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Farmacocinetica della buprenorfina, e del suo metabolita norbuprenorfina, somministrata come infusione costante nel periodo post-operatorio in cagne sane sottoposte ad ovariectomia / Pharmacokinetics of buprenorphine, and its metabolite norbuprenorphine, administered as a constant rate infusion in the post-operative period to healthy bitches undergoing ovariectomy

Valgimigli, Simond <1976> 12 July 2013 (has links)
Il dolore non è solo una conseguenza della malattia ma un fattore patogeno che è di per se stesso in grado di perpetuare il danno all’organismo. Il suo trattamento non è quindi solo un atto di umanità ma un contributo ad arrestare la malattia e restituire la salute al paziente. Tra i farmaci più popolari per la terapia del dolore negli animali da affezione si trova la buprenorfina. Questa molecola viene impiegata con successo da anni nel cane e nel gatto per motivi riconducibili, oltre che alla sua efficacia (la sua potenza è diverse volte quella della morfina), alla lunga durata d’azione e alla scarsità degli effetti collaterali. Nonostante l’ampia diffusione e longevità del suo utilizzo, però, sappiamo poco della farmacocinetica di questa molecola negli animali da affezione; i dosaggi clinicamente impiegati sono di fatto estrapolati dagli studi nell’uomo oppure basati su semplici osservazioni degli effetti; i pochi dati farmacocinetici ottenuti nel cane fanno riferimento a singoli boli di dosi che non sempre corrispondono a quelle clinicamente impiegate. Nonostante la buprenorfina trovi il suo principale impiego nelle somministrazioni protratte a lungo (durante il periodo post-operatorio o la degenza ospedaliera) non è mai stato indagato il profilo farmacocinetico della molecola somministrata a boli ripetuti o come infusione continua. Il nostro studio si pone come obiettivo di indagare la farmacocinetica della buprenorfina somministrata come bolo di carico seguito da un’infusione costante a dosaggi considerati clinici in cani sani nel periodo post operatorio. Lo scopo ultimo è quello di sviluppare un protocollo per la somministrazione di questa molecola in modo prolungato in pazienti degenti ed addolorati per poi, in futuro, confrontare la somministrazione come infusione continua con i tradizionali boli ripetuti. Per lo studio sono state utilizzate giovani cagne adulte di taglia media o grande sottoposte ad intervento di ovariectomia. / Pain isn’t just a consequence of disease but a pathogenetic factor that is itself able to perpetuate the damage to the body. Its treatment isn’t just a matter of humanity but also a contribution to stop the disease and return the patient to health. Among the most popular drugs used for treating pain in pets is buprenorphine. This molecule has been successfully used for years in dogs and cats because, apart from its efficacy (considered to be several times the one of morphine), of its long duration of action and relative lack of side effects. Despite this ample diffusion and longevity in clinical use we don’t know much about pharmacokinetics of this molecule in pet animals; dosage and therapeutic plans are in fact either extrapolated from man or based on clinical observation; the only pharmacokinetic data available in dogs are from single administrations of dosages not always corresponding to clinically used ones. Despite buprenorphine being mainly used for prolonged administrations (in the post-operative period or during hospitalization) it’s never been studied the pharmacokinetic profile of this molecule administered as repeated doses or constant rate infusion. Our study aims at describing the pharmacokinetic of buprenorphine administered as a loading bolus of a dose in the therapeutic range followed by a constant rate infusion. We ultimately intend to develop a protocol for the prolonged administration of this molecule to clinical patients in pain and, eventually, compare the constant rate administration with traditional protocols based on repeating doses. For the purposes of the study young adult female dogs of average to large size were used that were spayed by ovariectomy.
