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Permanenza e Trasformazione in architettura. Gibellina e Salemi: città usateRodeghiero, Benedetta 07 October 2008 (has links)
El Objeto de la tesis son las ciudades de Gibellina y Salemi (valle del Belice, Sicilia), destruidas, en su totalidad o en parte, por un violento terremoto en enero de 1968.
El objetivo de la tesis es estudiar la relación entre permanencia y transformación en la arquitectura de la ciudad a través del análisis de un caso extremo donde una catástrofe provoca una fractura repentina en la evolución, física y social, de la historia de un lugar. El proceso de reconstrucción evidencia como estos elementos se combinan en el proyecto arquitectónico y en el uso del espacio construido para que la ciudad se mantenga viva.
En los últimos 40 años Gibellina y Salemi han sido un laboratorio de la arquitectura y de las ciencias humanas, en una dimensión analizable en un único estudio; el Belice un banco de pruebas para la cultura política y arquitectónica italiana, que no tenía, entonces, herramientas legislativas para actuar al margen de la cultura de la emergencia.
Gibellina y Salemi son el sujeto de una investigación histórica que sitúa la mirada en el presente y en el uso. Las dos ciudades, física y social, dialogan: la primera cambia y requiere que lo haga también la segunda. ¿Cómo la historia interrumpida puede seguir su curso? ¿Cómo la conservación y la innovación de los elementos espaciales y culturales de una comunidad garantizan su supervivencia? ¿Cómo la memoria rememorada hace avanzar hacia el futuro?
Estas preguntas nacen de unas hipótesis iniciales. La primera es que la construcción de la ciudad sea un proceso continuo donde territorio y sociedad son los términos de un diálogo constante. La segunda concierne al propio mecanismo de la catástrofe el cual no puede leerse solo como acontecimiento luctuoso, sino como portador de un punto de vista nuevo, de la oportunidad de hacer las cosas de manera diferente. La memoria, para acabar, cobra un papel fundamental combinando permanencia y transformación tanto en el proyecto de arquitectura como en el uso de la ciudad. Si el análisis de un caso concreto puede aclarar los mecanismos de producción, transformación y transmisión de la arquitectura en el tiempo, podremos entender, mediante él, cómo se mantiene a lo largo de la historia la conexión entre un territorio y su cultura.
La tesis reordena las etapas de la reconstrucción y propone un punto de vista diferente con respecto a mucha literatura sobre Belice, situando el análisis del texto urbano en su específico contexto histórico, geográfico y cultural, sin expresar juicios a posteriori e investigando las razones contingentes de las elecciones llevadas a cabo.
La tesis se compone de tres partes según una estructura cronológica clásica.
En la primera se analiza el Belice según los parámetros de construcción y resistencia. La teoría del territorio como paisaje construido y culturalizado se refiere a la tradición italiana desde Assunto hasta Natarelli. La lectura de Rossi es fundamental para entender la ciudad como artefacto que evoluciona en el tiempo. La teoría sociogenética de Muntañola relaciona proyecto, territorio y sociedad, mientras que la psicología ambiental, Pol, ayuda a comprender lo urbano desde el punto de vista del sujeto que lo habita. El análisis de la arquitectura en el tiempo se hace a partir de la teoría del tipo como estructura que, en la tradición de Quatremère de Quincy, es releída y actualizada por Caniggia y Muratori en los setenta y, más recientemente, por Martí y Moneo. Para la reflexión sobre forma, figura y símbolo nos referimos a Colquhoun y para el concepto de espacio prototípico en psicología ambiental a Valera. Fuera de la arquitectura, la topología y la teoría psicogenética de Piaget sugieren un interesante punto de vista para entender la evolución del tipo en el tiempo. Con estas bases se identifican y describen los tipos urbanos y arquitectónicos fundamentales del Belice antes 1968.
La segunda parte se apoya en los estudios de Muntañola sobre la poética en arquitectura y utiliza la teoría de las catástrofes del matemático René Thom para defender la duplicidad del concepto de catástrofe: como trauma y como solución. El análisis de estos puntos de vista aplicados a la arquitectura hace reflexionar sobre como “regla” y “modelo” intervienen en el proyecto de arquitectura en un contexto de destrucción de la forma urbana y disolución del contexto social al que pertenece. El estudio de los planes para Gibellina y Salemi ha sido hecho de acuerdo con esta nueva orientación.
