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IL PROCESSO DI DEMOCRATIZZAZIONE IN BENIN E IL RUOLO DELLA CHIESA CATTOLICA. IL CASO DI MGR. ISIDORE DE SOUZA

CANNELLI, SUSANNA 02 April 2009 (has links)
La ricerca si inserisce negli studi sulla storia dei processi di democratizzazione, ruolo delle Chiese e società civile ed ha preso in esame un caso per molti versi esemplare: la transizione democratica culminata in Bénin negli avvenimenti del 1990. Lo studio esamina la convocazione della Conferenza Nazionale – presieduta da un vescovo cattolico, mons. Isidore de Souza – e felicemente sfociata in un cambiamento pacifico di regime, dopo quasi vent’anni di governo marxista-leninista. Ne scaturì l’avvio effettivo di una vita democratica, caratterizzata dal multipartitismo, da libere consultazioni elettorali e da una stabilità democratica ormai quasi ventennale. La ricerca si è svolta con l’ausilio di testi e documentazioni reperite in Bénin e in Francia. Attraverso tali materiali è stato ricostruito anzitutto il contesto storico, mettendo a fuoco in particolare la specificità di questo paese – antico “quartiere latino d’Africa” sotto la colonizzazione – e la peculiarità del difficile insediamento prima, e del forte radicamento dopo, della Chiesa cattolica in Bénin, che ha assai contribuito alla formazione di quella élite intellettuale che ha costituito una risorsa decisiva nella vita civile e politica del paese, incluso il processo di transizione democratica. La ricerca ha permesso inoltre un ampio confronto con l’analogo ruolo istituzionale giocato da alti esponenti della gerarchia cattolica nelle diverse Conferenze Nazionali che si sono succedute a quella di Cotonou, confermando la peculiarità e l’incidenza della presenza della Chiesa del Bénin ed in particolare di monsignor de Souza all’interno del processo di transizione. Sono state messe in luce particolarmente l’influenza sulla vicenda sia del peculiare legame anche culturale del Bénin con la Francia nonché del ruolo svolto da élites cattoliche particolarmente preparata ed attive, oltre naturalmente alle notevoli personalità dei due principali protagonisti, il vescovo de Souza e il Presidente Kerekou. / The research connects with the studies about democratisation processes and about the role Churches and society played in, and examines an exemplary case: the democratic transition that reached its peak in Bènin with the ‘90s happenings. The study examines the summoning of the National Convention – over which presided a catholic bishop, Mons. Isidore de Souza, and which leaded successfully to a peaceful regime change, after a nearly 20-years communist government. Out of it began a real democratic life, whose features were multipartitism, free elections and a nearly 20-years democratic stability. The research has been carried out thanks to texts and documents that were found out in Bènin and France. Through those texts was reconstructed the historical background first, pinning the particular specificity of this country down – during colonization called ancient “Latin Quarter of Africa” – and the peculiar and hard settlement before, and the strong rooting after, of the Catholic Church in Bènin. The research has also allowed to compare it with the similar institutional role of important exponents of Catholic Hierarchy in the several National Convention that followed the Cotonou one, thus confirming the peculiarity and influence of the Church in Bènin, particularly of Mons. de Souza in this transition process. It has been particularly highlighted the influence, on the specificity of this event, both of the peculiar relationship, also cultural, between Bènin and France and of the role particularly competent and active catholic elites played in, besides the remarkable personalities of the two main protagonists, Bishop de Souza and President Kerekou.
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Applicazioni informatiche allo studio delle fortificazioni di Trento e del relativo periodo storico

Pinotti, Stefano <1972> 23 May 2008 (has links)
No description available.
