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Thomas Stanley, editore di Eschilo

Tedeschi, Chiara January 2011 (has links)
A survey on Thomas Stanley's Aeschylus edition, his sources and his philological work.
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Docmi κατά σχέσιν in Eschilo

Andreatta, Luisa January 2010 (has links)
The first part of this survey analyzes theories: the ancient doctrine and modern interpretations about dochmiac; the evidence on poems in responsion, the treatment by scholars, from 19th century on, of free responsions and other recent interpretations of this apparent licence; the problem of hiatus and brevis longo in dochmiacs. In the second part I analyzed strophic dochmiacs in the Persians, the Seven against Thebes, the Supplicants, Agamemnon, Coephores, Eumenides, Prometheus and the astrophic dochmiac of Pr. 425 ff. and Cho. 961-964. Finally I made up two Appendixes (index of responsions and index of the keywords). As far as colometry is concerned, I checked on microfilms or by means of digitally photographic reproductions the main manuscripts of the Oresteia: the Mediceus, the so-called prototriclinians and Demetrius Tricliniusâ s autograph (T), which is the ultimate achievement of the recensio made by this scholar on the text of Aeschylus. The Suppliants and the Coephores are trasmitted by a codex unicus. The Byzantine triad is handed down by more than one hundred of manuscripts: I saw the most important (MTGFVIRaQLK) for the Seven; I checked the Persians on MTGF, whereas for Prometheus I controlled the colometry of the Mediceus, but I extended my collation as to include other manuscripts in some cases, since dochmiacs are generally organized in compact structures (â systemsâ ), so that we can quite confidently rely on vulgate colometry, which often goes back to G. Hermann.
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Il giallo italiano 1980-2010. Le tendenze di un genere in rapporto con la realtà contemporanea. / Il giallo italiano 1980-2010. Le tendenze di un genere in rapporto con la realtà contemporanea / The Italian crime novel from 1980 to 2010. The trends of a literary gender in relationship with the contemporary events.

GARAVELLI, BIANCA MARIA 05 March 2012 (has links)
In Italia il genere “giallo”, definibile anche “poliziesco”, “thriller”, e ultimamente “noir”, fra il ventennio conclusivo del Novecento e il primo decennio del Duemila mostra interessanti linee evolutive, che si collegano con i flussi della storia recente e le paure di fine millennio. Da un lato si assiste all’affermarsi del “giallo metropolitano”, cioè al proliferare di scrittori che si legano alla propria città, d’origine o di elezione, in particolare con Milano, che conquista la palma di città più “nera” d’Italia; dall’altro al consolidarsi del legame fra autori e territori più vasti, tanto da poter parlare di un nuovo regionalismo “giallo”. Ma la novità più interessante consiste nell’entrata in scena di nuovi aspetti: la fusione con elementi propri della fantascienza, o addirittura fantastici, che colorano il giallo di una sfumatura soprannaturale, tra commissari che sentono i pensieri delle vittime di omicidio, o hanno visioni mistiche, e assassini guidati dal sussurro del diavolo. Il giallo storico presenta a sua volta tutti questi aspetti, mostrando come l’ambientazione storica diventi spesso un pretesto per mettere in scena i problemi del presente. / In Italy the crime novel, that can be also defined “detective story”, “thriller”, or more recently “noir”, between the last twenty years of Twentieth century and the first decade of Two Thousand, shows an interesting evolution, that can handle with some recent historical events, or can be linked with the end of Millennium fears. On the one hand, we can see the rise of “metropolitan crime novel”, in which many writers set their novels always in the same city, their native one or the city in which they live; Milan is the most important in this list and wins the prize of “crime city” in Italy. On the other hand, many novelists establish a strong relationship with their own region, creating a new “crime” regionalism. The most interesting trend is that science fiction and supernatural events enter the crime novel, with policemen that can hear the thoughts of the victims, or have mystic visions, and killers that are guided by a whispering devil. All these aspects appear also in the historical crime novel, that shows how history is often a sort of pretext to stage some problems of the current society.
