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La montagna anomica e la devianza intermittente. "Social problems" nell'area alpinaArnoldi, Christian <1974> 18 June 2007 (has links)
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La gestione violenta dei conflitti in ambito di coppiaCallà, Rose Marie <1973> 27 June 2008 (has links)
La famiglia rappresenta un micro sistema all’interno del macro sistema società, che vive,
si riproduce, rimane in equilibrio o cade in situazioni di squilibrio, implode e si rigenera,
attraverso gli infiniti feedback comunicativi con l’ambiente esterno. I suoi componenti
sono i medium di tale processo interattivo. Quindi: tutti gli eventi all’interno del nucleo
familiare, compreso il conflitto, non possono considerarsi slegati dalla società
circostante.
La famiglia possiede una dimensione politica che si esplicita nella distribuzione di potere
fra i suoi componenti. Tale distribuzione può assumere sia forme democratiche, che
dispotiche. A forme di distribuzione del potere non democratiche si associano livelli
elevati di conflitto. Quest’ultimo, tuttavia, è una dimensione inevitabile delle associazioni
umane. Ciò che distingue le relazioni – familiari e non – non è tanto la presenza o
assenza del conflitto, quanto piuttosto la modalità di espressione e di gestione di tale
conflittualità. In tal senso, infatti, l’antagonismo relazionale si può tradurre in
aggressione e violenza, prevaricazione, lesione della integrità e della libertà, oppure
divenire occasione di crescita, di confronto, di mediazione e di negoziazione.
La ricerca svolta all’interno del Dottorato in Criminologia dell’ Università di Bologna è
finalizzata, attraverso un’integrazione teorica, ad individuare le variabili intervenienti nel
contesto e nell’esperienza dei conflitti violenti in ambito di coppia, per accertare il loro
eventuale ruolo predittivo del fenomeno.
In particolare, s’indagano le modalità attraverso le quali la condizione socio-strutturale
dei partner di coppia e la costruzione sociale dei ruoli di genere - con la relativa
attribuzione di potere – e le condizioni lavorative, interagiscono nell’ espressione violenta
della conflittualità.
Il collettivo di riferimento - individuato grazie alla collaborazione di associazioni del
privato sociale e di istituzioni pubbliche presenti e operanti nel territorio della Provincia
di Trento eroganti prestazioni eterogenee alle famiglie - è composto da coppie
sposate/conviventi alle quali è stato somministrato un questionario strutturato.
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La salute come promessa. Ingegneria genetica e biotecnologie fra biopolitica, diritto e criminalitàGobbato, Carlo Antonio <1955> 27 June 2008 (has links)
La tesi di dottorato di Carlo Antonio Gobbato prende in considerazione e sviluppa, secondo una
prospettiva rigorosamente sociologica, i temi e i problemi che discendono dai progressi delle
bioscienze e delle biotecnologie con particolare riferimento alla programmazione degli esseri
umani con precise caratteristiche. Muovendo dalla riflessione di Jurgen Habermas sui caratteri
della genetica liberale, sono stati, innanzi tutto, ripresi alcuni temi fondamentali della storia del
pensiero politico e giuridico sviluppatisi in età moderna, considerando con particolare
attenzione la ricostruzione epistemologica operata da Michel Foucault in merito alla nozione di
biopolitica, ovvero sia al modo con cui si è cercato, a partire dal XVIII secolo, di razionalizzare
i problemi posti dalla pratica governamentale nei confronti delle persone (pratiche concernenti
la salute, il controllo sociale, l’igiene, la mortalità, le razze, ecc.).
La biopolitica è una categoria gnoseologica di spiegazione dell’idea di sviluppo presente
nell’età moderna, dove sono iscritti vari saperi e pratiche governamentali, risultando così un
concetto storicamente determinato da costruzioni produttive e tecnologiche che consentono,
oppure obbligano, la vita ad entrare nella storia. D’altra parte, la biopolitica non produce
letteralmente la vita, ma interviene direttamente sulla vita consentendone le condizioni di
mantenimento e sviluppo. Se la biopolitica ha determinato l’instaurazione del dominio della
specie umana sulla materia inerte, la rivoluzione scientifica in atto, anche in ragione
dell’intensità con cui procede lo sviluppo delle bioscienze e delle biotecnologie, sta
determinando l’affermazione del dominio sulla materia vivente
Il progressivo affrancamento delle bioscienze e delle biotecnologie dal sistema sociale e dal
sotto sistema sanitario sta comportando un’intensa proliferazione legislativa e normativa di cui
la bioetica è parte, assieme alla costituzione ed allo sviluppo di un polo di apparati
tendenzialmente autonomo, anche in ragione delle grandi quantità di trasferimenti finanziari,
pubblici e privati, specificatamente dedicati e del nuovo mercato dei brevetti sulla vita.
