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La filosofia di Hans-Georg Gadamer e il problema del disagio della modernità. Ermeneutica, estetica, etica e politicaMarino, Stefano <1976> 27 May 2008 (has links)
L’ermeneutica filosofica di Hans-Georg Gadamer – indubbiamente uno dei capisaldi del
pensiero novecentesco – rappresenta una filosofia molto composita, sfaccettata e articolata, per così
dire formata da una molteplicità di dimensioni diverse che si intrecciano l’una con l’altra. Ciò
risulta evidente già da un semplice sguardo alla composizione interna della sua opera principale,
Wahrheit und Methode (1960), nella quale si presenta una teoria del comprendere che prende in
esame tre differenti dimensioni dell’esperienza umana – arte, storia e linguaggio – ovviamente
concepite come fondamentalmente correlate tra loro. Ma questo quadro d’insieme si complica
notevolmente non appena si prendano in esame perlomeno alcuni dei numerosi contributi che
Gadamer ha scritto e pubblicato prima e dopo il suo opus magnum: contributi che testimoniano
l’importante presenza nel suo pensiero di altre tematiche. Di tale complessità, però, non sempre gli
interpreti di Gadamer hanno tenuto pienamente conto, visto che una gran parte dei contributi
esegetici sul suo pensiero risultano essenzialmente incentrati sul capolavoro del 1960 (ed in
particolare sui problemi della legittimazione delle Geisteswissenschaften), dedicando invece minore
attenzione agli altri percorsi che egli ha seguito e, in particolare, alla dimensione propriamente etica
e politica della sua filosofia ermeneutica. Inoltre, mi sembra che non sempre si sia prestata la giusta
attenzione alla fondamentale unitarietà – da non confondere con una presunta “sistematicità”, da
Gadamer esplicitamente respinta – che a dispetto dell’indubbia molteplicità ed eterogeneità del
pensiero gadameriano comunque vige al suo interno.
La mia tesi, dunque, è che estetica e scienze umane, filosofia del linguaggio e filosofia
morale, dialogo con i Greci e confronto critico col pensiero moderno, considerazioni su
problematiche antropologiche e riflessioni sulla nostra attualità sociopolitica e tecnoscientifica,
rappresentino le diverse dimensioni di un solo pensiero, le quali in qualche modo vengono a
convergere verso un unico centro. Un centro “unificante” che, a mio avviso, va individuato in
quello che potremmo chiamare il disagio della modernità. In altre parole, mi sembra cioè che tutta
la riflessione filosofica di Gadamer, in fondo, scaturisca dalla presa d’atto di una situazione di crisi
o disagio nella quale si troverebbero oggi il nostro mondo e la nostra civiltà. Una crisi che, data la
sua profondità e complessità, si è per così dire “ramificata” in molteplici direzioni, andando ad
investire svariati ambiti dell’esistenza umana. Ambiti che pertanto vengono analizzati e indagati da
Gadamer con occhio critico, cercando di far emergere i principali nodi problematici e, alla luce di
ciò, di avanzare proposte alternative, rimedi, “correttivi” e possibili soluzioni. A partire da una tale
comprensione di fondo, la mia ricerca si articola allora in tre grandi sezioni dedicate rispettivamente
alla pars destruens dell’ermeneutica gadameriana (prima e seconda sezione) ed alla sua pars
costruens (terza sezione).
Nella prima sezione – intitolata Una fenomenologia della modernità: i molteplici sintomi
della crisi – dopo aver evidenziato come buona parte della filosofia del Novecento sia stata
dominata dall’idea di una crisi in cui verserebbe attualmente la civiltà occidentale, e come anche
l’ermeneutica di Gadamer possa essere fatta rientrare in questo discorso filosofico di fondo, cerco di
illustrare uno per volta quelli che, agli occhi del filosofo di Verità e metodo, rappresentano i
principali sintomi della crisi attuale. Tali sintomi includono: le patologie socioeconomiche del
nostro mondo “amministrato” e burocratizzato; l’indiscriminata espansione planetaria dello stile di
vita occidentale a danno di altre culture; la crisi dei valori e delle certezze, con la concomitante
diffusione di relativismo, scetticismo e nichilismo; la crescente incapacità a relazionarsi in maniera
adeguata e significativa all’arte, alla poesia e alla cultura, sempre più degradate a mero
entertainment; infine, le problematiche legate alla diffusione di armi di distruzione di massa, alla
concreta possibilità di una catastrofe ecologica ed alle inquietanti prospettive dischiuse da alcune
recenti scoperte scientifiche (soprattutto nell’ambito della genetica).