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Metodi di misurazione e implicazioni dell'albuminuria e della proteinuria nel cane / Measurement methods and implications of albuminuria and proteinuria in dogs

Conti, Luisa <1981> 12 July 2013 (has links)
La proteinuria è un marker di danno renale nel cane. L’obiettivo dello studio è di valutare la capacità del dipstick urinario e dell’UPC di diagnosticare precocemente l’albuminuria nel cane. Sono stati raccolti 868 campioni di urina, con sedimento spento e assenza di ematuria, nell’Ospedale Didattico Veterinario della Facoltà di Medicina Veterinaria di Bologna. Per 550 campioni è stata effettuata l’analisi delle urine, la misurazione dell’UPC e dell’UAC, mentre UPC e UAC sono stati misurati in tutti gli 868 campioni. I campioni di urina sono stati analizzati con il metodo dipstick mediante lettura automatizzata. Utilizzando come valore di riferimento l’UAC è stata valutata l’accuratezza diagnostica del dipstick urinario e dell’UPC. L’intervallo di riferimento dell’UAC (0-0,024) è stato determinato utilizzando 60 cani sani. I dati raccolti sono stati classificati utilizzando differenti cut-off per il peso specifico urinario (1012 o 1030), per la proteinuria al dipstick (30 o 100 mg/dl), per l’UPC (0,2) e per l’UAC (0,024). Sono stati valutati l’agreement diagnostico e la correlazione di Spearman tra dipstick, UPC e UAC. E’ stata stimata l’accuratezza diagnostica misurando l’area al di sotto della curva di ROC nell’analisi dell’UAC. Il livello di significatività è stato definito per p < 0,05. Indipendentemente dal peso specifico urinario, l’agreement diagnostico tra dipstick, UPC e UAC è risultato forte (k=0,62 e k=0,61, rispettivamente; p<0,001) con valori di dipstick ≥30 mg/dl, debole (k=0,27 e k=0,26, rispettivamente; p<0,001) con valori di dipstick ≥100 mg/dl. L’accuratezza diagnostica del dipstick messa a confronto con UPC e con UAC è molto buona (AUC 0,84 e 0,84, rispettivamente; p<0,001) e i risultati negativi al dipstick presentano il 100% di sensitività. UPC e UAC sono fortemente correlate (r=0,90; p<0,001). Mettendo a confronto UPC e UAC, l’accuratezza diagnostica è risultata eccellente (AUC 0,94; p<0,001), con massima sensitività e specificità per UPC≥0.3. / Proteinuria is considered a marker of kidney damage in dogs. The aim of the study was to evaluate the ability of a urine dipstick test and UPC to early recognize albuminuric dogs. 868 canine urine samples without active sediment and macroscopic hematuria were collected in our Teaching Hospital. Urinalysis, UPC and UAC were available for 550 samples, while UPC and UAC were performed in 868 specimens. Urine samples were dipstick tested, using an automated reader. Considering UAC as the reference method, the diagnostic accuracy of dipstick test and UPC was evaluated. UAC reference interval (0-0.024) was determined from 60 healthy dogs. Data collected were categorized using different cut-offs for urine specific gravity (1012 or 1030), dipstick proteinuria (30 or 100 mg/dl), UPC (0.2) and UAC (0.024). Diagnostic agreement and Spearman's correlation between dipstick, UPC and UAC were evaluated. The diagnostic accuracy was estimated with the area under the ROC curve (AUC) analysis. Significance level was set at p < 0.05. Independently of urine concentration, diagnostic agreement between dipstick and UPC or UAC was substantial (k=0.62 and k=0.61, respectively; p<0,001) with positive dipstick results ≥30 mg/dl, and was fair (k=0.27 and k=0.26, respectively; p<0,001) with positive dipstick results ≥100 mg/dl. Diagnostic accuracy of dipstick compared to UPC and UAC was very good (AUC 0.84 and 0.84, respectively; p<0,001) and negative dipstick results presented 100% sensitivity. UPC and UAC were highly correlated (r=0,90;p<0,001). Comparing UPC with UAC, diagnostic accuracy was excellent (AUC 0.94; p<0,001), with maximum sensitivity and specificity for UPC ≥0.3.
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Caratterizzazione clinica, eziopatogenetica e ricerca di marker diagnostici nella poliradicoloneurite acuta idiopatica del cane / Clinical features, etiopathogenetic survey and biomarker findings of acute canine polyradiculoneuritis:26 cases

Gallucci, Antonella <1977> 12 July 2013 (has links)
La poliradicoloneurite acuta idiopatica (ACIP) è una patologia infiammatoria che interessa le radici di più nervi spinali, descritta soprattutto nel cane, più raramente nel gatto, caratterizzata da insorgenza acuta di paresi/paralisi flaccida. L’ACIP mostra notevoli similitudini con la sindrome di Guillan-Barrè dell’uomo (GBS), in cui la patogenesi è su base autoimmunitaria ed è stata correlata con la presenza di alcuni fattori scatenanti (trigger). Lo scopo di questo lavoro è stato quello di caratterizzare l’ACIP in 26 cani, descrivendone la sintomatologia, l’evoluzione clinica, i risultati degli esami diagnostici. La diagnosi si è basata sui riscontri dell’anamnesi, della visita neurologica e del decorso confermata, quando possibile, dai rilievi elettrodiagnostici. Su tutti i cani è stata valutata l’esposizione a specifici agenti infettivi (Toxoplasma gondii, Neospora canunim, Ehrlichia canis, Leishmania infantum), o altri fattori (come vaccinazioni) che potrebbero aver agito da “trigger” per l’instaurarsi della patologia; sull’intera popolazione e su 19 cani non neurologici (gruppo di controllo), si è proceduto alla ricerca degli anticorpi anti-gangliosidi. La sintomatologia di più frequente riscontro (25/26) ha coinvolto la funzione motoria (paresi/plegia) con prevalente interessamento dei 4 arti (24/25) . Sei cani hanno ricevuto una terapia farmacologica, che non ne ha influenzato il decorso, favorevole in 24/26 casi. In 9 pazienti