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Francis Poulencs Elegie

Henriksson, Andreas January 2016 (has links)
No description available.
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Bilder im Wechsel der Töne Hölderlins Elegien und "Nachtgesänge"

Degner, Uta January 2007 (has links)
Zugl.: Berlin, Freie Univ., Diss., 2007
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Die Trauer- und Trostgedichte in der römischen Literatur, untersucht nach ihrer Topik und ihrem Motivschatz.

Esteve-Forriol, José, January 1962 (has links)
Inaug.-Diss.--Munich, 1962.
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Der elegische Esel Apuleius' Metamorphosen und Ovids Ars amatoria

Hindermann, Judith January 2008 (has links)
Zugl.: Basel, Univ., Diss., 2008
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Rilke in München: der Weg zur Abstraktion

Casellato, Anna 11 July 2022 (has links)
Il lavoro si propone di individuare il ruolo che Picasso ha assunto nelle scelte poetologico- estetiche del Rilke monacense. Esso chiarisce quindi il modo le opere del Picasso rosa e protocubista si sono inserite nel ragionamento rilkiano che culmina nella articolazione geometrica di quella lirica figurale tra mimesi e astrazione; in che modo l’impulso picassiano strutturi l’immaginario rilkiano nella pagina poetica e all’infuori di essa dando vita a una prassi dialogica volta alla ricostruzione del Se. Esso si propone inoltre die spiegare in che modo la dialettica picassiana della frammentazione – ricostruzione pittorica venga implementata nella nuova architettura di pensiero che troviamo nelle elegie, nel loro spazio visivo e visibile, dove sguardo poetico e sguardo pittorico s’integrano per dare voce a un dissidio interiore rimasto troppo a lungo nascosto. Il compromesso formale a cui Rilke si attiene nell’accettazione e nella rielaborazione poetica dei presupposti cubisti diventa quindi oggetto d’indagine. Il lavoro procede con un’ampia descrizione contestuale al fine di individuare spunti critici e figurativi che possono aver favorito l’assimilazione di principi picassiani nel tardo Rilke. Lo si è fatto limitatamente al campo filosofico tramite la figura di Rudolf Kassner. Segue una riflessione sui modelli pittorici successivi a Rodin, e sul confronto con le nuove linee proposte dall’avanguardia in cui si distingue un filtro poetico più maturo e consapevole. Il lavoro si concentra poi sul valore della possibile rielaborazione monacense di intuizioni figurative precedenti, considerando Wendung come soglia del cambiamento nel sentire, nel vedere, nella configurazione poetica di entrambi. Segue l’analisi di scambi epistolari monacensi in cui ricompaiono esperienze passate come il viaggio a Toledo, la stesura del Malte, l’affiorare di quel tanto cercato contatto con la cosa in sé e con la propria natura umana grazie a cui Rilke comprende come ciò che subito appare come limite può rivelarsi occasione di apertura verso nuove, essenziali, geometriche ma intense possibilità espressive della poesia. Il lavoro procede quindi con la ricerca di collegamenti tematici fra lirica rilkiana e opere pittoriche del 1914, soprattutto in relazione alla nuova visione in cui sono inserite. Topo presenti in Rudolf Kassner, Paul Klee, Cézanne, Wassily Kandinsky, e in contributi di Hausenstein e Worringer diventano immagini utili a identificare una soglia nella ricerca del sé e il suo superamento tramite la restituzione figurale della stessa all’interno di una costellazione geometrica, per poi ricongiungersi all’unità, al tutto tramite l’unica tecnica compositiva possibile, quella che tende all’astrazione. Alla luce della riflessione qui proposta si rivela impossibile stabilire una diretta corrispondenza tra elementi estetici e figurativi contestuali a Wendung e la lirica rilkiana dopo il ’14. Diventa possibile però individuare