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Species and Functional Composition of some Abandoned Fields in the Northern Apennines (Italy). A Detailed Overview with particular Reference to the Habitat 6210 in the EU 92/43 Directive

Troiani, Natalia <1985> 09 May 2016 (has links)
Abandoned croplands can be considered a new category of “scattered elements” of mountain landscapes. To gain deeper understanding of the conservation status (sensu EEC Directive 92/43) of abandoned cropland in the northern Apennines, we coupled the concepts of the social behavior type (SBT) and the functional assessment of plant communities. SBTs refer to behaviour and ecological attributes of species at a given observation level and allow the understanding of the plant community conservation status, while the functional approach may help in predicting changes of species composition along disturbance and stress gradients. We found that topographic and soil conditions drive the species assemblage in pastures after crop abandonment, but long-term abandonment does not lead per se to the recovery of the semi-natural grassland communities deemed worthy of conservation in the EEC Directive. It was mainly due to the lack of appropriate disturbance regimes that allows the spread of dominant tall herbs, which, in turn, reduces the site suitability for subordinate plants. Moreover, their spread fosters the presence of elements such as ruderals and fringe species. We conclude that, these abandoned croplands have a good potential to develop into Habitat of EU Directive but without appropriate management plans they will remain of low representativeness.
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Ecologia del limite altitudinale del bosco nell'Appennino settentrionale: un approccio dendrocronologico

Magnani, Silvia <1976> 30 May 2007 (has links)
No description available.
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Analisi dei parametri vegetazionali e dei caratteri funzionali di specie guida come strumenti di studio di comunità prative

Bolzan, Anna <1979> 26 May 2009 (has links)
Lo studio condotto si propone l’approfondimento delle conoscenze sui processi di evoluzione spontanea di comunità vegetali erbacee di origine secondaria in cinque siti all’interno di un’area protetta del Parco di Monte Sole (Bologna, Italia), dove, come molte aree rurali marginali in Italia e in Europa, la cessazione o riduzione delle tradizionali pratiche gestionali negli ultimi cinquant’anni, ha determinato lo sviluppo di fitocenosi di ridotto valore floristico e produttivo. Tali siti si trovano in due aree distinte all’interno del parco, denominate Zannini e Stanzano, selezionate in quanto rappresentative di situazioni di comunità del Mesobrometo. Due siti appartenenti alla prima area e uno appartenente alla seconda, sono gestiti con sfalcio annuale, i rimanenti non hanno nessun tipo di gestione. Lo stato delle comunità erbacee di tali siti è stato valutato secondo più punti di vista. E’ stata fatta una caratterizzazione vegetazionale dei siti, mediante rilievo lineare secondo la metodologia Daget-Poissonet, permettendo una prima valutazione relativa al numero di specie presenti e alla loro abbondanza all’interno della comunità vegetale, determinando i Contributi Specifici delle famiglie principali e delle specie dominanti (B. pinnatum, B. erectus e D. glomerata). La produttività è stata calcolata utilizzando un indice di qualità foraggera, il Valore Pastorale, e con la determinazione della produzione di Fitomassa totale, Fitomassa fotosintetizzante e Necromassa. A questo proposito sono state trovate correlazioni negative tra la presenza di Graminacee, in particolare di B. pinnatum, e i Contributi Specifici delle altre specie, soprattutto a causa dello spesso strato di fitomassa e necromassa prodotto dallo stesso B. pinnatum che impedisce meccanicamente l’insediamento e la crescita di altre piante. E’ stata inoltre approfonditamente sviluppata un terza caratterizzazione, che si propone di quantificare la diversità funzionale dei siti medesimi, interpretando le risposte della vegetazione a fattori globali di cambiamento, sia abiotici che biotici, per cogliere gli effetti delle variazioni ambientali in atto sulla comunità, e più in generale, sull’intero ecosistema. In particolare, nello studio condotto, sono stati proposti alcuni caratteri funzionali, cosiddetti functional traits, scelti perché correlati