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Il corpo nell'opera di Francesco d'Assisi e di Iacopone da Todi

Sanson, Manuela January 2011 (has links)
La visione di un universo permeato dalla gloria di Dio che Francesco d’Assisi sviluppa nel Cantico di frate sole e nelle sue opere latine, e che risulta anche dalle testimonianze dei primi biografi, è stata interpretata da vari studiosi (Duby, Manselli, Pasero) come un implicito rovesciamento della concezione catara secondo cui il mondo non è stato creato dal Dio celeste, ma da un demiurgo malvagio. A prima vista, la concezione del corpo e della creazione materiale che emerge dall’opera poetica del francescano Iacopone da Todi si trova agli antipodi di quella del santo. Giovanni Pozzi ha osservato come nelle Laude sia assente “qualsiasi valutazione del creato come entità recante l’impronta divina”; ma, lungi dal comportare un dualismo ontologico di tipo “gnostico”, come quello dei catari, questo atteggiamento va ricollegato secondo lo studioso svizzero alla tradizione dell’ascetismo cristiano, e in particolare al linguaggio del “disprezzo” del corpo e del mondo che verso la fine del secolo XIII aveva trovato una delle sue espressioni più violente ed efficaci nel De contemptu mundi di Lotario di Segni, il futuro papa Innocenzo III. Queste lucide considerazioni non mancano tuttavia di porre una serie di problemi storici ed ermeneutici che appaiono decisivi per una corretta comprensione delle opere letterarie dei due primi grandi scrittori religiosi della nostra letteratura: qual è il rapporto fra la concezione francescana del corpo (e più in generale del mondo materiale) e la riflessione cristiana dei secoli precedenti su questi temi? In particolare, come si può situarla rispetto ai grandi filoni teologici del XII e del XIII secolo: mistica cisterciense e vittorina, pensiero ascetico, eresia catara? E quali sono i rapporti fra la concezione di Francesco e quella che si delinea con straordinario vigore lirico nelle Laude di Iacopone? Quali sono i modelli del poeta di Todi? Fra i due grandi scrittori mistici e ascetici del Duecento italiano vi è realmente, a proposito della visione del corpo e della corporeità, radicale opposizione? Oppure possono essere individuati anche punti di contatto, elementi di continuità o di mediazione? E come si spiegano degli atteggiamenti così diversi nel fondatore e in uno dei primi grandi seguaci del movimento francescano? A questi, ed ad altri più puntuali interrogativi si è cercato di rispondere nel presente lavoro. Per giungere a risposte motivate e convincenti, si è ritenuto necessario partire da un approfondito esame delle concezioni del corpo e della materia nella tradizione del pensiero cristiano fino al Duecento. In particolare, sono apparse di fondamentale importanza le correnti teologiche del secolo precedente, il XII, correnti il cui influsso nella concezione del mondo di Francesco e di Iacopone appare determinante. Nella prima parte della tesi, abbiamo così dedicato un capitolo alla tematica del contemptus mundi quale è sviluppata nel grande trattato di Lotario di Segni. In un secondo capitolo è studiata la complessa – e talvolta almeno apparentemente contraddittoria – concezione del corpo e delle realtà materiali nelle due maggiori correnti della teologia mistica nel XII secolo, quella cisterciense e quella vittorina, alle quali si rifarà direttamente anche il francescano Bonaventura da Bagnoregio. Inoltre, si è ritenuto necessario studiare in maniera approfondita le dottrine eterodosse dei catari, che ebbero certamente un grande peso – come si è accennato – nella riflessione cristiana di questo periodo sul corpo e sulla materia. A partire da queste premesse dottrinali – che sono state spesso trascurate o sottovalutate dai filologi, ma alle quali la critica più recente incomincia a dedicare la dovuta attenzione – nella seconda parte della tesi abbiamo sottoposto a una accurata analisi la concezione e la rappresentazione del corpo, e della “corporeità” in generale, nelle opere italiane e latine di Francesco d’Assisi e di Iacopone da Todi. Ne sono derivate conclusioni molto più articolate e sfumate di quanto possa far pensare una lettura superficiale dei loro testi: gli stretti rapporti che si possono osservare in entrambi gli autori con la precedente tradizione ascetica e mistica valgono a mettere in luce tutta una serie di rapporti profondi fra di loro, specialmente intorno al nodo cruciale del corpo di Cristo. E questo vale, a nostro parere, a far risaltare ancor meglio gli aspetti originali dei testi maggiori di Francesco e di Iacopone, a farci gustare appieno la loro “poesia del corpo”.