nella Quarta, Quinta e Decima Elegia una assimilazione graduale, una tendenza verso il geometrico che nel caso di Rilke è frutto di un dialogo costruttivo fra matrice e risultato; fra Monaco, dove Rilke trascorre gli anni della guerra e Parigi, sempre presente nel suo immaginario. Quella Parigi che rimane ricordo fertile, luogo della matrice cezanniana su cui vengono implementate le nuove intuizioni strutturali del costruttivismo formale cubista. Diventa possibile, inoltre, individuare un principio comune tra il modello compositivo sempre più astratto che propongono Klee e Kandinsky pre-Bauhaus, non estraneo al Picasso analitico, che Rilke non riconosce esplicitamente ma nemmeno contraddice. Si tratta della volontà di attuare un cambiamento nei presupposti del ragionamento estetico su cui si basa poi la rappresentazione visibile su tela o pagina poetica. La volontà di porre enfasi sulla giustapposizione di risultato e processo; realtà e nostra conoscenza di essa, i cui presupposti sono da rivedere in base a esigenze rappresentative contingenti. L’accettazione del fatto che il la soglia, il confine Io-Mondo, tra visibile e invisibile, tra ciò che posso conoscere e ciò che invece è solo lecito immaginare sulla base di un disegno geometrico e parlante, possa essere superato ma non possa essere definito. Esso rimane un’entità indescrivibile, luogo in cui ha luogo il gesto artistico, un una combinazione di movimento e contromovimento in eterno divenire. Un luogo che consente all’Io di comprendere il meccanismo senza divenire padrone degli elementi in esso coinvolti. Un luogo in cui il Ding, intermediario fra Io e mondo, appare frammentato ma ricomponibile. Un luogo in cui si rivela quella componente spirituale dell’umano con cui egli stesso aveva perso il contatto prima di accorgersi che la figura geometrica è il compromesso accettabile tra mimesi e astrazione. L’idea di un contorno riconoscibile, ma luogo di libera interazione fra interiorità e realtà, luogo della loro parità ontologica del gesto artistico moderno. Ciò che emerge inoltre è il contributo picassiano alla soluzione formale elaborata da Rilke tra ’15 e ’22, in quanto egli partecipa al percorso verso la ricostruzione dell’Io e della sua visione. Nella finalità analitica della frammentazione su tela trova la vera e consapevole ricostruzione. Il lavoro risulta suddiviso in quattro macro-sezioni, con ragionamenti giustapposti e considerati da prospettive molteplici. A fronte di riferimenti che si ripetono e si riposizionano, per essere poi ricomposti dal lettore in questo nuovo, fluido orizzonte culturale, si offre un quadro critico altrettanto dinamico e complesso. Anche a livello critico il lavoro restituisce quindi un’impostazione consapevolmente stabilita attorno agli estremi inconoscibili del gesto letterario moderno e a una riconoscibile ma più libera topografia poetica dell’Io. / Die vorliegende Arbeit ist das Ergebnis der Auseinandersetzung Rilkes mit der Abstraktionsfrage während seines Münchner Aufenthaltes. Mit dem Fokus auf Picasso behandelt die Arbeit den Einfluss der künstlerischen Avantgarde auf die ästhetisch-poetologischen Entscheidungen des späten Rilke. Mit besonderem Interesse an der Vierten, Fünften und Zehnten Elegie bestimmt diese Arbeit den Zusammenhang zwischen Picasso und der in der Rilke’schen Lyrik erkennbaren Neigung zur Geometrisierung. Auf welcheWeise haben Rosa und analytischeWerke des spanischen Malers Rilkes Gedankengang beeinflusst, als sich seine Dichtung neuer, geometrischer Konfigurationen bedient? Was für einen Beitrag leistet Picassos Malerei bei der Entstehung von Rilkes formalem Kompromiss zwischen Mimesis und Abstraktion? Inwiefern ist Rilkes figurale Lyrik der Münchner Zeit davon abhängig? Auf welche Weise strukturieren Picassos Gestaltungsantriebe die Vorstellungswelt Rilkes, und inwiefern generieren