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"SNOW IS A STRANGE WHITE WORD". POESIA E PITTURA NELL'OPERA DI ISAAC ROSENBERG, WAR POET (1890-1918) / "Snow is a strange white word". Poetry and Painting in the Works of Isaac Rosenberg, war poet (1890-1918)

MAGGIONI, ERICA 19 September 2017 (has links)
La tesi studia l’opera del war poet inglese Isaac Rosenberg (1890-1918) con l’obiettivo principale di analizzare l’influenza della sua formazione pittorica sulla produzione poetica, un aspetto che, seppur generalmente riconosciuto, è stato poco approfondito dalla critica. I primi tre capitoli esaminano il contesto sociale, culturale e artistico in cui Rosenberg visse prima di arruolarsi nell’esercito; in particolare, viene presentata la comunità ebraica dell’East End di Londra, il suo coinvolgimento nella Prima Guerra Mondiale, la scena artistica di inizio ventesimo secolo. Lo studio considera anche la scuola d’arte da lui frequentata, la Slade, la sua limitata produzione pittorica e le sue riflessioni di estetica, contenute nelle lettere e nella prosa. Il quarto capitolo, fulcro della tesi, propone un’analisi dei testi poetici che mira a evidenziare come il poeta abbia sfruttato l’esperienza di pittore nella scrittura, specialmente nella war poetry. Tra le strategie identificate, vi sono l’utilizzo simbolico dei colori, l’imagery relativa a luce e buio, l’adozione di una particolare prospettiva, la commistione tra astratto e concreto. Tali tecniche vengono lette come tentativi di rispondere alla difficoltà di rappresentazione e comunicazione dell’esperienza bellica. / The thesis studies the works of English war poet Isaac Rosenberg (1890-1918) with the main aim of analysing the influence of his pictorial training on his poetic production, an aspect which has been generally acknowledged, but scarcely investigated by critics. The first three chapters examine the social, cultural and artistic context in which Rosenberg lived before enlisting in the army; in particular, the focus is on the Jewish community of London’s East End, the involvement in the First World War, and the art scene of the early Twentieth century. The study also considers the art school he attended, the Slade, his limited pictorial production, and his thoughts on aesthetics, as included in the letters and prose. The fourth chapter, core of the thesis, proposes an analysis of the poems which aims to show how Rosenberg exploited his experience as a painter in his writing, especially in the war poetry. Among the identified strategies are the symbolic use of colours, the imagery related to light and shadow, the adoption of a particular perspective, the fusion of abstract and concrete. These techniques are seen as attempts to respond to the difficulty of representing and communicating war experience.
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DALLA PROFEZIA ALLA SCADENZA: L'EVOLUZIONE DELLA TEMPORALITA' NEL TEATRO DI SHAKESPEARE

ZANINELLI, MARTA 17 December 2020 (has links)
Nel teatro shakespeariano è molto spesso presente un uso del tempo affatto moderno e connesso con le nuove tecnologie, se si considera come moderna la presenza massiccia nel canone di una temporalità realistica e cadenzata dal movimento delle lancette dell’orologio, vero oggetto rivoluzionario del nuovo modello temporale. Tra i tanti strumenti che Shakespeare impiega per la manipolazione dell’elemento temporale a livello di drammaturgia, uno è sembrato particolarmente innovativo e rilevante: la scadenza. Si è pensato che la presenza di questo elemento in circa un quarto della produzione shakespeariana potesse rappresentare, anche solo dal punto di vista quantitativo, un dato interessante e meritevole di esame approfondito. Si è infatti ritenuto che l’imposizione di un limite di tempo preciso e scandito dall'orologio all’interno del dramma testimoni non soltanto la sussistenza di un nuovo approccio alla temporalità, ma anche la familiarità del pubblico con un nuovo modo di pensare il tempo. Si è considerato inoltre che il legame tra la scadenza e una nuova concezione del tempo potesse risultare con maggiore evidenza mettendola a confronto con un altro elemento, rappresentativo invece di un pensiero più tradizionale: la profezia. Nella profezia si è infatti voluto vedere una sorta di antecedente della scadenza stessa, a causa di alcuni aspetti formali che le accomunano; allo stesso tempo, tuttavia, ci si è concentrati sull’aspetto che le differenzia, operante proprio sul piano temporale e tale da renderle emblematiche di due tradizioni culturali e teatrali vicine ma fondamentalmente differenti. / Shakespearian theatre often presents a use of time which is undeniably modern and connected to new technologies, if we consider as modern the presence, in the Canon, of a realistic kind of temporality, marked by the rhythm of the clock, the revolutionary object that characterizes the new temporal model. Among the techniques that Shakespeare uses to manipulate the temporal element on a dramaturgical level, one seemed to be particularly innovative and relevant: deadline. The presence of this element in about one fourth of Shakespearean production could represent, if only from a quantitative perspective, an interesting fact, worthy of in-depth analysis. The imposition of a precise time limit, marked by the clock, was thought to be a testimony both of a new approach to temporality, and of the audience's familiarity with a new way to conceive time. The connection between deadline and a new conception of time was thought to better emerge by comparing it to another element, more representative of a traditional way of thinking: prophecy. Prophecy was considered as a sort of precedent for deadline, because of some formal aspects that they have in common; at the same time, however, the work focused on their differences, that occur on the temporal level, so much so that they almost become symbols of two cultural and theatrical traditions that are close, but fundamentally different.