Sono evidenti le preoccupazioni degli organismi internazionali e nazionali, ai loro massimi
livelli, per un fenomeno emergente, reso possibile dai rapidi progressi delle bioscienze, che
consente la messa a disposizione sul mercato globale di “prodotti” ricavati dal corpo umano
impossibili da reperire se tali progressi non si fossero verificati. Si tratta di situazioni che
formano una realtà giuridica, sociale e mercantile che sempre più le bioscienze contribuiscono,
con i loro successi, a rappresentare e costruire, anche se una parte fondamentale
nell’edificazione, cognitiva ed emozionale, di tali situazioni, che interagiscono direttamente con
l’immaginario soggettivo e sociale, è costituita dal sistema dell’informazione, specializzata e
non, che sta con intensità crescente offrendo notizie e riproduzioni, vere o verosimili,
scientificamente fondate oppure solo al momento ipotizzate, ma poste e dibattute, che stanno
oggettivamente alimentando nuove attese individuali e sociali in grado di generare propensioni
e comportamenti verso “oggetti di consumo” non conosciuti solo fino a pochi anni fa.
Propensioni e comportamenti che possono assumere, in ragione della velocità con cui si
succedono le scoperte delle bioscienze e la frequenza con cui sono immessi nel mercato i
prodotti biotecnologici (indipendentemente dalla loro vera o presunta efficacia), anche caratteri
di effervescenza anomica, fino alla consumazione di atti gravemente delittuosi di cui la stessa
cronaca e le inchieste giudiziarie che si stanno aprendo iniziano a dare conto.
La tesi considera criticamente la nuova realtà che emerge dai progressi delle bioscienze e, dopo
aver identificato nella semantica dell’immunità e nel dominio sul movimento del corpo gli
orientamenti concettuali che forniscono il significato essenziale alla biopolitica di Foucault,
cerca di definire secondo una prospettiva propriamente sociologica la linea di separazione fra le
pratiche immunitarie ed altre pratiche che non possono essere fatte rientrare nelle prime o,
anche, il limite del discorso di Foucault davanti alle questioni poste da Habermas ed inerenti la
programmazione genetica degli esseri viventi. Le pratiche genetiche, infatti, non sono
propriamente immunitarie e, anzi, la stessa logica discorsiva intorno al gene non ha carattere
immunitario, anche se può apportare benefici immunitari. La logica del gene modifica la forma
del corpo, è generativa e rigenerativa, può ammettere ed includere, ma anche negare, la
semantica biopolitica, i suoi oggetti e i suoi nessi. Gli oggetti della biopolitica sono ogni giorno
di più affiancati dagli oggetti di questa dimensione radicalmente originale, per significati e
significanti, dimensione che, con un neologismo, si può definire polisgenetica, ovvero sia una
pratica governamentale sui generis, con importanti riflessi sul piano socio – criminologico.
L’ultima parte della tesi riporta i risultati di recenti ricerche sociologiche sulla percezione
sociale dell’ingegneria genetica e delle biotecnologie, nonché presenta i risultati
dell’elaborazione delle interviste effettuate per la tesi di ricerca.
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Donne migranti a Modena: il lavoro di "badante" tra vincolo e risorsaRusso, Monica <1974> 27 May 2008 (has links)
This study enters the world of migrants women daily involved in the work of caregiving
to elderly people in Modena.
The multidimensional analysis that characterizes this work brings together elements
which are examined, simultaneously, as bounds and/or opportunities within the
migratory experience of these women.
The interviews collected will be analyzed in parallel and linked to the international
debates on contemporary migrations: the meaning of transnational migrations, the role
of the networks in guiding integration, the limits and strengths of multiculturalist
theories, the concept of ‘superdiversity’, the link among entitlement, rights and access
to citizenship.
The present study place at the centre of its observation the “daily practices” that allow
every migrant to negotiate its ‘power’, its ‘freedom’ and its ‘rights’, so as to recognize
agency to these women in the creation of their strategies and social boundaries.