all’acquisizione e alla conservazione delle risorse, e quindi al trade-off dei nutrienti all’interno della pianta, ossia: Superficie Fogliare Specifica, SLA, Tenore di Sostanza Secca, LDMC, Concentrazione di Azoto Fogliare, LNC, Contenuto in Fibra, LFC, separato nelle componenti di Emicellulosa, Cellulosa, Lignina e Ceneri. Questi caratteri sono stati misurati in relazione a tre specie dominanti: B. pinnatum, B. erectus e D. glomerata. Si tratta di specie comunemente presenti nelle praterie semi-mesofile dell’Appennino Settentrionale, ma caratterizzate da differenti proprietà ecologiche e adattative: B. pinnatum e B. erectus sono considerati competitori stress-toleranti, tipicamente di ambienti poveri di risorse, mentre D. glomerata, è una specie più mesofila, caratteristica di ambienti produttivi. Attraverso l’analisi dei traits in riferimento alle diverse strategie di queste specie, sono stati descritti specifici adattamenti alle variazioni delle condizioni ambientali, ed in particolare in risposta al periodo di stress durante l’estate dovuto a deficit idrico e in risposta alla diversa modalità di gestione dei siti, ossia alla pratica o meno dello sfalcio annuale. Tra i caratteri funzionali esaminati, è stato identificato LDMC come il migliore per descrivere le specie, in quanto più facilmente misurabile, meno variabile, e direttamente correlato con altri traits come SLA e le componenti della fibra. E’ stato quindi proposto il calcolo di un indice globale per caratterizzare i siti in esame, che tenesse conto di tutti questi aspetti, riunendo insieme sia i parametri di tipo vegetativo e produttivo, che i parametri funzionali. Tale indice ha permesso di disporre i siti lungo un gradiente e di cogliere differenti risposte in relazione a variazioni stagionali tra primavera o autunno e in relazione al tipo di gestione, valutando le posizioni occupate dai siti stessi e la modalità dei loro eventuali spostamenti lungo questo gradiente. Al fine di chiarire se le variazioni dei traits rilevate fossero dovute ad adattamento fenotipico dei singoli individui alle condizioni ambientali, o piuttosto fossero dovute a differenziazione genotipica tra popolazioni cresciute in siti diversi, è stato proposto un esperimento in condizioni controllate. All’interno di un’area naturale in UK, le Chiltern Hills, sono stati selezionati cinque siti, caratterizzati da diverse età di abbandono: Bradenham Road MaiColtivato e Small Dean MaiColtivato, di cui non si conosce storia di coltivazione, caratterizzati rispettivamente da vegetazione arborea e arbustiva prevalente, Butterfly Bank 1970, non più coltivato dal 1970, oggi prateria seminaturale occasionalmente pascolata, Park Wood 2001, non più coltivato dal 2001, oggi prateria seminaturale mantenuta con sfalcio annuale, e infine Manor Farm Coltivato, attualmente arato e coltivato. L’esperimento è stato condotto facendo crescere i semi delle tre specie più comuni, B. sylvaticum, D. glomerata e H. lanatus provenienti dai primi quattro siti, e semi delle stesse specie acquistati commercialmente, nei cinque differenti tipi di suolo dei medesimi siti. Sono stati misurati quattro caratteri funzionali: Massa Radicale Secca (DRM), Massa Epigea Secca (DBM), Superficie Fogliare Secca (SLA) e Tenore di Sostanza Secca (LDMC). I risultati ottenuti hanno evidenziato che ci sono significative differenze tra le popolazioni di una stessa specie ma con diversa provenienza, e tra individui appartenenti alla stessa popolazione se fatti crescere in suoli diversi. Tuttavia, queste differenze, sembrano essere dovute ad adattamenti locali legati alla presenza di nutrienti, in particolare N e P, nel suolo piuttosto che a sostanziali variazioni genotipiche tra popolazioni. Anche per questi siti è stato costruito un gradiente sulla base dei quattro caratteri funzionali analizzati. La disposizione dei siti lungo il gradiente ha evidenziato tre gruppi distinti: i siti più giovani, Park Wood 2001 e Manor Farm Coltivato, nettamente separati da Butterfly Bank 1970, e seguiti infine da Small Dean MaiColtivato e Bradenham Road MaiColtivato. L’applicazione di un indice così proposto potrebbe rivelarsi un utile strumento per descrivere ed indagare lo stato della prateria e dei processi evolutivi in atto, al fine di meglio comprendere e dominare tali dinamiche per proporre sistemi di gestione che ne consentano la conservazione anche in assenza delle tradizionali cure colturali.
