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Il discorso politico culturale del Deutscher Geist in Gefahr di Ernst Robert Curtius / Political cultural discourse in Ernst Robert Curtius’ Deutscher Geist in Gefahr

Bercini, Annamaria <1969> January 1900 (has links)
Nel 1932 Ernst Robert Curtius pubblica il pamphlet politico culturale Deutscher Geist in Gefahr nel quale chiarisce il suo pensiero di fronte alla grave crisi in cui versa la Germania. Egli si schiera contro le posizioni di destra del suo tempo, delle quali critica apertamente la boria nazionalista, il rozzo antisemitismo e la creazione di un mito nazionale elaborato come strumento di manipolazione dell’opinione pubblica. Ritiene inoltre inaccettabili le posizioni rivoluzionarie, tanto di destra quanto di sinistra, che vogliono liberarsi della tradizione umanistica europea e disprezzano la Zivilisation francese; allo stesso modo rifiuta l’ideale di un germanesimo eroico avulso dalla storia europea e respinge infine tutte le forme di nichilismo che si risolvono in un atteggiamento di indifferenza nei confronti della realtà, dei valori e della storia. Curtius accetta il sistema democratico come unica soluzione e ritiene che le decisioni politiche debbano mirare al bene di tutti i ceti sociali indipendentemente dagli interessi di partiti e di singoli gruppi. Rifiuta qualunque forma, anche culturale, di supremazia della Germania, aspira a un’Europa cosmopolita, le cui nazioni siano valorizzate nelle loro caratteristiche specifiche, ed è convinto che per la costruzione della pace gli europei debbano vivere, studiare e lavorare insieme imparando gli uni le lingue degli altri. Per Curtius l’Umanesimo della tradizione classica e la letteratura del Medioevo sono parte integrante della vita di ogni europeo e fonte di energie spirituali per affrontare in modo creativo il presente e il futuro. / In 1932 Ernst Robert Curtius published his polemical cultural political treatise Deutscher Geist in Gefahr in which he articulated clearly his position facing the grave crisis into which Germany was sliding. He took sides against the positions held by the right-wing of his time, whose nationalist arrogance, vulgar anti-Semitism and reliance on creating a national myth in order to manipulate public opinion he criticized openly. Moreover he insisted that the revolutionary positions, maintained by both the right and the left, were equally inacceptable. In the same way he rebuffed the ideal of an heroic Germanic culture cut off from European history and rejected all forms of nihilism which crystallize in an attitude of indifference toward reality, values and history. Curtius accepted the democratic system as the best practical solution, insisting that political decisions must mirror the good of all classes independent of the concerns of political parties and special interest groups. He categorically rejected any claim, even in cultural terms, for German supremacy, but aspired instead for a cosmopolitan Europe whose nations were valued for their specific characteristics, and he was convinced that Europeans, in order to construct peace, must live, study and work together, learning each other’s language. For Curtius the humanism represented by the classical traditon and medieval Latin literature were integral parts of the life of every European and supplied the source for the intellectual and spiritual energies need to confront creatively the present and the future.
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Le Antichità di Bologna di Bartolomeo della Pugliola

Gramellini, Flavia <1980> 10 June 2008 (has links)
For a long time, the work of a Franciscan Friar who had lived in Bologna and in Florence during the 13th and 14th centuries, Bartolomeo Della Pugliola, was thought to have been lost. Recent paleographic research, however, has affirmed that most of Della Pugliola’s work, although mixed into other authors, is contained in two manuscripts (1994 and 3843), currently kept at University Library in Bologna. Pugliola’s chronicle is central to Bolognese medieval literature, not only because it was the privileged source for the important work of Ramponis’ chronicle, but also because Bartolomeo della Pugliola’s sources are several significant works such as Jacopo Bianchetti’s lost writings and Pietro and Floriano Villolas’ chronicle (1163-1372). Ongoing historical studies and recent discoveries enabled me to reconstruct the historical chronology of Pugliola’s work as well as the Bolognese language between the 13th and 14th century The original purpose of my research was to add a linguistic commentary to the edition of the text in order to fill the gaps in medieval Bolognese language studies. In addition to being a reliable source, Pugliola’s chronicle was widely disseminated and became a sort of vulgate. The tradition of chronicle, through collation, allows the study of the language from a diachronic point of view. I therefore described all the linguistics phenomena related to phonetics, morphology and syntax in Pugliola’s text and I compared these results with variants in Villola’s and Ramponis’ chronicles. I also did likewise with another chronicle by a 16th century merchant, Friano Ubaldini, that I edited. This supplement helped to complete the Bolognese language outline from the 13th to the 16th century. In order to analize the data that I collected, I tried to approach them from a sociolinguistic point of view because each author represents a different variant of the language: closer to a scripta and the Florentine the language used by Pugliola, closer to the dialect spoken in Bologna the language used by Ubaldini. Differencies in handwriting especially show the models the authors try to reproduce or imitate. The glossary I added at the end of this study can help to understand these nuances with a number of examples.
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Il topos dei "Neuf Preux" nell'immaginario cavalleresco medievale