Moreover, the study focuses on the ability and power of the State, and its institutions, to
create categorizations among migrants based on their social and economic ‘usefulness’,
which produce effects in the daily lives of these workers.
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Formazione, apprendimento e nuove prospettive e-learning. Lo sviluppo delle nuove tecnologie didattiche e la creazione di sistemi di apprendimento lungo l’intero arco della vitaLusetti, Marialuisa <1970> 21 May 2008 (has links)
The thesis of this paper is based on the assumption that the socio-economic system in which we
are living is characterised by three great trends: growing attention to the promotion of human
capital; extremely rapid technological progress, based above all on the information and
communication technologies (ICT); the establishment of new production and organizational set-ups.
These transformation processes pose a concrete challenge to the training sector, which is called to
satisfy the demand for new skills that need to be developed and disseminated. Hence the growing
interest that the various training sub-systems devote to the issues of lifelong learning and distance
learning. In such a context, the so-called e-learning acquires a central role.
The first chapter proposes a reference theoretical framework for the transformations that are
shaping post-industrial society. It analyzes some key issues such as: how work is changing, the
evolution of organizational set-ups and the introduction of learning organization, the advent of the
knowledge society and of knowledge companies, the innovation of training processes, and the key
role of ICT in the new training and learning systems.
The second chapter focuses on the topic of e-learning as an effective training model in response
to the need for constant learning that is emerging in the knowledge society. This chapter starts with
a reflection on the importance of lifelong learning and introduces the key arguments of this thesis,
i.e. distance learning (DL) and the didactic methodology called e-learning. It goes on with an
analysis of the various theoretic and technical aspects of e-learning. In particular, it delves into the
theme of e-learning as an integrated and constant training environment, characterized by
customized programmes and collaborative learning, didactic assistance and constant monitoring of
the results. Thus, all the aspects of e-learning are taken into exam: the actors and the new
professionals, the virtual communities as learning subjects, the organization of contents in learning
objects, the conformity to international standards, the integrated platforms and so on.
The third chapter, which concludes the theoretic-interpretative part, starts with a short
presentation of the state-of-the-art e-learning international market that aims to understand its
peculiarities and its current trends. Finally, we focus on some important regulation aspects related to
the strong impulse given by the European Commission first, and by the Italian governments
secondly, to the development and diffusion of e-learning.
The second part of the thesis (chapters 4, 5 and 6) focus on field research, which aims to define
the Italian scenario for e-learning. In particular, we have examined some key topics such as: the
challenges of training and the instruments to face such challenges; the new didactic methods and
technologies for lifelong learning; the level of diffusion of e-learning in Italy; the relation between
classroom training and online training; the main factors of success as well as the most critical
aspects of the introduction of e-learning in the various learning environments.
As far as the methodological aspects are concerned, we have favoured a qualitative and
quantitative analysis. A background analysis has been done to collect the statistical data available
on this topic, as well as the research previously carried out in this area. The main source of data is
constituted by the results of the Observatory on e-learning of Aitech-Assinform, which covers the
2000s and four areas of implementation (firms, public administration, universities, school): the
thesis has reviewed the results of the last three available surveys, offering a comparative
interpretation of them. We have then carried out an in-depth empirical examination of two case
studies, which have been selected by virtue of the excellence they have achieved and can therefore
be considered advanced and emblematic experiences (a large firm and a Graduate School).
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La responsabilità sociale dell’impresa: teorie e significati sociali. Con una ricerca empirica sul punto di vista dei lavoratoriMorri, Lorenzo <1972> 21 May 2008 (has links)
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Innovazione organizzativa e istituzionale della pubblica amministrazione. Un approccio interpretativo e l'analisi di un dispositivo partecipativo nel settore della culturaDall’Agata, Claudia <1967> 21 May 2009 (has links)
The thesis aims at inquiring into the issue of innovation and organizational and institutional change in the public administration with regard to the increasingly massive adoption of participatory devices and practices in various arenas of public policies. The field of reference regards transformations of the types of public actions and regulation systems, concerning governance. Together with the crisis of the public function and of the role played by the insitutions what is emerging are different levels of governement, both towards an over national and a local direction, and a plurality of social interlocutors, followed by a post-bureaucratic pattern of the public administration that is opening itself in the direction of environment and citizens. The public adminstration is no longer considered an inert object within the bureaucratic paradigm but as a series of communicative processes, choices, cultures and practices that actively builds itself and the environment it interacts with. Therefore, the output of the public administration isn’t the simple service being supplied but the relationship enacted with the citizen, relationship that becomes the constituent basis of adminstrative processes.