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Il "caso" Maroncelli. Organizzazione del consenso e vincoli massonici nell'Italia radicale e nella New York della Tammany Hall, 1840-1890

Samorì, Sara <1979> 31 May 2011 (has links)
Questa tesi parte da un evento “minore” della storia del XIX secolo per tendere, poi, ad alcuni obiettivi particolari. L’evento è costituito da uno strano funerale postumo, quello di Piero Maroncelli, carbonaro finito alla Spielberg, graziato, poi emigrato in Francia e in America, il cui corpo viene sepolto a New York nell’estate del 1846. Quarant’anni dopo, nel 1886, i resti di Maroncelli vengono esumati e – attraverso una “trafila” particolare, di cui è protagonista la Massoneria, da una sponda all’altra dell’Atlantico – solennemente trasferiti nella città natale di Forlì, dove vengono collocati nel pantheon del cimitero monumentale, inaugurato per l’occasione. Gli eventi celebrativi che si consumano a New York e a Forlì sono molto diversi fra loro, anche se avvengono quasi in contemporanea e sotto regie politiche ispirate dal medesimo radicalismo anticlericale. E’ chiaro che Maroncelli è un simbolo e un pretesto: simbolo di un’italianità transnazionale, composta di un “corpo” in transito, fuori dello spazio nazionale, ma appartenente alla patria (quella grande e quella piccola); pretesto per acquisire e rafforzare legami politici, mercè mobilitazioni di massa in un caso fondate sul festival, sulla festa en plein air, nell’altro sui rituali del cordoglio per i “martiri” dell’indipendenza. L’opportunità di comparare questi due contesti – l’Italia, colta nella sua periferia radicale e la New York della Tammany Hall -, non sulla base di ipotesi astratte, ma nella concretezza di un “caso di studio” reale e simultaneo, consente di riflettere sulla pervasività dell’ideologia democratica nella sua accezione ottocentesca, standardizzata dalla Massoneria, e, d’altro canto, sui riti del consenso, colti nelle rispettive tipicità locali. Un gioco di similitudini e di dissomiglianze, quindi. Circa gli obiettivi particolari – al di là della ricostruzione del “caso” Maroncelli -, ho cercato di sondare alcuni temi, proponendone una ricostruzione in primo luogo storiografica. Da un lato, il tema dell’esilio e del trapianto delle esperienze di vita e di relazione al di fuori del proprio contesto d’origine. Maroncelli utilizza, come strumento di identitario e di accreditamento, il fourierismo; la generazione appena successiva alla sua, grazie alla Giovine Italia, possiede già un codice interno, autoctono, cui fare riferimento; alla metà degli anni Cinquanta, ad esso si affiancherà, con successo crescente, la lettura “diplomatica” di ascendenza sabauda. Dall’altro, ho riflettuto sull’aspetto legato ai funerali politici, al cordoglio pubblico, al trasferimento postumo dei corpi. La letteratura disponibile, al riguardo, è assai ricca, e tale da consentire una precisa classificazione del “caso” Maroncelli all’interno di una tipologia della morte laica, ben delineata nell’Italia dell’Ottocento e del primo Novecento. E poi, ancora, ho preso in esame le dinamiche “festive” e di massa, approfondendo quelle legate al mondo dell’emigrazione italiana a Mew York, così distante nel 1886 dall’élite colta di quarant’anni prima, eppure così centrale per il controllo politico della città. Dinamiche alle quali fa da contrappunto, sul versante forlivese, la visione del mondo radicale e massonico locale, dominato dalla figura di Aurelio Saffi e dal suo tentativo di plasmare un’immagine morale e patriottica della città da lasciare ai posteri. Quasi un’ossessione, per il vecchio triumviro della Repubblica romana (morirà nel 1890), che interviene sulla toponomastica, sull’edilizia cemeteriale, sui pantheon civico, sui “ricordi” patriottici. Ho