sie eine auf die Re-Komposition vom Ich und seine von der Kontingenz zerstörten Anschauung gerichtete, dialogische Praxis? Erweist sich Picassos kombinatorische Erkenntnisdialektik von analytischer Fragmentierung und hermeneutischer Rekonstruktion auf der malerischen Leinwand als wegweisend für die Darstellung der neuen, in München konzipierten Gedankenarchitektur Rilkes? Findet Picassos Vorbild eine erkennbare Implementierung in Rilkes Elegien? Unter welchen Aspekten können sie darauf sinnstiftend wirken? Können sie einem noch schwachen, dichterischen Wort Form verleihen und Gehör verschaffen? Wo liegt Rilkes Kompromissschwelle bei der kritischen Annahme solcher Voraussetzungen? Um solche Fragen zu beantworten, präsentiert diese Arbeit eine umfangreiche Beschreibung der kontextuellen, kritischen und figurativen Antriebe, welche die Assimilation von Picassos Gestaltungsprinzipien in den nach 1914 verfassten Elegien beeinflusst haben könnten. Rilkes Verhältnis mit dem eklektischen Philosophen Rudolf Kassner wie auch dessen physiognomische Lehre und Prinzip des Opfers werden als bedeutsame Elemente für Rilkes dichterische Wandlung herausgestellt. Mit kunsttheoretisch orientiertem Fokus schlägt die Arbeit eine Reflexion über jene malerischen Vorbilder vor, welche Rilkes Interesse nach seinem Aufenthalt in Paris bei Rodin erwecken. Die Analyse stellt Rilkes bewusste Auseinandersetzung mit den neuen Avantgarde-Kompositionsstrategien heraus. Ein Vergleich dieser neuen Strategien mit Rilkes vorherigen, figurativen Eingebungen zur Zeit der Fassung von Wendung (1914) in München verdeutlicht diesen dichterischen Wandel. Durch die Analyse von zahlreichen Briefwechseln und der in Rilkes Lebenschronik (Schnack) enthaltenen, biographischen und dichterischen Elemente lässt sich Wendung als kathartisches Erlebnis, welches Wahrnehmung und Anschauung betrifft, bezeichnen. Die neue, dichterische Konfiguration beider Aspekte lässt sich auch daraus herleiten. Darüber hinaus verzeichnen Briefwechsel mit Marie von Thurn und Taxis, Lou Andreas Salome und Lou Albert Lasard Rilkes Verarbeitung vergangener Erfahrungen wie die Toledo-Reise, die Malte-Fassung, den so angestrebten, geistigen Kontakt mit dem Ding an sich und mit jener scheinbar unannehmbaren, unverständlichen, menschlichen Natur. Aus der Analyse von Rilkes Schriftverkehr hebt sich die anfangs scheue, aber wachsende Überzeugung über eine der Anschauungsgrenze innewohnende, potenzielle Öffnung für neue, wesentliche, geometrische, aber geistig intensive Ausdrucks-Möglichkeiten der Dichtung. Die Arbeit studiert mögliche, thematische Zusammenhänge zwischen der Lyrik Rilkes und einiger malerischer Werke, die in der Kriegszeit geschaffen wurden. Der wegweisende Charakter dieser Werke bei der kritischen Reflexion über Voraussetzungen und Schlussfolgerungen von Rilkes Umkehr besteht in ihrer Zugehörigkeit zu einer neuen Gedankenanschauung, welche die Avantgardezeit charakterisiert. Motivisch ähnliche Verweise lassen sich inWerken von Rudolf Kassner, Paul Klee, Cézanne,Wassily Kandinsky sowie in kritischen Beiträgen von Hausenstein und Worringer erkennen. Die strukturellen Gemeinsamkeiten und der Einfluss dieser Werke auf die Poetik Rilkes werden durch ihre Thematisierung der Ich-Suche und Ich-Überwindung deutlich. Diesen philosophischen Konflikt präsentieren sie mitunter durch figurale, geometrische Konstellationen. Sie weisen außerdem auf eine noch mögliche Zusammenführung von dem Ich mit jenem Ganzen hin. Eine solche Ausdehnung auf der wahrnehmenden sowie auf der begrifflichen Ebene ist nur abstrakt durchführbar. Die Analyse stellt heraus, dass es keine unmittelbare Entsprechung zwischen jenen ästhetischen, figurativen und kontextuellen Elementen aus dem Gedicht Wendung und der nach dem Jahr 1914 erschaffenen Lyrik Rilkes gibt. Eine graduelle Assimilation der Neigung zur