Una volta delineato il profilo generale che Gadamer fornisce della nostra epoca, nella seconda
sezione – intitolata Una diagnosi del disagio della modernità: il dilagare della razionalità
strumentale tecnico-scientifica – cerco di mostrare come alla base di tutti questi fenomeni egli
scorga fondamentalmente un’unica radice, coincidente peraltro a suo giudizio con l’origine stessa
della modernità. Ossia, la nascita della scienza moderna ed il suo intrinseco legame con la tecnica e
con una specifica forma di razionalità che Gadamer – facendo evidentemente riferimento a
categorie interpretative elaborate da Max Weber, Martin Heidegger e dalla Scuola di Francoforte –
definisce anche «razionalità strumentale» o «pensiero calcolante». A partire da una tale visione di
fondo, cerco quindi di fornire un’analisi della concezione gadameriana della tecnoscienza,
evidenziando al contempo alcuni aspetti, e cioè: primo, come l’ermeneutica filosofica di Gadamer
non vada interpretata come una filosofia unilateralmente antiscientifica, bensì piuttosto come una
filosofia antiscientista (il che naturalmente è qualcosa di ben diverso); secondo, come la sua
ricostruzione della crisi della modernità non sfoci mai in una critica “totalizzante” della ragione, né
in una filosofia della storia pessimistico-negativa incentrata sull’idea di un corso ineluttabile degli
eventi guidato da una razionalità “irrazionale” e contaminata dalla brama di potere e di dominio;
terzo, infine, come la filosofia di Gadamer – a dispetto delle inveterate interpretazioni che sono
solite scorgervi un pensiero tradizionalista, autoritario e radicalmente anti-illuminista – non intenda
affatto respingere l’illuminismo scientifico moderno tout court, né rinnegarne le più importanti
conquiste, ma più semplicemente “correggerne” alcune tendenze e recuperare una nozione più
ampia e comprensiva di ragione, in grado di render conto anche di quegli aspetti dell’esperienza
umana che, agli occhi di una razionalità “limitata” come quella scientista, non possono che apparire
come meri residui di irrazionalità.
Dopo aver così esaminato nelle prime due sezioni quella che possiamo definire la pars
destruens della filosofia di Gadamer, nella terza ed ultima sezione – intitolata Una terapia per la
crisi della modernità: la riscoperta dell’esperienza e del sapere pratico – passo quindi ad
esaminare la sua pars costruens, consistente a mio giudizio in un recupero critico di quello che egli
chiama «un altro tipo di sapere». Ossia, in un tentativo di riabilitazione di tutte quelle forme pre- ed
extra-scientifiche di sapere e di esperienza che Gadamer considera costitutive della «dimensione
ermeneutica» dell’esistenza umana. La mia analisi della concezione gadameriana del Verstehen e
dell’Erfahrung – in quanto forme di un «sapere pratico (praktisches Wissen)» differente in linea di
principio da quello teorico e tecnico – conduce quindi ad un’interpretazione complessiva
dell’ermeneutica filosofica come vera e propria filosofia pratica. Cioè, come uno sforzo di
chiarificazione filosofica di quel sapere prescientifico, intersoggettivo e “di senso comune”
effettivamente vigente nella sfera della nostra Lebenswelt e della nostra esistenza pratica. Ciò,
infine, conduce anche inevitabilmente ad un’accentuazione dei risvolti etico-politici
dell’ermeneutica di Gadamer. In particolare, cerco di esaminare la concezione gadameriana
dell’etica – tenendo conto dei suoi rapporti con le dottrine morali di Platone, Aristotele, Kant e
Hegel – e di delineare alla fine un profilo della sua ermeneutica filosofica come filosofia del
dialogo, della solidarietà e della libertà. / The philosophical hermeneutics of Hans-Georg Gadamer – one of the cornerstones in the 20th
century philosophy – certainly represents a compound, prismatic and articulated thought, i.e. a
philosophy made up of several different dimensions entwined with each other. A simple look at
Gadamer’s major work Wahrheit und Methode (1960) can already clarify this point, since the book
displays a theory of understanding which takes account of three different dimensions of human
experience – art, history and language – obviously conceived as mutually related. But this picture
gets a lot more complicated if one takes into consideration the many books and articles Gadamer
wrote before and after his magnum opus which testify the presence of other interests and topics in
his thought. Nevertheless the complexity of Gadamer’s philosophical hermeneutics has not always
been recognized by his interpreters, who often concentrated only upon Wahrheit und Methode (in
particular upon the problems of the Geisteswissenschaften) and gave no attention to other subjects
(in particular the ethical and political dimension of his hermeneutical philosophy). Moreover it
seems to me that many interpreters didn’t pay enough attention to the fundamental unity – which of
course doesn’t mean “sistematicity” – that reigns in Gadamer’s philosophy despite its pluralist and
heterogeneous character.