utilizzato fonti secondarie e di prima mano. Anche sulle prime, quantitativamente assai significative, mi sono misurata con un lavoro di composizione e di lettura comparata prima mai tentato. La giustapposizione di chiavi di lettura apparentemente distanti, ma giustificate dalla natura proteiforme e complicata del nostro “caso”, apre, a mio giudizio, interessanti prospettive di ricerca. Circa le fonti di prima mano, ho attinto ai fondi disponibili su Maroncelli presso la Biblioteca comunale di Forlì, alle raccolte del Grande Oriente d’Italia a Roma, a periodici italoamericani assai rari, sparsi in diverse biblioteche italiane, da Milano a Roma. Mi rendo conto che la quantità dei materiali reperiti, sovente molto eterogenei, avrebbero imposto una lettura delle fonti più accurata di quella che, in questa fase della ricerca, sono riuscita a condurre. E’ vero, però, che le suggestioni già recuperabili ad un’analisi mirata al contenuto principale – le feste, la propaganda, il cordoglio – consentono la tessitura di una narrazione non forzata, nella quale il ricordo della Repubblica romana viaggia da una sponda all’altra dell’Atlantica, insieme ai resti di Maroncelli; nella quale il rituale massonico funge da facilitatore e da “mediatore culturale”; nella quale, infine, il linguaggio patriottico e la koinè democratica trans-nazionale riescono incredibilmente a produrre o a incarnare identità. Per quanto tempo? La risposta, nel caso forlivese, è relativamente facile; in quello della “colonia” italiana di New York, presto alterata nella sua connotazione demografica dalla grande emigrazione transoceanica, le cose appaiono più complesse. E, tuttavia, nel 1911, cinquantesimo dell’Unità, qualcuno, nella grande metropoli americana, si sarebbe ricordato di Maroncelli, sia pure in un contesto e con finalità del tutto diverse rispetto al 1886: segno che qualcosa, sotto traccia, era sopravvissuto.
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DALL'ORGANIZZAZIONE AL MOVIMENTO. GIOVENTU' STUDENTESCA DAL SECONDO DOPOGUERRA ALLA CRISI DEL 1965

BUSANI, MARTA 19 March 2015 (has links)
La presente ricerca ricostruisce la storia di un movimento di ambiente dell’Azione Cattolica italiana, nato a Milano nel 1954 e chiamato Gioventù Studentesca. Il movimento prese vita da don Luigi Giussani, assistente degli studenti dell’AC milanese, con lo scopo di creare una presenza comunitaria di studenti cristiani nelle scuole. Il movimento ebbe un notevole sviluppo durante l’episcopato di Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI, che riconobbe in GS una possibile risposta al processo di secolarizzazione ormai evidente in terra ambrosiana. Questo lavoro ricostruisce gli sviluppi del pensiero pedagogico di don Giussani e i difficili rapporti tra Gioventù Studentesca e l’Azione Cattolica nazionale dalla metà degli anni Sessanta fino alla definitiva uscita di GS dall’AC dopo gli statuti del 1969. / This research analyses the history of Gioventù Studentesca (GS), a movement born in Milan in 1954 within the context of the Italian Catholic Association (AC). This movement was founded by don Luigi Giussani, assistant of the students of AC in Milan, with the aim of setting up a community presence of Christian students in the schools. The movement had a strong development under the episcopacy of Giovanni Battista Montini, then appointed Pope with the name of Paolo VI, who recognised in GS a possible answer to the secularization process gradually evolving in the Milanese area. This report focues on the evolution of don Giussani’s pedagogical thinking and educational approach. It also highlights the critical relationschip between GS and the national centre of AC from mid-Sixsties up to the definitive exit of GS from AC following the statutes of 1969.
