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Esperienza all'interno di un progetto per la realizzazione di un sistema di sorveglianza della leishmaniosi canina in Emilia-Romagna

Salvatore, Daniela <1981> 21 April 2010 (has links)
La leishmaniosi è una malattia protozoaria importante che interessa l’ambito della sanità animale e umana, in relazione al carattere zoonotico dell’infezione. In Italia l’infezione è sostenuta da Leishmania infantum, i cui ceppi viscerotropi sono responsabili della leishmaniosi canina (LCan) e della forma viscerale zoonotica (LVZ), ed i ceppi dermotropi della forma cutanea sporadica nell’uomo (LCS). La trasmissione dell’infezione è sostenuta da femmine ematofaghe di ditteri appartenenti al genere Phlebotomus, che hanno il ruolo di vettori biologici attivi. L’unico serbatoio domestico riconosciuto è il cane. In Italia la LCan è in forte espansione. Fino agli anni ottanta era presente in forma endemica nel centro-sud Italia e nelle isole mentre il nord Italia, fatta eccezione per la Liguria e una piccola parte dell’Emilia-Romagna risultava indenne. A partire dagli anni novanta, parallelamente ad un aumento della consistenza e del numero dei focolai nelle aree storicamente endemiche, sono iniziate, nelle regioni del Nord, le segnalazioni di focolai autoctoni stabili. Le attività del network scientifico LeishMap™, tra il 2002 e il 2005, hanno evidenziato un nuovo quadro epidemiologico in tutte le regioni del nord Italia, confermato anche da indagini successive. Alla riemergenza della leishmaniosi hanno concorso una serie di fattori ecologico-ambientali e umani. Tra i primi si ricorda il cambiamento climatico che ha influito sulla distribuzione e sulla densità della popolazione vettoriale; tra i secondi, ruolo fondamentale ha giocato la maggiore movimentazione di animali, provenienti da aree indenni, in zone interessate dalla malattia. La valutazione di tutti questi aspetti è stato il punto di partenza per la messa a punto di un progetto per la realizzazione della sorveglianza della leishmaniosi in Emilia-Romagna. Parte delle attività previste da tale progetto costituiscono la prima parte della presente tesi. Mediante la realizzazione di una banca dati e, la successiva georeferenziazione, dei casi di leishmaniosi canina (LCan) in cani di proprietà della regione e zone limitrofe (Pesaro-Urbino, Repubblica di San Marino), sono stati evidenziati 538 casi, la maggior parte dei quali nelle province di Bologna e Rimini (235 e 204, rispettivamente). Nelle due province sono stati individuati clusters di aggregazione importanti in base alla densità di casi registrati/km2 (4 nella provincia di Bologna e 3 in quella di Rimini). Nella seconda parte della presente tesi è stato approfondito l’aspetto diagnostico della malattia. Molte sono le metodiche applicabili alla diagnosi di LCan: da quelle dirette, come i metodi parassitologici e molecolari, a quelle indirette, come le tecniche sierologiche. Nella II parte sperimentale della presente tesi, 100 sieri di cane sono stati esaminati in Immunofluorescenza Indiretta (IFI), Enzyme-Linked Immunosorbent Assay (ELISA) e Western Blot (WB), al fine di valutare l’applicazione di queste metodiche a scopi diagnostici ed epidemiologici. L’elaborazione statistica dei risultati ottenuti conferma l’IFI metodica gold standard per la diagnosi della LCan. Inoltre, si è osservato che il grado di concordanza tra l’IFI e le altre due metodiche aumenta quando nell’animale si instaura una risposta anticorpale forte, che, corrisponderebbe ad uno stato di infezione in atto.