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La commedia di origine classica dopo il Concilio di Trento. Il caso delle commedie di Luigi Groto il Cieco di Adria / The Comedy of Classical Origin after the Council of Trent. The Comedies of Luigi Groto

RÓZSA, RÉKA 18 March 2008 (has links)
Il presente studio ha posto come obiettivo di delineare gli sviluppi della commedia plautino-terenziana nel periodo post-tridentino esaminando le commedie di Luigi Groto il Cieco di Adria (1541-1585). Il periodo di primo Cinquecento vide il «recupero» e la «reinvenzione» della commedia che partì dal modello plautino, adattando ai bisogni del tempo e del pubblico del Rinascimento. All'inizio del Cinquecento prevalse la commedia «motoria» di Plauto basata sull'intreccio, sulle beffe e sull'azione. quando la struttura della commedia iniziò a irrigidirsi, il modello pralutino venne approfondito usando elementi della «stataria», di modello terenziano, basata sullo studio dei caratteri. Tale cambiamento avvenne anche all'interno di alcuni letterati del secolo, Angelo Beolco e Pietro Aretino, entrambi fondamentali per la presente analisi. Le tre commedie in questione, composte da Luigi Groto sono molto diverse tra di loro. Ogni capitolo del presente studio analizzerà una sola commedia e ciascuna da un solo punto di vista. Il primo capitolo avrà come oggetto la proposta linguistica del Groto presentata nella sua prima commedia, intitolata La Emilia, opera di stampo chiaramente ariostesco. Nel secondo capitolo potremo conoscere il quadro offerto dal confronto di diverse concezioni della donna. Nella seconda commedia del Groto, intitolata Il Thesoro, infatti, saranno confrontate una vasta gamma di personaggi femminili, tra cui la più trasgressiva, Licinia, la giovane malmaritata. Questa commedia, chiaramente, è di stampo aretinesco. Il terzo capitolo esaminerà la struttura «hedonistica» de La Alteria, una metacommedia per eccellenza di stampo formalmente terenziano, ma con influssi dei tre maestri: Ariosto, Beolco e Aretino. / The aim of the present study is to define the development of the comedy of Plauto-Terencian origin after the Council of Trent. It will examine the comedies of Luigi Groto, comparing them with other comedies of the Sixteenth Century. There was a reinvention of the comedy based on the Plautian model in the first half of the Cinquecento. The model (called motoria), which was full of effects and lively with action, was adapted to the needs of the era and the public taste. Subsequently this model was enriched by patterns of the Terencian comedy called stataria. The stataria, differently from the motoria, gave more room to characters and to reflections of the comedy itself. Some playwrights, i.e. Angelo Beolco and Pietro Aretino, both fundamental for the study, followed this development in their plays. The three comedies that we are going to analyse, differ from each other. Every chapter is going to examine only one comedy and only from one point of view. In the first chapter, we are going to analyse the language of comedy that Groto proposed in the La Emilia (1579). This play is based on Ludovico Aroisto's elaboration of Plautus. In the second chapter, we are going to look at different perceptions of female characters in the Il Thesoro (1583), Groto's second comedy. We will see how the change in the importance of women on stage modified the other characters. In the last chapter we are going to interpret how the La Alteria (1587), based on Terence and Aretino, became a pure metacomedy, and how its hedonistic structure was influenced by Ariosto, Aretino and Beolco.