è stata rilevata una precedente esposizione a potenziali trigger; in 10 casi si è riscontrato un titolo anticorpale positivo ad almeno un agente infettivo testato. In 17/26 cani si è ottenuto un titolo anticorpale anti-GM2 e anti-GA1; nella popolazione di controllo solo un caso è risultato positivo. Questi risultati hanno contribuito a consolidare le conoscenze di questa patologia, validando l’utilità della ricerca anticorpale anti-gangliosidica per la diagnosi di ACIP e facendo intravedere la possibilità che l’ACIP possa essere assimilate alla GBS anche dal punto di vista patogenetico, per la quale potrebbe essere considerata come modello animale spontaneo. / Acute canine idiopathic polyradiculoneuritis (ACIP) is an immune-mediated disorders affecting peripheral myelin and axons. It is described mainly in dogs, rarely in cats, and is characterized by an acute onset of flaccid paraparesis, which usually progresses rapidly to tetraparesis/tetraplegia. ACIP is considered to be the canine equivalent of the human peripheral nerve disorder Guillain-Barré syndrome (GBS) but an aetiological relationship remains to be demonstrated. In human medicine, various antecedent events have been associated with GBS, including bacterial or viral infections, thought to trigger the immune system. The aim of this work was to characterize the ACIP in 26 dogs, describing clinical signs, outcome and results of diagnostic tests. The ACIP diagnoses was based on history, neurological examination and outcome, confirmed by electrophysiological (21/26) features. It was also evaluated a potential exposure to specific infectious agents (Toxoplasma gondii, Neospora caninum, Ehrlichia canis, Leishmania infantum), or other factors such us vaccinations, as a trigger for the onset of the disease. Furthermore, the sera of all ACP dogs and 19 non-neurological control dogs were screened for IgG Antibodies to 10 glycolipids and their heteromeric complexes. The majority of dogs (25/26) showed gait abnormalities, which involved the four limbs in most cases (24/25). Only 6 dogs received drug treatment, that did not affected the outcome, which was favorable in 24/26. Nine dogs showed a previous exposure to triggers and in ten was detected a positive antibodies title against an infectious agent. The antibodies anti-GM2 and GA1 were detected in 17/26 of ACP dogs, whilst all controls except for one were negative for anti-glycolipid Antibodies. It suggested that, as in humans, anti-ganglioside antibodies could be an effective biomarker in confirming ACP diagnosis. This also might suggest that ACP share a similar pathophysiology with GBS, for which it could be considered a naturally occurring animal model
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Studio della patogenesi di HIV-1 nel compartimento osseo: effetti della terapia antiretrovirale convenzionale e nuovi approcci all'eradicazione / Study of HIV-1's pathogenesis in bone compartment: effects of conventional antiretroviral therapy and new approaches to eradication

Clò, Alberto <1984> 23 January 2014 (has links)
L’obiettivo della tesi è studiare il virus HIV-1 in relazione alle alterazioni sistemiche, riscontrate nel paziente HIV-infetto, in particolare alterazioni a carico del sistema scheletrico, indotte dal virus o dall’azione dei farmaci utilizzati nella terapia antiretrovirale (HAART). L’incidenza dell’osteoporosi nei pazienti HIV-positivi è drammaticamente elevata rispetto alla popolazione sana. Studi clinici hanno evidenziato come alcuni farmaci, ad esempio inibitori della proteasi virale, portino alla compromissione dell’omeostasi ossea, con aumento del rischio fratturativo. Il nostro studio prevede un follow-up di 12 mesi dall’inizio della HAART in una coorte di pazienti naïve, monitorando diversi markers ossei. I risultati ottenuti mostrano un incremento dei markers metabolici del turnover osseo, confermando l’impatto della HAART sull’omeostasi ossea. Successivamente abbiamo focalizzato la nostra attenzione sugli osteoblasti, il citotipo che regola la sintesi di nuova matrice ossea. Gli esperimenti condotti sulla linea HOBIT mettono in evidenza come il trattamento, in particolare con inibitori della proteasi, porti ad apoptosi nel caso in cui vi sia una concentrazione di farmaco maggiore di quella fisiologica. Tuttavia, anche concentrazioni fisiologiche di farmaci possono regolare negativamente alcuni marker ossei, come ALP e osteocalcina. Infine esiste la problematica dell’eradicazione di HIV-1 dai reservoirs virali. La HAART riesce a controllare i livelli viremici, ciononostante diversi studi propongono alcuni citotipi come potenziali reservoir di infezione, vanificando l’effetto della terapia. Abbiamo, perciò, sviluppato un nuovo approccio molecolare all’eradicazione: sfruttare l’enzima virale integrasi per riconoscere in modo selettivo le sequenze LTR virali per colpire il virus integrato. Fondendo integrasi e l’endonucleasi FokI, abbiamo generato diversi cloni. Questi sono stati transfettati stabilmente in cellule Jurkat, suscettibili all’infezione. Una volta infettate, abbiamo ottenuto una significativa riduzione dei markers di infezione. Successivamente la transfezione nella linea linfoblastica 8E5/LAV, che porta integrata nel genoma una copia di HIV, ha dato risultati molto incoraggianti, come la forte riduzione del DNA virale integrato. / The aim of this thesis is to study HIV-1 virus and its relation with systemic alterations observed in HIV-positive patients, in particular alterations of the skeletal system, induced by the virus or drugs, used in antiretroviral therapy (HAART). The osteoporosis frequency in HIV-positive patients is dramatically higher in respect to healthy people. Clinical studies showed