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"Tra centro e periferia" Istituzioni e processi di industrializzazione nella Sicilia del secondo dopoguerra / "Between the center and the periphery" Institutions and processes of industrialization in Sicily after World War II

Pietrancosta, Fausto <1982> 14 March 2014 (has links)
In Sicilia lo strumento principale che ha caratterizzato le modalità d’intervento dei poteri pubblici in economia è stato quello della partecipazione diretta o indiretta, quello cioè della Regione che si propone come ente fautore del sostegno allo sviluppo dell’industria e successivamente come soggetto imprenditore. Le formule organizzative attraverso le quali si è concretizzato l’intervento regionale in economia furono la società per azioni a partecipazione regionale, l’azienda autonoma regionale e l’ente pubblico regionale1. La storia dello sviluppo economico siciliano nel secondo dopoguerra conferma come il ricorso allo strumento dell’ente pubblico economico sia stato molto frequente nella realtà locale come, peraltro, anche in altre Regioni d’Italia. Tracce, queste, di una vicenda storica che intuiamo subito avere complesse implicazioni tali da generare la necessità di interrogarsi sul modo nel quale le istituzioni politiche hanno influito sulle dinamiche economiche siciliane nel secondo dopoguerra; per quanto noti e approfonditi siano stati infatti gli elementi caratterizzanti e i percorsi peculiari dello sviluppo economico siciliano, rimangono scarsamente approfonditi il tenore dei rapporti e i nessi politici, istituzionali ed economici tra centro e periferia, in altre parole rimane ancora parzialmente inesplorata quella parte dell’indagine inerente l’evoluzione dei processi di industrializzazione della Sicilia nel secondo dopoguerra attuata parallelamente dalle autorità regionali e dallo Stato attraverso i loro enti e strumenti. È lecito chiedersi quali siano stati i tempi, le modalità, gli ostacoli e gli eventuali risultati delle azioni di pianificazione intraprese dai poteri pubblici centrali e regionali nella prospettiva dello sviluppo economico del territorio; il coordinamento delle azioni di promozione del progresso industriale si presentava in tal senso, sin dall’inizio, come una delle sfide fondamentali per un adeguato e consistente rilancio economico delle aree più arretrate del Mezzogiorno italiano; ecco che lo studio dei provvedimenti legislativi emanati rappresenta un approfondimento indispensabile e obiettivo primario di questo lavoro. / In Sicily, the main tool that has characterized the mode of action of the public authorities in the economy has been the direct or indirect holding, that of the region which is proposed as an advocate organization to support the development of industry and later as an entrepreneur subject. The organizational form through which the intervention took the form of regional economy were the corporation to regional participation, the company and the autonomous regional public regional entity. The history of economic development in the post-war Sicilian confirms that the use of the economic instrument of the public powers has been very common in the local as, moreover, also in other regions of Italy. Traces of these, a historical event that we immediately have complex implications that would generate the need to research the way in which political institutions have an impact on the economic dynamics of Sicily after World War II, to the extent known and depth were in fact the key features and Sicilian peculiar paths of economic development remain poorly detailed content of the reports and the links political, institutional and economic relations between center and periphery, in other words that still remains partially unexplored part of the investigation concerning the evolution of the processes of industrialization of Sicily in the second postwar implemented in parallel by the regional authorities and the State through their bodies and instruments. You might be wondering what were the times, methods, obstacles and possible results of planning actions taken by the public authorities in the central and regional perspective of economic development of the territory, the coordination of measures to promote industrial progress is presented in this sense, from the outset, as one of the key challenges for an adequate and substantial economic recovery in less developed areas of Southern Italian.
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BRESCIA CAPITALE DELLA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA. LOTTA POLITICA E VITA QUOTIDIANA (1943-1945) / BRESCIA CAPITAL OF ITALIAN SOCIAL REPUBLIC. FIGHTING POLITICS AND EVERYDAY LIFE (1943-1945)