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Survey on the spirilar flora of Lagomorphs

Revez, Joana Marreiros Cabrita <1982> 21 April 2010 (has links)
Members of the genera Campylobacter and Helicobacter have been in the spotlight in recent decades because of their status as animals and/or humans pathogens, both confirmed and emerging, and because of their association with food-borne and zoonotic diseases. First observations of spiral shaped bacteria or Campylobacter-like organisms (CLO) date back to the end of the 19th century, however the lack of adequate isolation methods hampered further research. With the introduction of methods such as selective media and a filtration procedure during the 1970s led to a renewed interest in Campylobacter, especially as this enabled elucidation of their role in human hosts. On the other hand the classification and identification of these bacteria was troublesome, mainly because of the biochemical inertness and fastidious growth requirements. In 1991, the taxonomy of Campylobacter and related organisms was thoroughly revised, since this revision several new Campylobacter and Helicobacter species have been described. Moreover, thanks to the introduction of a polyphasic taxonomic practice, the classification of these novel species is well-founded. Indeed, a polyphasic approach was here followed for characterizing eight isolates obtained from rabbits epidemiologically not correlated and as a result a new Campylobacter species was proposed: Campylobacter cuniculorum (Chapter 1). Furthermore, there is a paucity of data regarding the occurrence of spiral shaped enteric flora in leporids. In order to define the prevalence both of this new species and other CLO in leporids (chapter 2), a total of 85 whole intestinal tracts of rabbits reared in 32 farms and 29 capture hares, epidemiologically not correlated, were collected just after evisceration at the slaughterhouse or during necroscopy. Examination and isolation methods were varied in order to increase the sensibility level of detection, and 100% of rabbit farms resulted positive for C. cuniculorum in high concentrations. Moreover, in 3.53% of the total rabbits examined, a Helicobacter species was detected. Nevertheless, all hares resulted negative both for Campylobacter or Helicobacter species. High prevalence of C. cuniculorum were found in rabbits, and in order to understand if this new species could play a pathological role, a study on some virulence determinants of C. cuniculorum was conducted (Chapter 3). Although this new species were able to adhere and invade, exert cytolethal distending toxin-like effects although at a low titre, a cdtB was not detected. There was no clear relationship between source of isolation or disease manifestation and possession of statistically significantly levels of particular virulence-associated factors although, cell adhesion and invasion occurred. Furthermore, antibiotic susceptibility was studied (chapter 4) in Campylobacter and in Escherichia coli strains, isolated from rabbits. It was possible to find acquired resistance of C. cuniculorum to enrofloxacin, ciprofloxacin and erytromycin. C. coli isolate was susceptible to all antimicrobial tested and moreover it is considered as a wild-type strain. Moreover, E. coli was found at low caecal concentration in rabbits and 30 phenotypes of antibiotic resistance were founded as well as the high rate of resistances to at least one antibiotic (98.1%). The majority of resistances were found from strains belonging to intensive farming system. In conclusion, in the course of the present study a new species isolated from rabbits was described, C. cuniculorum, and its high prevalence was established. Nevertheless, in hare samples no Campylobacter and Helicobacter species were detected. Some virulence determinants were further analyzed, however further studied are needed to understand the potential pathogenicity of this new species. On the other hand, antimicrobial susceptibility was monitored both in C. cuniculorum and indicator bacteria and acquired resistance was observed towards some antibiotics, indicating a possible role of rabbitries in the diffusion of antibiotic resistance. Further studies are necessary to describe and evaluate the eventual zoonotic role of Campylobacter cuniculorum. / Membri del genere Campylobacter e Helicobacter sono stati studiati negli ultimi decenni a causa del loro status di