how some drugs (e.g. viral protease’s inhibitors) lead to bone homeostasis impairment, increasing bone fractures’ risk. In our study, we followed up a cohort of naïve patients for 12 months, starting from the beginning of HAART, monitoring several bone markers. Our results evidenced an increase in bone turnover’s metabolic markers, confirming the impact of HAART on bone homeostasis. Later, we focused on osteoblasts, the cell type responsible of new bone matrix’s synthesis. The experiments directed on HOBIT cells revealed how the antiretroviral treatment, particularly protease inhibitors, causes apoptosis in case and higher than physiological drug concentration an had been used. However, even physiological drugs’ concentrations may downregulate bone markers, such as ALP and osteocalcin. Eventually, we have the question of HIV-1’s eradication from viral reservoirs. HAART can successfully control HIV’s viremia. Nevertheless, diverse cell types are thought to be potential reservoirs of infection, thwarting the effects of therapy. That is why we set up a new molecular approach to eradication: taking advantage of the integrase enzyme to specifically recognize the viral LTR sequences, toward hit the integrated provirus. Blending integrase and FokI endonuclease, we obtained various clones. These clones had been stably transfected into Jurkat cells, susceptible to infection. Once infected, we obtained a significant reduction in markers of infection. Thereafter the transfection of the lymphoblastoid cell line 8E5/LAV (which harbours an integrated copy of HIV into cell genome) returned very encouraging results, such as the strong reduction of integrated viral DNA.
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Studio dell'interazione di HIV-1 sulle cellule progenitrici ematopoietiche CD34+ (HPCs) / Analysis of Interaction Between HIV-1 and CD34+ CD34+ Hematopoietic Progenitor Cells (HPCs)

Morini, Silvia <1986> 23 January 2014 (has links)
Oltre alla progressiva perdita dei linfociti T CD4, i pazienti HIV-infetti presentano diverse citopenie periferiche. In particolare l’anemia si riscontra nel 10% dei pazienti asintomatici e nel 92% di quelli con AIDS e la terapia cART non è in grado di risolvere tale problematica. I meccanismi patogenetici alla base di questa citopenia si ritiene che possano riguardare la deregolazione citochinica, il danno alle HPCs, alle cellule in differenziamento e alle cellule stromali. Le cellule progenitrici ematopoietiche CD34+, dopo essere state separate da sangue cordonale e differenziate verso la linea eritroide, sono state trattate con HIV-1 attivo, inattivato al calore e gp120. In prima istanza è stata messa in luce la mancata suscettibilità all’infezione e l’aumento dell’ apoptosi dovuto al legame gp120-CD4/CXCR4 e mediato dal TGF-β1 nelle cellule progenitrici indifferenziate. L’aspetto innovativo di questo studio però si evidenzia esaminando l’effetto di gp120 durante il differenziamento verso la filiera eritrocitaria. Sono stati utilizzati due protocolli sperimentali: nel primo le cellule sono inizialmente trattate per 24 ore con gp120 (o con HIV-1 inattivato al calore) e poi indotte in differenziamento, nel secondo vengono prima differenziate e poi trattate con gp120. Il “priming” negativo determina una apoptosi gp120-indotta molto marcata già dopo 48 ore dal trattamento ed una riduzione del differenziamento. Se tali cellule vengono invece prima differenziate per 24 ore e poi trattate con gp120, nei primi 5 giorni dal trattamento, è presente un aumento di proliferazione e differenziamento, a cui segue un brusco arresto che culmina con una apoptosi molto marcata (anch’essa dipendente dal legame gp120-CD4 e CXCR4 e TGF-β1 dipendente) e con una drastica riduzione del differenziamento. L’insieme dei risultati ha permesso di definire in modo consistente la complessità della genesi dell’anemia in questi pazienti e di poter suggerire nuovi target terapeutici in questi soggetti, già sottoposti a cART. / Beside the CD4 T cells progressive loss, HIV-infected subjects exhibit some peripheral cytopenias. In particular, anemia is found in 10% of asymptomatic and in 92% of AIDS patients and cART therapy is not able to solve this problem. The pathogenic mechanisms underlying this cytopenia are related to cytokine dysregulation, damage of HPCs, impairment of stromal cells and inhibition of the differentiation of HPCs. The CD34+ hematopoietic progenitor cells were separated from cord blood, differentiated towards the erythroid lineage and treated with active HIV-1, heat-inactivated virus and gp120. First of all we demonstrate that HPCs are not susceptible to infection and the gp120-CD4/CXCR4 binding cause a TGF-β1 mediated apoptosis. The innovative aspect of this study, however, is evident examining the effect of gp120 during differentiation towards the erythrocyte. Two experimental protocols are used: in the first cells are initially treated for 24 hours with gp120 ( HIV-1 or with heat-inactivated ) and then induced into differentiation, in the second cells are firstly differentiated and then treated with gp120. The negative "priming" induces a gp120-mediated apoptosis 48 hours after treatment and a differentiation reduction. If these cells are instead primarily differentiated for 24 hours and then treated with gp120, in the first 5 days after treatment, there is an increase of proliferation and differentiation, which is followed by a very marked apoptosis (also TGF-β1 mediated and due to gp120-CD4/CXCR4 binding) and a drastic reduction of differentiation. These results allowed us to define the complexity of the genesis of anemia in these patients and suggest new therapeutic targets for these subjects already receiving cART .
