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L'universalità della giurisdizione penale. Spunti ricostruttivi e ipotesi di sviluppo / Universal Criminal Jurisdiction. Current status and future development.

LA MANNA, MARIANGELA 06 March 2014 (has links)
La tesi si articola in 4 capitoli. Il primo descrive i fondamenti dell’universalità della giurisdizione e ripercorre il processo di emersione del criterio da un punto di vista storico, ne individua l’ambito di applicazione ratione materiae, ed esamina le principali teorie a supporto e fondamento del ricorso a questo criterio.Il secondo capitolo ricostruisce, al termine di una ricognizione della prassi, i più delicati problemi applicativi del criterio, che nel corso degli anni ’90 ne hanno determinato il parziale abbandono. Individua, infatti, alcuni istituti che possono rendere più difficoltoso il ricorso al criterio universale, quali le immunità dalla giurisdizione di alcune figure statali e i provvedimenti di amnistia. Infine, mostra che anche il mancato o insufficiente adattamento degli ordinamenti nazionali all’ordinamento internazionale può risultare problematico.Il terzo capitolo descrive la rivitalizzazione del criterio alla quale si assiste da almeno 10 anni e individua i fattori principali di tale fenomeno nell’adozione dello Statuto di Roma che istituisce la Corte Penale Internazionale (CPI) e nella conseguente adozione delle legislazioni nazionali attuative dello Statuto, nonché nel susseguirsi di proposte accademiche e intergovernative circa la regolazione dell’impiego del criterio universale.Il quarto e ultimo capitolo tenta di individuare lo “stato dell’arte” del criterio e cioè di chiarirne la natura e la portata, soprattutto alla luce della prassi dei giudici nazionali esaminata nei capitoli precedenti. Il capitolo si interroga circa la natura permissiva o obbligatoria della giurisdizione universale, circa la sua matrice, consuetudinaria oppure convenzionale, e sulla possibilità che l’esercizio della giurisdizione universale possa essere subordinato al rispetto di alcuni requisiti. Si indaga altresì il rapporto tra la giurisdizione universale e l’obbligo “aut dedere aut iudicare” contenuto in numerosi trattati internazionali in materia di repressione dei crimini internazionali e transnazionali / The thesis aims at enquiring the current status of universal criminal jurisdiction. Therefore, it examines conventional and customary international law to figure out the scope and application of this principle of jurisdiction.
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LA PERSECUZIONE DEI CRIMINI INTERNAZIONALI TRA MECCANISMI DI IMPUTAZIONE COLLETTIVA E RESPONSABILITÀ PENALE PERSONALE: LO STRANO CASO DELLA ‘JOINT CRIMINAL ENTERPRISE’ / PROSECUTING LARGE-SCALE ATROCITIES IN INTERNATIONAL CRIMINAL COURTS BETWEEN COLLECTIVE FORMS OF IMPUTATION AND INDIVIDUAL CRIMINAL LIABILITY: THE STRANGE CASE OF 'JOINT CRIMINAL ENTERPRISE'

