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Il simbolismo delle gemme nell'ambito imperiale

Avgoloupi, Eleftheria <1975> 07 July 2011 (has links)
Le vesti e le insegne degli imperatori nonché degli alti dignitari, sono ornate e “appesantite” da pietre preziose, lì disposte non a caso. Esse spesso divengono emblemi dei personaggi che le portano e offrono loro virtù e qualità che spesso si ricollegano anche a caratteristiche di alto valore ideologico. Già dai tempi pre-biblici le pietre sono considerate creature vive, messe in corrispondenza con gli astri, secondo la dottrina della simpathia. Questa concezione perdura anche nel Medioevo: infatti, nei vari lapidari vi sono pietre capaci di generare, e pietre “incinte”; esistono pietre dalle virtù talismaniche e taumaturgiche; altre guariscono, allontanano i mali, ottengono il favore dei potenti, consentono di portare a felice compimento tutto quel che si intraprende; rendono eloquenti, simpatici, graditi. Tornando all’ambito imperiale, l’imperatore per governare deve manifestare qualità che vengono condivise anche da Dio, quali la filantrophia, l’eunomia; rispettare la taxis; essere capace di autocontrollo; mostrare pietà; essere filocristos, vittorioso, misericordioso; essere temperante e giusto. Alcune di queste qualità gli vengono offerte anche dall’uso delle pietre preziose; così ad esempio il diamante dà forza e coraggio: preserva l’integrità del carattere e la buona fede; il rubino allude alla fiamma della carità; lo zaffiro è simbolo della ricchezza e dei cieli, custode dell’innocenza e della verità; lo smeraldo è anche esso simbolo della fede e allude simbolicamente alla capacità di intuire e trasmettere il messaggio divino propria del personaggio che ne è adornato. Le fonti prese in esame anche se vengono separate da un’arco di tempo grande e non rispecchiano un limite cronologico fisso, neccessario per ogni ricerca, tuttavia permettono di delineare il percorso evolutivo delle virtù delle gemme attraverso i secoli; e quindi di avere un’ idea molto più chiara sulla concezione delle pietre stesse, e su come, col passare degli anni, queste virtù si evolvono o svaniscono.
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Ricerche sulla desinenza del genitivo singolare tematico in Lineare B

Pierini, Rachele <1982> 29 September 2011 (has links)
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Studi sull'immaginario musicale in Euripide / Studies on the musical imagery of Euripides

