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Skydd vid utmätning av gäldenärens bostadKarlsson, Emilia January 2017 (has links)
I uppsatsen har beneficieskyddet som finns vid utmätning av gäldenärens bostadsrätt utretts. Den skälighetsbedömning som ska göras har undersökts, där faktorerna socialt skydd och värdet på bostadsrätten varit i fokus. En kraftig ökning av bostadsrättspriserna under åren från beneficieregelns uppkomst har gjort bedömningen komplicerad. Värdet för bostadsrätter är idag jämförbart med värdet för fastigheter. Rättsläget är orättvist när en särbehandling av bostadsrättsägare sker och en borgenärs rätt till betalning kan bli beroende av vilken typ av bostad gäldenären besitter. Vidare har ett avskaffande av beneficieskyddet för bostadsrätter föreslagits när situationen ses ohållbar inför framtiden. En granskning av Kronofogdens verkställighet vid utmätning av gäldenärens fastighet har gjorts. Motsvarande skydd finns inte för fastigheter men efter målet Rousk mot Sverige i Europadomstolen har rättsläget förändrats. Kronofogden ska nu beakta de mänskliga rättigheterna och göra en proportionalitetsbedömning.
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Il beneficium tra dono e inalienabilità: indagine su uno strumento di relazione nel regnum Italiae (secc. VIII-X)Fauliri, Manuel 08 May 2020 (has links)
A partire dalla pubblicazione del Saggio sul dono di Marcel Mauss gli antropologi si sono diffusamente occupati delle dinamiche relative allo scambio di doni e al carattere obbligatorio della corresponsione da parte del ricevente. Tuttavia, tra le varie tipologie di donazioni è emersa una forma molto particolare individuata dall’antropologa statunitense Annette Weiner che è tornata a indagare le società dell’Oceania, studiate a suo tempo da Bronislaw Malinowski, pubblicando nel 1992 un importante lavoro ad essa relativo. Si tratta di una forma di dono paradossale che riguarda i possessi inalienabili, beni che per definizione non dovrebbero essere ceduti e tuttavia, dal momento che la loro durata nel tempo supera quella dei detentori originari, devono essere necessariamente trasferiti. Ad essi si lega il paradosso, individuato dalla studiosa, di keeping-while-giving che ben esprime la caratteristica per cui su tali beni il detentore originario tende a mantenere il controllo nonostante essi vengano donati, consentendo dunque l’alienazione di possessi inalienabili. In una società come quella altomedievale nella quale i doni rivestono grande importanza emerge, tuttavia, uno strumento particolarmente sfuggente per alcune sue caratteristiche specifiche; si tratta del beneficium. Esso è tradizionalmente connesso al rapporto “vassallatico-beneficiario”, interpretato come una sorta di retribuzione per il servizio militare reso a un signore, e fino a qualche tempo fa associato intrinsecamente al concetto di “feudalesimo” che sul finire del secolo scorso è stato al centro di un acceso dibattito tra gli studiosi. Alla luce delle acquisizioni antropologiche ho cercato dunque di indagare il beneficium nell’Italia altomedievale con l’intento di comprendere in che misura esso si inserisca nelle dinamiche dello scambio di doni e in che termini possa essere ritenuto un “dono”, dal momento che dalle fonti indagate sembra aderire molto bene al paradosso descritto da Annette Weiner.
Nella prima sezione della tesi vengono dunque ripercorsi i principali apporti antropologici e storiografici relativi al tema del dono, per spostare poi l’attenzione al tema specifico del beneficium richiamando le posizioni in merito degli studiosi tanto in ambito internazionale quanto in ambito specificamente italiano. La seconda sezione ruota attorno a quattro casi di studio scelti per condurre l’indagine sullo strumento beneficiario, costituiti da quattro grandi monasteri di fondazione regia nel regnum Italiae di tradizione longobarda che offrono corpora documentari continuativi e compatti. Proprio la storia dei singoli enti monastici ha permesso di definire il punto di partenza cronologico per l’indagine, vale a dire il secolo VIII quando tali enti vennero fondati, per situare il punto di arrivo nell’anno 924 con la morte dell’imperatore Berengario I, ultimo discendente di Carlo Magno per linea materna, che riuscì ad assumere il titolo imperiale. Attraverso la schedatura del patrimonio documentario dei singoli monasteri per il periodo preso in esame è stato dunque possibile rintracciare le occorrenze del termine beneficium per osservare le varie sfumature che di volta in volta esso assumeva.