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Hazlitt critico di Shakespeare / Hazlitt as a Shakespearean critic

CANTU', VERA 01 April 2009 (has links)
La tesi investiga la critica shakespeariana di Hazlitt, concentrandosi sulle analisi alle quattro maggiori tragedie del bardo, Macbeth, Othello, Hamlet e King Lear. Uno dei i principali e più importanti obiettivi della tesi è quello di dimostrare come la critica shakespeariana di Hazlitt si discosti da quello che è solitamente conosciuto come “character criticism”, mettendo in luce l’interesse del critico romantico non soltanto per i personaggi, ma anche per la trama e la struttura generale dei drammi, e per le interpretazioni teatrali dei drammi stessi. Il capitolo uno riunisce le recensioni, i saggi, le lezioni e le pubblicazioni che costituiscono il vasto apparato critico shakespeariano di Hazlitt, fornendo un’interessante ed ampia panoramica delle principali fonti della sua critica shakespeariana. I capitoli due e tre presentando un’analisi puntuale delle letture hazlittiane delle quattro grandi tragedie di shakespeare, rispettivamente di Macbeth e Othello, Hamlet e King Lear. Vengono evidenziati gli elementi che permettono di inserire Hazlitt fra i maggiori esponenti del Romanticismo critico inglese e di proporlo come acuto precursore di argomentazioni novecentesche su Shakespeare. / The dissertation investigates Hazlitt’s Shakespearean criticism, focusing mainly on his analysis of Shakespeare’s major tragedies, Macbeth, Othello, Hamlet and King Lear. One of the main and most important objectives of the dissertation is that of demonstrating that Hazlitt’s Shakespearean criticism differs from what is usually known as “character criticism”, underlining the critic’s interest not only for the characters, but also for the plot and the general structure of the plays, and for the theatrical interpretations of the plays themselves. Chapter one collects the reviews, the essays, the lectures and the many publications that constitute Hazlitt’s vast Shakespearean criticism. It provides an interesting and wide overview of the main sources of Hazlitt’s Shakespearean criticism. Chapters two and three present an accurate analysis of Hazlitt’s readings of Shakespeare’s great tragedies, respectively Macbeth and Othello, Hamlet and King Lear. These chapters bring to light the elements that allow Hazlitt to be included among the major English Romantic critics and that establish him as acute forerunner of twentieth-century Shakespearean theses.
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"BLESSEDNESS GOES WHERE THE WIND GOES". UNA LETTURA CUMULATIVA DI THE WIND AMONG THE REEDS (1899) DI WILLIAM BUTLER YEATS

CIANCI, GAIA 23 March 2015 (has links)
Questa tesi si propone di analizzare la raccolta poetica The Wind Among the Reeds del poeta anglo-irlandese William Butler Yeats, pubblicata per la prima volta nel 1899. I primi tre capitoli intendono contestualizzare la raccolta in relazione alla vita e all’opera di Yeats, al periodo che avrebbe portato alla sua maturazione e pubblicazione, e alla critica yeatsiana, la quale ha spesso considerato The Wind Among the Reeds e la così detta “early poetry” di inferiore livello artistico rispetto alla “mature poetry” novecentesca. Nel quarto ed ultimo capitolo – che costituisce altresì il fulcro dell’intero lavoro – ci si è soffermati sull’analisi testuale della raccolta. Questa sezione ha messo in evidenza il profondo legame tra l’apparato esterno e la struttura interna del (macro)testo, sottolineando l’importanza di ogni singolo elemento della raccolta nel concorrere alla coerenza semantica e simbolica di un’opera d’arte che costituisce un esempio della maestria poetica yeatsiana. / This dissertation deals with an analysis of the poetry collection The Wind Among the Reeds written by the Anglo-Irish poet William Butler Yeats and published for the first time in 1899. The first three chapters aim to contextualize the collection within Yeats’s life and work, the period leading to its development and publication, and the yeatsian criticism that often regarded The Wind Among the Reeds and the so called “early poetry” as a minor aspect of Yeats’s literary production, if compared to “the mature poetry” of the ‘Nineties. In the fourth and last chapter – which constitutes the core of the whole research – we focused on the textual analysis of the collection. This section has shown the deep relation between the external and internal structure of the text, underlying the relevance of all the elements constituting the collection and establishing the semantic and symbolic coherence of a work of art which is representative of Yeats’s poetic virtuosity.