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Il discorso straviato: Stefano D'Arrigo e il romanzo del Novecento

Biagi, Daria January 2013 (has links)
La tesi nasce come indagine intorno allo scrittore siciliano Stefano D'Arrigo e alla sua opera principale, il romanzo "Horcynus Orca" (1975). Situandosi nel punto di intersezione tra diverse linee chiave del Novecento – dalla riflessione sulle possibilità comunicative della lingua fino al problema della rielaborazione del trauma bellico – l'opera darrighiana connette strettamente il contesto italiano a quello sovranazionale: nonostante "Horcynus Orca" sia stato più volte associato alle grandi narrazioni novecentesche e ai nomi di autori come Joyce o Proust, tuttavia, raramente è stato analizzato nei suoi effettivi legami con il panorama letterario internazionale. La ricerca riconsidera dunque le caratteristiche dell'opera seguendo un percorso che, in linea con le esperienze biografico-letterarie dell'autore, inizia con Hölderlin (il «poeta ingrato», oggetto della tesi di laurea di D'Arrigo nel 1942), passa per i modernisti americani (Melville e Faulkner soprattutto, autori di riferimento per i romanzieri del dopoguerra italiano) e giunge fino a Gogol' (da cui D'Arrigo trae il suo primo romanzo, "Il venditore di anime morte", rimasto inedito). L'analisi mantiene una stretta correlazione tra il piano delle scelte stilistiche e quello dello sviluppo narrativo delle opere, ponendo al centro la domanda intorno alle possibilità di significazione della parola letteraria e alla sua legittimità. D'Arrigo rientra nel novero degli scrittori contemporanei che avvertono, per la prima volta, il senso dell'inadeguatezza del loro strumento, la lingua, e praticano la letteratura in un contesto di sfiducia ignoto ai loro predecessori: la figura di Hölderlin mostra come questa riflessione derivi dall'attraversamento della tradizione europea più che dall'influenza del coevo romanzo sperimentale, rispetto al quale D'Arrigo aveva sempre dichiarato la propria estraneità. Se il romanzo “straviato” – aggettivo che D'Arrigo mutua dai racconti di Raffaello Brignetti – nasce dall'esperienza di una crisi, non è con la provocatorietà delle avanguardie né con il silenzio attonito della “letteratura dell'incomunicabilità” che D'Arrigo intende reagirvi. L'influenza del romanzo epico-popolare, segnalata dalla presenza di Gogol', mostra di avere un peso significativo nell'indirizzare la poetica darrighiana verso una visione della letteratura che abbandona il desiderio di risalire alla parola intatta del passato e si serve degli effetti babelici della lingua come di una risorsa narrativa. L'opera di D'Arrigo può dunque essere considerata un esempio di questa diversa risposta alla crisi della parola letteraria, una risposta più tarda, che matura nel romanzo del pieno Novecento e contrariamente alla sua fama di “mostruosità” trae linfa dal sostegno della tradizione.