Il primo monastero indagato è S. Ambrogio di Milano, l’unico tra i quattro cenobi scelti per l’indagine ad essere fondato dopo la conquista franca di Pavia del 774, nato come creatura dell’arcivescovo per assumere nel corso del tempo un ruolo da protagonista di primo piano della vita cittadina. L’abbazia riuscì ad acquisire inoltre un immenso patrimonio fondiario tramite numerose donazioni, divenendo in alcuni momenti una sorta di mausoleo per alcuni sovrani carolingi che qui vi trovarono sepoltura. Il secondo caso di studio è rappresentato dall’abbazia di S. Maria di Farfa, che offre il patrimonio documentario più ricco di tutti i quattro casi indagati. Fondata agli inizi del secolo VIII supera per antichità gli altri tre monasteri oggetto di questo studio e consente di osservare un più nutrito dossier relativo allo strumento beneficiario, nel contesto regionale della Sabina e dell’Italia centrale. Il terzo caso di studio è costituito dal monastero di S. Silvestro di Nonantola fondato da Anselmo, cognato del re longobardo Astolfo, nel 752 su terreni di origine pubblica donati dal sovrano divenendo uno dei principali centri monastici del regnum Italiae. L’ultimo caso di studio è costituito dal cenobio femminile di S. Salvatore di Brescia, che agli inizi del secolo X avrebbe assunto la titolazione di S. Giulia, fondato dall’ultimo re longobardo, Desiderio, assieme alla moglie Ansa. Nato come monastero che secondo alcuni sarebbe stato pensato come un “mausoleo familiare”, attraversò momenti aurei tanto nei primi tempi quanto sotto i sovrani carolingi che, a partire dai primi decenni del secolo IX, ne affidarono l’amministrazione patrimoniale alle regine o alle principesse della loro dinastia. Dai quattro casi di studio è emerso un quadro molto variegato, che testimonia un uso dello strumento beneficiario diverso a seconda delle aree e dei contesti in cui gli enti indagati si trovavano ad essere inseriti, e non legato esclusivamente alla sfera militare come a lungo si è invece sostenuto. Si è tenuto conto, in tale sede, di tutte le sfumature del termine beneficium mettendo in risalto la convivenza, a fianco dell’istituto giuridico, del generico senso di “favore” che traspare principalmente dalle arengae dei diplomi dei vari sovrani.
Nella terza e ultima sezione l’indagine è stata invece allargata all’intero regnum Italiae prendendo in considerazione varie tipologie di fonti a partire dagli inventari altomedievali che testimoniano il ricorso al beneficium da parte di enti monastici o episcopali per assegnare beni tratti dal loro patrimonio e che vanno ad affiancarsi ai polittici esplorati nel corso dell’analisi dei casi di studio monastici. L’osservazione dei capitolari carolingi relativi al regno italico ha permesso di indagare i capitoli di legge relativi al beneficium fornendo dunque un quadro della normativa ad esso relativa per poter operare un confronto con la “pratica” che emerge dai diplomi dei sovrani carolingi, da Carlo Magno a Berengario I, e dai conflitti sorti attorno all’uso dello strumento beneficiario testimoniati dai placiti. Infine, l’ultimo capitolo è dedicato alle fonti narrative, relative all’arco cronologico preso in esame, nelle quali è possibile riscontrare qualche riferimento al beneficium; si tratta della Historia di Andrea da Bergamo e dell’Antapodosis di Liutprando di Cremona. Da tali fonti emerge come il discorso sul beneficio ruoti attorno al tema della fidelitas e alla creazione di relazioni attraverso lo scambio di favori. Da tale varietà di fonti ho cercato dunque di comprendere, alla luce dei contributi antropologici, in quali termini il beneficium possa inserirsi quale strumento di relazione nel contesto dello scambio di doni nel regno italico di tradizione longobarda.
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České země v politické skladbě střední Evropy 10.-13. století: Podoba a význam lenního institutu v socioekonomické struktuře Saska a Čech / The Czech Lands in the Political Composition of Central Europe in the 10th-13th Centuries: The Form and significance of the feudal system in the socio-economic structure of Saxony and BohemiaZelenka, Jan January 2013 (has links)
The work submitted is focused on the issue of the feudal institute. Based on an analysis of the Latin terminology, the metamorphoses of the terminology and its context, it attempts to capture the form and importance of this phenomenon in 'everyday practice', as it is portrayed particularly by the diplomatic sources. The text is comprised of two basic parts. The first section deals with the composition of the image of the feudal institution on the background information of the sources of imperial provenience. It is not possible to treat the imperial sources as whole within this work and so attention is focused on the wider region spread in the area of Harz, which is delimited by five bishoprics - Miessen, Naumburg, Hildesheim, Halberstadt and Merseburg. The basic sources are the diplomatic materials of the mentioned dioceses, which complement the collection of documents of the two most powerful secular ducal families asserting influence in this area in the long term - the Houses of Welph and Ascania. The subject of the analysis is first of all the Latin, or German, terminology and its importance in the range from ca the 10th to the beginning of the 14th centuries. Considering the state of the preserved document production, however, the main attention focuses on the last two centuries of the period mentioned....
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