101 |
Marinetti ultimo mitografoTondelli, Leonardo <1973> 29 May 2008 (has links)
La ricognizione delle opere composte da Filippo Tommaso Marinetti tra il 1909 e il 1912 è
sostenuta da una tesi paradossale: il futurismo di Marinetti non sarebbe un'espressione della
modernità, bensì una reazione anti-moderna, che dietro a una superficiale ed entusiastica adesione
ad alcune parole d'ordine della seconda rivoluzione industriale nasconderebbe un pessimismo di
fondo nei confronti dell'uomo e della storia. In questo senso il futurismo diventa un emblema del
ritardo culturale e del gattopardismo italiano, e anticipa l’analoga operazione svolta in politica da
Mussolini: dietro un’adesione formale ad alcune istanze della modernità, la preservazione dello
Status Quo.
Marinetti è descritto come un corpo estraneo rispetto alla cultura scientifica del Novecento: un
futurista senza futuro (rarissime in Marinetti sono le proiezioni fantascientifiche). Questo aspetto è
particolarmente evidente nelle opere prodotte del triennio 1908-1911, che non solo sono molto
diverse dalle opere futuriste successive, ma per alcuni aspetti rappresentano una vera e propria
antitesi di ciò che diventerà il futurismo letterario a partire dal 1912, con la pubblicazione del
Manifesto tecnico della letteratura futurista e l'invenzione delle parole in libertà. Nelle opere
precedenti, a un sostanziale disinteresse per il progressismo tecnologico corrispondeva
un'attenzione ossessiva per la corporeità e un ricorso continuo all'allegoria, con effetti
particolarmente grotteschi (soprattutto nel romanzo Mafarka le futuriste) nei quali si rilevano tracce
di una concezione del mondo di sapore ancora medioevo-rinascimentale. Questa componente
regressiva del futurismo marinettiano viene platealmente abbandonata a partire dal 1912, con Zang
Tumb Tumb, salvo riaffiorare ciclicamente, come una corrente sotterranea, in altre fasi della sua
carriera: nel 1922, ad esempio, con la pubblicazione de Gli indomabili (un’altra opera allegorica,
ricca di reminiscenze letterarie).
Quella del 1912 è una vera e propria frattura, che nel primo capitolo è indagata sia da un punto di
vista storico (attraverso la documentazione epistolare e giornalistica vengono portate alla luce le
tensioni che portarono gran parte dei poeti futuristi ad abbandonare il movimento proprio in
quell'anno) che da un punto di vista linguistico: sono sottolineate le differenze sostanziali tra la
produzione parolibera e quella precedente, e si arrischia anche una spiegazione psicologica della
brusca svolta impressa da Marinetti al suo movimento.
Nel secondo capitolo viene proposta un'analisi formale e contenutistica della ‘funzione grottesca’
nelle opere di Marinetti. Nel terzo capitolo un'analisi comparata delle incarnazioni della macchine
ritratte nelle opere di Marinetti ci svela che quasi sempre in questo autore la macchina è associata al
pensiero della morte e a una pulsione masochistica (dominante, quest'ultima, ne Gli indomabili); il
che porta ad arrischiare l'ipotesi che l'esperienza futurista, e in particolare il futurismo parolibero
posteriore al 1912, sia la rielaborazione di un trauma. Esso può essere interpretato metaforicamente
come lo choc del giovane Marinetti, balzato in pochi anni dalle sabbie d'Alessandria d'Egitto alle
brume industriali di Milano, ma anche come una reale esperienza traumatica (l'incidente
automobilistico del 1908, “mitologizzato” nel primo manifesto, ma che in realtà fu vissuto
dall'autore come esperienza realmente perturbante). / The analysis of F. T. Marinetti's works written from 1909 to 1912 is supported by a paradoxical
hypothesis: what if Marinetti's futurism was less an expression of modernity than an anti-modern
reaction? Behind a superficial and enthousiastic agreement to some issues coming from the Second
Industrial Revolution, Marinetti hides a pessimistic vision of humanity and history. Futurism could
be his Trojan Horse to bring this feeling into the citadel of modernity, thus anticipating in Italian
literature what Mussolini made in Italian politics: preserving the Status Quo behind a modernistic
maquillage.
Marinetti is a “Futurist Without Future”: despite his enthousiasm for some technological
innovations, he is totally abstracted from the scientific culture, like most Italian writers of his time:
Unlike H. G. Wells, to whom he was often compared, he doesn’t appear very interested in detecting
“the shape of thing to come”, while he seems more concerned in updating the old mythologies to
the new “steel Gods” of technology. This could explain why the futurist literature has not so much
in common with Science Fiction.
