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The Legal Status of Roma in Europe: between National Minority and Transnational People

Memo, Sara January 2013 (has links)
Recent estimates from the Council of Europe (CoE), rates Romani presence in Europe around 10-12 million individuals. In an imaginary Europe without geo-political borders, these estimates raise Romani population to the 9th most populous community, immediately after Belgians. Notwithstanding their numerical proportion and their historical presence in Europe, both international and national legal instruments designed for minorities are currently unable to comprehensively protect and promote Roma rights. Because of their diffuse and still partially nomadic presence, the existing legal instruments are inappropriate to effectively accommodate Romani needs because they are still ensuing from a Westphalian paradigm which identifies one people in relation with a precise territorial area. Indeed, these legal instruments either apply to social groups traditionally resident in a country (“old” minorities) or to migrants (“new” minorities) but cannot apply to Roma who on the one hand are traditionally living in Europe (as “old” minorities) and on the other hand are still moving from one country to the other (as “new” minorities). This study investigates the possibility of identifying a minimum European set of rights for Roma by means of two complementary conceptual frameworks. The first comparatively identifies best legal practices at the national levels, whereas the second, taking into account the specific distinctive features of Roma compared to other groups, proposes the adaptation of international legal instruments designed for indigenous people to Roma as a ‘European transnational people’. In its comparative part, this study analyzes the legal protection of Roma in terms of, linguistic, social-economic and cultural rights as well as in terms of political representation. The proposal for adapting indigenous peoples’ rights draws from the case of Sami in Northern Scandinavia as the only example of a European indigenous people living transnationally in Europe. The results of this study contribute, both theoretically and practically, to the scientific debate on the protection of non-territorial minorities and of indigenous people in Europe.
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La funzione dei diritti collettivi originari di natura dominicale nei sistemi costituzionali italiano e brasiliano

Caliceti, Eugenio January 2010 (has links)
Il presente lavoro si propone di analizzare criticamente la funzione dei diritti collettivi originari negli ordinamenti brasiliano e italiano. Il concetto - proposto per definire i diritti imputati ad una collettività, aventi ad oggetto un patrimonio collettivo, sul quale si esercitano diritti individuali discendenti da un fattore di appartenenza - è utile per sintetizzare una serie eterogenea di istituti, recepiti o positivizzati nei rispettivi ordinamenti. I diritti di uso civico o di promiscuo godimento, la proprietà definitiva quilombola, il possesso indígena, costituiscono le specifiche figure giuridiche analizzate. A fronte dell’eterogeneità che contraddistingue sia le istituzioni storiche appropriatesi collettivamente delle risorse territorialmente pertinenziali, sia le figure giuridiche predisposte per riconoscerne e regolarne l’esistenza nell’ordinamento moderno, ci si propone in questa sede di individuare un principio giuridico a partire dal quale operare una loro sintesi in un quadro concettualmente unitario. A partire dal medesimo principio si vuole, quindi, analizzare la funzione che il modello proprietario collettivo, di cui gli istituti analizzati sono espressione, assume nei rispettivi ordinamenti, entrambi ascrivibili al costituzionalismo democratico-sociale.
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The Legal Recognition of Same-Sex Unions in the EU: Can the Charter of Fundamental Rights of the European Union make the Difference?