Foltz, Cinzia <1976> 10 June 2008 (has links)
No description available.
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Il Libro del naufragio. Edizione e commento

Baroncini, Lucia <1983> 27 May 2011 (has links)
Edizione e commento della raccolta di miracoli mariani denominata "Libro del Naufragio" secondo la lezione del ms Firenez, Laurenziana, Ashburham 546
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Il Roman de la Rose: dai codici al testo. Studio della più antica tradizione manoscritta.

Ferretti, Matteo <1979> 27 May 2011 (has links)
No description available.
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Lucidari: edizione critica del volgarizzamento provenzale dell'Elucidarium di Onorio d'Autun (ms. Carpentras 157)

Silvaggi, Alessandra January 2011 (has links)
L'edizione propone uno studio sulla tradizione del testo provenzale, sulla sua struttura e sulla lingua. Prosegue con il testo, le note e il glossario.
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La prosa latino-francese di argomento troiano del codice Barb. lat. 3953 e la fortuna medievale della materia troiana in Italia

Ducati, Alice January 2019 (has links)
La tesi offre una proposta di edizione critica e un’analisi della prosa di argomento troiano trasmessa dal codice Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Barberiniano latino 3953. L’opera, in latino, ma con inserti in antico-francese, viene indagata e contestualizzata sotto l’aspetto filologico e critico-letterario. Il lavoro è completato da uno studio introduttivo sulla fortuna della materia troiana in Italia tra i secoli XIII-XV, nelle sue manifestazioni letterarie (in lingua oitanica e nei volgari italo-romanzi) e artistiche. In appendice è fornita una lista provvisoria di testimoni dell’"Historia destructionis Troiae" di Guido delle Colonne.
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La Bibbia nei primi trovatori

Cocco, Silvia January 2016 (has links)
La tesi idaga la presenza di riferimenti biblici all'interno dei testi di due fra i più antichi, e importanti, poeti occitani: Guglielmo IX e Jaufre Rudel. Alcuni testi del primo – Ben vueill que sapchon li pluzor, Companho, tant ai agutz d’avols conres e Companho, farai un vers … covinen – hanno rivelato una tale densità di allusioni bibliche, utilizzate per lo più in chiave polemica e dissacrante, da richiedere analisi minuziose e approfondite. Nel caso di Jaufre Rudel la presenza di espressioni e temi biblici, o più generalmente religiosi, era già stata messa in luce da diversi interpreti; ma un più accurato esame del suo breve e compatto canzoniere ha portato a scoprire altri riferimenti, a correggerne alcuni già proposti, a proporre alla luce di queste indagini nuove interpretazioni di passi oscuri o controversi. I capitoli dedicati a questi due trovatori sono preceduti da un’introduzione nella quale è discusso un problema di grande rilevanza metodologica: quello che riguarda i testi, i canali e le mediazioni attraverso i quali era conosciuta la Bibbia nel medioevo, in particolare nel Sud della Francia.
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"Huon de Bordeaux" in alessandrini (ms. Paris, BnF, fr. 1451): edizione critica con glossario e note di commento

Sorice, Gabriele January 2019 (has links)
La tesi presenta una nuova edizione critica integrale di "Huon de Bordeaux" in alessandrini. Il lavoro è corredato di capitoli sulla lingua, la metrica, di note di commento, di un glossario e di indici dei nomi dei personaggi e dei luoghi citati nel testo.
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Il corpo nell'opera di Francesco d'Assisi e di Iacopone da Todi

