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La particella pa nelle varietà del ladino dolomitico con particolare attenzione al fassano

Dohi, Atsushi January 2019 (has links)
Il lavoro si concentra sulla sintassi, la semantica e la pragmatica della particella pa (o po) nelle varietà del ladino dolomitico, con particolare attenzione al suo impiego nel fassano. Questa particella presenta caratteristiche e funzioni diverse nelle varietà esaminate: in ampezzano e in fodóm pa serve come particella modale che esprime un atteggiamento del parlante, in badiotto e in gardenese funziona come marcatore interrogativo obbligatorio. In fassano la particella non è obbligatoria, pur essendo molto frequente nelle frasi interrogative, dove tuttavia non pare svolgere una funzione modale. Per illustrare e analizzare le diverse proprietà della particella nelle varietà considerate, la tesi è organizzata in cinque capitoli, dei quali i primi due sono dedicati a presentare le proprietà generali delle particelle modali (MP) e le ipotesi proposte sulla struttura in cui si manifestano, mentre gli ultimi tre sono dedicati alla descrizione degli usi e all'analisi della particella interrogativa pa/po nelle varietà ladine. Nel primo capitolo sono presentate le caratteristiche delle MP e sono discussi vari esempi ripresi in particolare dal tedesco (doch, denn) e dall'italiano (mai, poi). Per quanto concerne il quadro teorico, è adottata la cosiddetta split CP hypothesis di Rizzi (2001), che permette di cogliere l’interazione tra la modalità veicolata dalle particelle e la struttura sintattica della frase. Nel secondo capitolo sono prese in considerazione le particelle modali usate nell’italiano regionale (ben e mica) e nei dialetti parlati nel Veneto e nel Trentino (lu, ti, mo, po), che sono messe a confronto con le particelle usate in italiano e in tedesco, introdotte nel primo capitolo. Tale confronto suggerisce l’esistenza di tre tipi di posizione in cui possono apparire le particelle: iniziale, interno e finale. Le particelle nelle posizioni interne hanno avuto vari processi di grammaticalizzazione che coinvolgono il cambiamento della posizione sintattica, mentre le particelle che appaiono nelle posizioni iniziali o finali si evolvono in maniera relativamente semplice. Il terzo capitolo si concentra sull'uso di pa (e delle sue varianti po, a) nelle varietà ladine. Le particelle modali nel ladino dolomitico sono analizzate in accordo con le ipotesi sulla periferia sinistra della frase presentate nei capitoli 1 e 2. In particolare, la descrizione dettagliata degli usi di pa in frasi interrogative suggerisce l’esistenza di un processo di grammaticalizzazione dell’avverbio temporale, che lo trasforma in marcatore interrogativo obbligatorio, con una fase intermedia che ri-categorizza l'avverbio come particella modale (in accordo con la proposta di Hack 2011 e 2014). Al processo di grammaticalizzazione della particella pa è dedicato il quarto capitolo, che riprende in prospettiva diacronica l'analisi di grammaticalizzazione proposta da Hack (2011 e 2014). I dati in diacronia sono selezionati mediante interrogazione del Corpus dl Ladin Leterar, e servono a mostrare le frequenze e i contesti d'uso della particella nel tempo (XIX e XX secolo) e nelle diverse varietà ladine. I dati evidenziano l'esistenza di processi di grammaticalizzazione che si trovano in fasi diverse nelle varietà del ladino dolomitico, con l'ampezzano e il fodom nella prima fase, il fassano nella fase successiva, il badiotto e il marebbano in fase avanzata, e il gardenese nella fase estrema. Il quinto capitolo è dedicato al fassano, che sembra rappresentare una varietà di transizione, poiché è l’unica in cui la particella ha perso il valore modale, ma non ha ancora acquisito obbligatorietà. Per descrivere dettagliatamente l'uso di pa nel fassano, sono state condotte due inchieste. La prima ha coinvolto 75 studenti di varie località nella valle, la seconda invece 27 parlanti di diverse età e località. L’analisi svolta sui dati raccolti mostra che l'uso della particella è influenzato da fattori diatopici, dalla standardizzazione linguistica degli anni Ottanta, e dal ruolo svolto dalla scuola per l'insegnamento della lingua ladina. La complessità dell’uso della particella in questa varietà viene interpretata seguendo l’ipotesi avanzata da Benincà & Damonte (2009): l’omissibilità della particella è dovuta alla scelta libera tra la particella pa e un elemento foneticamente non realizzato. Inoltre, in alcune sotto-varietà fassane, la scolarizzazione ha dato luogo a una varietà intra-individuale normativa in cui l’uso della particella è preferito. In conclusione, il lavoro mostra l’evoluzione diacronica della particella pa su una linea che ha la sua origine nell’avverbio temporale, si sviluppa con la particella modale e termina con il marcatore interrogativo. Sulla base della split CP hypothesis, questo sviluppo è interpretato come un cambiamento della maniera in cui la particella interagisce con la proiezione etichettata FP (Force), dove si codificano il tipo di frase e la sua forza illocutiva. Il lavoro sulla particella pa si inserisce perciò nel quadro degli studi volti a descrivere la struttura e le proprietà della periferia sinistra della frase, e contribuisce con dati nuovi alla discussione sul rapporto tra "discorso" e "sintassi".
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«Sens e Razos d'una Escriptura»: edizione e studio della traduzione Occitana dell'Evangelium Nicodemi = «Sens e Razos d'una Escriptura»: édition et étude de la traduction Occitane de l'Evangelium Nicodemi