Di Bari, Michele January 2012 (has links)
The issue of same-sex unions in the EU has been differently addressed by Member States. From same-sex marriage to non-recognition, the situation in the EU poses a series of questions related to the principle of nondiscrimination and to the right of free movement for EU citizens. However, all Member States are bound by the same human rights obligations. Among the legal instruments adopted in the context of fundamental rights protection, the now binding force of the Charter of Fundamental Rights of the EU represents a novelty introduced by the Treaty of Lisbon. This research investigates two aspects of the issue related to same-sex unions’ recognition between the period 2008-2011. First, by analyzing the case law at different spheres of adjudication, the dissertation examines whether same-sex unions’ legal recognition constitutes an obligation Member States are today obliged to fulfill. Second, it explores judicial orientations in relation to the claims brought before them by same-sex couples, explaining the reasons behind an apparently deferential attitude toward the legislator. As discussed in this thesis, there exists a duty to recognize, thus ‘indifference’ of Member States constitutes a violation of fundamental rights. Accordingly this research clarifies how the ‘duty to’ approach, if compared to ‘a right to’ approach, might better explain the answer given by the judiciary to the claims posed by LGBTI people in the context of same-sex unions legal recognition. In particular, this thesis contends that while it is possible to frame the argument of same-sex unions in terms of states’ obligations, it would not be desirable to establish a single rule concerning the legal recognition of same-sex unions.
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I giudici del CSM. Il regime giuridico degli atti del CSM sullo status dei magistrati

Franzoni, Simone <1977> 30 June 2008 (has links)
L’elaborato è dedicato all’esame della forma di emanazione e del sistema d’impugnazione degli atti del CSM circa la carriera giuridica dei magistrati, con particolare attenzione alle numerose implicazioni di livello costituzionale ed amministrativo sollevate dalla problematica. I principali obiettivi perseguiti sono: a) la verifica della costituzionalità del sistema predisposto dalla legge 24 marzo 1958, n. 195, la quale stabilisce che i provvedimenti consiliari siano emanati con decreto presidenziale o ministeriale e che possano essere sindacati dai giudici amministrativi; b) l’individuazione e la risoluzione delle ambiguità interpretative e dei dubbi applicativi che sono emersi fin dall’introduzione della legge in parola e che tutt’ora continuano costantemente a riproporsi, non avendo trovato compiuta sistemazione né in dottrina né in giurisprudenza; c) la ricognizione e l’esame critico della prassi giurisprudenziale, specialmente in ordine alle decisioni più recenti, tenuto conto della mancanza di studi aggiornati in merito pur a fronte dell’ampio numero di pronunce. Sulla base dell’ipotesi di partenza dell’irrinunciabilità, per la piena comprensione della portata precettiva della legge sopra citata, di un’esaustiva analisi delle premesse teoriche necessarie per una piena comprensione dello stessa, lo svolgimento è sostanzialmente articolato in due parti fondamentali. La prima incentrata sulla ricostruzione del perimetro costituzionale dell’indagine, con specifico riferimento all’assetto costituzionale della Magistratura. La seconda, riconducibile nell’alveo proprio del “diritto amministrativo”, concernente a) il significato e la funzione da attribuire alla forma di emanazione degli atti consiliari; b) i poteri ministeriali e presidenziali nella fase di esternazione; c) la tipologia degli atti impugnabili e dei vizi sindacabili in sede giurisdizionale. Con la consapevolezza che lo sviluppo dell’argomento prescelto rappresenta un’angolazione di visuale privilegiata relativamente allo svolgersi dei rapporti tra Potere Esecutivo ed Ordine giudiziario, la tesi affronta complesse questioni di carattere generale quali il principio di separazione dei poteri, il concetto di organo costituzionale e quello di autodichìa, la nozione di autonomia pubblica, i princìpi di imparzialità ed uguaglianza. Il vaglio della giurisprudenza costituzionale ed amministrativa, ampiamente richiamata, è condotto trattando a fondo, sia aspetti connotati da un elevato tasso di tecnicità, come la disciplina del conferimento d’incarichi direttivi, sia interrogativi concernenti diversi aspetti problematici. Segnatamente, l’indagine ha riguardato – tra l’altro – l’ammissibilità del sindacato del giudice amministrativo sugli atti “amministrativi” delle autorità non incardinate nella P.A.; la compatibilità dell’interpretazione evolutiva con l’art. 138 Cost.; la definizione di atto amministrativo; la stessa nozione costituzionale di pubblica amministrazione. La presa d’atto della tendenza giurisprudenziale ad estendere il sindacato al vizio di eccesso di potere conduce infine ad alcune riflessioni conclusive in merito alla conciliabilità del ruolo assunto dal giudice amministrativo col quadro normativo delineato dai Costituenti.
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Cultural diversity and indigenous peoples' land claims: argumentative dynamics and jurisprudential approach in the Americas