PALA, ELENA 05 March 2012 (has links)
All’origine della presente ricerca si pongono sostanzialmente due ragioni fondanti: una estrinseca ed una intrinseca. Da un lato, ha fornito una forte sollecitazione ad intraprendere uno studio ravvicinato sulla dinamica del fascismo repubblicano (1943-1945) in terra bresciana l’individuazione di almeno due fondi archivistici di assoluto rilievo: la sezione di Brescia del Tribunale militare regionale di guerra della Repubblica sociale italiana e la Commissione provinciale di Brescia dell’Alto Commissariato per le sanzioni contro il fascismo. Da un altro lato, la caratura prevalentemente fascista dei fondi archivistici individuati costituiva un forte stimolo intellettuale a mettere in cantiere una ricerca di questo tipo perché offriva la possibilità, non frequente nel panorama storiografico nazionale, di esaminare nel concreto e dall’interno la dinamica di decisivi apparati dello Stato e del partito fascista di cui è per lo più dall’esterno che si sono attuati approcci. Non per questo il punto di vista fascista ha fagocitato la nostra attenzione abbattendo la vigilanza critica e il doveroso vaglio del materiale posto alla base della nostra ricerca. Non si può sottacere, infine, il rilievo della materia posta sotto indagine. Al centro della ricerca messa in cantiere sta, infatti, il territorio bresciano che ha costituito l’epicentro dell’esperienza della Repubblica di Mussolini. Tutto ciò non ha fatto che arricchire il nostro motivo di interesse per uno studio mirato sui luoghi caldi del potere dell’ultimo fascismo. / At the origin of this research there are basically two fundamental reasons: a reason extrinsic and an intrinsic reason. On the one hand, the identification of at least two archives of absolute importance has provided a strong inducement to undertake a close study of the dynamics of the Republican Fascism (1943-1945) in the territory of Brescia. The archives are the Regional Military Tribunal of war the Italian Social Republic of Brescia and the Provincial Committee of Brescia of the Delegation of the High Commissioner for sanctions against fascism. On the other hand, the caliber of the predominantly fascist archives identified was a strong intellectual stimulus to perform a search of this type because it offered the possibility, not frequent in view of national historiography, to examine the internal dynamics of the state and the fascist party, studied mostly from the outside. However the point of view fascist has engulfed our attention and it has not broken the critical vigilance nor the duty to screen the material at the base of our research. Finally, the relief of mail matter under investigation is important because the focus of research is the area of Brescia, which has been the epicenter of the experience of the Republic of Mussolini. This has enriched the source of interest for a study focused on hot spots of the fascism of the last power.
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IL CATTOLICESIMO POLITICO TEDESCO E LA S. SEDE DA LEONE XIIIA PIO X, 1878-1914

BELLINO, ALESSANDRO 16 June 2020 (has links)
La tesi ripercorre il rapporto tra il cattolicesimo politico tedesco - coagulatosi attorno al partito del Zentrum nel 1870 - e la S. Sede durante i pontificati di Leone XIII e Pio X. / The thesis aims to describe the relationship between political catholicism, the Zentrumspartei, and the Holy See during the papacies of Leo XIII and Pius X.
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IL TRIBUNALE ECCLESIASTICO MATRIMONIALE DI TRENTO (1857-1868): PROCEDURE DI GIUSTIZIA E PRATICHE SOCIALI NEL TRENTINO ASBURGICO

Reich, Jessica 30 April 2021 (has links)
Oggetto della mia dissertazione sono i processi matrimoniali della parte italiana della diocesi di Trento, prodotti dal tribunale ecclesiastico matrimoniale locale dal 1857 al 1868 e sedimentatisi nell’omonimo fondo archivistico dell’Archivio Diocesano Tridentino. Loro presupposto è la stipula, nel 1855, del Concordato tra Chiesa cattolica e Impero asburgico, nel quale rientrava anche la diocesi di Trento, che sancì nuovi equilibri nelle relazioni tra le due istituzioni e il passaggio alla giurisdizione ecclesiastica della materia matrimoniale, che dal 1857 sarebbe stata sottoposta al giudizio degli appositi tribunali ecclesiastici. La ricerca si concentra così sul periodo intercorrente tra il 1857, anno di inizio di attività anche per il tribunale tridentino, e