GASPARINI, IRENE 24 May 2017 (has links)
La ricerca affronta una particolare forma di responsabilità concorsuale per crimini internazionali chiamata ‘joint criminal enterprise’ (JCE), creata dal Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Yugoslavia. Il perno attorno al quale la ricerca si svolge è la suscettibilità di un tale criterio di imputazione di trasformarsi in un veicolo di responsabilità penale collettiva. Al fine di discutere dei punti di frizione di questo meccanismo ascrittivo con il fondamentale principio di responsabilità penale individuale e colpevole, l’autrice si propone di tracciare innanzitutto una cornice teorica più ampia. Il punto di partenza va individuato nella polarizzazione tra due forze che agiscono in senso opposto: una macro-dimensione, composta da fattori collettivizzanti (fattore storico, sistemico e teleologico), e una micro-dimensione che tenta di comprimere la responsabilità penale nei rigidi confini della colpevolezza. Collocata dunque al centro della “tensione” tra queste due forze opposte, la ‘joint criminal enterprise’ rivela i suoi caratteri più problematici, specialmente con riferimento ai requisiti di un nesso eziologico “indiretto” e a un elemento soggettivo fortemente indebolito. Addentrandosi infine nell’analisi comparata di sistemi di common law e civil law, l’autrice propone all’interprete internazionale diverse argomentazioni e correttivi al fine di un’applicazione della JCE che sia maggiormente conforme al principio di responsabilità penale personale e colpevole. / The thesis discusses a particularly problematic mode of liability for international crimes: the doctrine of ‘joint criminal enterprise’ (JCE) created by the International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia. The core issue is the suitability of this mechanism of attribution to turn into a vehicle of collective criminal responsibility. In order to discuss its points of friction with the principle of individual culpability, the author designs a broader theoretical framework. The point of departure is a polarization between two opposing forces: a macro-dimension of collectivizing factors (historical, contextual and teleological) and a micro-dimension that strives to contain liability into the strict boundaries of individual guilt. Placed within the “strain” between these two opposing forces, JCE reveals its highly problematic features, especially in relation to the requirements of an indirect causal nexus and a very weak mens rea. Finally, by venturing into a comparative analysis of common law/civil law domestic systems, the author proposes to the international interpreter several arguments and correctives in order to apply JCE liability in a manner that is more consistent with the fundamental principle of individual culpability.
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Un’analisi esplorativa delle determinanti della gestione illegale dei rifiuti: il caso italiano / AN EXPLORATIVE ANALYSIS OF THE DETERMINANTS OF ILLEGAL WASTE MANAGEMENT: THE ITALIAN CASE / An explorative analysis of the determinants of illegal waste management: the Italian case

ANDREATTA, DANIELA 11 February 2019 (has links)
Negli ultimi anni, la gestione illegale dei rifiuti ha attirato l’attenzione pubblica e dell’accademia. A causa delle sue conseguenze negative non solo per l’ambiente, ma anche per la salute pubblica e la crescita economica, gli esperti hanno cominciato ad esplorare le dinamiche del fenomeno e le possibilità di prevenzione. Alcuni studi hanno evidenziato l’esistenza di diversi fattori che possono determinare la gestione illegale dei rifiuti, ma pochi di essi hanno empiricamente testato la validità dei fattori stessi. Di conseguenza, si avverte la necessità di produrre nuova conoscenza sull’argomento. Il presente studio consiste in un’analisi esplorativa di fattori socio-economici, fattori di policy e di performance, e fattori criminali che influenzano la gestione illegale dei rifiuti in Italia. Dopo aver identificato le determinanti considerate rilevanti dalla letteratura, l’obiettivo è quello di testarle empiricamente. Per prima cosa, grazie all’unicità di un dataset creato sul contesto italiano, nello studio si indaga quantitativamente l’effetto di diversi fattori sul fenomeno attraverso un’analisi econometrica. Successivamente, lo studio prosegue con un’analisi “crime script” al fine di esplorare quali fattori suggeriti dalla letteratura e testati nella parte quantitativa emergono anche da casi studio e come effettivamente intervengono nel ciclo dei rifiuti italiano. I risultati indicano che la gestione illegale dei rifiuti è determinata da: i) uno scarso sviluppo economico e demografico, un alto livello d’istruzione nel territorio, la presenza di turisti; ii) l'inefficienza della normativa ambientale, delle forze dell’ordine e delle prestazioni sui rifiuti; iii) la presenza di criminalità organizzata e la diffusione di crimini economici e fiscali. Prendendo spunto da questi risultati, lo studio non solo aumenta la conoscenza sul fenomeno, ma è anche in grado di avanzare alcuni suggerimenti di policy per contrastare efficacemente le condotte illegali legate alla gestione dei rifiuti. / In the last several decades, illegal waste management (IWM) has attracted great academic and public attention. Due to its negative consequences not only for the environment, but also for public health and economic growth, scholars started to be interested in the dynamics of IWM and in how to prevent it. Some studies stressed the existence of different factors that can determine the phenomenon, but very few of them have empirically tested their validity. Consequently, developing new research on the topic is still necessary. The present study conducts an explorative analysis of the socio-economic, policy and performance-driven and criminal factors influencing IWM in Italy. After the identification of the most relevant determinants according to the literature, the objective is to empirically test them. First, thanks to a unique dataset focused on the Italian context, the study quantitatively investigates the effect of different factors on the phenomenon through an econometric analysis. Second, the study realises a crime script analysis to explore which factors suggested by the literature and tested in the quantitative part emerge also in concrete case studies and how they effectively intervene in the Italian waste cycle. Results indicate that IWM is determined by: i) a low level of economic development and population density, a high level of education and tourists’ presence; ii) inefficiency in environmental regulation, enforcement and waste performances; iii) the presence of organised crime and the diffusion of economic and fiscal crimes. According to these findings, the study not only deepens the knowledge of the phenomenon, but it is also able to provide some policy suggestions to efficiently hinder illegal conducts related to waste management.
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Culture violente e statualità limitata: come le tendenze della guerra e del terrorismo influenzano le tendenze degli omicidi / VIOLENT CULTURES AND LIMITED STATEHOOD: HOW TRENDS IN WARFARE AND TERRORISM INFLUENCE HOMICIDE TRENDS