Fuentes, Alejandro January 2012 (has links)
The present study is divided in two differentiable but conceptually interrelated sections. Within the first section (Chapters I, II, and III), the focus is on the assessment of the argumentative logic behind the multiculturalist proposal for equally divided societies, among equally positioned ethno-cultural groups. A critical and analytical review of the multiculturalist argumentative constructions shows that its justification lies on the dogmatic assumption of the equal worth or dignity of cultures, which is ontologically incorrect. Cultures cannot be axiologically compared. Instead, this study proposes a new approach focused on the equal functional value of each culture vis-à-vis the cultural producer and beneficiary (the individual). Therefore, it is argued that multiculturalism plea for equal ethno-cultural partition of the public societal space is based on political aspirations and then subjected to –in open, pluralist and democratic societies– the dynamics and methodological procedures of the so-called ‘democratic game’. The second section of this work (Chapters IV, V, and VI) focuses on the specific case of indigenous peoples from both a theoretical and jurisprudential point of view. First, the very notion of indigenous peoples is deconstructed and critically examined. Their special relationship with their traditional lands has been identified as the main objective characteristic that sustains their claims for cultural distinctiveness and differential legal treatment. Then, Chapters V and VI refer to a critical legal analysis of the jurisprudence of the Inter-American Court of Human Rights in connection with indigenous peoples’ land claims, and the role that the element of ‘special relationship with traditional lands’ has played in the recognition of their right to communal property over traditional lands as protected by the American Convention on Human Rights (Article 21 ACHR). In this sense, special attention is given to the interpretative methods applied by the Court, and –in particular– its underlined ontological assumptions.
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La libertà personale e le neuroscienze cognitive

Bottalico, Barbara January 2013 (has links)
L’emersione di nuove scoperte scientifiche e lo sviluppo di nuove tecnologie hanno portato a un ripensamento del tema della prova scientifica nel processo penale in prospettiva interdisciplinare. Se, da un lato, la ricostruzione probatoria dei fatti di reato è sempre più affidata ai risultati della prova tecnico-scientifica, dall’altro agli strumenti tradizionalmente noti se ne stanno affiancando di nuovi, la cui affidabilità e rilevanza è spesso controversa. La presente ricerca nasce dall’interesse verso il recente affacciarsi nel panorama giuridico di strumenti e prospettive scientifiche relativamente nuove, come le neuroscienze cognitive e le tecniche a esse collegate. Se, da un lato, vi è un grande interesse da parte di giuristi e scienziati ad approfondire il tema, dall’altro però l’indagine è ancora disorganica, dispersa tra tematiche diverse, con profili di approfondimento che mutano anche a seconda della prospettiva che si assume: nazionale o internazionale, giuridica o multidisciplinare. L’ambito di riferimento del presente lavoro, è quello dell’utilizzo delle neurotecniche nel processo penale. Si possono rilevare diversi piani sui quali si può condurre l’analisi: a) Un piano di tipo penale-sostanziale, con riferimento all’accertamento dell’imputabilità; b) Un piano di tipo procedurale, con riferimento all’ammissione della prova scientifica nel processo c) Un piano di tipo costituzionale, con riferimento alla protezione dei diritti fondamentali dell’imputato. Questi tre livelli sono, in realtà, strettamente interconnessi e la libertà personale è il presupposto e il punto di arrivo dell’indagine penale: la sua protezione o compressione costituiscono il fil rouge di tutti i piani di analisi, dal momento che la custodia cautelare e la pena detentiva sono una violazione, pur giustificata da esigenze di giustizia e di prevenzione, ma pur sempre violazione, della libertà personale di un essere umano. E va notato come, una volta che si sia assunta l’idea ampia di libertà personale che le corti costituzionali ormai hanno esplicitamente affermato (in Italia, si pensi alla sentenza n. 471 del 1990), potenziali altre violazioni ad essa, nella sua dimensione psicofisica, si possono riscontrare in altri momenti e per altre parti del processo, come per esempio, con riferimento alle modalità di escussione del teste /acquisizione della prova nel corso del processo. Da ciò discende la centralità, nel valutare il modo in cui alcune recenti scoperte scientifiche e le tecniche connesse possano incidere sul diritto penale, della protezione della libertà personale dell ’imputato e delle parti del processo, e di come essa sia regolata nei diversi sistemi e posta in evidenza nella casistica giudiziaria. Queste considerazioni sono centrali nella presente ricerca: partendo dal fatto che la libertà personale costituisce un presupposto condiviso nei contemporanei sistemi giuridici occidentali, si è mirato a osservare il modo in cui si atteggia il rapporto tra tale libertà dell’imputato (e delle altre parti nel processo) e il potere autoritativo dello stato nel processo penale, laddove le nuove tecniche neuroscientifiche hanno applicazione. L’analisi è stata condotta in una prospettiva comparata tra il sistema giuridicocostituzionale italiano e quello statunitense.
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Territorial cooperation between sub-national authorities: legal instruments in European perspective