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"LOSS AND GAIN" DI JOHN HENRY NEWMAN: PARADIGMI E TESTUALIZZAZIONI DEL ROMANZO AUTOBIOGRAFICO

CARACENI, FRANCESCA 14 January 2019 (has links)
“O weary Champion of the Cross, lie still”: così Christina Rossetti apre un sonetto del 1890 intitolato Cardinal Newman, composto in occasione della dipartita del cardinale e dedicato alla memoria di uno dei più influenti pensatori, teologi e uomini di lettere dell’epoca. L’accorato canto di Rossetti sottolinea la potenza del pensiero newmaniano assimilando le azioni e gli scritti del cardinale all’impeto delle acque di marea, metaforizzandoli poi in un’alluvione che va a sconvolgere il tranquillo corso di un ruscelletto: “Thy tides were springtides, set against the neap/ Of calmer souls: thy flood rebuked their rill (7-8). La metafora acquatica impiegata da Rossetti sintetizza in modo efficace le qualità trasformatrici proprie della lunga parabola esistenziale di John Henry Newman (1801-1890), la quale lascia profondi solchi nel tessuto ideologico e storico di quello che gli studiosi hanno identificato come “very long nineteenth-century”. Gran parte di questi solchi sono stati tracciati da Newman percorrendo una strada faticosa e mai lineare, che lo studioso oggi può seguire attingendo al voluminoso corpus delle opere e all’altrettanto ricco apparato critico e biografico andato formandosi negli anni a commento dei suoi scritti. Assieme a John Keble e Hurrel Froude, Newman fondò le basi di quello che passa alla storia come Oxford Movement, un’esperienza intellettuale nata fra i Colleges dell’Università di Oxford che mirava a ricostruire le basi cattoliche della Chiesa Anglicana, in un contesto di generale inquietudine nei confronti dell’istituzione ecclesiastica e dei modi da questa adottati per declinare la professione di fede all’interno del tessuto sociale dell’epoca. Gli uomini del Movement concentrarono i propri sforzi teorici nella stesura e pubblicazione di numerosi Tracts for the Times, nei quali si affrontavano i temi ecclesiologici più disparati, col fine di attivare un dialogo riformatore in seno alla Chiesa d’Inghilterra. La pubblicazione dei Tracts fu di breve durata (1833-1845) ma foriera di importanti conseguenze per la società inglese e per l’esistenza di Newman, coincidendo la sua conversione al cattolicesimo con la cessazione delle pubblicazioni (1845). La conversione di Newman fece enorme impressione sull’opinione pubblica, specie per il forte sentimento antiromano che circolava nelle fila dell’establishment inglese. Il motto “No Popery” costituiva un refrain udibile in molte delle produzioni culturali dell’epoca e in special modo nei romanzi a tema religioso, fra le cui pagine il cattolico si muove come personaggio intriso di caratteristiche negative proprie del villain: “a spy, a secret agent, suave, supercilious and satanically unscrupulous, laying his cunning plots for the submission of England to ‘Jesuitocracy’”. Falsità, propensione all’inganno, sete di potere, assenza di scrupoli erano tutti connotati che l’immaginazione protestante associava alla Chiesa di Roma: la conversione procurò a Newman accuse dello stesso segno che il futuro cardinale cercò di dissipare nei suoi scritti, impegnandosi ad arrivare a una fetta di pubblico il più vasta possibile mediante due romanzi e la celebre autobiografia spirituale Apologia Pro Vita Sua (1864). Le opere letterarie di Newman conobbero un dilagante successo, intrise com’erano di istanze culturali associate alla vita religiosa e di elementi autobiografici che andavano a soddisfare la curiosità del pubblico per la vicenda personale di uno degli uomini più in vista del regno di Vittoria. La peculiare intersecazione fra la determinante storico-culturale e quella autobiografica nella testualizzazione letteraria newmaniana è l’oggetto di studio qui proposto. La ricerca prende il via da un iniziale progetto su biografia e romanzo in relazione alla cosiddetta “crisi religiosa” che caratterizza gli anni vittoriani. Nel considerare i vari aspetti della questione assieme al mio tutor Prof. Enrico Reggiani, si è constatato come non fosse opportuno inscrivere la figura di Newman in uno studio tematico