Firinu, Elena <1984> 17 May 2012 (has links)
La dissertazione è suddivisa in due capitoli più tre appendici. Nel I capitolo, Musica e dolore, si indagano i casi di metamusicalità in riferimento al dolore, che si intensificano in Euripide: si nota lo sviluppo di una riflessione sul ruolo della mousike rispetto al dolore, espressa attraverso un lessico medico e musicale. Si dimostra che in Euripide si pone il problema di quale scopo abbia la musica, se sia utile, e in quale forma lo sia. Nella prima produzione si teorizza una mousa del lamento come dolce o terapeutica per chi soffre. Molti personaggi, però, mostrano sfiducia nel potere curativo del lamento. Nell’ultima produzione si intensificano gli interrogativi sulla performance del canto, che si connotano come casi metamusicali e metateatrali. Nell’Elena, nell’Ipsipile e nelle Baccanti, E. sembra proporre una terapia ‘omeopatica’ del dolore attraverso la musica orgiastico-dionisiaca. Nel II capitolo, Natura e musica, si sceglie l’Ifigenia Taurica come esempio di mimetismo orchestico-musicale fondato – oltre che su casi di autoreferenzialità – su un immaginario naturale che, ‘facendo musica’, contribuisce all’espressività della choreia e della musica in scena. Si ipotizza inoltre un accompagnamento musicale mimetico rispetto ai suoni della natura e movimenti di danza lineari accanto a formazioni circolari, che sembrano richiamare la ‘doppia natura’ del ditirambo. L’Appendice I, Gli aggettivi poetici ξουθός e ξουθόπτερος: il loro significato e la loro potenzialità allusiva, affronta un caso particolare e problematico di ‘mimetismo lessicale’, innescato dal termine ξουθός e dal composto euripideo ξουθόπτερος. Si dimostra che l’aggettivo indica originariamente un movimento vibratorio, ma sviluppa anche un senso sonoro, ed è quindi un termine evocativo rispetto alla performance. Nell’Appendice II, Il lessico musicale in Euripide, è raccolto il lessico euripideo coreutico-musicale. Nell’Appendice III, La mousike nei drammi euripidei, sono raccolti i riferimenti alla mousike in ogni dramma. / The dissertation is divided in two chapters and three appendix. In Chapter I, Music and pain, we investigate the cases of metamusicality in reference to pain in Euripides: he elaborates a reflection on the role of mousike compared to the pain, manifested by a medical and musical vocabulary. It is shown that in E. there is the problem of what purpose has the music, whether it is useful, and in what form it is. In the first production E. theorizes a mousa of lament that is sweet or therapeutic for sufferers. Many characters, however, show no confidence in the healing power of lament. In the last production questions about the performance of the song increase, and are characterized as cases of metamusicality and metatheatrality. In the Helen, Hypsipyle and Bacchae E. seems to offer a 'homeopathic' music therapy through Dionysiac music. In Chapter II, Nature and music, we choose the Iphigenia Taurica as an example of orchestic and musical mimesis, based on a natural imagery and on cases of self-referentiality. It contributes to the expressiveness of the music and choreia on stage. We suppose also a musical accompaniment which is mimetic of natural sounds and movements, and combines linear and circular formations (that recall the 'double nature' of dithyramb). Appendix I, The poetic adjectives ξουθός and ξουθόπτερος: their significance and their allusive force, faces a problematic case of 'lexical mimesis', made up of ξουθός and the euripidean compound ξουθόπτερος. It is shown that the word originally means a vibratory movement, but develops a sense of sound, and it is therefore a term able to evoke the performance. In Appendix II, The musical lexicon in Euripides, the musical and dancing lexicon of Euripides is collected. In Appendix III, The mousike in Euripides’ tragedies, the musical references of each drama are collected.
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Retorica come dissimulazione. Il ritmo della prosa manganelliana / Rhetoric as dissimulation. The rhythm of Manganelli's prose