Marinetti’s first futurist works (1908-1911) show – behind a quite superficial interest for machines
and technologies – a real obsession with the human body and everything related with it: sexuality
(Mafarka le Futuriste), food (Le Roi Bombance) and violence (Gli indomabili). As in François
Rabelais' Gargantua Et Pantagruel, which they openly recall, Marinetti's bodies in Mafarka le
Futuriste or Le Roi Bombance are expanded to grotesque dimensions. These issues are temporarily
set aside in 1912, when Marinetti finds a completely new style which is described in the Technical
Manifesto of Futurist Literature as “Words-in-Freedom”. This step further will cause the first
important crisis in the Futurist Movement, as many early subscribers will not follow him. This crisis
(the “fracture of 1912”) is described in the first chapter, while in the second chapter the “grotesque
element” in Marinetti's works is thoroughly analysed. Finally, the third chapter deals with the not so
frequent “future projections” in his poems and novels. The observation that machines and future in
these works are often tied with Death – the “foundation tale” of Futurism shows the first car
accident of Italian literature – leads to a last hypothesis: the young italian poet grown up in Egypt
may have experienced the discovery of modern industrial Europe as a real shock; the invention of
Futurism could be the result of a traumatic stress disease.
|
102 |
Tempo della festa e tempo del sacrificio. La narrativa di Cesare PaveseMaiello, Andrea <1978> 29 May 2008 (has links)
No description available.
|
103 |
Per il romanzo storico di mano femminile nel Novecento: lo sguardo sul Rinascimento di Anna Banti e Maria BellonciCalisti, Ilaria <1978> 15 May 2008 (has links)
No description available.
|
104 |
La questione percettiva in semiotica. Linee fondamentali e sviluppi della ricercaDe Bernardis, Mattia <1977> 16 April 2008 (has links)
This dissertation deals with the problems and the opportunities of a semiotic approach to
perception. Is perception, seen as the ability to detect and articulate an coherent picture of the
surrounding environment, describable in semiotic terms? Is it possibile, for a discipline wary of any
attempt to reduce semiotic meaning to a psychological and naturalized issue, to come to terms with
the cognitive, automatic and genetically hard-wired specifics of our perceptive systems? In order to
deal with perceptive signs, is it necessary to modify basic assumptions in semiotics, or can we
simply extend the range of our conceptual instruments and definitions? And what if perception is a
wholly different semiotic machinery, to be considered as sui generis, but nonetheless interesting for
a general theory of semiotics?
By exposing the major ideas put forward by the main thinkers in the semiotic field, Mattia de
Bernardis gives a comprehensive picture of the theoretical situation, adding to the classical
dichotomy between structuralist and interpretative semiotics another distinction, that between
homogeneist and etherogeneist theories of perception. Homogeneist semioticians see perception as
one of many semiotic means of sign production, totally similar to the other ones, while
heterogeneist semioticians consider perceptive meaning as essentially different from normal
semiotic meaning, so much so that it requires new methods and ideas to be analyzed.
The main example of etherogeneist approach to perception in semiotic literature, Umberto Eco’s
“primary semiosis” is then presented, critically examined and eventually rejected and the
homogeneist stance is affirmed as the most promising path towards a semiotic theory of perception.
|
105 |
Il corpo in scena: indagine sullo statuto semiotico del corpo nella prassi performativaContreras Lorenzini, Maria José <1977> 16 April 2008 (has links)
No description available.
|
106 |
Rex prudens et sapiens. Semantica della regalità negli specula principum d'epoca tardomedievale (secoli XII-XV)Frigeni, Roberta <1977> 01 July 2008 (has links)
La ricerca di Roberta Frigeni, svolta ad ampio spettro diacronico, è condotta su di una campionatura
di specula principum - editi ed inediti - elaborati tra XII e XV secolo, e ne indaga il linguaggio
quale referente privilegiato, rilevandone persistenze terminologiche e nuclei sintagmatici ricorrenti,
al fine di individuare concetti utili a delineare un lessico politico proprio di questa testualità, in
corrispondenza al sorgere dell’entità statale europea nel XIII secolo (con particolare riguardo
all’area francese, ai regni di Luigi IX e Filippo il Bello). A partire da un’analisi critica delle tesi di
Quentin Skinner circa la ‘ridefinizione paradiastolica’ del sistema delle virtù classiche entro il
trattato De principatibus, lo studio innesca un percorso di indagine à rebours che - sondando il
linguaggio - rintraccia nella trattatistica delle institutiones regum del XV secolo (Pontano, Patrizi,
Carafa, Platina) e degli specula principum medievali (Elinando di Froidmont, Gilberto di Tournai,
Vincenzo di Beauvais, Guglielmo Peraldo, Egidio Romano, Guido Vernani) una consonanza di
motivi nella sintassi e nell’immaginario preposti ad illustrare le potenzialità semantiche del nome di
prudentia, individuata quale unica virtù sopravvissuta alla ‘ridescrizione’ del codice etico operata
da Machiavelli. Indagando i progressivi ampliamenti del campo semantico sorto attorno al nome
della virtù di prudenza entro la letteratura speculare, la ricerca mostra come il dialettico rapporto
con i lessemi di sapientia, astutia, fides ed experientia abbia avuto un ruolo determinante per il
sorgere di un’immagine del principe emancipata dalla figura biblica del “rex sapiens”, e per la
formazione di un lessico ospitale delle manifestazioni concrete del vivere politico ed economico. I
processi di dilatazione e rarefazione del bacino semantico di prudentia sono, infatti, funzionali ad
illustrare come il linguaggio della testualità speculare registri l’acquisizione di nuove
strumentazioni teoriche grazie al rinnovamento delle fonti a disposizione lungo il secolo XIII, che -
sostituendo progressivamente il più recente dossier aristotelico al solo apparato veterotestamentario
- permettono di integrare la concezione delle virtù in senso operativo, adattandola alle esigenze
politico-economiche dei nuovi contesti istituzionali monarchici.