The intention of thesis is to take into consideration the relation between innovation of the public administration and participatory experimentations and implementations regarded as exchanges in which citizens and the public administration hold talks and debates.
The issue of the organizational change of the public administration as output and effect of inclusive deliberative practices has been analysed starting from an institutionalist approach, in other words examining the constituent features of institutions, “rediscovering” them with regard to their public nature, their ability to elaborate collective values and meanings, the social definition of problems and solutions. The participatory device employed by the Forlì city council that involved enterprises and cultural associations of the area in order to build a participatory Table, has been studied through a qualitative methodology (participant observation and semi-strutctured interviews). The analysis inquired into the public nature both of the participatory device and the administrative action itself as well as into elements pertaining the deliberative setting, the regulative reference framework and the actors which took part in the process.
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Sistemi di sicurezza urbanaVasaturo, Giulio <1976> 13 July 2009 (has links)
Il problema della sicurezza/insicurezza delle città, dalle grandi metropoli sino ai più piccoli centri urbani, ha sollecitato negli ultimi anni un’attenzione crescente da parte degli studiosi, degli analisti, degli organi di informazione, delle singole comunità. La delinquenza metropolitana viene oggi diffusamente considerata «un aspetto usuale della società moderna»: «un fatto – o meglio un insieme di fatti – che non richiede nessuna speciale motivazione o predisposizione, nessuna patologia o anormalità, e che è iscritto nella routine della vita economica e sociale». Svincolata dagli schemi positivistici, la dottrina criminologica ha maturato una nuova «cultura del controllo sociale» che ha messo in risalto, rispetto ad ogni visione enfatizzante del reo, l’esigenza di pianificare adeguate politiche e pratiche di prevenzione della devianza urbana attraverso «tutto l’insieme di istituzioni sociali, di strategie e di sanzioni, che mirano a ottenere la conformità di comportamento nella sfera normativa penalmente tutelata». Tale obiettivo viene generalmente perseguito dagli organismi istituzionali, locali e centrali, con diverse modalità annoverabili nel quadro degli interventi di: prevenzione sociale in cui si includono iniziative volte ad arginare la valenza dei fattori criminogeni, incidendo sulle circostanze sociali ed economiche che determinano l’insorgenza e la proliferazione delle condotte delittuose negli ambienti urbani; prevenzione giovanile con cui si tende a migliorare le capacità cognitive e relazionali del minore, in maniera tale da controllare un suo eventuale comportamento aggressivo, e ad insegnare a genitori e docenti come gestire, senza traumi ed ulteriori motivi di tensione, eventuali situazioni di crisi e di conflittualità interpersonale ed interfamiliare che coinvolgano adolescenti; prevenzione situazionale con cui si mira a disincentivare la propensione al delitto, aumentando le difficoltà pratiche ed il rischio di essere scoperti e sanzionati che – ovviamente – viene ponderato dal reo. Nella loro quotidianità, le “politiche di controllo sociale” si sono tuttavia espresse in diversi contesti – ed anche nel nostro Paese - in maniera a tratti assai discutibile e, comunque, con risultati non sempre apprezzabili quando non - addirittura – controproducenti. La violenta repressione dei soggetti ritenuti “devianti” (zero tolerance policy), l’ulteriore ghettizzazione di individui di per sé già emarginati dal contesto sociale, l’edificazione di interi quartieri fortificati, chiusi anche simbolicamente dal resto della comunità urbana, si sono rivelate, più che misure efficaci nel contrasto alla criminalità, come dei «cortocircuiti semplificatori in rapporto alla complessità dell’insieme dei problemi posti dall’insicurezza». L’apologia della paura è venuta così a riflettersi, anche fisicamente, nelle forme architettoniche delle nuove città fortificate ed ipersorvegliate; in quelle gated-communities in cui l’individuo non esita a sacrificare una componente essenziale della propria libertà, della propria privacy, delle proprie possibilità di contatto diretto con l’altro da sé, sull’altare di un sistema di controllo che malcela, a sua volta, implacabili contraddizioni. Nei pressanti interrogativi circa la percezione, la diffusione e la padronanza del rischio nella società contemporanea - glocale, postmoderna, tardomoderna, surmoderna o della “seconda modernità”, a seconda del punto di vista al quale