e pluritestuale, metodologicamente orientato a una prospettiva storico-culturale: l’influenza del cardinale sulle lettere di derivazione anglofona appare caratterizzata da un’imponente, multilivellare pervasività che echeggia sia nelle pratiche artistiche dell’epoca, ossia nell’opera della già citata Rossetti, nell’estetica della Pre-Raphaelite Brotherhood, nella poesia di Gerald Manley Hopkins, che in quelle novecentesche, come il sistema testuale joyciano. Se il ruolo determinante del pensiero newmaniano è riconosciuto e analizzato dalla critica nel dettaglio dei suoi aspetti teologico-religiosi, altrettanto non può dirsi dei suoi scritti più specificamente letterari: il lavoro qui presentato sarà da intendersi pertanto come un dispositivo di avvicinamento a questi aspetti dell’opera di Newman. A tal fine si è deciso di concentrare lo studio sulla close-reading di uno dei due romanzi newmaniani, Loss and Gain (1848), la cui testualità sarà investigata mediante un selezionato apparato metodologico afferente in primis al macrotesto dell’autore e in secundis a più recenti formulazioni teoriche di taglio narratologico. / In an 1890 composition dedicated to the memory of John Henry Newman, Christina Rossetti metaphorized his legacy into “springtides, set against the neap/ Of calmer souls: thy flood rebuked their rill”. She so sought to synthesize the transformative qualities of Newman’s existence (1801-1890) in the context of the “very long nineteenth century”, as defined by Margot Finn. Along with John Keble and Hurrell Froude, Newman founded the Tractarian Movement, an Oxford-based intellectual movement intending to rebuild the Catholic foundation of the Anglican Church, which at the time was facing an ever growing disquiet on behalf of its affiliates, for both ecclesiological and political reasons. In order to ignite a reformative dialogue within the Church of England, the Tractarians published a relevant number of Tracts from 1833 to 1845, when Newman converted to Catholicism. Newman’s conversion sparked a huge controversy within the public opinion, catholics at the time being subjected to a heavy cultural stigma within the establishment. Falsity, a propension to deceit and thirst for power connoted the catholic character in numerous religious novels in the Victorian period, thus prompting Newman to defend himself from similar allegations in various writings such as the Apologia Pro Vita Sua (1864). Newman’s literary writings were extremely successful, since they put on display a peculiar intersection between religious cultural issues and his own autobiography. Such intersection is the object of my thesis, which will articulate around a close-reading of Newman’s novel Loss and Gain (1848) in order to highlight the main features of the Cardinal’s literary theory and practice in relation to his overall theological views, and to project them on a synchronic and diacronic perspective to attest Newman’s legacy on Eighteenth and Nineteenth century literature.
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Ri-formare il maschile: la strutturazione culturale contemporanea dell'identità maschile e la rappresentazione delle sue forme eccentriche in The Beast in the Jungle di Henry James, The Secret Sharer di Joseph Conrad e L'Immoraliste di André Gide

Festa, Giuseppe January 2011 (has links)
Il presente lavoro è suddiviso in due macro-aree, ognuna delle quali sviluppa un'ulteriore segmentazione in capitoli. La prima macro-area tematizza la maschilità da un punto di vista eminentemente teorico e si coagula intorno a diverse unità concettuali problematiche quali la costruzione e la rappresentazione dell'identità maschile, del genere (gender) e della performance, cercando, così, di circoscrivere l'oggetto di studio della vasta disciplina nota al mondo accademico anglosassone col nome di Men's Studies, la quale sta godendo di una crescente visibilità. Gli strumenti epistemologici interdisciplinari utilizzati per avvicinarsi al complesso mondo della maschilità provengono in larga parte dal pensiero femminista, le cui intuizioni teoriche hanno consentito di gettare le basi concettuali adatte a un'indagine sul maschile che permettesse di abbattere il