Collura, Alessio January 2014 (has links)
La tesi fornisce la prima edizione critica commentata del poema occitano 'Sens e razos d'una escriptura', il cosiddetto Vangelo occitano di Nicodemo. Si tratta di un testo in couplets d'octosyllabes, di origine linguadociana orientale e attribuibile, verosimilmente, agli anni '80/'90 del XIII secolo. Un'ampia introduzione di carattere storico-letterario, filologico e codicologico anticipa l'edizione stessa (corredata da traduzione in italiano) e fornisce un primo tentativo di contestualizzazione del testo.
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«Wordes bolde». Evoluzione stilistica dal "Roman de Horn" a "King Horn" a "Horn Childe"

Gottardi, Pierandrea 12 July 2022 (has links)
The doctoral thesis compares the style of the “Romance of Horn”, “King Horn”, and “Horn Childe and Maiden Rimnild”. Each of them is a different version of the same story; the first is an Insular French romance, the second and third are Middle English romances. The stylistic analysis is both quantitative and qualitative, and it is developed employing the lemmatized edition of each witness of each version. The work begins with an introduction to the concept of style. The first chapter focuses on a review of the literature regarding each version, considering specifically the witnesses and textual criticism, metre and genre, language, date, and style. For the Insular French version, a specific review of the literature about the author is offered. The second chapter introduces stylometry and stylistic analysis with a brief literature review. Then, the protocols for the edition and lemmatization of each witness are described. Finally, the methods adopted for the stylistic analysis are explained. The third chapter develops the study of descriptions, anaphors, and formulas in each version. The collected data and their interpretations are considered altogether through the lens of a group of theoretical concepts: connotation, attribution, horizon of expectations and discursive tradition. Via these concepts, a trajectory of stylistic mutations is traced, and a link between style and socio-cultural context is displayed. The conclusions sum up all the information and inferences, suggesting further possibilities for new research. / La tesi sviluppa lo studio comparativo dello stile come osservato nel “Roman de Horn”, in “King Horn” e in “Horn Childe and Maiden Rimnild”, tre versioni della medesima vicenda, la prima in anglonormanno, le altre due in inglese medio. Nella tesi l’indagine stilistica è svolta in maniera qualitativa e quantitativa, lavorando sulle edizioni lemmatizzate secondo codifica TEI dei singoli testimoni di ciascuna versione. Dopo un’introduzione sul concetto di stile, il primo capitolo è dedicato a un’introduzione ai testi e ai testimoni delle tre versioni. Dopo un cappello introduttivo sui rapporti genetici tra le versioni, di ciascuna di esse si opera un'escussione della bibliografia esistente intorno a testimoni ed eventuale stemmatica, metro e genere, lingua, datazione, stile dell’opera; per la versione anglonormanna si aggiunge uno specifico approfondimento sull’autore. Nel secondo capitolo, si inquadrano stilistica e stilometria nel panorama accademico attuale, quindi si espongono i protocolli di edizione e lemmatizzazione adottata, infine i metodi di analisi adottati e le ragioni per cui circoscrivere l’indagine ai fenomeni di descrizione, anafora e formula. Nel terzo capitolo si procede ad analizzare in ogni versione le descrizioni e poi anafore e formule. Per le descrizioni, dopo aver offerto un quadro specifico per versione, si opera una sintesi sulla base dei concetti di connotazione e attribuzione, chiarendo una possibile traiettoria del mutamento stilistico. Parallelamente, dopo un’analisi di anafore e formule in ciascuna versione si offre una visione d’insieme alla luce dei concetti di orizzonte d’attesa e tradizione discorsiva, ponendo così in relazione stile e contesto socioculturale dell’Inghilterra medievale. Nelle conclusioni, si riassumono gli approdi dell’analisi, valutando metodi e risultati e proponendo possibili aperture a lavori futuri.
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La Vie des Pères. Genèse et diffusion d'un recueil de contes exemplaires du XIIIe siècle

Mariani, Daniela January 2019 (has links)
La Vie des Pères, raccolta di racconti esemplari dell’inizio del XIII secolo, aspira alla formazione religiosa cristiana proponendo nella narrazione e nei para-sermoni dell’autore (i prologhi e gli epiloghi ai racconti) un insegnamento teologico. In una prospettiva critica letteraria e storica, questa ricerca analizza la genesi e la ricezione del testo. Le intenzioni poetiche dell’autore determinano l’aggiornamento di una materia narrativa preesistente ai temi spirituali dominanti intorno al 1215 (la confessione, l’eucarestia, il celibato dei chierici). Il pubblico medievale (XIII-XV secolo) ha interpretato il testo a partire dai supporti fisici che lo hanno trasmesso. La tradizione manoscritta è così studiata come un insieme di testimoni di presentazione del testo, più o meno modificato e adattato a diversi contesti (altre opere religiose, testi profani, testi non narrativi) e per diverse comunità interpretative: i possessori dei manoscritti, i lettori che hanno annotato i margini, i copisti che hanno strutturato l’opera con le rubriche. Ne emerge una sostanziale coerenza dell’opera tra la funzione esemplare e l’utilizzo effettivo.

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