geometrischen Darstellung in der Vierten, Fünften und Zehnten Elegie Rilkes lässt sich aber erkennen. Sie erweist sich als Ergebnis eines konstruktiven Dialogs zwischen Matrix und Resultat; zwischen München, wo sich Rilke zur Kriegszeit aufhielt, und Paris. Diese Stadt gestaltet immer noch Rilkes Vorstellungswelt; sie stellt die nie vergessene, ästhetische und ethische Lehre Cézannes dar. Sie stellt den Keim dar, aus dem die neuen, strukturellen Eingebungen der Avantgarde gediehen. Unter solchen formalen Vorschlägen wird Picassos formaler, kubistischer Konstruktivismus betrachtet. Darüber hinaus stellt der Vergleich zwischen immer abstrakteren Kompositionsvorbildern von Klee und Kandinsky ein gemeinsames, strukturelles Merkmal heraus, welchen auch Picasso in seinen Werken vermittelt. Rilke erkennt die Gegenwart ähnlicher struktureller Züge in ihrer ästhetischen Vision und in ihren Werken explizit nicht, aber er widerspricht ihr auch nicht. Was diese drei Avantgarde-Maler gemeinsam haben, bevor sie sich radikal abstrakteren Darstellungen widmen, hängt mit demWunsch zusammen, die dem ästhetischen Gedankengang innewohnenden Voraussetzungen, auf denen die sichtbare, malerische oder dichterische Komposition beruht, zu verändern. Bauhaus-Zeit und synthetischer Kubismus werden die radikalsten Entwicklungen einer figuralen Tendenz, die Resultat und Prozess sowie Realität und unsere Kenntnis davon nebeneinanderstellen. Künstlerische Intention und formale Antwort von Klee und Kandinsky variieren je nach individuellen Darstellungsbedürfnissen. Solche Kompositionsvorbilder beeinflussen Rilkes Verständnis des Schwellenbegriffs und dessen Anwendung bei der Formulierung der ewigen Fragen nach der künstlerischen Darstellung und ihrem Objekt. Diese Schwelle ermöglicht die flexible und durchlässige Unterscheidung zwischen Sichtbarem und Unsichtbarem, zwischen Erkennbarem und dem mithilfe einer geometrischen, sprechenden Kontur Vorstellbarem. Diese Schwelle, so merkt Rilke bei dem kritischen Vergleich mit den Avantgardetheorien, kann er überwinden, aber nie eindeutig definieren. Diese Grenze bleibt eine unbeschreibbare Entität, auf der die künstlerische Gebärde stattfindet. Die Kombination von Bewegung und Gegenbewegung zeigt das ewige Werden der Welt. Die Schwelle erlaubt dem Ich, diesen irdischen Mechanismus zu begreifen, ohne die davon betroffenen Elemente zu beherrschen. Auf dieser Sichtbarkeitsschwelle wird Rilke auf die dingliche Zerlegung aufmerksam, aber zugleich bemerkt er dessen konstruktive Natur. Durch diese seit Wendung anerkannte Grenze des Anschauens zeigt sich dem Dichter erneut jene geistige Komponente des Menschlichen, zu welcher er zuvor den Kontakt verloren hatte. Die frühe Avantgarde-Kunst lässt Rilke erkennen, dass die geometrische Figur den annehmbaren Kompromiss zwischen Mimesis und Abstraktion darstellen kann. Der Kontakt mit solcher Avantgarde-Kunst beeinflusst Rilke bei der Annahme ihrer Voraussetzungen. Aus struktureller Sicht lassen sich die neuen Kompositionsvorbilder bereits in dem von Cézanne gezeichneten Rahmen erkennen. Die Vorstellung eines erkennbaren Umrisses hängt mit dem einer freien Interaktion zwischen Innerlichkeit und Realität zusammen, welche die Avantgarde-Kunst auf der Leinwand explizit macht. Rilke transponiert diese Vorstellung in seine Elegien. Der Umriss stellt eine neue Linie des gnoseologischen Horizontes dar, welche sich in der Moderne verschoben hat; er wird zum Ort einer bereits von Cézanne bezeichneten, ontologischen Gleichheit zwischen Innen und Außen sowie zwischen Subjekt und Objekt der Darstellung. Das Ding bleibt übrigens unentbehrlicher Vermittler von einem neuen Verhältnis mit dem Ganzen, das die Malte-Krise zuvor zerstört hatte. Picasso leistet seinen Beitrag zur Verarbeitung der formalen Lösung Rilkes zwischen 1915 und 1922; er nimmt an seiner Suche nach der