patogeni animali e/o umani, e a causa della loro associazione con tossinfezione alimentare e zoonosi. Le prime osservazioni di batteri a forma spirillare o organismi simili a Campylobacter risalgono alla fine del secolo XIX, tuttavia la mancanza di metodi di isolamento adeguati hanno ostacolato ulteriori ricerche. L'introduzione di innovativi metodi d’isolamento durante gli anni ‘70, ha portato ad un rinnovato interesse per il genere Campylobacter, permettendo di chiarire il suo ruolo nella patologia umana. In seguito alle difficoltá nel classificare e identificare questi batteri, soprattutto a causa della loro inerzia biochimica ed esigenze colturali, la tassonomia di Campylobacter e organismi corelati è stata da sempre motivo di dibattito. I moderni sviluppi della sistematica in batteriologia e l’introduzione nella pratica tassonomica del cosi detto approccio polifasico, che consiste nell’associare alle classiche informazioni fenotipiche quelle di origine genetica e/o genomica, ha permesso di descrivere moltissime nuove species di Campylobacter e Helicobacter. Un approccio polifasico è stato qui condotto per la caratterizzazione di otto isolati ottenuti da conigli epidemiologicamente non correlati, permettendo la descrizione di una nuova specie: Campylobacter cuniculorum (capitolo 1). Dalla disamina della letteratura, l’isolamento di Campylobacter dal coniglio o dalla lepre é sempre descritto come evento sporadico, ma i risultati tra diversi studi appaiono spesso contradditori e un’indagine sistematica sulla prevalenza di questi batteri nel contenuto intestinale di conigli e lepri (Leporidae) risulta carente. Con l’obiettivo di definire con maggior precisione la prevalenza di differenti specie di Campylobacter, in particolare della nuova specie C. cuniculorum, che di Helicobacter in Leporidae, sono stati campionati un totale di 85 pacchetti intestinali di conigli allevati in 32 aziende e 29 da lepri di cattura (capitolo 2). Tutti i conigli analizzati sono risultati positivi a C. cuniculorum e solo in 3 casi é stato possibile determinare la presenza di Helicobacter spp., per cui una identificazione di specie non é stata possibile. Soltanto in due casi é stato isolato, insieme ad C. cuniculorum, anche Campylobacter coli. Diversamente da quanto osservato nei conigli, tutte le lepri sono risultate negative sia per Campylobacter che per Helicobacter. Data l’elevata prevalenza di C. cuniculorum in conigli allevati a scopo alimentare, al fine di verificare il suo possibile ruolo come agente patogeno, é stato condotto uno studio volto ad analizzare l’eventuale espressione di alcuni fattori di virulenza (capitolo 3): presenza di Cytolethal Distending Toxin (CDT); adesione e invasione in diverse linee cellulari. Sebbene gli isolati di C. cuniculorum abbiano mostrato diversi gradi di adesione ed invasione e di esercitare effetti tossici su diverse linee cellulari, la presenza di CDT non è stata rilevata. Inoltre, non é stata riscontrata nessuna relazione tra la presenza di sintomi gastrointestinali nel coniglio e l’espressione dei fattori di virulenza studiati. Visto la crescente importanza del fenomeno dell’antibiotico resistenza e la sua implicazione in sanitá pubblica, nella presente tesi é stata, inoltre, monitorata la sensibilitá di Campylobacter ed Escherichia coli isolati da conigli ad un determinato pannello di antibiotici (capitolo 4). É stato possibile determinare acquisita resistenza a enrofloxacina, ciprofloxacina ed eritromicina in C. cuniculorum. Diversamente, C. coli é risultato sensibile a tutti gli antibiotici testati. Il 98,1% degli isolati di E. coli esaminati hanno presentato resistenza ad almeno un antibiotico (98,1%), per un totale di 30 fenotipi di resistenza riscontrati. La maggior parte delle resistenze osservate sono state riscontrate in ceppi isolati da animali allevati con sistema intensivo. In conclusione, nel corso del presente studio una nuova specie isolata da conigli è stata descritta, C. cuniculorum. Questa specie ha mostrato un’elevata prevalenza in conigli ma é risultata totalmente assente nei campioni di lepre. Sebbene alcuni fattori di virulenza siano stati riscontrati, ulteriori studi sono necessari per capire la potenziale patogenicità ed il ruolo zoonosico di C. cuniculorum. Tuttavia, resistenza a differenti antibiotici é stata riscontrata sia in C. cuniculorum che in batteri indicatori, suggerendo il possibile ruolo dell’allevamento cunicolo