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Negativi di memoria. La rappresentazione del trauma nel romanzo del Novecento. Samuel Beckett, Georges Perec, Agota Kristof / Negatives of memory. The representation of trauma in the 20th-century novel. Samuel Beckett, Georges Perec, Agota Kristof

Branchini, Rachele <1986> 15 May 2015 (has links)
Oggetto di questa tesi è l’analisi delle modalità di rappresentazione del trauma nel romanzo del Novecento e, in particolare, nelle opere di Samuel Beckett, Georges Perec e Agota Kristof. Fondamento dello studio sarà una disamina dei procedimenti linguistici e narrativi di rappresentazione del trauma nelle prose degli autori citati, al fine tracciare le linee di un’estetica in grado di descrivere le caratteristiche peculiari delle narrazioni in cui la dimensione antinarrativa della memoria traumatica assume il ruolo di principio estetico guida. L’analisi si soffermerà sulla cruciale relazione esistente, in tutti e tre gli autori, tra rappresentazione del trauma e sviluppo di strategie narrativi definibili come “denegative”. L’analisi dei testi letterari è condotta sulla base del corpus critico dei Trauma Studies, dell’ermeneutica della narrazione di stampo ricœuriano e della teoria del linguaggio psicoanalitica e affiancata, ove possibile, da uno studio filologico-genetico dei materiali d’autore. Alla luce di tali premesse, intendo rivalutare il carattere rappresentativo e testimoniale della letteratura del secolo scorso, in contrasto con la consuetudine a vedere nel romanzo novecentesco il trionfo dell’antimimesi e il declino del racconto. Dal momento che le narrazioni traumatiche si costruiscono intorno e attraverso i vuoti di linguaggio, la tesi è che siano proprio questi vuoti linguistici e narrativi (amnesie, acronie, afasie, lapsus, omissioni e mancanze ancora più sofisticate come nel caso di Perec) a rappresentare, in modo mimetico, la realtà apparentemente inaccessibile del trauma. Si tenterà di dimostrare come questi nuovi canoni di rappresentazione non denuncino l’impossibilità del racconto, bensì una sfida al silenzio, celata in più sottili e complesse convenzioni narrative, le quali mantengono un rapporto di filiazione indiretto − per una via che potremmo definire denegativa − con quelle del romanzo tradizionale. / The aim of this research is the analysis of the forms of representation of trauma in 20th century novel, in particular in the work of Samuel Beckett, Georges Perec and Agota Kristof. The core of the analysis is the examination of the linguistic and narrative processes of representation of trauma in the proses of the aforementioned authors, in order to define aesthetical categories able to describe the particular features of narratives whose leading aesthetic principle is the anti-narrative dimension of the traumatic memory. The analysis will dwell on the crucial relationship – vital in all three authors – between representation of trauma and development of narrative strategies that can be defined as ‘denegative’. The theoretical bases for the analysis of the literary texts are the anti-narrative theories of the traumatic memory, along with Ricœur’s hermeneutics of narrative and the Psychoanalytical theory of language. Where possible, this is paralleled by a philological and genetic study of authorial manuscripts. In contrast with the prevailing view that, in 20th century novel, sees the triumph of anti-mimesis and the decline of the story, I seek to reassess the representative and testimonial character of 20th century literature. Since traumatic narratives are built by and hinge on gaps of language, my contention is that these gaps of language (amnesia, achrony, aphasia, Freudian slips, omissions and more articulated losses, as in Perec’s case) do in fact represent, mimetically, the apparently inaccessible reality of trauma. These new canons of representation do not state the impossibility of narrative; on the contrary they represent a challenge to silence, an attempt hidden in sharper and more complicated narrative conventions that keep a relationship of indirect origin with the conventions of the traditional novel – in a way that one could call ‘denegative’.
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Oltre il postmodernismo: L'opera di David Foster Wallace tra autoriflessivita' e realismo / Beyond postmodernism: The artwork of David Foster Wallace between self-reflexivity and realism

Tedesco, Alessandra <1984> 15 May 2015 (has links)
La presente ricerca si propone di delineare un orizzonte critico e filosofico che permetta di ridefinire il concetto di postmodernismo in America alla fine del XX secolo e, a partire dagli anni Novanta del Novecento, il tentativo di un suo superamento da parte della letteratura contemporanea. L’analisi si focalizza sull’opera dello scrittore David Foster Wallace che esemplifica le contraddizioni interne al postmodernismo e mostra il passaggio cruciale dal postmodernismo a una non-ancora-ben-definita letteratura contemporanea. Muovendosi in un’ottica interdisciplinare e comparata, la tesi si propone di mostrare come Wallace, riprendendo la metariflessività e alcune opere di scrittori postmodernisti, tenti un atto di liberazione dalle convenzioni postmoderne attraverso un «postmodern founders’ patricidal work»: un “parricidio” letterario, prima di accettazione e poi di superamento. Attraverso un percorso tematico, nonché strutturale, si cercherà dunque di porre in rilievo il recupero del realismo da parte di Wallace che, seppur nel suo breve periodo compositivo, rappresenta questa nuova direzione della letteratura americana. / This dissertation aims to redefine the concept of postmodernism in America in the late Twentieth century and – since the Nineties of the Twentieth century – the attempt of “next literary rebels” to overcome it. Therefore, the thesis examines the critical and philosophical horizons of postmodernism and the investigation focuses on the work of David Foster Wallace, who exemplifies the contradictions within postmodernism and shows the critical transition from postmodernism to a not-yet-well-defined contemporary literature. Under an interdisciplinary and comparative approach, this thesis aims to show how Wallace tries an act of liberation from the postmodern conventions through a “postmodern founders’ patricidal work”, a literary “patricide” by means of metafiction and intertextuality. With a thematic and structural analysis, this work emphasizes the recovery of realism by Wallace’s works that epitomizes and exemplifies this new direction of American literature.