Rodaro, Elisa January 2010 (has links)
The thesis takes into consideration the development of legal instruments of territorial cooperation between sub-national authorities in Europe. In particular the tools of the Council of Europe and of the European Union are analysed. A peculiar attention is drawn on the Regulation (EC) No 1082/2006 establishing an European Grouping of Territorial Cooperation (EGTC).
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Question of status in the European Union. The space between immigration and citizenship.

Pelacani, Gracy January 2015 (has links)
Plurality in Unity is a simple but effective formula to summarise the current situation of individual status in Europe. Multiple and variable over time are the status possessed, or that could be acquired, by persons, although, in this composite panorama, it is still nationality that appears to be the most valuable, privileged and secure status: the one capable to reduce to unity all the others. However, if this remains true in general terms, the continuous appearance of new status and the transformation of the European Union itself into a rights provider, has challenged not only the hegemony of nationality, as the sole meaningful status for mobile persons, but, inevitably, has also shaped and modified its content and symbolic meaning in accordance with the evolved context. This thesis concentrates upon the relation between immigration and citizenship legislations at the supranational, national and sub-national level, since they are the basis and the determinants of individual status in relation to a certain territory. Firstly, it focuses on the relation between individual status in the EU legal order, i.e. on the status attributed by EU laws to third-country nationals labour migrants, and on the Union citizenship. In the second part, it investigates the range of status available to non-nationals within Belgium, paying particular attention to the sub-national level; Sweden, considering the influence of the Nordic cooperation; and, finally, Switzerland as regards, specifically, the role of sub-national units in citizenship acquisition procedures and influence on the government of immigration of the Swiss-EU relations as regards persons' freedom of movement. This thesis concludes affirming that an increasing level of interaction, reciprocal influence and convergence are observable in the government of immigration and citizenship acquisition. The latter is increasingly used as a tool to better govern the former, by relying on the everlasting distinction between the citizens and the others, and regardless of the level of government considered.
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Responsabilidad y Procedimiento: Las Dilaciones Indebidas Procedimentales

Arenas Mendoza, Hugo Andres January 2011 (has links)
This Doctoral Thesis develops the illegal procedure delays in Spain, making a comparison with Italian system, which is more advanced in this matter and recently issued the Law 69 of 2009 on the damage delay. The illegal delays can be defined as a: “Postpone incurred by the Spanish Public Administration exceeding the term provided to decide, causing damages to the associates”. Currently at Spain, despite of the obligation of solving established in Article 42 of Law 30 of 1992, does not exist a truly liability when public authorities non fulfillment the term to provide and the citizens are defenseless against Administration’s inactivity.
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L'immagine della Cina nel pensiero giuridico dell'Europa del Settecento