nella diffusione dell’antibiotico resistenza. / Membros dos géneros Campylobacter e Helicobacter têm sido o centro das atenções nas últimas décadas tanto devido à importância como agentes patogénicos (confirmados e emergentes) de animais e/ou humanos, como devido à sua associação com zoonoses. As primeiras observações de bactérias de forma espiralar ou organismos Campylobacter-like (OCL) remontam ao final do século XIX. Porém, a falta de métodos de isolamento adequados prejudicou a investigação destes microorganismos. Com a introdução de métodos durante a década de 1970, como meios selectivos e processos de filtração, um renovado interesse em Campylobacter surgiu, especialmente porque este permitiu a elucidação do seu papel em hospedes humanos. Por outro lado, devido à sua bioquímica inerte e requisitos de crescimento fastidioso, a classificação e identificação dessas bactérias foi verdadeiramente problemática. Em 1991, a taxonomia de Campylobacter e organismos relacionados foi completamente revista, e a partir desta revisão diversas novas espécies de Campylobacter e Helicobacter têm sido descritas. Além disso, a classificação destas novas espécies está bem fundamentada devido à introdução de uma prática taxonómica polifásica. Com efeito, uma abordagem polifásica foi aqui utilizada para caracterizar oito estirpes obtidas de coelhos epidemiologicamente não correlacionados, e como resultado uma espécie nova de Campylobacter foi proposta: Campylobacter cuniculorum (Capítulo 1). Sabendo que existe uma grande escassez de dados sobre a ocorrência de bactérias de forma espiralar na flora entérica de leporídeos, e a fim de definir a prevalência tanto desta nova espécie como de outros OCL em coelhos e lebres (capítulo 2), um total de 85 tractos intestinais de coelhos de 32 explorações (industriais e rurais), epidemiologicamente não correlacionadas, e 29 tractos intestinais de lebres de captura, foram amostrados no matadouro ou durante necroscopia. Os métodos de isolamento e detecção utilizados foram variados, com o objectivo de aumentar o nível de sensibilidade, e 100% das explorações de coelhos resultaram positivas para C. cuniculorum. Além disso, em 3.53% do total de coelhos analisados uma espécie de Helicobacter foi detectada, porém não identificada. No entanto, em todas as lebres analisadas a detecção de Campylobacter e Helicobacter foi negativa. Dada a alta prevalência de C. cuniculorum encontrada em coelhos, e com o intuito de compreender se esta nova espécie poderia desempenhar um papel patogénico, um estudo sobre alguns factores de virulência foi realizado em 13 estirpes de C. cuniculorum (Capítulo 3). Embora esta nova espécie seja capaz de aderir, invadir, e exercer efeitos semelhantes à toxina de distensão citoletal (embora a um baixo título), a cdtB não foi detectada. Não houve uma relação estatisticamente significativa entre a fonte de isolamento ou manifestação da doença e os factores de virulência estudados. A susceptibilidade aos antibióticos foi igualmente estudada, nas seguintes estirpes isoladas de coelhos: 29 de C. cuniculorum, ums de Campylobacter coli e 54 ide Escherichia coli (capítulo 4). Foi possível encontrar a resistência adquirida de C. cuniculorum à enrofloxacina, ciprofloxacina e eritromicina. O isolado de C. coli resultou susceptível a todos os agentes antimicrobianos testados e é considerada como uma estirpe de tipo selvagem. No entanto, a maioria das resistências foram encontrados em estirpes originárias do sistema intensivo/industrial. O mesmo foi verificado nas bactérias indicadoras (E. coli). Além disso, os isolados de E. coli mostraram uma elevada taxa de resistência a pelo menos um antibiótico (98.1%), e 30 fenótipos de antibiótico-resistência foram encontrados. Em conclusão, no decurso da presente tese uma nova espécie isolada de coelhos foi descrita, C. cuniculorum, e a respectiva prevalência foi estabelecida. Se bem que alguns factores de virulência foram analisados, são necessários mais estudos para compreender a potencial patogenicidade desta nova espécie. No entanto, a susceptibilidade antimicrobiana foi monitorada, tanto em C. cuniculorum como em bactérias indicadoras e a aquisição de resistência foi observada para alguns antibióticos, sugerindo um potencial papel na disseminação de antibiotico-resistência por parte das explorações de coelhos. Mais estudos são necessários para descrever e avaliar o eventual papel zoonótico de C. cuniculorum.