My point is that the many dimensions of Gadamer’s philosophical hermeneutics – aesthetics
and human sciences, language philosophy and moral philosophy, dialogue with the Greeks and
critical confrontation with modern thought, reflections upon anthropological problems and
observations concerning our actual sociopolitical, scientific and technological condition – actually
represent the different sides of one thought centered on what we could define the malaise of
modernity. In other words, it seems to me that the whole of Gadamer’s philosophy originates from
the consciousness raising of the critical situation in which our world finds itself today: a deep crisis
which, according to Gadamer, branches out into manifold directions and various dimensions of
human life. My interpretation tries then to give an account of both the pars destruens and pars
costruens of Gadamer’s philosophy, namely of his attempt to investigate and take a hard look at this
critical dimensions of human existence in order to let out the point at issue and propose remedies,
alternatives and possible solutions..
In the first section – entitled Phenomenology of modernity: the various symptoms of the crisis
– I explain how a great part of the 20th century philosophy has been concerned with the idea and
the feeling of a crisis of our culture and our civilization. In my view Gadamer’s hermeneutics too
takes part in this global philosophical discourse. I try then to show and illustrate the various
symptoms of this crisis analyzed by Gadamer, such as: socioeconomic pathologies of our
bureaucratic societies; world-wide growth of the Western way of life to the detriment of other
cultures; crisis of our values and beliefs (and consequent spread of relativism, skepticism and
nihilism); growing inability to have meaningful relations with art, poetry and culture; finally,
problems concerning the proliferation of weapons of mass destruction, the risk of an ecological
crisis, and the disturbing, unpredictable consequences of some recent scientific discoveries (above
all in the field of genetics).
Once outlined Gadamer’s critical view of our age, in the second section – entitled Diagnosis
of the malaise of modernity: the spread of instrumental and techno-scientific reason – I try to show
how, according to Gadamer, a common root lies at the base of the many symptoms of the crisis,
namely the birth of modern science and its close, intrinsic relationship with technique and with a
specific form of rationality that Gadamer – with reference to the analysis developed by such
thinkers as Max Weber, Martin Heidegger and the so-called Frankfurt School – calls «instrumental
reason» or «calculating thinking». I try then to give an account of the gadamerian conception of
techno-science, meanwhile highlighting some aspects: first, how Gadamer’s philosophical
hermeneutics should not be interpreted as an antiscientific thought but rather as an antiscientistic
thought (which of course is something quite different); second, how Gadamer’s reconstruction of
the malaise of modernity never ends up in a “totalizing” critique of reason, nor in some sort of
negativistic and pessimistic philosophy of history centered on the idea of an inescapable course of
the events guided by a polluted, “irrational” rationality; third, how Gadamer – despite all the
inveterate interpretations that read his philosophy as a form of authoritarian, traditionalist and antienlightenment
thought – never aimed to reject the modern scientific Enlightenment tout court but
rather to “correct” some of its tendencies and so to regain a wider and more comprehensive concept
of reason.