KAMPRAD, ALEXANDER EDMUND 12 February 2018 (has links)
Sulla base delle analisi transnazionali degli effetti della violenza collettiva (guerra e terrorismo) sui tassi di omicidi, la mia ricerca di dottorato contribuisce all' apertura di studi criminologici sull' omicidio verso una prospettiva integrata sulla violenza. La principale scoperta originale è che sia il terrorismo che le varie forme di guerra (ad esempio guerre etniche, civili e internazionali) sono associate in modo forte e positivo all' omicidio. Queste conclusioni si basano sul calcolo di una serie di modelli ad effetti fissi su un panel che comprende più di 100 paesi in oltre 20 anni dal 1990. I risultati danno un sostegno provvisorio alle ipotesi di "legittimazione della violenza" e "legittimazione-abituazione" formulate per quanto riguarda gli effetti transnazionali delle guerre nazionali sui tassi di omicidi, e gli effetti degli attentati terroristici e dei prolungati stati di belligeranza sui tassi di omicidi in Israele, rispettivamente. Entrambe le ipotesi suggeriscono che la violenza collettiva abbia un effetto causale positivo sull' omicidio, ma il tema è stato ampiamente trascurato nella ricerca criminologica fin dalla formulazione originale delle ipotesi più di 30 anni fa. Questo studio conclude che l’influenza causale della violenza collettiva sull'omicidio è probabile, ma non può essere dimostrata in modo definitivo entro i confini di un disegno di ricerca transnazionale. Da un punto di vista teorico, i quadri criminologici rilevanti dovrebbero essere arricchiti da due concetti distinti della scienza politica che permettono di collocare le ipotesi in un quadro più ampio di "cultura della violenza" e di "governance in aree di limitata statualità". / Based on the cross-national analyses of the effects of collective violence (warfare and terrorism) on homicide rates, my Ph.D. research contributes to the opening of criminological homicide studies towards an integrated perspective on violence. The main original finding is that both terrorism and various forms of warfare (e.g. ethnic, civil and international wars) are robustly and positively associated with homicide. These findings are based on the calculation of a series of fixed-effects models on a panel that incorporates more than 100 countries over more than 20 years since 1990. The results lend tentative support to the so-called ‘legitimation of violence’ and ‘legitimation-habituation’ hypotheses that have been formulated in regard to the cross-national effects of nation-wars on homicide rates, and to the effects of terror attacks and prolonged states of belligerence on homicide rates in Israel, respectively. Both hypotheses suggest that collective violence bears a positive causal effect on homicide, but the topic has been largely neglected in criminological research since the original formulation of the hypotheses more than 30 years ago. This study concludes that a causal influence of collective violence on homicide is likely, but cannot conclusively be proven within the confines of a cross-national research design. From a theoretical perspective, relevant criminological frameworks should be enriched with two distinct concepts from political science which allow to situate the hypotheses within a larger framework of ‘culture of violence’ and ‘governance in areas of limited statehood’.

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