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Messa a punto di sistemi per il controllo e la terapia delle malattie virali

Galligioni, Viola <1981> 21 April 2010 (has links)
A livello globale una delle problematiche più urgenti della sanità pubblica umana e veterinaria è rappresentata dal controllo delle infezioni virali. L’emergenza di nuove malattie, la veloce diffusione di patologie finora confinate ad alcune aree geografiche, lo sviluppo di resistenza dei patogeni alle terapie utilizzate e la mancanza di nuove molecole attive, sono gli aspetti che influiscono più negativamente livello socio-economico in tutto il mondo. Misure per limitare la diffusione delle infezioni virali prevedono strategie per prevenire e controllare le infezioni in soggetti a rischio . Lo scopo di questa tesi è stato quello di indagare il possibile utilizzo di prototipi virali utilizzati come modello di virus umani per valutare l’efficacia di due diversi metodi di controllo delle malattie virali: la rimozione mediante filtrazione di substrati liquidi e gli antivirali di sintesi e di origine naturale. Per quanto riguarda la rimozione di agenti virali da substrati liquidi, questa è considerata come requisito essenziale per garantire la sicurezza microbiologica non solo di acqua ad uso alimentare , ma anche dei prodotti utilizzati a scopo farmaceutico e medico. Le Autorità competenti quali WHO ed EMEA hanno redatto delle linee guida molto restrittive su qualità e sicurezza microbiologica dei prodotti biologici per garantire la rimozione di agenti virali che possono essere trasmessi con prodotti utilizzati a scopo terapeutico. Nell'industria biomedicale e farmaceutica c'è l'esigenza di una tecnologia che permetta la rimozione dei virus velocemente, in grande quantità, a costi contenuti, senza alterare le caratteristiche del prodotto finale . La collaborazione con l’azienda GVS (Zola Predosa, Italia) ha avuto come obiettivo lo studio di una tecnologia di filtrazione che permette la rimozione dei virus tramite membrane innovative e/o tessuti-non-tessuti funzionalizzati che sfruttano l’attrazione elettrostatica per ritenere ed asportare i virus contenuti in matrici liquide. Anche gli antivirali possono essere considerati validi mezzi per il controllo delle malattie infettive degli animali e nell’uomo quando la vaccinazione non è realizzabile come ad esempio in caso di scoppio improvviso di un focolaio o di un attacco bioterroristico. La scoperta degli antivirali è relativamente recente ed il loro utilizzo è attualmente limitato alla patologia umana, ma è in costante aumento l’interesse per questo gruppo di farmaci. Negli ultimi decenni si è evidenziata una crescente necessità di mettere a punto farmaci ad azione antivirale in grado di curare malattie ad alta letalità con elevato impatto socio-economico, per le quali non esiste ancora un’efficace profilassi vaccinale. Un interesse sempre maggiore viene rivolto agli animali e alle loro patologie spontanee, come modello di studio di analoghe malattie dell’uomo. L’utilizzo di farmaci ad azione antivirale in medicina veterinaria potrebbe contribuire a ridurre l’impatto economico delle malattie limitando, nel contempo, la disseminazione dei patogeni nell’ambiente e, di conseguenza, il rischio sanitario per altri animali e per l’uomo in caso di zoonosi. Le piante sono sempre state utilizzate dall’industria farmaceutica per l’isolamento dei composti attivi e circa il 40% dei farmaci moderni contengono principi d’origine naturale. Alla luce delle recenti emergenze sanitarie, i fitofarmaci sono stati considerati come una valida per migliorare la salute degli animali e la qualità dei prodotti da essi derivati. L’obiettivo del nostro studio è stato indagare l’attività antivirale in vitro di estratti naturali e di molecole di sintesi nei confronti di virus a RNA usando come prototipo il Canine Distemper Virus, modello di studio per virus a RNA a polarità negativa, filogeneticamente correlato al virus del morbillo umano. La scelta di questo virus è dipesa dal fatto che rispetto ai virus a DNA e ai retrovirus attualmente l’offerta di farmaci capaci di contrastare le infezioni da virus a RNA è molto limitata e legata a molecole datate con alti livelli di tossicità. Tra le infezioni emergenti causate da virus a RNA sono sicuramente da menzionare quelle provocate da arbovirus. Le encefaliti virali da arbovirus rappresentano una emergenza a livello globale ed attualmente non esiste una terapia specifica. Una delle molecole più promettenti in vitro per la terapia delle infezioni da arbovirus è la ribavirina (RBV) che, con il suo meccanismo d’azione pleiotropico, si presta ad essere ulteriormente studiata in vivo per la sua attività antivirale nei confronti delle infezioni da arbovirus. Uno dei fattori limitanti l’utilizzo in vivo di questa molecola è l’incapacità della molecola di oltrepassare la barriera emato-encefalica. Nel nostro studio abbiamo messo a punto una formulazione per la somministrazione endonasale di RBV e ne abbiamo indagato la diffusione dalla cavità nasale all’encefalo attraverso l’identificazione e quantificazione della molecola antivirale nei diversi comparti cerebrali . Infine è stato condotto un esperimento in vivo per valutare l’efficacia di un composto a base di semi di Neem, di cui sono già note le proprietà antimicrobiche, nei confronti dell’infezione da orf virus, una zoonosi a diffusione mondiale, che ha un elevato impatto economico in aree ad alta densità ovi-caprina e può provocare lesioni invalidanti anche nell’uomo.