After having analyzed in the first two sections the pars destruens of Gadamer’s philosophy, in
the third and last section of my work – entitled Therapy of the crisis of modernity: the rediscovery
of experience and practical knowledge – I take into consideration the pars costruens of his thought,
which according to my interpretation consists of a rediscovery of what he calls «a different kind of
knowledge», i.e. of a rehabilitation of the all those forms of pre- and extra-scientific experience that
constitute the «hermeneutical dimension» of human life. My analysis of Gadamer’s conception of
understanding and experience – seen as forms of «practical knowledge» different in principle from
theoretical and technical knowledge – leads then to a global interpretation of philosophical
hermeneutics as practical philosophy, i.e. as a philosophical elucidation of the prescientific,
intersubjective and “of commonsense” reasoning which characterizes our «life-world» and our
practical life. But obviously this analysis also implies a special consideration of the ethical and
political implications of Gadamer’s thought. In particular, I try to examine Gadamer’s conception of
ethics – taking account of his relation with Plato’s, Aristotle’s, Kant’s and Hegel’s moral theories –
and finally I sketch an outline of his philosophical hermeneutics as a philosophy of freedom,
dialogue and solidarity.
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Ricezione e Finzione. Una teoria della lettura tra struttura e risposta esteticaRaveggi, Alessandro <1980> 27 May 2008 (has links)
Attraverso l’analisi di teorie della lettura “centripete” e “centrifughe”, tra fenomenologia,
semiotica e teoria della risposta estetica, questa ricerca punta a definire la lettura come
un’esperienza estetica di una variabile e plurale letterarietà, o per essere più precisi, come una
relazione estetica ad una funzione nel linguaggio, che di volta in volta diviene immanente e
trascendente rispetto al linguaggio, immanente nella percepibilità espressiva del segno e
trascendente nella sua ristretta finzionalità o fittività, aperta alla dimensione del senso. Così, la
letterarietà è vista, dal punto di vista di una teoria della lettura, come una funzione che nega o
sovverte il linguaggio ordinario, inteso come contesto normale, ma anche una funzione che
permette il supplemento di senso del linguaggio. Ciò rende la definizione di cosa sia letteratura
e di quali testi siano considerabili come letterari come una definizione dipendente dalla lettura,
ed anche mette in questione la classica dicotomia tra linguaggio standard e linguaggio deviante,
di secondo grado e figurativo, comportamento che distinguerebbe la letteratura.
Questi quattro saggi vorrebbero dimostrare che la lettura, come una pratica estetica, è
l’espressione di una oscillazione tra una Finzione variabile nei suoi effetti ed una Ricezione, la
quale è una risposta estetica controllata dal testo, ma anche una relazione estetica all’artefatto a
natura verbale. Solo in questo modo può essere compresa la caratteristica paradossale della
lettura, il suo stare tra una percezione passiva ed un’attiva esecuzione, tra un’attenzione
aspettuale ed una comprensione intenzionale. Queste modalità si riflettono anche sulla natura
dialettica della lettura, come una dialettica di apertura e chiusura, ma anche di libertà e fedeltà,
risposta ad uno stimolo che può essere interpretato come una domanda, e che presenta la lettura
stessa come una premessa dell’interpretazione, come momento estetico.
Così una teoria della lettura dipende necessariamente da una teoria dell’arte che si presenta
come funzionale, relativa più al Quando vi è arte?/Come funziona? piuttosto che al Che cosa è
Arte?, che rende questo secondo problema legato al primo. Inoltre, questo Quando dell’Arte,
che definisce l’opera d’arte come un’arte- all’-opera, dipende a sua volta, in un campo letterario,
dalla domanda Quando vi è esperienza estetica letteraria? e dalla sue condizioni, quelle di
finzione e ricezione. / Throughout the analysis of “centripetal” and “centrifugal” reading theories, among
Phenomenology, Semiotics and Aesthetic response Theory, this research aims to define reading
as an aesthetic experience of a variable and plural literariness, or to be more precise, as an
aesthetic relation of a function in language, that from time to time becomes immanent and
transcendent regarding to language, immanent in the expressive perceptibility of the sign and
transcendent within its own restricted fictionality or fictiveness, opened to a dimension of sense.