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Il genere Rhododendron L.: diversità genetica e fenomeni di ibridazione.

Bruni, Ilaria <1978> 11 May 2010 (has links)
La terra, nel corso della sua storia, ha subito molteplici cambiamenti con la comparsa e scomparsa di numerose specie animali e vegetali. Attualmente, l’estinzioni delle specie, la riduzione degli areali e il depauperamento degli ecosistemi è da ricollegare alle attività dell’uomo. Per tali motivi, in questi ultimi decenni si è iniziato a dare importanza alla conservazione della biodiversità, alla creazione di zone protette e a sviluppare interventi di reintroduzione e rafforzamento di specie rare e a rischio di estinzione. Questo lavoro di tesi si propone di analizzare la variabilità genetica delle popolazioni di Rhododendron ferrugineum L. lungo il suo areale, con particolare attenzione alle aree marginali dell’Appennino, dove la specie rappresenta un caso di pseudo rarità, al fine di valutare lo stato di salute della specie al limite del suo areale e valutare appropriati interventi di conservazione o reintroduzione. Per effettuare le analisi sono stati messi a punto dei marcatori molecolari discontinui, i microsatelliti, che, essendo dei marcatori co-dominati, permettono di valutare differenti parametri legati alla diversità genetica delle popolazioni inclusi i livelli di eterozigotà ed il flusso genico tra popolazioni limitrofe. I campionamenti sono stati effettuati nelle uniche 3 stazioni presenti sugli Appennini. Al fine di confrontare la struttura genetica di queste popolazioni sono state considerate anche popolazioni delle Alpi Marittime, delle Alpi centro-orientali e dei Pirenei. L’analisi della diversità genetica effettuata su questo pool di popolazioni analizzate con 7 marcatori microsatelliti, ha messo in evidenza che le popolazioni relitte dell’Appennino Tosco-Emiliano presentano un ridotto livello di eterozigosità che suggerisce quindi un elevato livello di inbreeding. Si ritiene che ciò sia dovuto alla loro dislocazione sul territorio, che le rende isolate sia tra di loro che dalle popolazioni delle vicine Alpi Marittime. La stima delle relazioni genetiche tra le popolazioni appenniniche e le vicine piante alpine evidenzia come non vi sia scambio genetico tra le popolazioni. Le analisi dei cluster suggeriscono che due delle popolazioni Appenniniche siano più simili alle popolazioni della Alpi Marittime, mentre la terza ha più affinità con le popolazioni delle Alpi centro-orientali. Le popolazioni dei Pirenei risultano essere geneticamente più simili alle popolazioni delle Alpi Marittime, in particolare alle tre popolazioni del versante francese. In questo lavoro abbiamo affrontato anche il problema delle specie ibride. Rhododendron x intermedium Tausch è un ibrido frutto dell’incrocio tra Rhododendron ferrugineum L. e Rhododendron hirsutum L., in grado di incrociarsi sia con altri ibridi, sia con i parentali (fenomeno dell’introgressione). L’origine di questo ibrido risiede nella simpatria delle due specie parentali, che tuttavia, presentano esigenze ecologiche differenti. Ad oggi la presenza di Rhododendron x intermedium è stata accertata in almeno tre stazioni sulle Alpi Italiane, ma la letteratura documenta la sua presenza anche in altre zone dell’Arco Alpino. L’obiettivo di questa ricerca è stato quello di verificare la reale natura ibrida di Rhododendron x intermedium in queste stazioni utilizzando un approccio integrato ossia sia attraverso un’analisi di tipo morfologico sia attraverso un analisi di tipo molecolare. In particolare l’approccio molecolare ha previsto prima un’analisi filogenetica attraverso l’utilizzo di marcatori molecolari filogenetici nucleari e plastidiali (ITS, At103, psbA-trnH e matK) e quindi un’analisi della struttura delle popolazioni della specie ibrida attraverso l’utilizzo di marcatori molecolari microsatelliti. Da un’analisi morfologica, risulta che gli esemplari ibridi possono essere molto differenti tra loro e ciò supporta la formazione di sciami ibridi. Al fine di verificare la natura di questa specie e la struttura delle popolazioni ibride e dei rispettivi parentali, sono state campionate differenti popolazioni in tutta l’area di interesse. I campioni ottenuti sono stati quindi analizzati geneticamente mediante marcatori molecolari del DNA. I risultati ottenuti hanno permesso innanzitutto di confermare l’origine ibrida degli individui di prima generazione della specie Rhododendron x intermedium e quindi di distinguere i parentali dagli ibridi ed evidenziare la struttura genetica delle popolazioni ibride.