tradizionale silenzio degli uomini sugli uomini. Il potere maschile, infatti, si sempre sottratto alle negoziazioni identitarie e si è appropriato indebitamente del discorso storiografico pubblico, imponendo il suo punto di vista come l'unica pratica epistemologica accettabile. Grazie agli spunti di riflessione offerti dei principali esponenti della disciplina (Raewyn Connell, Harry Brod, Michael Kimmel solo per citarne alcuni) si cercherà di evidenziare le complessità legate alla discussione dell'identità maschile, alla costituzione e alle modalità performative della stessa. Nonostante la situazione di indubbio vantaggio socio-politico nella quale si trovano gli uomini - ma sarebbe più corretto specificare gli esponenti della cosiddetta "maschilità egemonica": bianca, occidentale, benestante, eterosessuale - diventare uomini sembra un processo faticoso che prevede un sempre maggiore scorporamento dall'elemento femminile con il quale ogni uomo si trova in una naturale simbiosi nel momento della nascita. Essere maschi si rivela in molti casi un percorso oppositivo, traumatico e doloroso, di allontanamento dalla femminilità: ciò che è proprio dell'identità maschile, in opposizione all'identità femminile, ha sede esattamente nella differenziazione e nella separazione dal materno. L'identità maschile sembra, più di quella femminile, un obiettivo da raggiungere, un traguardo che l'uomo ottiene dimostrando a se stesso e alla società di non essere un bebé, una donna, un omosessuale. La forte componente normativa della maschilità egemonica produce l'esclusione degli uomini che non esibiscono dei tratti tradizionalmente "virili": su questa base, la seconda macro-area è legata all'analisi testuale di tre racconti, scritti a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, i cui protagonisti esplorano dei percorsi eccentrici di maschilità e di desiderio maschile. La rappresentazione di un'identità che sembra allontanarsi dalle rigide e monolitiche pratiche di genere egemoniche dell'epoca presenta delle evidenti criticità. The Beast in the Jungle (1903) di Henry James evidenzia la precarietà dei costrutti convenzionali della maschilità tradizionale, rappresentando l'angoscia esistenziale ed emotiva di un uomo incapace di amare la donna con la quale decide di condividere la propria vita e il peso oppressivo delle rigide e prescrittive strutturazioni identitarie di genere operate tacitamente dalle istituzioni sociali in cui il protagonista si trova a vivere e che gli impongono una continua dissimulazione. Marcher è un anti-eroe terrorizzato dall'esplorazione della propria sfera intima: attraverso il suo protagonista, James sperimenta una nuova forma di desiderio maschile che suggerisce interessanti orizzonti interpretativi della novella in un'ottica di genere. L'identità maschile di Marcher non percorre i consueti binari della maschilità egemonica eterosessuale: il posizionamento della sua soggettività maschile, così faticosamente ricercata nel corso della narrazione, si traduce nel racconto di una strutturazione identitaria complessa e sofferta, poiché disancorata da un orizzonte di desiderio condiviso dalla società dell'epoca. Oltre a infrangere un imperativo morale (non riuscire a provare passione per qualcuno che lo ama), Marcher si scontra anche con le aspettative sociali che lo vorrebbero impegnato con una donna in un legame eterosessuale stabile e codificato socio-culturalmente. Attraverso i modelli espressivi della preterizione e della perifrasi, che postulano il desiderio eccentrico come indicibile e innominabile, James riesce a strutturare e a rappresentare i dubbi, le sofferenze e le lacerazioni di un'identità maschile non ortodossa. The Secret Sharer (1909), celebre racconto di Joseph Conrad, raffigura un microcosmo maschile nel quale il desiderio del capitano nei confronti del giovane fuggitivo che nasconde nella propria cabina porterà a un progressivo allontanamento dalla rigida giurisprudenza marittima, simbolo di un regime identitario patriarcale apparentemente inscalfibile. Ancora una volta, la poetica dell'indicibile permette di alludere a un'eccentricità di genere la cui piena espressione si sarebbe rivelata irrappresentabile. Attraverso