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Innervazione articolare della spalla e del ginocchio nel cane e modificazioni in corso di osteoartrite

Nenzi, Alice <1981> 12 May 2011 (has links)
L’osteoartrite (OA) rappresenta un gruppo di patologie a carico delle articolazioni che si stima colpisca più del 20% dei cani con età superiore a un anno. Si tratta di una condizione dove entrano in gioco fattori biomeccanici e biochimici, che si esprime clinicamente con zoppia e dolore. Le ricerche effettuate negli ultimi decenni hanno dimostrato il coinvolgimento dell’innervazione nocicettiva e simpatica nell’insorgenza e nel mantenimento del dolore e dell’infiammazione che caratterizzano l’OA. In questa, infatti, svolgono un ruolo cruciale i neuropeptidi, quali la sostanza P (SP) ed il peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP), ed i neuromediatori simpatici liberati alla periferia rispettivamente dalle fibre nocicettive e dalle fibre simpatiche postgangliari. Col presente lavoro ci si è posti l’obiettivo di definire il tipo ed il numero di fibre nervose che innervano l’articolazione della spalla e del ginocchio di cane in soggetti esenti da patologia articolare ed affetti da osteoartrite. Campioni di legamenti e capsula articolare della spalla e della parte craniolaterale della capsula articolare del ginocchio sono stati sottoposto a reazione di doppia immunofluorescenza indiretta volta alla identificazione del numero complessivo di fibre nervose presenti e della percentuale di fibre SP, CGRP e simpatiche positive. I risultati testimoniano come in corso di OA nel cane venga ad alterarsi l’equilibrio tra innervazione sensitiva e simpatica. Infatti, lo studio quantitativo ha evidenziato che nei soggetti affetti da OA si assiste ad un incremento della percentuale di fibre SP positive e ad un decremento di quelle simpatiche. Si ritiene che l’integrità di questi due tipi d’innervazione sia necessaria per l’omeostasi tissutale e che un aumento delle fibre nocicettive e una riduzione di quelle simpatiche abbia un effetto proinfiammatorio e iperalgesico. È stata inoltre riscontrata una differente densità di fibre nervose a seconda del tipo di patologia considerata.
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Colibacillosi nel tacchino da carne: ruolo predisponente di Metapneumovirus Aviare e del virus della enterite emorragica

Giovanardi, Davide <1970> January 1900 (has links)
No description available.
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Epidemiologia delle strongilosi dell'asino: quali applicazioni per il controllo delle infezioni da elminti?

Usai, Federica <1972> 14 July 2011 (has links)
Strongylosis in equids, despite being very common, have never been studied from a strictly ecological point of view. Mathematical models are important ecological tools used to study the temporal dynamics of parasite populations, and are useful to study the effect of different biological parameters, as well as to analyse the outcome produced by perturbations such as anthelmintic treatments. This work describes the study of the temporal dynamics of strongyles infection in an organic donkey population, performed using coprological quantitative analysis and donkeys’ age as a proxy of the time of infection. Force of infection was then estimated for Strongylus vulgaris and small strongyles and the results used as the basis for the development of mathematical models. In particular, the comparison of models output and field data made it possible to estimate the transmission coefficient  and to consequently calculate the basic reproduction number R0 and the threshold host density. Small strongyles model includes hypobiosis and, more interestingly as never found in literature, a density-dependent development rate of hypobiotic larvae in adult parasites in order to simulate a negative feedback between larvae emergence from hypobiosis and adult parasite abundance. Simulations of pharmacological and environmental treatments showed that parasite eradication was possible for S. vulgaris only, while small strongyles, due to hypobiosis and density-dependent development rate of their hypobiotic larvae, are very difficult to control and impossible to eradicate. In addition, density-dependence in larval development has been demonstrated to act as a key factor in improving parasite population survival and abundance even in absence of human intervention.