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Ecologia del limite altitudinale del bosco nell'appennino settentrionale: un approccio multidisciplinare

Corazza, Marcello <1979> 11 May 2010 (has links)
No description available.
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El Niño southern oscillation and its effect on fog oases along the Peruvian and Chilean coastal deserts

Manrique Paredes, Rosa Soledad <1971> 09 May 2011 (has links)
Fog oases, locally named Lomas, are distributed in a fragmented way along the western coast of Chile and Peru (South America) between ~6°S and 30°S following an altitudinal gradient determined by a fog layer. This fragmentation has been attributed to the hyper aridity of the desert. However, periodically climatic events influence the ‘normal seasonality’ of this ecosystem through a higher than average water input that triggers plant responses (e.g. primary productivity and phenology). The impact of the climatic oscillation may vary according to the season (wet/dry). This thesis evaluates the potential effect of climate oscillations, such as El Niño Southern Oscillation (ENSO), through the analysis of vegetation of this ecosystem following different approaches: Chapters two and three show the analysis of fog oasis along the Peruvian and Chilean deserts. The objectives are: 1) to explain the floristic connection of fog oases analysing their taxa composition differences and the phylogenetic affinities among them, 2) to explore the climate variables related to ENSO which likely affect fog production, and the responses of Lomas vegetation (composition, productivity, distribution) to climate patterns during ENSO events. Chapters four and five describe a fog-oasis in southern Peru during the 2008-2010 period. The objectives are: 3) to describe and create a new vegetation map of the Lomas vegetation using remote sensing analysis supported by field survey data, and 4) to identify the vegetation change during the dry season. The first part of our results show that: 1) there are three significantly different groups of Lomas (Northern Peru, Southern Peru, and Chile) with a significant phylogenetic divergence among them. The species composition reveals a latitudinal gradient of plant assemblages. The species origin, growth-forms typologies, and geographic position also reinforce the differences among groups. 2) Contradictory results have emerged from studies of low-cloud anomalies and the fog-collection during El Niño (EN). EN increases water availability in fog oases when fog should be less frequent due to the reduction of low-clouds amount and stratocumulus. Because a minor role of fog during EN is expected, it is likely that measurements of fog-water collection during EN are considering drizzle and fog at the same time. Although recent studies on fog oases have shown some relationship with the ENSO, responses of vegetation have been largely based on descriptive data, the absence of large temporal records limit the establishment of a direct relationship with climatic oscillations. The second part of the results show that: 3) five different classes of different spectral values correspond to the main land cover of Lomas using a Vegetation Index (VI). The study case is characterised by shrubs and trees with variable cover (dense, semi-dense and open). A secondary area is covered by small shrubs where the dominant tree species is not present. The cacti area and the old terraces with open vegetation were not identified with the VI. Agriculture is present in the area. Finally, 4) contrary to the dry season of 2008 and 2009 years, a higher VI was obtained during the dry season of 2010. The VI increased up to three times their average value, showing a clear spectral signal change, which coincided with the ENSO event of that period.
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Relationships between plant diversity and environmental heterogeneity in rupicolous grasslands on gypsum. The case study of Alysso-Sedion albi (Habitat 6110).