il 1868, quando si assistette a un cambiamento nella politica religiosa austriaca col ritorno in mano secolare della gestione della disciplina nuziale. Cuore del progetto sono dunque i procedimenti matrimoniali. Questa tipologia documentaria è stata oggetto di indagini ampie e varie per approcci e metodologie, fra storia giuridica, istituzionale, sociale, economica, di genere, ma con principale attenzione per l’età moderna. Un interesse che solo in tempi recenti si sta estendendo anche alla documentazione ottocentesca. Il mio lavoro si inserisce in questo indirizzo, con l’intenzione di portare alla luce un oggetto pressoché sconosciuto nelle sue peculiarità spazio-temporali. Il fondo “Tribunale ecclesiastico matrimoniale” e il suo ente produttore, infatti, non hanno ancora trovato spazio in storiografia. La condizione di trovarsi ad operare entro un terreno documentario vergine, e dunque non indagato nemmeno nei suoi cardini istituzionali e giuridici, quindi archivistici, mi ha spinto ad impostare il lavoro su più livelli analitici, con una duplice finalità. In primo luogo, ho inteso produrre uno scavo nella storia interna del tribunale come istituzione, con le sue premesse politiche e le sue fondamenta normative, e dei processi nei loro aspetti teorici e pratici. In secondo luogo, il mio intento è stato indagare la storia esterna al tribunale, ovvero alcuni scenari della realtà sociale, culturale e antropologica del Trentino di metà Ottocento che irrompono in aula con la loro vitalità e complessità. Sebbene tra storia interna e storia esterna vi siano un fitto dialogo e una significativa interdipendenza, ho concretizzato questi propositi in un’elaborazione costituita da quattro parti, di cui le prime tre concernenti la storia interna e l’ultima quella esterna. La prima ricostruisce le vicende istituzionali dell’Impero asburgico e del Trentino ottocentesco, con specifica attenzione per gli sviluppi della normativa e della gestione della disciplina matrimoniale tra potere ecclesiastico e secolare. Nella seconda parte esamino il tribunale locale, soffermandomi sulla sua storia, sulla sua composizione, sulla prosopografia dei suoi componenti e sui criteri della loro nomina. Si indagano inoltre i rapporti intessuti dal foro con le autorità secolari durante il periodo di vigenza del Concordato e le sfere di competenza sul matrimonio tra foro ecclesiastico e civile. L’approfondimento della fisionomia del fondo archivistico, in relazione ai meccanismi di funzionamento dell’ente produttore, e l’esame della procedura delle diverse categorie processuali, nel rapporto tra norme e prassi, compone la terza parte. Infine, la quarta parte, il fulcro della mia ricerca: in essa si svolge la disamina di alcuni processi scelti secondo un’organizzazione problematica e tematica, privilegiando lo studio del singolo caso al fine di scandagliare col maggior dettaglio possibile i numerosi risvolti delle vicende processuali. Gli argomenti affrontati sono: la pazzia, nelle sue pieghe sia procedurali sia extragiudiziarie sociali, culturali e mediche; il magnetismo animale, nella specificità del contesto giudiziario e socio-culturale in cui trova espressione; la violenza contro le donne, con l’esame delle sue narrazioni giudiziarie offerte dai vari attori coinvolti nei processi, a partire dai contendenti fino ai membri delle comunità e alle autorità secolari ed ecclesiastiche.
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Nostalgia e politiche della memoria: Austria, Germania e Italia nella Questione trentina e sudtirolese" (1870-1914)"

Ghezzi, Luigi January 2012 (has links)
Se si prende in considerazione il passato come un argomento della comunicazione politica, allora qual è l'effetto che i sentimenti producono sulla memoria? È possibile parlare di "nostalgia politica" all'interno di una realtà regionalistica? Il nazionalismo è oggetto della ricerca sul regionalismo? Nel Trentino Alto Adige, la regione di confine dominata dal plurilinguismo, la messa in scena dei sentimenti storici rivestì un'importanza particolare durante i decenni dei nazionalismi e regionalismi. Possiamo definire "nostalgici" quei sentimenti che implicavano forme di critica della civiltà di tipo conservativo e che contribuirono allo sviluppo di una coscienza della Heimat. Per mostrare il modo in cui le concezioni o le opinioni personali furono integrate o escluse dai luoghi propri della comunicazione interregionale, sarà necessario sviscerare le forme di espressione politica della nostalgia, intesa come sentimento di trasmissione della memoria.
