è il confronto tra la politica "reale" e quella "simbolica".
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I profughi trentini nella Grande Guerra. Identità multiple, fedeltà percepita, welfare stataleFrizzera, Francesco January 2016 (has links)
La tesi ricostruisce l'esperienza bellica di circa 115.000 civili trentini che furono evacuati o fuggirono dalla regione trentino tirolese durante il primo conflitto mondiale. 77.000 trentini vennero evacuati nelle regioni interne dell'Impero asburgico. Altri 35.800 fuggirono o vennero evacuati nelle regioni interne del Regno d'Italia, essendosi venuti a trovare a sud della linea del fronte. L'obbiettivo della tesi è quello di valutare come questa esperienza incida sulla percezione identitaria di gruppo di questa massa di sfollati, prevalentemente donne, anziani e bambini, che entrano in contatto per la prima volta con popolazioni di lingua e cultura diversa e, in molti casi, con le maglie della burocrazia statale (sia essa del proprio Stato o dello Stato in cui entreranno a far parte dopo il conflitto). Il secondo obbiettivo della tesi è quello di indagare le politiche di assistenza e controllo messe in atto dai due Stati nei confronti di popolazioni di confine dall'identità ibrida, confrontando queste disposizioni con casi nazionali già indagati nel dettaglio.
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Infrangere le frontiere: l'arrivo in Italia delle displaced persons ebree 1945-1948Villani, Cinzia January 2010 (has links)
Il mio studio concerne i flussi d'ingresso in Italia delle displaced persons ebree fra il 1945 e il 1948 e la politica attuata dalle autorità italiane verso questi arrivi.
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