|
107 |
Le vie del commento: le osservazioni muratoriane alle rime del PetrarcaBonfatti, Rossella <1975> 15 May 2008 (has links)
Nella ricerca condotta sulle Osservazioni muratoriane alle Rime petrarchesche, si è
tentato di mettere in luce la ‘scienza del commento’, ad esse sottesa, cui
contribuivano gli snodi teorici, l’accertamento filologico, le strategie
argomentative, i debiti esegetici. Tra difesa e riforma della poesia, il commento
muratoriano si pone infatti, in piena età arcadica, al vertice della coniunctio tra
esigenza conoscitiva e visione morale. Il «buon cammino» del Muratori, passando
per le vie del Petrarca, sanciva di fatto una superiore giurisdizione letteraria, a cui
rimettere come ad un foro esterno, censure e difese: colpisce, infatti, il suo vaglio
tecnico-argomentativo delle Rime del Petrarca, valutate secondo concordanze,
rinvii a commenti storici, connessioni intertestuali, analogie contenutistiche e
stilistiche, struttura metrica, uso delle immagini di fantasia e loro mescidazione
rispetto al verosimile.
È insomma l’idea di un commento ‘ben proporzionato’, situato oltretutto in una
zona di percorrenza mista, tra riuso e canonizzazione (come dimostra la sua
ricezione nelle storiografie letterarie della seconda metà del XVIII secolo), diviso
tra attenzione all’usus scribendi dell’autore e appelli collaborativi al lettore, quello
che, grazie al Muratori, in piena età arcadica, riporterà al centro il petrarchismo: un
petrarchismo potenziato, promosso ad insegnamento attivo e a sistema storicocritico
che il buon gusto ridisegnava secondo nuove coperture normative ed
esigenze metodologiche, ordinandolo, secondo uno stilema tipico della riflessione
filosofico-religiosa muratoriana, ad una ‘regolata lettura’.
|
108 |
Prosopopea ed esegesi prosopologica in Origene: un confronto col mondo classicoVillani, Andrea <1980> 22 July 2008 (has links)
No description available.
|
109 |
Una e plurima: riflessioni intorno alle nuove espressioni delle donne nella letteratura italianaCamilotti, Silvia <1979> 04 June 2009 (has links)
Tale lavoro di ricerca ha indagato l’opera di sette scrittrici immigrate in Italia o nate da genitori immigrati che hanno composto in lingua italiana.
Esse sono: Christiana de Caldas Brito, Cristina Ubax Ali Farah, Gabriella Kuruvilla, Ingy Mubiayi, Ornela Vorpsi, Laila Wadia, Jarmila Očkayová.
La tesi consta di una premessa, un primo capitolo in cui sono riportate le interviste fatte alle scrittrici, un secondo capitolo di analisi dei loro testi, un terzo di riflessioni di teoria letteraria ed un quarto conclusivo. In appendice sono riportate integralmente le interviste. / The thesis investigates the literary work of seven first and second generation migrant women who write in Italian language.
They are: Christiana de Caldas Brito, Cristina Ubax Ali Farah, Gabriella Kuruvilla, Ingy Mubiayi, Ornela Vorpsi, Laila Wadia, Jarmila Očkayová.
There are four chapters: a premise, the first chapter with the interviews to the authors, the second one with the analysis of their literary works, the third with a discussion on some theoretical literary issues, and the fourth with the conclusion. In the appendix I have reported the interviews in full.
|
110 |
Teorie e immagini del governo "misto" nel Cinquecento: i casi di Gasparo Contarini, Donato Giannotti, Paolo Paruta e Traiano BoccaliniVenturelli, Piero <1976> 09 May 2009 (has links)
This doctoral dissertation faces the debated topic of the traditions of Republicanism in the Modern Age assuming, as a point of view, the problem of the "mixed" government.
The research therefore dwells upon the use of this model in Sixteenth-Century Italy, also in connection with the historical events of two standard Republics such as Florence and Venice.
The work focuses on Donato Giannotti (1492-1573), Gasparo Contarini (1483-1542) and Paolo Paruta (1540-1598), as the main figures in order to reconstruct the debate on "mixed" constitution: in them, decisive in the attention paid to the peculiar structure of the Venetian Republic, the only of a certain dimension and power to survive after 1530.
The research takes into account also the writings of Traiano Boccalini (1556-1613): he himself, though being involved in the same topics of debate, sets for some aspects his considerations in the framework of a new theme, that of Reason of State.
|
Page generated in 0.0248 seconds