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Métamorphoses de l'Image des Tartares dans la littérature européenne du XXème siècle / Metamorphosis of the Image of Tartars in European Literature of the 20th Century / Metamorfosi dell'immagine dei Tartari nella letteratura europea del '900

De Bonis, Benedetta <1986> January 1900 (has links)
Ce travail doctoral analyse le changement de l’image des Tartares dans la littérature européenne en langue allemande, anglaise, française et italienne du XXe siècle par l’étude de trois figures : la horde mongole, Gengis-khan et Khoubilaï-khan. Il soutient la thèse que, grâce à quelques facteurs historico-culturels comme la remise en question du concept de barbarie, l’essor des totalitarismes, l’ouverture de la Mongolie vers l’Occident, la redécouverte de l’Histoire secrète des Mongols et la fortune de Le divisament dou monde, au cours du XXe siècle, l’image littéraire des gengiskhanides de négative devient positive. Cette étude se compose d’une introduction, de trois chapitres et d’une conclusion. Dans l’introduction, on analyse la formation de l’image des Tartares et son évolution jusqu’à la fin du XIXe siècle, on retrace les facteurs historico-culturels qui la remettent au goût du jour et en provoquent le changement au XXe siècle et on présente le travail. Dans le premier chapitre, on se penche sur la prosopographie des Tartares dans les textes littéraires du XXe siècle, en la confrontant avec leur représentation dans l’art contemporain. Dans le deuxième chapitre, on étudie la façon des Tartares de se rapporter aux autres au sein de la société dans les textes littéraires du XXe siècle. Dans le troisième chapitre, on examine les lieux des gengiskhanides dans les textes littéraires du XXe siècle. Enfin, dans la conclusion, les données acquises au moyen de l’analyse conduite sont confrontées et interprétées. Le changement de l’image des Tartares va de pair avec une Europe qui, après avoir fait l’expérience de deux guerres mondiales, avoir assisté aux revendications de la décolonisation et avoir introjecté la thèse freudienne du « malaise dans la civilisation », remet en discussion sa façon de concevoir la barbarie et l’Altérité. / The aim of this doctoral dissertation is to analyse the evolution of the image of Tartars in European literature in German, English, French and Italian language of the Twentieth century through the study of three figures: the Mongolian horde, Gengis-khan and Khoubilaï-khan. It advances the thesis that, with the help of some historical and cultural factors during the Twentieth century such as the transformation of the concept of barbarity, the rise of totalitarianisms, the opening of Mongolia to the West, the rediscovery of the Secret History of the Mongols and the fortune of Le divisament dou monde, the literary image of Gengis-khan and his following turns from negative to positive. This case study is comprised of an introduction, three chapters and a concluding statement. In the introduction, we analyse the birth of the image of the Tartars and its evolution up until the end of the Nineteenth century, we define the historical and cultural factors that caused the shift of its meaning and present the work. In the first chapter, we take into consideration the portrayal of Tartars in Twentieth century literature, comparing it with the manner they were represented in contemporary art. In the following chapter, we analyse the way Tartars interacted with others in society through Twentieth century literary texts. Said texts are presented again in the final chapter, in which they are yet again used to study the locations in which Tartars roamed. Finally, the data acquired from these studies is compared and interpreted. The change for the better of the Tartars’ image goes hand in hand with a new Europe which, after having been through two worldwide wars, having witnessed the claims of decolonization and after having digested the Freudian concept of « civilisation and its discontents », rethinks its own concept of barbarity and Otherness.