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Inserimento eterofamigliare supportato di adulti sofferenti di disturbi psichici: Valutazione degli esiti / Adult foster home for patients suffering of mental disorder: outcomes evaluation

Conti, Carolina <1982> 10 April 2015 (has links)
L’Inserimento Eterofamigliare Supportato di Adulti (IESA) sofferenti di disturbi psichici consiste nell’accogliere persone in cura presso i servizi psichiatrici territoriali, nel proprio domicilio, integrandole nelle proprie relazioni famigliari. Obiettivo è migliorare la qualità di vita dell’utente e favorirne l’integrazione nella comunità. Obiettivo. Valutare gli esiti dello IESA, con un disegno di ricerca longitudinale, considerando: psicopatologia, benessere psicologico, funzionamento sociale e familiare. Metodologia. 40 soggetti: 20 pazienti e 20 ospitanti. La valutazione clinica è stata effettuata all’inizio della convivenza e al follow-up di 1, 3, 6 e 12 mesi. Strumenti utilizzati: BPRS, VGF, PWB, SQ, FAD. Analisi statistica: Modello Lineare Generale (GLM) con l’Analisi della Varianza per prove ripetute e calcolo dell’effect-size. Risultati. 15 pazienti maschi e 5 femmine, 17 italiani. 11 soddisfano i criteri diagnostici (DSM-IV-TR) per schizofrenia e disturbi psicotici, 5 per i disturbi dell’umore e 4 per i disturbi di personalità. Dopo l’inserimento 3 sono stati i ricoveri e 4 le visite psichiatriche urgenti. 8 pazienti modificano/diminuiscono la terapia e 3 la sospendono. Aumenta il benessere psicologico (PWB); diminuiscono i sintomi psicopatologici (BPRS ed SQ) e migliora il funzionamento globale (VFG). Il gruppo dei famigliari composto da 11 uomini e 9 donne, 19 di nazionalità italiana; con età media di 55 anni. 8 sono coniugati, 6 celibi/nubili, 4 divorziati e 2 vedovi. 9 hanno figli, 11 lavorano e 8 sono pensionati. Nei famigliari aumenta il benessere psicologico (PWB), migliora il funzionamento famigliare (FAD) e la valutazione del funzionamento globale (VGF) rimane costante nel tempo. Discussioni e conclusioni. Il progetto IESA sembra migliorare la psicopatologia, con una diminuzione dei comportamenti maladattativi e un aumento delle capacità relazionali dell’ospite favorendone l’integrazione. Inoltre, lo IESA sembra diminuire i costi della cronicità psichiatrica: diminuzione degli accessi al Pronto Soccorso, delle visite psichiatriche urgenti e delle giornate di ricovero. / Italy has introduced a support for adults affected by psychiatric disorders called IESA (Inserimento Eterofamiliare Supportato di Adulti) as an alternative to hospital facilities institutionalization, and other types of residential care. Patients are accommodated and supported in private homes, sharing the family life. The aim is the rehabilitation and social integration of patients with a better quality of life. Objective. Purpose of this longitudinal study was to evaluate the outcome of IESA considering psychopathology, psychological and social well-being and family functioning. Methods. 40 subjects: 20 patients and 20 hosts. Clinical assessment was performed at the beginning of cohabitation and at follow-ups after 1, 3, 6 and 12 months. Psychometric instruments: BPRS, GAF, PWB, SQ, FAD. Statistical analysis: General Linear Model with repeated measures analysis of variance and effect-size calculation. Results. 15 male and 5 female patients, 17 of them Italians. Eleven patients meet DSM-IV-TR for schizophrenia and psychotic disorders, 5 for mood disorders and 4 for personality disorders. After living with a family 3 were hospitalized and 4 required emergency psychiatric assessment. Eight patients changed or decreased psychopharmacotherapy and 3 patients didn’t need it anymore. The psychological well-being (PWB) increased; psychopathological symptoms (BPRS/SQ) decreased and level of functioning (GAF) improved. Families included 11 men and 9 women, 19 of them Italians. Eleven people work and 8 are retired. Mean age: 55 years. Marital status: 8 married, 6 unmarried, 4 divorced and 2 widowed and 9 of them have children. Psychological well-being (PWB) of families increases, functioning family (FAD) improved and global functioning (GAF) remained constant over time. Discussions and conclusions. IESA seems to improve psychopathology, reducing maladaptive behaviours, increasing patient’s social skills and promoting integration. In addition, IESA appears to decrease the costs of chronic psychiatric disorders, reducing access emergency medical services, urgent psychiatric assessment and days of hospitalization.