Milani, Filippo <1983> 28 May 2012 (has links)
La tesi è incentrata sull'analisi dell'organizzazione retorica della prosa di Giorgio Manganelli, indagando il sistema ritmico attraverso il quale l'autore è in grado di creare un fluire sintattico che sfugge alle classificazioni di genere. Per Manganelli, infatti, il linguaggio è solamente organizzazione di se stesso, e perciò la scrittura ruota attorno a un centro narrativo vuoto, dissimulando l'assenza di necessità. Egli è un retore puntuale dotato di una straordinaria abilità compositiva, che gli consente di mettere in scena l'ambiguità insita nella retorica. Per affrontare questa analisi è stato opportuno avvalersi della critique du rythme ideata da Henri Meschonnic, a partire dalle riflessioni di Emile Benveniste sul concetto eracliteo di ritmo, poiché essa fornisce una prospettiva duttile, dinamica e svincolata da pregiudizi critici. Meschonnic infatti considera il ritmo non come schema metrico ma in quanto organizzazione del senso nel discorso, volto alla signifiance del testo. In quest'ottica si è tentato di costruire un percorso attraverso le opere di Manganelli per descrivere il sistema retorico su cui si fonda la sua scrittura, a partire dai materiali del suo laboratorio (poesie, prose, appunti di diario, scambi epistolari) fino all'ideazione di discorsi pseudo-teologici che si presentano come allegoria stessa della scrittura. Si sono analizzati in particolare la trasposizione letteraria della tecnica musicale della variazione in Nuovo commento (1969), e il ritmo del periodo ipotetico in Rumori o voci (1987), testo emblematico della ricerca di Manganelli sulle potenzialità del linguaggio. Infine la prosa manganelliana è stata messa a confronto con quella di altri importanti autori italiani del Novecento (Pavese, Gadda, Camporesi, Celati), al fine di comparare tra loro diverse organizzazioni ritmiche del linguaggio, e ricollocando così Manganelli al centro del panorama letterario italiano con tutta la sua eversiva marginalità. / This thesis focuses on the analysis of the rhetorical organization of Giorgio Manganelli's prose, investigating the rhythmical system by which the author is able to create a syntactic flow that escapes the genre classifications. According to Manganelli, the language is only organization of itself, and therefore the writing turns around a empty narrative center, in order to disguise the absence of necessity. He is a rhetorician with an extraordinary compositional skill that allows him to stage the ambiguities inherent in the rhetoric. To approach this analysis it seemed appropriate to use the critique du rythme that Henri Meschonnic designed starting from the ideas of Emile Benveniste on the Heraclitean concept of rhythm, as it provides a flexible and dynamic perspective. Meschonnic considers the rhythm not as a metrical scheme but as an organization of meaning in discourse, aimed at the signifiance inside the text. In this perspective, we tried to build a path through Manganelli' works, in order to describe the rhetorical system on which he bases his writing, from the materials of his laboratory (poetry, prose, diary notes, correspondence) until the pseudo-theological discourses, which appear to be an allegory of writing itself. We analyzed in particular the literary transposition of musical technique of variation in Nuovo commento (1969), and the rhythm of the conditional clause in Rumori o voci (1987), the emblematic text of Manganelli's research about the potential of language. Finally Manganelli's prose was compared with other Italians authors of the twentieth century (Pavese, Gadda, Camporesi, Celati), in order to compare different rhythmical organization of language; by this operation, we aim to replace Manganelli, with his subversive marginality, in the center of Italian literary scene.
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I carmina docta di Catullo e le Argonautiche di Apollonio Rodio / Catullus' Long Poems and Apollonius Rhodius' Argonautica

Calzascia, Sonja Caterina <1974> 23 May 2013 (has links)
La dissertazione, basandosi su un confronto sistematico dei testi, analizza i rapporti fra i carmina docta di Catullo e le Argonautiche di Apollonio Rodio con particolare attenzione al carme 64. Il lavoro è suddiviso in dieci capitoli più un'introduzione e una conclusione. Nell'introduzione si illustra la metodologia applicata e si discutono alcune questioni teoriche relative all'intertestualità. Nel I capitolo si delinea una storia della critica moderna che mette in evidenza come negli studi catulliani sul carme 64, nel corso dell'ultimo secolo e mezzo, Apollonio tenda ad assumere un ruolo sempre più importante. Nei capitoli II-IX viene fatto uno studio molto approfondito del carme 64. Tale studio analizza il testo catulliano mettendo in luce le somiglianze contenutistiche, strutturali e stilistiche con le Argonautiche. Il X capitolo è invece dedicato agli altri carmina docta. Poiché questi ultimi carmi hanno scarsi punti di contatto con il poema di Apollonio, ci si limita a mettere in evidenza una serie di motivi e tratti comuni. Nella parte conclusiva si espone un quadro sommario dei risultati raggiunti. Il lavoro dimostra in particolare come nel complesso le somiglianze fra Catullo e Apollonio riguardino elementi superficiali o luoghi comuni e come non vi sia alcuna prova certa di una dipendenza diretta di Catullo da Apollonio (nonostante una tale dipendenza sia da ritenersi probabile per ragioni storiche). In contrasto con buona parte della critica più recente, si esprime di conseguenza la convinzione che sia poco opportuno utilizzare le Argonautiche per spiegare il carme 64 o per instaurare un dialogo di natura intertestuale fra Catullo e Apollonio. / The dissertation offers an analysis of the relationship between Catullus' long poems and Apollonius Rhodius' Argonautica. The analysis, which is mainly concerned whith poem 64, is based on a methodical collation. The study is divided into ten chapters, an introduction, and a conclusion. In the introduction the adopted methodology is explained, and some theoretical questions regarding intertextuality are discussed. Chapter One deals with an outline of modern scholarship pertinent to the last hundred and fifty years. This outline points out that Apollonius tends to be more and more important in the scholarship on poem 64. From Chapter Two to Chapter Nine poem 64 is examined in detail. Special stress is laid on the similarities between Catullus and Apollonius pertaining to content, structure, and style. Chapter Ten concerns poems 61-63 and 65-68. As these seven poems are generally quite different from the Argonautica, only the similarities which are significant are examined. The last section draws the conclusions. On the whole, the study shows that the similarities between Catullus and Apollonius are rather unimportant, since they usually aren't deep or concern topoi. Although for historical reasons it seems probable that Apollonius influenced Catullus, there is in fact no evidence that Catullus' poems were directly influenced by Apollonius' Argonautica. Therefore, it is suggested that interpretations of Catullus 64 based on Apollonius' Argonautica should be avoided.This view stands in contrast to the views of those contemporary scholars who establish an intertextual relationship between poem 64 and the Argonautica.
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Erasmo come Ercole nell'adagio Herculei labores / Erasmus as Hercules in the Adagium Herculei labores