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Agenti di encefalopatie spongiformi trasmissibili e zoonosi: tipizzazione molecolare

Pirisinu, Laura <1980> 14 July 2011 (has links)
Transmissible spongiform encephalopathies (TSE) are neurodegenerative diseases caused by the conversion of the host-encoded cellular protein (PrPC) to a disease-associated isoform (PrPSc). The agent responsible for prion diseases may exist as different strains with specific biological and biochemical properties. According to the protein-only hypothesis, prion strain diversity is enciphered in PrPSc conformation. Molecular strain typing methods are based on the electrophoretic mobility of protease resistant core of PrPSc, on the susceptibility to protease digestion, on the glycosylation profile of PrPres and on the conformational stability of PrPSc. In this study a new conformational stability assay was developed based on the differential solubility of PrPC and PrPSc: CSSA (conformational stability and solubility assay). The conformational stability assay was performed by measuring PrPSc solubility in homogenates treated with increasing concentrations of GdnHCl, in the absence of proteinase K. Indeed, dose-response curves allowed estimation of the concentration of GdnHCl able to solubilise 50% of PrPSc. The results showed that this method is valuable for the biochemical typing of strains in bank voles and it is also a promising tool for molecular analysis of natural prion isolates. CSSA also revealed strain-specific PrPSc conformational stabilities of ovine natural isolates so that this feature, combined with the N-terminal PrPSc cleavage, allowed differentiation of classical scrapie, including CH1641-like, from natural goat BSE and experimental sheep BSE. In view of the implications concerning strain similarity between animal and human TSEs, the physico-chemical properties of the Nor98 with two human prion diseases (VPSPr and GSS) were compared in order to investigate the extent of the similarity between animal and human prion strains. The results showed an unexpected heterogeneity of the molecular features among human and sheep TSEs associated with internal PrPres fragments with the possible exception of Nor98 and a case of GSS P102L. These similarities and differences need further investigation by N- and C-terminal sequencing and biological characterization.
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Salmonella Typhimurium ΔZnuABC, un nuovo approccio vaccinale per la profilassi delle salmonellosi animali. Valutazione di efficacia in un modello sperimentale murino e suino

Pesciaroli, Michele <1980> 14 July 2011 (has links)
No description available.
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Studio in vitro della suscettibilità genetica degli ovini alle EST: il PMCA come alternativa agli studi di trasmissione in vivo

Bucalossi, Cecilia <1981> 14 July 2011 (has links)
Le encefalopatie spongiformi trasmissibili (EST), o malattie da prioni, sono malattie neurodegenerative che colpiscono l'uomo e gli animali. Le più note tra le EST animali sono la scrapie della pecora e della capra, l’encefalopatia spongiforme bovina (BSE), la Sindrome del dimagrimento cronico (CWD) dei cervidi. Negli uomini ricordiamo la malattia di Creutzfeldt-Jakob (CJD) nelle sue diverse forme (sporadica, genetica, iatrogenica e variante). La dimostrazione che la variante della CJD (vCJD) sia causata dallo stesso agente eziologico della BSE, ha evidenziato il potenziale zoonotico di queste malattie. Le EST sono caratterizzate da tempi di incubazione estremamente lunghi ed esito invariabilmente fatale. Il momento patogenetico centrale comune a tutte queste malattie è rappresentato dalla modificazione conformazionale di una proteina cellulare denominata PrPC (proteina prionica cellulare) in una isoforma patologica denominata PrPSc, insolubile e caratterizzata da una parziale resistenza alle proteasi, che tende a depositarsi sotto forma di fibrille amiloidee nel SNC dei soggetti colpiti. La suscettibilità degli ovini alla scrapie è largamente influenzata dal genotipo del gene dell’ospite che codifica per la PrP (PRNP), e più precisamente da tre polimorfismi presenti ai codoni 136, 154 e 171. Questi si combinano in cinque principali alleli, ARQ, VRQ, AHQ, ARH e ARR, correlati a differenti gradi di suscettibilità alla malattia. Risultati ottenuti da un precedente studio d’infezione sperimentale di ovini di razza Sarda con scrapie classica (Vaccari G et al 2007), hanno suggeriscono l’ordine di suscettibilità ARQ>AHQ>ARH. L’allele ARR, è risultato invece associato ai più alti livelli di protezione