eigenen Rekonstruktion teil. Durch die Zerlegung auf der Leinwand beabsichtigte der Maler die wahre und bewusste Rekonstruktion seiner Anschauung. Diese Arbeit ist in vier Abschnitte unterteilt. Im ersten Kapitel wird ein Überblick über die historisch-kontextuellen Elemente gegeben, welche die Entwicklung von dem schöpferischen Akt Rilkes geprägt haben. Mit besonderem Augenmerk auf die Figur Kassners wird dem Leser eine Übersicht über das Münchner Milieu präsentiert. Das zweite Kapitel widmet sich der Beschreibung jener zur Kriegszeit verbreiteten Gestaltungsprinzipien und Theorien, mit denen Rilke in Kontakt getreten sein könnte. Das dritte Kapitel fokussiert sich auf die Voraussetzungen für seine Herzpoetik, welche sich mit diesen formalen Antrieben in einer ontologisch neuen Auffassung kombiniert haben. Das vierte Kapitel beschriebt Rilkes dichterische Schlussfolgerungen, welche aus dem produktiven Vergleich zwischen Tradition und Avantgarde entstanden. Beobachtungen über Themen und Strukturen der Münchner Elegien1 werden im Laufe der Arbeit mehrperspektivisch in Betracht gezogen und kritisch verglichen. Beim Hervorheben von Berührungspunkten und Unterschieden zwischen Rilke und der Avantgarde weist die Arbeit auf die Besonderheiten von Rilkes Weg zur Abstraktion hin und vermittelt Vorkenntnisse und neue Vorschläge in einem facettierten, undefinierbaren, kritischen Rahmen. Das Wesen der illustrierten, ästhetischen Reflexion ist, wie die von Cézanne bezeichnete Kontur der Dinge, flüssig und schillernd. Die Wiedergabe einer scheinbar fragmentierten Gedankenstruktur, in der sich Hinweise in dem Gewissen des Leser ständig neu aufstellen, fordert vom Leser selbst eine Rekonstruktion des kulturellen Horizonts, welcher für Kassner physiognomische Züge trägt und sich als sichtbarer Ausgangspunkt und als Wiederkehr des modernen Ichs vorstellt. Diese Arbeit sondiert die bisher unerforschte Begründungen, welche zur Rilkes Annahme des analytischen, kubistischen Gerüsts geführt haben.Mit der Absicht, die Gefahr steriler, formalen Klassifizierungen abzuwenden, wird in dieser Arbeit Rilkes ganz persönliches und reifes Wahrnehmungsvermögen bei der Münchner Zeit wiedergegeben. Ein breites Diskurs zwischen Dichtung und Malerei wird anhand der Hauptfiguren der ersten Avantgardezeit geführt, um die Genese eines zwischen Wort und Bild entstehenden literarischen Akt zu illustrieren. Auf der durchlässigen Grenze zwischen dieser künstlerischen Bereichen beruht die zwischen Picassos Saltimbanques und Rilkes Fünfter Elegie auftauchenden Kenntnisdialektik.
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Politik der kleinen Form

Mateo Decabo, Eva Maria 02 May 2019 (has links)
Im Mittelpunkt der Dissertation „Politik der kleinen Form“ steht die Frage nach der Politizität ‚kleiner‘ Formen in augusteischer Zeit: also der sogenannten Liebeselegie des Properz, Tibull und Ovid sowie der erotischen Dichtung des Horaz. Auf der Grundlage einer Analyse der Gattungs- und Formpolitik ihrer Paraklausithyra und Recusationes wird eine neue Interpretation aufgezeigt. Jenseits von inhaltszentrierten Lesarten, die immer nur den Subversions- oder Affirmationscharakter von Literatur herausarbeiten, schlägt diese Dissertation einen dritten Weg vor: den der Ambivalenz und des Paradoxons. / At the centre of the dissertation „The Politics of Small Forms“ is the question of the politicity of ‘small forms’ in Augustan times: of the so-called love elegy of Propertius, Tibullus and Ovid as well as of the erotic poetry of Horace. On the basis of an analysis of the genre and form politics of their paraclausithyra and recusationes a new interpretation is pointed out. Beyond content-centered readings, which work out either the subversive or the affirmative character of literature, this dissertation suggests a third way: that of ambivalence and paradox.