la rappresentazione di uomini fragili, irrequieti, a volte codardi e capaci di azioni riprovevoli, Conrad mette in discussione le convenzioni narrative e contenutistiche che costituiscono tradizionalmente l'impianto strutturale della letteratura d'avventura per ragazzi, e, indirettamente, sembra voler rappresentare il conflitto tra la ripetizione di una maschilità vittoriana antiquata e oppressiva e l'articolazione sperimentale di nuove forme eccentriche del desiderio maschile. Conrad attacca un'ideologia di genere fortemente prescrittiva, ponendo sotto scrutinio la normatività di certi tratti ideali maschili. Vari elementi testuali contribuiscono a corroborare una lettura di The Secret Sharer come (anche) la storia di un'esplorazione momentanea di una forma d'identità maschile non conforme all'ortodossia vittoriana e la rappresentazione di piaceri fissati in un istante narrativo al di fuori delle coordinate sociali della spazialità e della temporalità. L'irruzione improvvisa del corpo nudo di Leggatt produrrà una tortuosa deviazione dai canonici percorsi formativi ed esperienziali di un ragazzo che si appresta a diventare uomo a bordo della propria nave, problematizzando quel "compito assegnato" dalla società alla sua esistenza, simboleggiato dal corpo (femminile) della nave che egli dovrà dimostrare di saper controllare e guidare. Sebbene non vi sia uno spazio pubblico e visibile per la maschilità eccentrica, Conrad sembra, tuttavia, permetterle una forma di sopravvivenza, pur anticipando, con una sensibilità che è stata definita proto-modernista, la crisi irreversibile in cui verserà la maschilità occidentale dalla prima guerra mondiale in poi e che trae le sue radici storico-culturali dalla rigida normatività vittoriana di genere, invocata dalle politiche imperialiste e rappresentata emblematicamente dai canoni, dalle convenzioni letterarie e dalle relazioni di genere della narrativa d'avventura per ragazzi, specchio di un mondo ormai in declino. L'Immoraliste (1902), opera giovanile di Andrè Gide, descrive la riscoperta e la reinvenzione dell'antieroe in seguito a una lunga malattia. Michel, il protagonista, arriva a una definizione del proprio sé maschile attraverso il rifiuto della categoria egemonica di maschilità diffusa nella Francia fin de siècle. Gide illustra la possibilità di rappresentare delle forme non convenzionali di maschilità plurali: in seguito all'accettazione della propria identità più autentica, Michel è colpito da una malattia che lo porta quasi alla morte. Metaforicamente, a morire sarà la vecchia identità maschile di Michel, intossicato dai condizionamenti sociali che lo avevano intrappolato in una maschilità normativa e che erano fonte di enorme disagio esistenziale. Gide riesce a descrivere magistralmente le complesse traiettorie della psicologia del suo protagonista, immerso in un percorso faticoso di ricerca della propria identità maschile più autentica attraverso processi di auto-affermazione, di regressione, di sgretolamenti, di disagio esistenziale e di malattia. Attraverso la ricerca dei margini di possibilità e impossibilità di esplorare i confini simbolici tra la moralità, l'abiezione e il privilegio coloniale, Gide sembra voler delineare un profilo di identità maschile alternativo a quello egemonico e tradizionale, rappresentando una soggettività maschile diversa da quella ritenuta accettabile dalla classe borghese privilegiata nella Francia a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo. L'obiettivo di questo lavoro consiste nel dimostrare come le categorie di genere così come ci sono state trasmesse soffrano di un'evidente precarietà; in particolare, l'identità maschile sembra essere un'entità ideale, monolitica, a volte opprimente, con una forte componente normativa, sempre più lontana dalla vita e dai corpi di molti uomini. I testi analizzati mostrano come già un secolo fa la costruzione egemonica del genere si rivelasse inadeguata e come gli autori si muovessero nella direzione di un ripensamento delle categorie della maschilità convenzionale e di una sperimentazione di nuove forme del sentire, verso ciò che si potrebbe definire, non senza una dovuta prudenza, una nuova scrittura maschile.