Thus, literariness is seen, from the point of view of a reading theory, as a function that denies or
subverts the ordinary language, intended as a normal context, but also one that allows
language’s supplement of sense. That makes the definition of what is literature and of which
texts are considered literary ones depending on reading, and also it questions the classical
dichotomy of standard and deviant language, secondary and figurative behavior that would
distinguish literature.
These four essays would to demonstrate that reading, as an aesthetic practice, is the expression
of an oscillation between a variable Fiction in its own effects and a Reception, which is an
aesthetic response controlled by the text, but also an aesthetic relation to the verbal artifact.
Only in this way reading’s paradoxical characteristic can be understood, between a passive
perception and an active performance, between an aspectual attention and an intentional
comprehension. These modalities also reflect themselves on the dialectic nature of reading, as a
dialectic of opening and closure, but also of freedom and fidelity, response to a stimulus that
could be interpreted as a question and that presents reading as a preamble of interpretation, as its
aesthetic moment.
Hence, a reading theory necessarily depends on a theory of arts that presents itself as a
functional one, relative to the When is Art?/How does it work? rather than to the What is Art?
question and that makes this second problem bound to the first. Moreover, this When is Art, that
defines a work of art as art-at-work, depends, in a literary field, on the When is the literary
aesthetic experience? question and on its conditions, those of fiction and reception.
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Ecomusei come strumento di valorizzazione del patrimonio culturaleFiore, Federica <1973> 05 May 2008 (has links)
No description available.
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Competitività in sostenibilità urbana e territoriale. L’Emilia Romagna, regione d’EuropaPistocchi, Filippo <1979> 05 May 2008 (has links)
The thesis in Urban and Regional Geography titled “URBAN AND
TERRITORIAL COMPETITIVENESS IN SUSTAINABILITY. EMILIA-ROMAGNA,
REGION OF EUROPE” is divided into two sections.
Section one is additionally composed by two chapters (chap. 1 and 2)
and deals with theoretical and gnosiological issues.
Section two, of two more chapters (chap. 3 and 4), provides practical
contributions: these issues give explanatory patterns to interpret the
performances of emiliano-romagnoli urban systems.
Chapter one is an introductory chapter. It analyzes globalization that
involves a larger and larger number of cities, rich or poor. It also considers
the so called “digital divide” either as one of the major phenomena of this unhomogeneous
development or as an interesting gnosiological and practical
challenge of geography. Globalization is now involving all the cities, large or
small, but the small ones have higher risks of exclusion: it depends on their
more fragile socio-economic, cultural, and environmental urban structure.
That’s why European Union (chapter two) promotes policies and
endows politics to sustain cities, because urban systems are the basis for the
territorial development. So, European, national and local Institutions are
firmly interested in promoting urban and local interventions and projects.
Section two deals with economic-geography methods, which consists
on collecting indicators and the benchmarking methodology. It also
specifically analyzes the urban systems of Emilia-Romagna. Consequences of
the globalization on the cities are interpreted with a study of their local
resources, intended as potentials for their development. The STeMA approach,
proposed by Professor Maria Prezioso (University of Roma, “Tor Vergata”)
and used by the ESPON (European Spatial Program Observation Network)
project, describes the main “determinants” of the territorial and urban
development. These are easily comparable to one another (similar or better
performing). This approach achieves two goals. On one hand, it is possible to
analyze every urban system in its all main characteristics and to preserve its
historical and cultural factors. On another hand, each city is “knowable” and
“understandable” by all scholars, as it is objectively comparable. So, urban
planners can propose specific “multi-level” and “multi-varied” programs of
governance. These will face globalization by exalting local empowerment.
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Il Cilento, dalla tutela ambientale allo sviluppo del turismo sostenibileGuerra, Antonia Barbara <1977> 05 May 2008 (has links)
No description available.
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Il Parco Regionale della Vena del Gesso romagnola: i valori ambientali e culturali, il faticoso iter di approvazione, le prospettive di sviluppo localePiastra, Stefano <1977> 05 May 2008 (has links)
No description available.