En la tercera parte, la teoría de la memoria de Ricoeur ayuda a entender como resistencia y transformación se entrelazan en los diferentes proyectos de reconstrucción a través de los elementos de topos, tipo y uso. La relación del texto arquitectónico con su contexto histórico y social se cumple en el “habitar reflexivo”. / Oggetto della tesi sono le città di Gibellina e Salemi (valle del Belice, Sicilia), distrutte, nella loro totalità o in parte, da un violento terremoto nel gennaio del 1968.
Obiettivo della tesi è indagare la relazione tra permanenza e trasformazione nell’architettura della città attraverso l’analisi di un caso estremo in cui una catastrofe opera una frattura repentina nell’evoluzione, fisica e sociale, della storia di un luogo. Il processo di ricostruzione mostra come i due elementi si combinano nel progetto architettonico e nell’uso dello spazio costruito per consentire alla città di mantenersi viva.
Durante gli ultimi 40 anni Gibellina e Salemi sono state un laboratório dell’architettura e delle scienze umane, in una dimensione analizzabile in un unico studio; il Belice un banco di prova per la cultura politica e architettonica italiana priva, allora, di strumenti legislativi per operare oltre la cultura dell’emergenza.
Gibellina e Salemi sono il soggetto di una ricerca storica, che situa lo sguardo nel presente e sull’uso. Le due città, fisica e sociale, dialogano: la prima si modifica e richiede che lo faccia anche la seconda. Come la storia interrotta prosegue il suo corso? Come la conservazione e il rinnovamento degli elementi spaziali e culturali di una comunità ne garantiscono la sopravvivenza? Come la memoria fa avanzare verso il futuro?
Queste domande nascono da alcune ipotesi di partenza. La prima è che la costruzione della città sia un processo continuo in cui territorio e società sono i termini di un dialogo costante. La seconda riguarda il meccanismo stesso della catastrofe che non può essere letta solo come evento luttuoso, ma tale da portare con sè il germe costruttivo di un punto di vista nuovo, della opportunità di fare le cose diversamente. La memoria,
infine, ha un ruolo fondamentale nel combinare permanenza e trasformazione tanto nel progetto di architettura come nell’uso della città. Se l’analisi di un caso concreto può far luce sui meccanismi di produzione, trasformazione e trasmissione dell’architettura nel tempo, potremo, per suo tramite, capire come il legame tra un territorio e la sua cultura si mantiene nella storia.
La tesi riordina le tappe della ricostruzione e propone un punto di vista diverso rispetto a molta letteratura sul Belice, situando l’analisi del testo urbano all’interno del suo specifico contesto storico, geografico e culturale, senza esprimere giudizi a posteriori e indagando le ragioni contingenti delle scelte operate.
La tesi si compone di tre parti secondo una struttura cronologica classica.
Nella prima, si analizza il Belice secondo i parametri di costruzione e resistenza. La teoria del territorio come paesaggio costruito e culturalizzato si rifà alla tradizione italiana da R. Assunto fino a E. Natarelli. La lettura di A. Rossi è fondamentale per intendere la città come manufatto che si evolve nel tempo. La teoria sociogenetica di J. Muntañola relaziona progetto, territorio e società, mentre la psicologia ambientale, E. Pol, aiuta nella comprensione dell’urbano dal punto di vista del soggetto che lo abita. L’analisi della resistenza dell’architettura nel tempo viene a fatta a partire dalla teoria del tipo come struttura che, nella tradizione di Quatremère de Quincy, è riletta e aggiornata da G.
Caniggia e S. Muratori negli anni ’70 e più recentemente da C. Martì e R. Moneo. Per la riflessione su forma, figura e simbolo ci siamo riferiti ad A. Colquhoun e per il concetto di spazio prototipico in psicologia ambientale a S. Valera. Al di fuori dell’architettura, la topologia e la teoria psicogenetica di J. Piaget suggeriscono un interessante punto di vista
per capire l’evoluzione del tipo nel tempo. Su queste basi si identificano e descrivono i tipi urbani ed architettonici fondamentali del Belice prima del 1968.