Velli, Andrea <1984> 05 May 2014 (has links)
Plant communities on weathered rock and outcrops are characterized by high values in species richness (Dengler 2006) and often persist on small and fragmented surfaces. Yet very few studies have examined the relationships between heterogeneity and plant diversity at small scales, in particular in poor-nutrient and low productive environment (Shmida and Wilson 1985, Lundholm 2003). In order to assess these relationships both in space and time in relationship, two different approaches were employed in the present study, in two gypsum outcrops of Northern Apennine. Diachronic and synchronic samplings from April 2012 to March 2013 were performed. A 50x50 cm plot was used in both samplings such as the sampling unit base. The diachronic survey aims to investigate seasonal patterning of plant diversity by the use of images analysis techniques integrated with field data and considering also seasonal climatic trend, the substrate quality and its variation in time. The purpose of the further, synchronic sampling was to describe plant diversity pattern as a function of the environmental heterogeneity meaning in substrate typologies, soil depth and topographic features. Results showed that responses of diversity pattern depend both on the resources availability, environmental heterogeneity and the manner in which the different taxonomic group access to them during the year. Species richness and Shannon diversity were positively affected by increasing in substrate heterogeneity. Furthermore a good turnover in seasonal species occurrence was detected. This vegetation may be described by the coexistence of three groups of species which created a gradient from early colonization stages, characterized by greater slope and predominance of bare rock, gradually to situation of more developed soil.
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Quantifying and modeling ecosystem services provided by urban greening in cities of the Southern Alps, N Italy

Russo, Alessio <1983> 09 April 2013 (has links)
Population growth in urban areas is a world-wide phenomenon. According to a recent United Nations report, over half of the world now lives in cities. Numerous health and environmental issues arise from this unprecedented urbanization. Recent studies have demonstrated the effectiveness of urban green spaces and the role they play in improving both the aesthetics and the quality of life of its residents. In particular, urban green spaces provide ecosystem services such as: urban air quality improvement by removing pollutants that can cause serious health problems, carbon storage, carbon sequestration and climate regulation through shading and evapotranspiration. Furthermore, epidemiological studies with controlled age, sex, marital and socio-economic status, have provided evidence of a positive relationship between green space and the life expectancy of senior citizens. However, there is little information on the role of public green spaces in mid-sized cities in northern Italy. To address this need, a study was conducted to assess the ecosystem services of urban green spaces in the city of Bolzano, South Tyrol, Italy. In particular, we quantified the cooling effect of urban trees and the hourly amount of pollution removed by the urban forest. The information was gathered using field data collected through local hourly air pollution readings, tree inventory and simulation models. During the study we quantified pollution removal for ozone, nitrogen dioxide, carbon monoxide and particulate matter (<10 microns). We estimated the above ground carbon stored and annually sequestered by the urban forest. Results have been compared to transportation CO2 emissions to determine the CO2 offset potential of urban streetscapes. Furthermore, we assessed commonly used methods for estimating carbon stored and sequestered by urban trees in the city of Bolzano. We also quantified ecosystem disservices such as hourly urban forest volatile organic compound emissions.
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Sucessão secundária da vegetação ciliar da micro-bacia do Rio Verde, Mun. de Rio Megrinho, SC

Guinle, Maria Cecília Tuccimei January 2006 (has links)