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La governance dei rifiuti in Europa. Territori, conflitti e partecipazioneMengozzi, Alessandro <1970> 05 June 2008 (has links)
I rifiuti come oggetti impegnano tutte le istituzioni umane in una lotta di definizione del posto che occupano
e quindi del valore che assumono. In tale dinamica la gestione dei rifiuti diventa un fatto sociale totale che
coinvolge tutte le istituzioni umane in una lotta di definizione territorializzata. La storia del movimento
ambientalista ci mostra come partendo dal disagio nei confronti dell’oggetto si è passati ad un disagio nei
confronti delle idee che lo generano. Modernizzazione ecologica e modernizzazione democratica sembrano
andare per un certo periodo d’accordo. Nei casi di conflittualità recente, e nello studio di caso approfondito
di un piano provinciale della gestione rifiuti, il carattere anticipatore dell’attivismo ambientalista, sta
rendendo sempre più costosi e incerti, investimenti e risultati strategici . Anche i principi delle politiche sono
messi in discussione. La sostenibilità è da ricercare in una relativizzazione dei principi di policy e degli
strumenti tecnici di valutazione (e.g. LCA) verso una maggiore partecipazione di tutti gli attori. Si propone
un modello di governance che parta da un coordinamento amministrativo territoriale sulle reti logistiche,
quindi un adeguamento geografico degli ATO, e un loro maggior ruolo nella gestione del processo di
coordinamento e pianificazione. Azioni queste che devono a loro volta aprirsi ai flussi (ecologici ed
economici) e ai loro attori di riferimento: dalle aziende multiutility agli ambientalisti. Infine è necessario un
momento di controllo democratico che può avere una funzione arbitrale nei conflitti tra gli attori o di
verifica. La ricerca si muove tra la storia e la filosofia, la ricerca empirica e la riflessione teorica. Sono state
utilizzate anche tecniche di indagine attiva, come il focus group e l’intervista. / Wastes as objects ask for every human institutions to be involved in a struggle on definition of their room
and value. From this perspective waste management becomes a social total fact which involves human
institutions in a localized social conflict of definition. Environmental movement history shows how an
annoyance of object has outweighed by an annoyance of the idea which has been generating it. In our recent
history cases, one of them deeper, the anticipatory kind of environmental activism has been making strategic
outcomes and investments more and more expensive and uncertain. Policy principles are questioned as well.
Sustainability can be found in a discursive and participatory way amongst all territorial actors to deal with
policy principles and technical assessment instruments, such as Life Cycle Assessment. Territorial
administrative optimal waste management areas should be adjusted towards a better geographical shaping as
well as enforced coordination capabilities. This asset should open to ecological and economical flows as
represented by waste management companies to environmentalist NGOs. Finally, a direct democratic
momentum as dispute arbitrage or social audit is needed.
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Percezione Visiva e Dislessia EvolutivaGiovagnoli, Sara <1981> 27 April 2009 (has links)
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La lunga storia dell'idrovia Padova - VeneziaProto, Matteo <1980> 14 May 2009 (has links)
The present dissertation focuses on an unfinished project for the construction of an inland waterway between Padua and Venice, in northern Italy. The history of this channel is analysed in the context of the general debate for the development of a waterway network in the Padanian plain.
The project of reconstructing and enlarging the existing ancient channels for the development of a modern river transport system was born at the beginning of the 20th century as an attempt to withstand the railway’s concurrency. The main project aimed at transforming the Po river and other small rivers and channels in a big waterway for the connection of the most important northern industrial cities with Venice’s harbour and the Adriatic sea. Even if the idea of restoring the historical channel between Padua and Venice arose at the end of the First World War, it was only during the years 50s that a new project was conceived and the waterway was included in a global project for the construction of a whole new channel from Venice to Milan. The new project, strongly supported by the local Christian Democratic Party, was managed for more than twenty years causing a huge expenditure of money. After a great investment by both the central State and the local bodies (more than 100 millions euro) the project was finally abandoned.
This research reconstructs the historical process and the economical motivations that sustained that project until its failure.
Moreover, with the aim of understanding the reasons and the differences of such a failure, the history of inland waterway transport in Italy is compared with contemporary developments in Germany.
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Formulari notarili bolognesi del secolo XII (1100-1165 ca.)Mezzetti, Melania <1980> 03 June 2009 (has links)
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