Sanson, Manuela January 2011 (has links)
La visione di un universo permeato dalla gloria di Dio che Francesco d’Assisi sviluppa nel Cantico di frate sole e nelle sue opere latine, e che risulta anche dalle testimonianze dei primi biografi, è stata interpretata da vari studiosi (Duby, Manselli, Pasero) come un implicito rovesciamento della concezione catara secondo cui il mondo non è stato creato dal Dio celeste, ma da un demiurgo malvagio. A prima vista, la concezione del corpo e della creazione materiale che emerge dall’opera poetica del francescano Iacopone da Todi si trova agli antipodi di quella del santo. Giovanni Pozzi ha osservato come nelle Laude sia assente “qualsiasi valutazione del creato come entità recante l’impronta divina”; ma, lungi dal comportare un dualismo ontologico di tipo “gnostico”, come quello dei catari, questo atteggiamento va ricollegato secondo lo studioso svizzero alla tradizione dell’ascetismo cristiano, e in particolare al linguaggio del “disprezzo” del corpo e del mondo che verso la fine del secolo XIII aveva trovato una delle sue espressioni più violente ed efficaci nel De contemptu mundi di Lotario di Segni, il futuro papa Innocenzo III. Queste lucide considerazioni non mancano tuttavia di porre una serie di problemi storici ed ermeneutici che appaiono decisivi per una corretta comprensione delle opere letterarie dei due primi grandi scrittori religiosi della nostra letteratura: qual è il rapporto fra la concezione francescana del corpo (e più in generale del mondo materiale) e la riflessione cristiana dei secoli precedenti su questi temi? In particolare, come si può situarla rispetto ai grandi filoni teologici del XII e del XIII secolo: mistica cisterciense e vittorina, pensiero ascetico, eresia catara? E quali sono i rapporti fra la concezione di Francesco e quella che si delinea con straordinario vigore lirico nelle Laude di Iacopone? Quali sono i modelli del poeta di Todi? Fra i due grandi scrittori mistici e ascetici del Duecento italiano vi è realmente, a proposito della visione del corpo e della corporeità, radicale opposizione? Oppure possono essere individuati anche punti di contatto, elementi di continuità o di mediazione? E come si spiegano degli atteggiamenti così diversi nel fondatore e in uno dei primi grandi seguaci del movimento francescano? A questi, ed ad altri più puntuali interrogativi si è cercato di rispondere nel presente lavoro. Per giungere a risposte motivate e convincenti, si è ritenuto necessario partire da un approfondito esame delle concezioni del corpo e della materia nella tradizione del pensiero cristiano fino al Duecento. In particolare, sono apparse di fondamentale importanza le correnti teologiche del secolo precedente, il XII, correnti il cui influsso nella concezione del mondo di Francesco e di Iacopone appare determinante. Nella prima parte della tesi, abbiamo così dedicato un capitolo alla tematica del contemptus mundi quale è sviluppata nel grande trattato di Lotario di Segni. In un secondo capitolo è studiata la complessa – e talvolta almeno apparentemente contraddittoria – concezione del corpo e delle realtà materiali nelle due maggiori correnti della teologia mistica nel XII secolo, quella cisterciense e quella vittorina, alle quali si rifarà direttamente anche il francescano Bonaventura da Bagnoregio. Inoltre, si è ritenuto necessario studiare in maniera approfondita le dottrine eterodosse dei catari, che ebbero certamente un grande peso – come si è accennato – nella riflessione cristiana di questo periodo sul corpo e sulla materia. A partire da queste premesse dottrinali – che sono state spesso trascurate o sottovalutate dai filologi, ma alle quali la critica più recente incomincia a dedicare la dovuta attenzione – nella seconda parte della tesi abbiamo sottoposto a una accurata analisi la concezione e la rappresentazione del corpo, e della “corporeità” in generale, nelle opere italiane e latine di Francesco d’Assisi e di Iacopone da Todi. Ne sono derivate conclusioni molto più articolate e sfumate di quanto possa far pensare una lettura superficiale dei loro testi: gli stretti rapporti che si possono osservare in entrambi gli autori con la precedente tradizione ascetica e mistica valgono a mettere in luce tutta una serie di rapporti profondi fra di loro, specialmente intorno al nodo cruciale del corpo di Cristo. E questo vale, a nostro parere, a far risaltare ancor meglio gli aspetti originali dei testi maggiori di Francesco e di Iacopone, a farci gustare appieno la loro “poesia del corpo”.

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