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The relationship between eating behavior and psychological distress among overweight and obese people: is there a role for mindfulness?

Clementi, Cecilia <1978> 10 April 2015 (has links)
This research based on 3 indipendent studies, sought to explore the nature of the relationship between overweight/obesity, eating behaviors and psychological distress; the construct of Mindful eating trough the validation of the Italian adaptation of the Mindful Eating Questionnaire (MEQ); the role of mindfulnessand mindful eating as respectively potential mediator and moderator between overeating behavior (binge eating and emotional overeating) and negative outcomes (psychological distress, body dissatisfaction). All the samples were divided in normal weight, overweight and obese according to BMI categories. STUDY1: In a sample of 691 subjects (69.6% female, mean aged 39.26 years) was found that BMI was not associated with psychological distress, whereas binge eating increases the psychopathological level. BMI and male gender represent negative predictors of psychological distress, but certain types of overeating (i.e., NES/grazing, overeating during or out of meals, and guilt/restraint) result as positive predictors.. STUDY 2 : A sample of 1067 subjects (61.4% female, mean aged 34 years) was analized. The Italian MEQ resulted in a 26-item 4-factor model measuring Disinhibition, Awareness, Distraction, and Emotional response. Internal consistency and test-retest reliability were acceptable MEQ correlated positively with mindfulness (FMI) and it was associated with sociodemographic variables, BMI, meditation. type of exercise and diet. STUDY 3, based on a sample of 502 subjects (68.8% female, mean aged 39.42 years) showed that MEQ and FMI negatively correlated with BES, EOQ, SCL-90-R, and BIAQ. Obese people showed lower level of mindful eating and higher levels of binge eating, emotional overeating, and body dissatisfaction, compared to the other groups Mindfulness resulted to partially mediates the relationship between a) binge eating and psychological distress, b) emotional overeating and psychological distress, c) binge eating and mental well-being, d) emotional overeating and menal well-being. Mindful eating was a moderator only in the relationship between emotional overeating and body dissatisfaction.
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Valutazione di marker diagnostici, epidemiologia e nuove prospettive terapeutiche nell' avvelenamento da rodenticidi anticoagulanti nel cane. / Evaluation of Diagnostic Marker, epidemiology and therapy in naturally anticoagulant rodenticide intoxicated dogs.

Senzolo, Mara <1982> 11 June 2014 (has links)
In Medicina Veterinaria l'avvelenamento da rodenticidi anticoagulanti è conosciuto e studiato ormai da anni, essendo una delle intossicazioni più comunemente riscontrate nelle specie non target. In letteratura si rinvengono numerose pubblicazioni ma alcuni aspetti sono rimasti ancora inesplorati.Questo studio si propone di valutare il processo infiammatorio, mediante le proteine di fase acuta (APPs), in corso di fenomeni emorragici, prendendo come modello reale un gruppo di soggetti accidentalmente avvelenati da rodenticidi anticoagulanti. I 102 soggetti avvelenati presentano un valore più elevato di proteina C reattiva (CRP)con una mediana di 4.77 mg/dl statisticamente significativo rispetto alla mediana delle due popolazioni di controllo di pari entità numerica create con cross match di sesso, razza ed età; rispettivamente 0.02 mg/dl dei soggetti sani e 0.37 mg/dl dei soggetti malati di altre patologie. Inoltre all'interno del gruppo dei soggetti avvelenati un valore di CRP elevato all'ammissione può predisporre al decesso. La proteina C reattiva assume quindi un ruolo diagnostico e prognostico in questo avvelenamento. Un'altra finalità, di non inferiore importanza, è quella di definire una linea guida terapeutica con l'ausilio di biomarker coagulativi e di valutare la sicurezza della vitamina K per via endovenosa: in 73 cani, non in terapia con vitamina k, intossicati da rodenticidi anticoagulanti, i tempi della coagulazione (PT ed aPTT) ritornano nel range di normalità dopo 4 ore dalla prima somministrazione di 5 mg/kg di vitamina k per via endovenosa e nessun soggetto durante e dopo il trattamento ha manifestato reazioni anafilattiche, nessuno dei pazienti ha necessitato trasfusione ematica e tutti sono sopravvissuti. Infine si è valutata l'epidemiologia dell'ingestione dei prodotti rodenticidi nella specie oggetto di studio e la determinazione dei principi attivi mediante cromatografia liquida abbinata a spettrofotometria di massa (UPLC-MS/MS). / Anticoagulant rodenticides (AR) are the most commonly used pesticides. They inhibit vitamin K epoxide reductase stopping vitamin K recycling. This will cause depletion of active coagulation factors II-VII-IX-X potentially leading to spontaneous bleeding. The first aim of this study is to measure acute phase proteins in 102 naturally affected dogs by AR intoxication, included in group 0. Two control populations of 102 randomly healthy (group 1) and sick (group 2) dogs were created and matched to group 0 for age, sex (including neutered status), and breed. In particular C-reactive protein (CRP) concentration was significantly (p<0.001) higher in group 0 (median 4.77 mg/dl) versus group 1 (median 0.02 mg/dl) and group 2(median, 0.37 mg/dl). The inflammatory process associated with hemorrhage is probably responsible for the higher CRP concentration. In group 0,CRP concentration was higher in non survivors vs survivors (p=0.04). CRP may be a useful diagnostic and prognostic marker in dogs with AR intoxication. The second aim of this study is to evaluate time to normalisation of activated partial thromboplastin time (aPPT) and prothrombin time (PT) after 5 mg/kg intravenously(IV) vitamin K treatment in 73 dogs with naturally AR intoxication. Four hours and 8 hours post-vitamin K administration (T4 and T8) a coagulation profile was repeated. There was a significant decrease in aPTT and PT between T0 and T4 (p<0.0001). All 73 dogs survived to discharge, none received blood transfusion or had an adverse reaction to IV vitamin k, and by T4 no dogs showed clinical signs of ongoing of external bleeding. This protocol with IV vitamin K administration seems to be safe and effective in treatment of dogs with naturally occurring AR intoxication. Epidemiology of AR intoxication in dogs and determination of responsible compounds by liquid chromatography tandem mass spectrometry has been also evaluated.