La seconda parte si appoggia agli studi di Muntañola sulla poetica in architettura e utilizza la teoria delle catastrofi del matematico R. Thom per sostenere la duplicità del concetto di catastrofe: come trauma e come soluzione. L’analisi dei due punti di vista applicati all’architettura fa riflettere su come regola e modello intervengono nel progetto di architettura in un contesto di distruzione della forma urbana e di dissoluzione del contesto sociale di appartenenza. Lo studio dei piani per Gibellina e Salemi è fatto a partire da questo nuovo orientamento.
Nella terza parte la teoria della memoria di P. Ricoeur ci aiuta a capire come resistenza e trasformazione si declinano nei diversi progetti di ricostruzione mediante i tre elementi di topos, tipo e uso. La relazione del testo architettonico con il suo contesto storico e sociale trova compimento nell’abitare riflessivo. / This thesis explores the cities of Gibellina and Salemi (Belice Valley, Sicily), which were entirely or partially destroyed by a major earthquake in January 1968.
The aim of the thesis is to study the relationship between permanence and transformation in the architecture of the city by analysing an extreme case in which a disaster causes a sudden fracture in the physical and social evolution of the history of a place. The reconstruction process shows how these elements are combined in the architectural project and use of built-up space in order to keep the city alive.
In the last forty years Gibellina and Salemi have been a laboratory for architecture and human sciences on a scale that can be analysed in one study. Belice is a testbed for
Italian political and architectural culture which at that time did not possess the legislative means to act outside the emergency culture.
Gibellina and Salemi are the subject of historical research focusing on the present and on use. Both cities, physically and socially, maintain a dialogue: the former changes and forces the latter to do so also. How can uninterrupted history continue its course? How do the conservation and innovation of the spatial and cultural elements of a community ensure its survival? How does remembered memory lead us into the future?
All of these questions are borne out of initial hypotheses. The first is that the construction of a city is a continual process in which land and society are the terms of ongoing dialogue. The second concerns the mechanism of the disaster itself, which must not be seen merely as a painful event but as the bringer of a new perspective - the chance to do things differently. Finally, memory plays a key role by bringing together permanence and transformation both in the architectural project and in the use of the city. If analysing a specific case can shed light upon the mechanisms of production, transformation and transmission of architecture in time, we shall thereby be able to understand how the connection between a land and its culture is upheld through history.
This thesis reorders the reconstruction stages and proposes a fresh point of view with regard to the bulk of the literature on Belice, placing the urban text analysis within its historical, geographical and cultural context without making judgements and exploring the underlying reasons for the choices made.
It is split into three parts in the classical chronological structure. Firstly, Belice is analysed in terms of construction and resistance. The theory of territory as a built and
culturalized landscape refers to the Italian tradition from Assunto to Natarelli. The reading of Rossi is vital to understanding the city as an artefact that evolves over time. Josep Muntañola’s theory of sociogenetics links project, territory and society, whilst Enric Pol’s work on environmental psychology provides insight into the urban from the perspective of its inhabitants. My analysis of architecture over time is underpinned by the theory of the type as structure which, in the tradition of Quatremère de Quincy, was revisited and updated by Caniggia and Muratori in the 1970’s and, more recently, by Martí and Moneo. I shall refer to Colquhoun on form, figure and symbol, and to Valera on the concept of prototypical space in environmental psychology. Moving beyond the architectural domain,
Jean Piaget’s theory of psychogenetics provides a fascinating point of view for understanding the evolution of type in time. These are the underlying principles that have been taken to identify and describe the fundamental urban and architectural types in Belice before 1968.
The second section is based on Muntañola’s studies on the poetic in architecture and uses mathematician René Thom’s catastrophe theory to support the twofold nature of the catastrophe concept: as a trauma and as a solution. The analysis of these points of view as applied to architecture leads to a consideration of how ‘rule’ and ‘model’ intervene in the architectural project in a context of destruction of the urban form and breakdown of the social setting to which it belongs. The plans for Gibellina and Salemi have been studied in accordance with this new direction.
In the third part, Ricoeur’s memory theory is useful in understanding how resistance and transformation are intertwined in the various reconstruction projects through the three elements topos, types and use. The relationship between the architectural text and its historical and social setting is brought about by “reflexive inhabiting”.
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