Cardillo, Ivan January 2013 (has links)
Con il presente lavoro si cerca di ricostruire il dibattito sulla natura del sistema giuridico cinese che caratterizzò l'Europa nei secoli XVII e XVIII. Questo periodo lasciò in eredità un giudizio negativo, definendo il sistema giuridico cinese come un modello dispotico. Maggior artefice di tale conclusione è considerato Montesquieu, il quale dedicò molto tempo allo studio dell'esperienza giuridica cinese. Analizzando nel dettaglio i temi che coinvolsero il modello cinese, si scopre che questi non sono semplicemente luoghi della comparazione con un diverso sistema, ma sono momenti di riflessione critica sulla stessa tradizione giuridica europea. Ciò che si tenta di fare è di recuperare la complessità e le implicazioni di un tema che solo apparentemente sembra ridursi alla semplice circolazione di modelli. Per comprendere a pieno il giudizio europeo sul “modello cinese” bisogna storicizzare i princìpi coinvolti, e vedere come dialogano con le esigenze del loro tempo. Per avere un quadro d'insieme affianco tre campi di indagine: la cultura giuridica cinese ed il governo della dinastia Qing, ovvero della dinastia in diretto contatto con il mondo europeo; l'evoluzione del pensiero teologico ed in particolar modo le riforme protestanti; il pensiero giuridico settecentesco che traghetta le idee della prima modernità, ancora intrise di influenze medievali, fino alle esperienze della codificazione. Ciò permette di evitare le semplificazioni che fino ad ora hanno caratterizzato non pochi contributi scientifici. Molti sinologi, giuristi, ed esperti di storia della chiesa scontano un'incompletezza di fondo delle loro informazioni proprio per via di questa settorialità scientifica: settorialità dannosa per chi scrive nella misura in cui appiattisce il giudizio finale in una presa di posizione assoluta ed autoreferente. Indagare l'immagine della Cina in Europa è un atto di interpretazione che deve farsi carico di un dialogo interculturale fra intellettuali appartenenti a culture diverse, a campi del sapere diversi, e partecipi di una stagione di cambiamento religioso e politico. Si impone dunque una doppia comparazione, diacronica per sottolineare l'evoluzione di un pensiero, quello europeo, e al tempo stesso sincronica fra due culture giuridiche in un dato periodo storico. Da questa prospettiva l'immagine della Cina diventa poliedrica, destabilizzatrice della tradizione giuridica europea, e luogo di trasformazioni. La convinzione di chi scrive è che il dibattito sul modello cinese non è stato una mera espressione di un gusto orientaleggiante. Al contrario esso riflesse tutti gli elementi critici della modernità, divisa fra tradizione e tensione verso il futuro. La Cina rappresentò un'esperienza difficile da recepire, che poteva comportare una “rivoluzione” per il pensiero giuridico settecentesco. Il suo modello conduceva a conclusioni contraddittorie. Tutti gli esponenti delle varie scuole di pensiero occidentale potevano puntare le loro lenti sul mondo cinese e trovarvi esperienze a sostegno delle proprie tesi. Nel dialogo con la Cina si fa ricorso all'intera tradizione occidentale per comprendere questo o quell'aspetto del meraviglioso impero cinese (tentativo reso più arduo dalla carenza degli strumenti linguistici). La questione del dispotismo cinese diventa il punto di partenza per rimettere in discussione tutta una tradizione di pensiero. Il giudizio finale dunque non riguarda solamente l'impero cinese, ma riguarda la tradizione europea stessa. Infine il dibattito settecentesco sulla Cina è il dibattito precedente la Rivoluzione. Il rifiuto del modello cinese partecipa al rifiuto del ruolo della morale nell'ordinamento della società. A ciò seguiterà l'elogio della ragione e della legge come espressione di autorità e comando. Una migliore comprensione della Cina forse avrebbe permesso di recuperare diversamente il sistema di valori della tradizione ed evitare di cadere, nel tentativo di laicizzazione del pensiero giuridico, nella fede assoluta per il normativo.

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