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Pena di morte e grazia sovrana nel Regno Lombardo-Veneto (1816-1848)

Brunet, Francesca January 2013 (has links)
L’oggetto della tesi – che si inserisce entro la cornice tematica e teorica del dottorato internazionale «Comunicazione politica dall'antichità al XX secolo» – è l’esercizio della pena di morte e l’intervento della grazia sovrana nei processi penali istruiti nel Regno Lombardo-Veneto durante Vormärz (1816-1848). Alcune considerazioni preliminari hanno fin dal principio orientato la ricerca. Innanzitutto, lo jus aggratiandi va collocato all’interno di una sorta di “campo di tensione”: la potestà di clemenza, in linea teorica, poteva essere arbitrariamente esercitata dall’imperatore, in nome della sua posizione istituzionale che lo riconosceva titolare di tutte le funzioni pubbliche dello Stato, quindi conseguentemente abilitato ad intervenire con atti generali o particolari nell'esercizio di esse; un retaggio, questo, della giustizia di antico regime che si inseriva nel solco di una tradizionale concezione del perdono e, in generale, della risoluzione dei conflitti, fortemente caratterizzata da implicazioni religiose. Allo stesso tempo, tale prerogativa sovrana era tuttavia normata dal codice penale e, come ha rivelato la prassi desumibile dalle fonti giudiziarie, implicitamente ben delimitata. Secondariamente, l’esercizio della grazia va posto in relazione “biunivoca” con la specificità sociale, politica, istituzionale e giuridica del contesto in cui esso trovava applicazione. Le politiche e le strategie di repressione, punizione e clemenza rispecchiano infatti le modalità attraverso le quali il potere comunica con la società, ma informano anche su come la società comunichi con il potere: una premessa teorica e metodologica che rimanda all'approccio di Mario Sbriccoli, secondo il quale il diritto penale, riflettendo determinati “segni” del contesto sociale e politico in cui viene esercitato, è allo stesso tempo da esso condizionato. La materia è trattata in una struttura tripartita, ossia nella macrosezioni norma, teoria e prassi. La parte normativa (primo capitolo) è dedicata al percorso e alle istituzioni giudiziarie e politiche attraverso cui si dipanava, secondo il codice criminale del 1803, il processo penale in generale e, nello specifico, i procedimenti conclusisi con sentenza capitale, i quali percorrevano tutta la piramide giudiziaria essendo automaticamente soggetti all'ultima revisione dell'imperatore che poteva confermare la condanna o concedere la grazia. La norma, si vuole sottolineare, non è quindi da intendersi avulsa dall'applicazione pratica del codice: i meccanismi delle istanze e delle revisioni, il concreto margine decisionale dei tribunali lombardo-veneti, specialmente in sede di irrogazione delle condanne capitali e di proposta di grazia, e le competenze dei dicasteri aulici viennesi rispetto all'amministrazione giudiziaria del Regno sono misurabili solo attraverso l'analisi delle centinaia dei fascicoli processuali prodotti nel periodo qui preso in esame. Oltre a ciò, il capitolo inquadra l’importante questione della reintroduzione della pena di morte dopo l’abolizione giuseppina e le norme regolanti il diritto di grazia. La seconda parte (secondo capitolo) è volta a definire la sistemazione concettuale della grazia e della pena capitale, nonché la “comunicazione giuridica” di tale sistemazione, all'interno del circuito di produzione e diffusione di opere giurisprudenziali nel Regno Lombardo-Veneto, anche in rapporto all'ambito tedesco; allo scopo primario di misurare il livello di intersecazione tra il piano dell’elaborazione teorica e il piano della prassi giudiziaria. La terza parte dedicata alla prassi, ovvero ai casi concreti di irrogazione delle pene di morte e di commutazione delle stesse in via di grazia, è a sua volta tripartita nei capitoli terzo, quarto e quinto. I primi due capitoli analizzano la frequenza delle sentenze capitali inflitte rispettivamente per delitti comuni e nei processi per alto tradimento, nonché gli orientamenti giuridici e, in senso esteso, politici, secondo i quali esse venivano confermate oppure graziate. Nel quinto capitolo, infine, viene indagata l’attività di un importante istituto in vigore in Lombardia accanto ai tribunali ordinari – del quale non esistono tuttavia testimonianze documentali dirette –, ossia il giudizio statario: una procedura processuale “d’eccezione”, rapida e sommaria, il cui utilizzo era consentito dal codice penale in casi di emergenza sociale.

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