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Ontologies du sujet: Proust, Joyce et Kafka narrateurs modernistes / The Ontologies of the Subject : Proust, Joyce and Kafka as Modernist Narrators / Ontologie del soggetto : Proust, Joyce e Kafka narratori modernisti

Rossi, Raffaello <1984> 07 June 2016 (has links)
Cette thèse se propose d’éclaircir des aspects communs au développement des genres narratifs dans la phase du modernisme européen autour de la Première Guerre mondiale à travers l’analyse comparée des œuvres et des projets littéraires de Marcel Proust, Franz Kafka et James Joyce. La démarche comparatiste se construit autour d’une réflexion sur les fonctions de la littérature dans le cadre de la modernité et du rapport au passé culturel, de la transformation des différentes instances subjectives opérant au niveau de l’autoreprésentation de l’écrivain et des personnages, ainsi que des différents aspects de la crise, de sa problématisation et enfin des déplacements de la notion d’expérience dans sa configuration narrative. Une pluralité de méthodes et des approches théoriques en est venue à s’imposer, allant de l’histoire des genres littéraires à la critique philosophique, de la perspective sociologique sur les processus de transformation opérant à l’échelle globale jusqu’aux propositions les plus récentes dans le champ des études modernistes. Chaque pôle thématique est ainsi traité selon sa spécificité mais aussi comme un élément paradigmatique commun aux auteurs examinés, utile à la compréhension du modernisme narratif. L’hypothèse à la base du présent travail concerne donc un lieu commun de la critique contemporaine, à savoir l’idée que la littérature au XXe siècle est marquée par une discontinuité nette face aux pratiques narratives du siècle précédent. Quelques fondements de ce principe sont remis en question, notamment concernant les concepts d’autonomie esthétique et celui de réalisme. Nous cherchons à comprendre de quelle manière ces idées, développées au cours du XIXe siècle, fournissent au modernisme les critères de vérité en lui permettant de créer une nouvelle perspective existentielle de l’œuvre comme explication subjective du monde, que nous proposerons d’appeler « ontologie du sujet ». / This research project focuses on some aspects in the development of modernist narratives before and immediately after World War I, through the analysis of literary projects and works by Proust, Joyce and Kafka. The comparison between these three authors is based on topics such as the function of literature in modern context and its relationship to cultural past ; the innovation regarding subjectivity in fiction, from the self-representation of the writer to the creation of characters ; the various aspects of crisis in the narrative configuration of experience, as well as the broadening of its signification. Such a framework required a wide scope in theoretical and methodological approaches, going from the history of literary genres to sociology, from philosophical views to the latest propositions in the field of Modernist Studies. Each one of the three thematic poles of the research is thus treated according to its specificity, but also as part of a common paradigm, which may be useful to a better understanding of a cultural phenomenon such us modernist narratives, which has not been completely historicized yet. The fundamental hypothesis of the entire research is thereby related to a common principle in literary criticism : the idea that the 20th century is marked by general discontinuity with the aesthetics belonging to the previous century. We question some of the theoretical foundations to this principle, especially regarding the perception of the revolt against the aesthetics of Symbolism and Naturalism, and proceed by trying to understand how categories such as that of aesthetic autonomy and realism are transformed and revitalized by the authors, becoming the inherited criteria of truth allowing the modernist work of narration to turn itself into a subjective description of the general sense of being, or as what we call it here, an «ontology of the subject». / Questa tesi cerca d’indagare e capire alcuni aspetti dello sviluppo dei generi narrativi nella fase del modernismo europeo, nel periodo immediatamente antecedente e successivo alla prima guerra mondiale, attraverso l’analisi delle opere e progetti letterari di Marcel Proust, James Joyce e Franz Kafka. Il confronto fra gli autori si svolge intorno a tre aree tematiche : la riflessione sulla funzione della letteratura