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In soft Complaints no longer ease I find

Blackmore, Sabine 30 March 2015 (has links)
Diese Dissertation untersucht die verschiedenen Konstruktionen poetischer Selbstrepräsentationen durch Melancholie in Gedichten englischer Autorinnen des frühen 18. Jahrhunderts (ca. 1680-1750). Die vielfältigen Gedichte stammen von repräsentativen lyrischer Autorinnen dieser Epoche, z.B. Anne Wharton, Anne Finch, Elizabeth Singer Rowe, Henrietta Knight, Elizabeth Carter, Mary Leapor, Mary Chudleigh, Mehetabel Wright und Elizabeth Boyd. Vor einem ausführlichen medizinhistorischen Hintergrund, der die Ablösung der Humoralpathologie durch die Nerven und die daraus resultierende Neupositionierung von Frauen als Melancholikerinnen untersucht, rekurriert die Arbeit auf die Zusammenhänge von Medizin und Literatur im 18. Jahrhundert. Für die Gedichtanalysen werden gezielt Analysekategorien und zwei Typen poetisch-melancholischer Selbstrepräsentationen entwickelt und dann für die Close Readings der Texte eingesetzt. Die Auswahl der Gedicht umfasst sowohl Texte, die auf generisch standardisierte Marker der Melancholie verweisen, als auch Texte, die eine hauptsächlich die melancholische Erfahrung inszenieren, ohne dabei zwangsläufig explizit auf die genretypischen Marker zurück zu greifen. Die detaillierten Close Readings der Gedichte zeigen die oftmals ambivalenten Strategien der poetisch-melancholischen Selbstkonstruktionen der Sprecherinnen in den Gedichttexten und demonstrieren deutlich, dass – entgegen der vorherrschenden kritischen Meinung – auch Autorinnen dieser Epoche zum literarischen Melancholiediskurs beigetragen haben. Die Arbeit legt ein besonderes Augenmerk auf die sog. weibliche Elegie und ihrem Verhältnis zur Melancholie. Dabei wird deutlich, dass gerade Trauer, die oftmals als weiblich konnotierte Gegendiskurs zur männlich konnotierten genialischen Melancholie wahrgenommen wird, und die daraus folgende Elegie von Frauen als wichtiger literarischer Raum für melancholische Dichtung genutzt wurde und somit als Teil des literarischen Melancholiediskurses dient. / This thesis analyses different constructions of poetic self-representations through melancholy in poems written by early eighteenth-century women writers (ca. 1680-1750). The selection of poems includes texts written by representative poets such as Anne Wharton, Anne Finch, Elizabeth Singer Rowe, Henrietta Knight, Elizabeth Carter, Mary Leapor, Mary Chudleigh, Mehetabel Wright und Elizabeth Boyd. Against the background of a detailed analysis of the medical-historical paradigmatic change from humoral pathology to the nerves and the subsequent re-positioning of women as melancholics, the thesis refers to the close relationship of medicine and literature during the eighteenth century. Specifical categories of analysis and two different types of melancholic-poetic self-representations are developed, in order to support the close readings of the literary texts. These poems comprise both texts, which explicitly refer to generically standardized melancholy markers, as well as texts, which negotiate and aestheticize the melancholic experience without necessarily mentioning melancholy. The detailed close readings of the poems discuss the often ambivalent strategies of the poetic speakers to construct and represent their melancholic selves and clearly demonstrate that women writers of that time did – despite the common critical opinion – contribute to the literary discourse of melancholy. The thesis pays special attention to the so-called female elegy and its relationship to melancholy. It becomes clear that mourning and grief, which have often been considered a feminine counter-discourse to the discourse of melancholy as sign of the male intellectual and/or artistic genius, and the resulting female elegy offer an important literary space for women writers and their melancholy poetry, which should thus be recognized as a distinctive part of the literary discourse of melancholy.

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