dalla malattia. Dallo stesso studio di trasmissione sperimentale e da uno studio epidemiologico di tipo caso-controllo, è inoltre emerso che nella razza Sarda, ovini con l’allele ARQ, con sostituzione amminoacidica al codone 137 Metionina (M)/Treonina (T) (AT137RQ) o al 176 Asparagina (N)/Lisina (K) (ARQK176) in eterozigosi sono protetti dalla scrapie. Inoltre studi di trasmissione sperimentale della BSE in ovini della stessa razza con tre differenti genotipi (ARQ/ARQ, ARQ/ARR e ARR/ARR), hanno dimostrato come la BSE abbia un targeting genetico molto simile a quello della scrapie, evidenziando il genotipo ARQ/ARQ come il più suscettibile. L’obbiettivo della seguente tesi è stato quello di verificare se fosse possibile riprodurre in vitro la differente suscettibilità genetica degli ovini alle EST evidenziata in vivo, utilizzando il PMCA (Protein Misfolding Cyclic Amplification), la metodica ad oggi più promettente e di cui è stata dimostrata la capacità di riprodurre in vitro diverse proprietà biologiche dei prioni. La tecnica, attraverso cicli ripetuti di sonicazione/incubazione, permette la conversione in vitro della PrPC presente in un omogenato cerebrale (substrato), da parte di una quantità minima di PrPSc (inoculo) che funge da “innesco” della reazione. Si è voluto inoltre utilizzare il PMCA per indagare il livello di protezione in omozigosi di alleli rari per i quali, in vivo, si avevano evidenze di protezione dalla scrapie solo in eterozigosi, e per studiare la suscettibilità degli ovini alla BSE adattata in questa specie. È stata quindi testata in PMCA la capacità diversi substrati ovini recanti differenti genotipi, di amplificare la PrPSc dello stesso isolato di scrapie classica impiegato nel precedente studio in vivo o di un inoculo di BSE bovina. Inoltre sono stati saggiati in vitro due inoculi di BSE costituiti da omogenato cerebrale di due ovini sperimentalmente infettati con BSE (BSE ovina) e recanti due differenti genotipi (ARQ/ARQ e ARR/ARR). Per poter descrivere quantitativamente il grado di correlazione osservato i risultati ottenuti in vitro e i quelli riscontrati dallo studio di sperimentazione con scrapie, espressi rispettivamente come fattori di amplificazione e tempi d’incubazione registrati in vivo, sono stati analizzati con un modello di regressione lineare. Per quanto riguarda la scrapie, i risultati ottenuti hanno evidenziato come i genotipi associati in vivo a suscettibilità (ARQ/ARQ, ARQ/AHQ and AHQ/ARH) siano anche quelli in grado di sostenere in PMCA l’amplificazione della PrPSc, e come quelli associati a resistenza (ARQ/ARR and ARR/ARR) non mostrino invece nessuna capacità di conversione. Dall’analisi di regressione lineare è inoltre emerso come l’efficienza di amplificazione in vitro dei differenti genotipi testati sia inversamente proporzionale ai tempi d’incubazione registrati in vivo. Inoltre nessuna amplificazione è stata riscontrata utilizzando il substrato con genotipo raro ARQK176/ARQK176 suggerendo come anche questo possa essere associato a resistenza, almeno nei confronti dell’isolato di scrapie classica utilizzato. Utilizzando come inoculo in PMCA l’isolato di BSE bovina, è stato possibile riscontrare, nei tre genotipi analizzati (ARQ/ARQ, ARQ/ARR e ARR/ARR) un evidente amplificazione per il solo genotipo ARQ/ARQ, sottolineando anche in questo caso l’esistenza di una correlazione tra suscettibilità riscontrata in vivo e capacità di conversione in PMCA. I tre i substrati analizzati mostrano inoltre una buona efficienza di amplificazione, per altro simile, se si utilizza la PrPSc dell’inoculo di BSE sperimentalemente trasmessa agli ovini. Questi genotipi sembrerebbero dunque ugualmente suscettibili se esposti a BSE adattata alla specie ovina. I risultati di questa tesi indicano dunque una correlazione diretta tra la capacità di conversione della PrPC con il PMCA e la suscettibilità osservata in vivo per i differenti genotipi analizzati. Mostrano inoltre come il PMCA possa essere una valida alternativa agli studi di trasmissione in vivo e un rapido strumento utile non soltanto per testare, ma anche per predire la suscettibilità genetica degli ovini a diversi ceppi di EST, rappresentando un valido aiuto per l’individuazione di ulteriori genotipi resistenti, così da incrementare la variabilità genetica dei piani di selezione attuati per gli ovini per il controllo di queste malattie.
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Controllo della scrapie classica in Italia: strategie di selezione genetica a confronto

Baldinelli, Francesca <1979> 14 July 2011 (has links)
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