Dissertação (mestrado) - Universidade Federal de Santa Catarina, Centro de Ciências Biológicas. Programa de Pós-Graduação em Biologia Vegetal / Made available in DSpace on 2013-07-16T03:06:56Z (GMT). No. of bitstreams: 0 / Dentro do paradigma de restaurar através do manejo da sucessão natural, torna-se uma necessidade básica conhecer o processo de regeneração e interpretá-lo como primordial para facilitar a restauração. Este estudo teve como objetivo principal o levantamento florístico da vegetação vascular na micro bacia do Rio Verde, Fazenda Santa Alice, Município de Rio Negrinho, Santa Catarina, caracterizando a riqueza de espécies e levantando dados preliminares quanto à função das espécies vegetais mantenedoras dos consumidores dentro da comunidade estudada. Na micro bacia do Rio Verde foi montada uma Unidade Demonstrativa (UD) com 10 parcelas de 10 x 50 metros na área de preservação permanente, perfazendo um total de 5000 m2 de área de estudo. As coletas foram mensais durante o ano de 2004 e 2005. Devido a mudanças no Código Florestal Lei 4.771 (1965), a UD apresenta duas séries sucessionais distintas, uma de caráter florestal, representada por uma faixa de 5 metros (área preservada - AP) e a outra por uma série sucessional inicial com fitofisionomia herbáceo-arbustiva, na faixa de 25 metros (área a restaurar - AR), ambas de cada lado do rio. Registraram 200 espécies vegetais vasculares pertencentes a 61 famílias botânicas. A estrutura florestal da UD é composta por árvores (22,60%), arbustos (32,20%), ervas ( 32,88%), liana (4,80%) e epífitas (3,42%). Houve predominância da forma de vida erva em ambas as áreas. A zoofilia foi a síndrome de polinização mais evidente (164 do número total de espécies) em ambas as áreas, sendo melhor representada na AP ( 116 do número total de espécies). Quanto à síndrome de dispersão, a anemocooria, endozoocoria e sinzoocoria foram as mais representativas em ambas as áreas, não tendo grandes diferenças entre elas. Ocorreu uma nítida sazonalidade no período reprodutivo das espécies com picos nos meses mais quentes e expressivo decréscimo nos meses de inverno, para AP e AR. Houve coleta de flor no período de inverno, indicando a presença de recursos alimentares nesse período crítico do ano. O solo caracterizou-se como um mosaico formado por Cambissolos (41,35%) e Neossolos (51,15%). A presença dessas duas classes indica um solo de pouca profundidade e com isso tendo uma vegetação de caráter edáfico. Os resultados desse trabalho mostram a presença do início do processo de sucessão em uma área que sofreu um distúrbio pela retirada de Pinus taeda L. e de um processo sucessional mais avançado que foi preservado em obediência à legislação. A presença de mesmas espécies nas duas áreas da UD indica-nos a possibilidade de expansão e colonização natural da área mais preservada para a área a ser restaurar. Conhecer as etapas da sucessão reconhecendo em quais etapas estão inseridos os diferentes grupos ecológicos e aproveitar essa informação para estabelecer um processo de contínua regeneração, são o desafio para o desenvolvimento de uma ecologia da restauração.
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Proteínas do látex de Calotropis procera (Ait.)R.Br. e seus efeitos sobre pragas agrícolas. / Proteins from the latex of Calotropis procera (Ait.) R.Br. and their effects against insects.

Freitas, Cléverson Diniz Teixeira de January 2006 (has links)
FREITAS, C. D. T. Proteínas do látex de Calotropis procera (Ait.)R.Br. e seus efeitos sobre pragas agrícolas. 2006. 118 f. Dissertação (Mestrado em Bioquímica) - Centro de Ciências, Universidade Federal do Ceará, Fortaleza, 2006. / Submitted by Francisco Lacerda (lacerda@ufc.br) on 2014-11-24T19:40:31Z No. of bitstreams: 1 2006_dis_cdtfreitas.pdf: 775346 bytes, checksum: 9b054b28e167e8aa04f9d5d7aed273a8 (MD5) / Approved for entry into archive by José Jairo Viana de Sousa(jairo@ufc.br) on 2015-01-15T21:19:39Z (GMT) No. of bitstreams: 1 2006_dis_cdtfreitas.pdf: 775346 bytes, checksum: 9b054b28e167e8aa04f9d5d7aed273a8 (MD5) / Made available in DSpace on 2015-01-15T21:19:39Z (GMT). No. of bitstreams: 1 2006_dis_cdtfreitas.pdf: 775346 bytes, checksum: 9b054b28e167e8aa04f9d5d7aed273a8 (MD5) Previous issue date: 2006 / The plant Calotropis procera belonging to Asclepiadaceae is found around a vast extension of the Northeast from Brazil. It is a lactifers plant and its endogenous production of latex is admirable. Despite continuous reports appearing in the literature give mention to the medicinal properties of different parts of the plant, including the latex, there is not scientific approaches comprising biochemical of functional aspects of the latex from C. procera. The aims this work was determine the presence of endogenous enzymatic activities and inhibitory activity against different proteases and a-amylase, to evaluate insecticidal properties against different crop pests and to correlate enzymatic content and insecticidal action with possible role of the latex in protecting the plant to insect pathogens. The major soluble protein fraction from the latex was prepared following the protocol previously defined that includes centrifugations and dialysis steps. The protein fraction devoided of rubber and low molecular mass molecules was assayed to the presence of endogenous