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Aspetti Ultrasonografici in Corso di Sviluppo Placentare e Adattamento Cardiovascolare nella Cavalla Gravida: ecografia bidimensionale, ecocardiografia ed ecocontrastografia (CEUS) / Sonographic Features during Placental Development and Cardiovascular Adaptation in Pregnant Mare: two-dimensional ultrasonography, echocardiography and contrast-enhanced ultrasound (CEUS)

Freccero, Francesca <1975> 15 April 2014 (has links)
In corso di gravidanza normale avvengono modificazioni emodinamiche centrali e periferiche volte a garantire le crescenti richieste nutritive dell'unità feto-placentare. L’ecografia con mezzo di contrasto (CEUS-Contrast Enhanced Ultrasonography) a base di microbolle offre una nuova opportunità di monitorare e quantificare la perfusione utero-placentare in condizioni normali e patologiche. L’ecocardiografia è stata ampiamente usata in medicina umana per valutare l’adattamento morfo-funzionale cardiaco materno durante la gravidanza. Gli scopi di questo lavoro prospettico sono stati di applicare, per la prima volta nella specie equina, un mezzo di contrasto di II generazione (Sonovue®), al fine quantificare la perfusione utero-placentare in corso di gravidanza normale, valutandone gli effetti sul benessere materno-fetale e di descrivere le modificazioni nei parametri ecocardiografici morfometrici e funzionali cardiaci, in particolare relativi alla funzione del ventricolo sinistro nel corso di una gravidanza fisiologica. Due fattrici sane di razza Trottatore sono state monitorate ecograficamente in maniera seriale durante l’intero corso della gravidanza, tramite esame bidimensionale, ecocontrastografia dell'unità utero-placentare, flussimetria Doppler delle arterie uterine, ecocardiografia materna in modalità bidimensionale, M-mode, Doppler e Tissue Doppler Imaging. I neonati sono stati clinicamente monitorati e gli invogli fetali esaminati. Il pattern di microperfusione utero-placentare è valutabile quali-quantitativamente tramite la CEUS e dimostra un’aumento del flusso a livello di microvascolarizzazione uterina con l'avanzare della gravidanza; non è stata rilevata la presenza di microbolle a livello di strutture fetali nè effetti dannosi sul benessere materno-fetale. In questo studio sono state osservate delle modificazioni cardiache materne in corso di gravidanza fisiologica, relative all'aumento della FC, del CO ed in particolare all'aumento delle dimensioni dell'atrio sinistro ed a modificazioni nelle onde di velocità di flusso e tissutali di riempimento del ventricolo sinistro. / During normal pregnancy central and peripherical haemodynamic changes occurr to meet the increased nutrient demand of the growing feto-placental unit. Microbubble-based contrast-enhanced ultrasound (CEUS) offers a new opportunity to monitor and quantify utero-placental perfusion in normal and abnormal pregnancy. Echocardiography have been widely used in human medicine to evaluate maternal cardiac structural and functional adaptation to pregnancy. The aims of this prospectic study were to apply for the first time a II generation sonographic contrast medium (Sonovue®) to quantify utero-placental perfusion during equine normal pregnancy, evaluating the effects on feto-placental and maternal well-being, and to describe echocardiographic changes in cardiac morphological and functional parameters, focusing on left ventricle function, during normal pregnancy in the mare. Two healthy Standardbred mares were evaluated by serial sonographic examinations during pregnancy, using two-dimensional ultrasonography, utero-placental unit contrast-enhanced ultrasound, uterine arteries Doppler and echocardiography, including two-dimensional, M-mode, Doppler and Tissue Doppler Imaging. Newborn foals and fetal membranes were also evaluated. CEUS allowed monitoring and quantification of utero-placental perfusion pattern and demonstrated an increase in uterine microcirculation blood-flow during pregnancy; no microbubbles were detected in the umbilical vein and fetal compartments and no adverse effects on fetal and maternal well-being were observed. In this study, maternal cardiac haemodynamic changes were observed during normal pregnancy, including an increase in heart rate and cardiac output, an increase in left atrium dimensions and changes in left ventricular filling flow and tissue Doppler velocity waves.