nel contesto della modernità e il rapporto col passato culturale; la trasformazione delle diverse istanze soggettive implicate al livello della finzione, dall’auto-rappresentazione dello scrittore alla creazione dei personaggi ; i diversi aspetti della crisi, ma anche dell’ampliamento dei significati inerenti il concetto di esperienza e le sue configurazioni narrative. In una tale prospettiva si è resa necessaria una molteplicità di metodi e approcci teorici, comprendente la storia dei generi, la sociologia e l’ermeneutica letteraria di derivazione filosofica, nonché un’attenzione particolare ai risultati ottenuti dai Modernist Studies negli ultimi vent’anni. I tre poli tematici della tesi vengono perciò trattati ciascuno secondo la propria particolarità, ma anche come elementi di un possibile paradigma, utile alla comprensione di un fenomeno culturale non completamente storicizzato come il modernismo narrativo. L’ipotesi fondamentale che percorre l’intero lavoro si riferisce dunque a un luogo comune della critica contemporanea, ovvero l’idea che il Novecento letterario cominci da una discontinuità netta rispetto alle pratiche narrative del secolo precedente. La tesi rimette in discussione alcuni fondamenti critici di questo principio, come la rottura con le estetiche del naturalismo e del simbolismo. Si cerca invece di comprendere come le categorie dell’autonomia estetica e del realismo vengano rielaborate e integrate nell’opera degli autori, ricavando in tal modo i criteri di verità che permettono al romanzo e al racconto modernisti di farsi descrizione soggettiva del senso dell’essere, fenomeno che nel presente lavoro si propone di chiamare « ontologia del soggetto ».
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La circolarita' delle idee nel pensiero medico bolognese: la Societa' Medica Chirurgica in Epoca Pontificia / Commonly recurring ideas in medical thinking in Bologna: the Medical and Surgical Society in the Papacy Period

Fughelli, Patrizia <1964> 27 April 2015 (has links)
La tesi di Dottorato, saldamente ancorata alle Medical Humanities, si è concentrata sul modo in cui la storia della letteratura italiana si intreccia con le altre discipline, per arrivare a configurare quell’ampio panorama di storia delle idee che aiuta a valutare l’evoluzione stessa delle credenze e dei pensieri dell’uomo nel corso del tempo. Essa ha contribuito a portare alla luce l’apporto dato dalla Società Medica Chirurgica di Bologna in Epoca Pontificia alla circolarità del pensiero medico, ricordando con forza che le varie correnti storico-mediche non sono appunto il semplice susseguirsi di teorie più o meno esatte. La tesi rende pienamente visibili non solo la struttura e le dinamiche della comunicazione scientifica, ma documenta attraverso la letteratura (anche quella scientifica) la presenza della medicina e delle sue pratiche all’interno della società, soffermandosi sui meccanismi, sui percorsi che legano i fenomeni tra loro; viene declinato anche il complesso e travagliato processo teso a ridefinire la figura del medico durante l’epoca del dominio pontificio nel suo declino, circondata da diffidenze e ostilità. Il fulcro della tesi è dato dalla dimostrazione inconfutabile che esiste ancora un ruolo per la cultura umanistica nella formazione del medico. / The PhD thesis, firmly anchored to the Medical Humanities, focused on how the history of Italian literature is interwined with other disciplines, in order to shape the broad views of the history of ideas which helps to evaluate the evolution of men’s beliefs and thoughts over the time. It has helped to bring to light the contribution made by the Medical and Surgical Society of Bologna in the Papacy Period to the circularity of medical thought, strongly recalling that the various historical and medical currents are not the simple succession of more or less accurate theories. The PhD thesis makes fully visible not only the structure and the dynamics of scientific communication, but it documents through literature (even the scientific literature) the presence of medicine and of its practices in the society, focusing on the mechanisms and routes that link the phenomena among them; it has also shown the complex and troubled process that aimed to redefine the figure of the doctor during the last Papacy Period, which was surrounded by suspicion and hostility. The focus of the PhD thesis is given by the irrefutable proof that there is still a role for the humanities in medical education.

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