proteolytic activities as well as a-amylase activity. Even, the presence of inhibitor of such activities was investigated. Additionally the latex proteins were submitted to proteolysis by digestive content of different insects. Bioassays base on artificial diets with different contents of native, pronase digested or heated treated (98 °C) latex proteins were performed against six insects belonging to 4 different orders. Increment in bodyweight of larvae, time of development and percentage of survive were the parameters considered to analyze detrimental effects of latex proteins upon insects. The effect of latex proteins upon Callosbruchus maculatus insects by continuous exposure until F-6 generation was reached was performed. It was found strong endogenous proteolytic activity and latex proteins were resistent to proteolysis by insect digestive extracts. In addition chitinolytic activity was also detected. The latex exhibited insecticidal activity against different insect groups and this effect may be correlated to the presence of a cysteine protease inhibitor associated to its proteolytic properties and chitinolytic activity. It is suggested that the protein fraction of the latex from Calotropis procera plays a relevant role in defending the plant against pathogens. / A planta Calotropis procera pertencente à família Asclepiadaceae é encontrada em vasta extensão do Nordeste Brasileiro. É uma planta laticífera e sua produção endógena de látex é extraordinária. Embora haja na literatura científica diversas publicações que relatam o potencial medicinal de diversas partes da planta, principalmente de seu látex, não há ainda uma abordagem bioquímica e funcional de seu fluido laticífero. Esta pesquisa foi desenvolvida no sentido de proceder a um estudo bioquímico parcial de atividades endógenas da fração protéica majoritária do látex e de avaliar seus efeitos inseticidas sobre diferentes modelos de pragas agrícolas. A fração protéica majoritária do látex foi preparada a partir de um protocolo previamente desenvolvido no laboratório em que são envolvidas etapas de centrifugação e diálise. A fração protéica isenta de borracha e de moléculas de baixa massa molecular foi testada para atividades enzimáticas endógenas proteolíticas, quitinásicas e a-amilásica e atividades inibitórias para proteases e a-amilase. Ensaios enzimáticos de digestão das proteínas do látex por extratos digestivos de insetos foram também realizados. Bioensaios utilizando-se dietas artificiais contendo diferentes proporções das proteínas do látex íntegras, digeridas por pronase ou aquecidas a 98 °C foram realizados com seis insetos pertencentes a quatro ordens. Nos bioensaios foram avaliados parâmetros tais como desenvolvimento, sobrevivência, tempo de emergência dos indivíduos além de ser avaliado o efeito cumulativo de proteínas do látex na dieta por sucessivas gerações. Na fração protéica do látex foram encontradas atividades proteolíticas do tipo cisteínica e serínica, além de atividade quitinolítica. Não foi detectada atividade a-amilásica. Soluções de proteínas do látex não exibiram atividade inibitória do tipo a-amilásica e tripsínica ou quimiotripsínica. Após tratamento térmico, proteínas do látex ainda solúveis foram capazes de inibir a atividade da papaína. Posteriormente esta atividade inibitória foi capaz de inibir as atividades proteolíticas de Callosobruchus maculatus e Dysdercus peruvianus. As proteínas do látex foram inseticidas para C. maculatus, Zabrotes subfasciatus, Anticarsia gemmatalis e Ceratitis capitata enquanto que não foram para Spodoptera frugiperda e D. peruvianus. Não houve efeito deletério acumulativo em insetos submetidos a uma dieta contendo proteínas do látex durante seis gerações. Quando digeridas por pronase e aquecidas por 30 min a 98 °C, a ação inseticida das proteínas do látex ainda foi mantida sobre o C. maculatus. As proteínas do látex foram completamente resistentes à proteólise por enzimas digestivas de Dysdercus peruvianus e Callosobruchus maculatus. Entretanto, a ação proteolítica endógena do látex promoveu a proteólise do extrato enzimático de C. maculatus embora isto não tenha ocorrido no extrato intestinal de D. peruvianus. O látex de C. procera apresenta forte atividade proteolítica e resistência à proteólise por enzimas digestivas de insetos. Atividade quitinolítica foi também observada. O látex possui atividade inseticida para diferentes pragas agrícolas e esta atividade parece estar associada à presença de um inibidor de atividade proteolítica do tipo cisteínica, além da presença de quitinases e elevada atividade proteolítica endógena. Assim, a fração protéica do látex pode ser considera como parte constituinte da defesa da planta contra insetos.

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