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Alessandro Manzoni e la cultura anglosassone / Alessandro Manzoni and the English-speaking culture

CROSTA, ALICE 05 March 2012 (has links)
La presente tesi di dottorato è il primo studio complessivo sui rapporti di Alessandro Manzoni con la cultura anglosassone, considerati nelle due direzioni: da una parte, le possibili influenze della letteratura inglese sulle sue opere, dall’altra la fortuna dell’autore in Gran Bretagna e negli Stati Uniti nell’Ottocento. Manzoni, infatti, non fu complessivamente incompreso o ignorato nei paesi anglosassoni, come ritenevano alcuni studiosi. Al contrario: personaggi importanti del mondo letterario e culturale apprezzavano e citavano le sue opere, e le numerose traduzioni, recensioni, antologie e libri sull’Italia testimoniano che questo autore era noto tra il pubblico colto. Tra gli episodi più importanti della fortuna di Manzoni nell’Inghilterra vittoriana si possono ricordare: due recensioni di Mary Shelley, influenzata dalla prospettiva risorgimentale (che era in realtà ambivalente verso Manzoni); e un romanzo della scrittrice Charlotte Yonge, legata al movimento di Oxford, che apprezzava particolarmente "I promessi sposi" per i valori cristiani. Negli Stati Uniti, i pregi del romanzo erano riconosciuti da intellettuali attenti alla cultura italiana contemporanea, come Emerson e Margaret Fuller. / This dissertation is the first overall study on Alessandro Manzoni’s relationship with the English-speaking world, considered along both lines: possible influences from English literature on Manzoni’s works, and Manzoni’s reception in Great Britain and the United States in the XIXth century. Manzoni was not ignored or misunderstood in those countries, as some critics believed. On the contrary, distinguished men and women from the literary and cultural world read, liked and quoted his works. Indeed, the great number of translations, reviews, anthologies and books on Italy dealing with Manzoni testifies that the Italian author was well-known among the educated reading public. Two important episodes of Manzoni’s reception in Victorian England can be mentioned: two reviews by Mary Shelley, who was influenced by the issues of the Italian Risorgimento (not totally sympathetic with Manzoni); a novel by Charlotte Yonge, the novelist of the Oxford movement, who admired Manzoni’s "Promessi sposi" for its Christian values. In the United States, the merits of Manzoni’s work were acknowledged by Emerson and Margaret Fuller, who showed interest and consideration for the contemporary Italian culture.
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Le parole chiave nelle dinamiche testuali / The Textual Relevance of Keywords

BIGI, SARAH FRANCESCA MARIA 21 February 2007 (has links)
La presente ricerca nasce con lo scopo di indagare la pertinenza del concetto di parola chiave in rapporto alla realizzazione delle dinamiche testuali. Questo concetto è presentato nella letteratura come uno strumento euristico, utilizzato per analizzare oggetti diversi, quali le culture, le società o i testi. Tuttavia emerge una certa discordanza nelle diverse caratterizzazioni delle parole chiave che impedisce di circoscrivere questa categoria di elementi linguistici e di definirne un metodo di individuazione. Dalla nostra indagine emerge che le funzioni delle parole chiave possono essere ricondotte alle metafore della chiave d'accesso , chiave d'interpretazione e chiave di volta . E' in particolare quest'ultima accezione quella più adeguata a descrivere la funzione svolta dalle parole chiave in rapporto alle dinamiche testuali. Esse si caratterizzano cioè per essere elementi linguistici che contribuiscono in maniera strategica a realizzare lo scopo comunicativo globale del testo, instaurando un legame particolarmente forte con il sapere condiviso tra mittente e destinatario. E' questo nesso che giustifica il loro ruolo centrale nella costruzione della strategia comunicativa del testo. Un'applicazione della definizione al testo argomentativo, nell'ultima parte della ricerca, precisa la funzione della parola chiave in relazione a una struttura testuale specifica. / The present research aims at analysing the concept of keyword in the context of textual analysis. In the literature keywords are mostly conceived of as tools useful to give insights into cultures, societies or texts. Nevertheless they are not univocally described and it is difficult to outline a precise method for their identification. In fact the methods proposed are highly subjective as keywords are mainly indicated as the results of previous interpretations conducted on the culture, society or text which is being analysed. In this research instead we are interested in the possibility of describing keywords as elements concurring in the construction of textual meaning. This presupposes the definition of the specific function played by keywords and a logical-semantic textual theory which allows analysing the structure of texts and the ways in which they realize their communicative goals. Congruity Theory is the theory which seemed to offer the most comprehensive methodology to analyse texts. Thanks to the theoretical tools offered by it, we define keywords as linguistic elements that play a strategic role in the realization of the text's global communicative aim. The last part of the research is devoted to the application of the definition to argumentative texts, showing in which ways keywords contribute in the realization of their persuasive goal. In relation to these texts the specific function of keywords appears to be that of giving arguments their persuasive power.
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Déclinaisons de la nostalgie dans la poésie européenne de la deuxième moitié du 20e siècle

Masi, Jacopo <1978> 07 June 2010 (has links)
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