si aderisce – va colto l’eco delle diverse concezioni della sicurezza urbana, intesa sia in senso oggettivo, quale «situazione che, in modo obiettivo e verificabile, non comporta l’esposizione a fattori di rischio», che in senso soggettivo, quale «risultante psicologica di un complesso insieme di fattori, tra cui anche indicatori oggettivi di sicurezza ma soprattutto modelli culturali, stili di vita, caratteristiche di personalità, pregiudizi, e così via». Le amministrazioni locali sono direttamente chiamate a garantire questo bisogno primario di sicurezza che promana dagli individui, assumendo un ruolo di primo piano nell’adozione di innovative politiche per la sicurezza urbana che siano fra loro complementari, funzionalmente differenziate, integrali (in quanto parte della politica di protezione integrale di tutti i diritti), integrate (perché rivolte a soggetti e responsabilità diverse), sussidiarie (perché non valgono a sostituire i meccanismi spontanei di prevenzione e controllo della devianza che si sviluppano nella società), partecipative e multidimensionali (perché attuate con il concorso di organismi comunali, regionali, provinciali, nazionali e sovranazionali). Questa nuova assunzione di responsabilità da parte delle Amministrazioni di prossimità contribuisce a sancire il passaggio epocale «da una tradizionale attività di governo a una di governance» che deriva «da un’azione integrata di una molteplicità di soggetti e si esercita tanto secondo procedure precostituite, quanto per una libera scelta di dar vita a una coalizione che vada a vantaggio di ciascuno degli attori e della società urbana nel suo complesso». All’analisi dei diversi sistemi di governance della sicurezza urbana che hanno trovato applicazione e sperimentazione in Italia, negli ultimi anni, e in particolare negli ambienti territoriali e comunitari di Roma e del Lazio che appaiono, per molti versi, esemplificativi della complessa realtà metropolitana del nostro tempo, è dedicata questa ricerca. Risulterà immediatamente chiaro come il paradigma teorico entro il quale si dipana il percorso di questo studio sia riconducibile agli orientamenti della psicologia topologica di Kurt Lewin, introdotti nella letteratura sociocriminologica dall’opera di Augusto Balloni. Il provvidenziale crollo di antichi steccati di divisione, l’avvento di internet e, quindi, la deflagrante estensione delle frontiere degli «ambienti psicologici» in cui è destinata a svilupparsi, nel bene ma anche nel male, la personalità umana non hanno scalfito, a nostro sommesso avviso, l’attualità e la validità della «teoria del campo» lewiniana per cui il comportamento degli individui (C) appare anche a noi, oggi, condizionato dalla stretta interrelazione che sussiste fra le proprie connotazioni soggettive (P) e il proprio ambiente di riferimento (A), all’interno di un particolare «spazio di vita». Su queste basi, il nostro itinerario concettuale prende avvio dall’analisi dell’ambiente urbano, quale componente essenziale del più ampio «ambiente psicologico» e quale cornice straordinariamente ricca di elementi di “con-formazione” dei comportamenti sociali, per poi soffermarsi sulla disamina delle pulsioni e dei sentimenti soggettivi che agitano le persone nei controversi spazi di vita del nostro tempo. Particolare attenzione viene inoltre riservata all’approfondimento, a tratti anche critico, della normativa vigente in materia di «sicurezza urbana», nella ferma convinzione che proprio nel diritto – ed in special modo nell’ordinamento penale – vada colto il riflesso e la misura del grado di civiltà ma anche delle tensioni e delle contraddizioni sociali che tormentano la nostra epoca. Notevoli spunti ed un contributo essenziale per l’elaborazione della parte di ricerca empirica sono derivati dall’intensa attività di analisi sociale espletata (in collaborazione con l’ANCI) nell’ambito dell’Osservatorio Tecnico Scientifico per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio, un organismo di supporto della Presidenza della Giunta Regionale del Lazio al quale compete, ai sensi dell’art. 8 della legge regionale n. 15 del 2001, la funzione specifica di provvedere al monitoraggio costante dei fenomeni criminali nel Lazio.
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Una nuova relazione terapeutica nelle medicine non convenzionali. Un percorso plurale per la tutela delle eventuali vittime latentiAgnoletti, Veronica <1977> 13 July 2009 (has links)
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Brasile/Italia: un'analisi comparata dei percorsi trattamentali rivolti ai minorenni sottoposti a misure privative della libertà con problemi legati al consumo di sostanze stupefacentiBraga Ferreira, Karinne <1975> 13 July 2009 (has links)
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