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Proteinuria e sindrome nefrosica nel cane: studio reptrospettivo di 338 casi / Proteinuria and Nephrotic Syndrome in dogs: a Retrospective Study of 338 cases

Isaya, Rosaria <1979> 04 May 2012 (has links)
La sindrome nefrosica (SN) è definita come la presenza concomitante di una proteinuria maggiore di 3.5g/24 h, ipoalbuminemia, ipercolesterolemia e presenza di edemi. I pazienti con SN sono più a rischio di quelli che presentano una nefropatia glomerulare non nefrosica (NNGD) per lo sviluppo di ipertensione, ipernatremia, complicazioni tromboemboliche e comparsa di insufficienza renale. In Medicina Veterinaria, la Letteratura riguardante l’argomento è molto limitata e non è ben nota la correlazione tra SN e gravità della proteinuria, ipoalbuminemia e sviluppo di tromboembolismo. L’obiettivo del presente studio retrospettivo è stato quello di descrivere e caratterizzare le alterazioni cliniche e clinicopatologiche che si verificano nei pazienti con rapporto proteine urinarie:creatinina urinaria (UPC) >2 con lo scopo di inquadrare con maggiore precisione lo stato clinico di questi pazienti e individuare le maggiori complicazioni a cui possono andare incontro. In un periodo di nove anni sono stati selezionati 338 cani e suddivisi in base ad un valore cut-off di UPC≥3.5. Valori mediani di creatinina, urea, fosforo, albumina urinaria, proteina C reattiva (CRP) e fibrinogeno sono risultati al di sopra del limite superiore dell’intervallo di riferimento, valori mediani di albumina sierica, ematocrito, antitrombina al disotto del limite inferiore di riferimento. Pazienti con UPC≥3.5 hanno mostrato concentrazioni di albumine, ematocrito, calcio, Total Iron Binding Capacity (TIBC), significativamente minori rispetto a quelli con UPC<3.5, concentrazioni di CRP, di urea e di fosforo significativamente maggiori. Nessuna differenza tra i gruppi nelle concentrazioni di creatinina colesterolo, trigliceridi, sodio, potassio, cloro, ferro totale e pressione sistolica. I pazienti con UPC≥3.5 si trovano verosimilmente in uno “stato infiammatorio” maggiore rispetto a quelli con UPC<3.5, questa ipotesi avvalorata dalle concentrazioni minori di albumina, di transferrina e da una concentrazione di CRP maggiore. I pazienti con UPC≥3.5 non presentano concentrazioni di creatinina più elevate ma sono maggiormente a rischio di anemia. / Nephrotic syndrome (NS) is defined as the concurrent presence of proteinuria greater than 3.5g/24 h, hypoalbuminemia, hypercholesterolemia, and extravascular fluid accumulation. Patients with NS are at higher risk than those who have a non-nephrotic glomerular nephropathy (NNGD) for the development of hypertension, hypernatremia, thromboembolic complications and the onset of renal failure. In Veterinary Medicine, there are few studies and correlation between NS and proteinuria, hypoalbuminemia, hypertension, underlying glomerular disease and development of thromboembolism are unknow. The objective of this retrospective study is to describe and characterize the clinical and clinicopathological abnormalities in patients with a urine protein:creatinine ratio (UPC) greater than 2, with the aim to characterize with greater precision the clinical status of these patients and identify the major complications that can suffer. In a period of nine years, 338 dogs were selected and divided according to a cutoff value of UPC≥3.5. Median values of creatinine, BUN, phosphorus, urinary albumin, C-reactive protein (CRP) and fibrinogen were above the upper limit of the reference range, median values of serum albumin, hematocrit, antithrombin were below the lower limit of reference range. . Patients with ≥ 3.5 UPC showed concentrations of albumin, hematocrit, calcium, Total Iron Binding Capacity (TIBC), significantly lower than those with UPC <3.5, concentrations of CRP, BUN and phosphate significantly higher. No differences between groups in the concentrations of creatinine, cholesterol, triglycerides, sodium, potassium, chloride, total iron and systolic blood pressure. Patients with a UPC ≥ 3.5 are likely to find in an "inflammatory condition" greater than those with UPC <3.5, this hypothesis is strengthened by lower concentrations of albumin, TIBC and a greater concentration of CRP. Patients with a UPC ≥ 3.5 do not have higher concentrations of creatinine, but are at increased risk of anemia.

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