Pergreffi, Lucia <1979> 12 September 2013 (has links)
Il lavoro consiste nella traduzione dell’adagio 2001, Herculei labores con commento delle righe 1-116, che comprendono il racconto della fatica di Ercole contro l’idra di Lerna e le interpretazioni che Erasmo ne fornisce per introdurre la filologia come impresa erculea in chiave autobiografica. L’introduzione ha lo scopo di presentare una sintesi degli elementi notevoli del commento e alcune osservazioni sull’autorappresentazione di sé dell’umanista. Erasmo fa dell’identificazione con Ercole un topos della propria descrizione in chiave ironica, ma si propone anche come emulo di Girolamo, di cui cura l’edizione delle lettere. Questo lavoro prende in considerazione infine il ritratto di Erasmo dipinto da Holbein e custodito a Longford Castle in relazione al testo dell’adagio, al quale allude con la scritta in primo piano, ΗΡΑΚΛΕΙΟΙ ΠΟΝΟΙ. / The work is the Italian translation of Erasmus’ Adagium 2001, Herculei labores, with comment of lines 1-116, which include the story of the labor of Hercules against the Hydra of Lerna and interpretations that Erasmus provides in order to introduce philology as a Herculean task in autobiographical perspective. The introduction aims to present the most relevant elements of the comment and some observations about the humanist’s self representation. Erasmus makes his identification with Hercules a topos in his ironical self description, but at the same time he describes himself as a new Jerome, whose letters he is editing. Eventually it also considers the portrait of Erasmus painted by Holbein the Younger and kept at Longford Castle in the light of the text of the adagium, which is referred to with the word in the foreground, ΗΡΑΚΛΕΙΟΙ ΠΟΝΟΙ.
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Il Lessico d’amore nei primi tre libri delle Odi di Orazio / The Lexicon of love in the first three books of Horace’s Odes

Guarnieri, Rita <1982> 12 September 2013 (has links)
Il presente studio si è posto come obiettivo quello di redigere un lessico dei termini d’amore nella poesia di Orazio, e, specificamente, dei lemmi presenti nei primi tre libri delle Odi. L’interesse per la lirica del Venosino ci ha indotti ad affrontarne la lettura non solo considerando quelle che sono le tematiche diremo topiche della sua poetica ( modus, angulus, mors, tempus, cura, solo per citare quelle più significative ), ma anche quelle meno note, quale appunto il tema dell’amore, oggetto di questo lavoro. Si è proceduto così all’analisi di ogni singolo libro di ogni ode, catalogandone ed analizzandone rispettivamente tutte le occorrenze di quei termini che abbiamo ritenuto essere propri del lessico amoroso. Il commento ad ogni libro è stato supportato dagli studi di Nisbet-Hubbard per il primo ed il secondo libro delle Odi ( cfr. R.G.M. Nisbet-M. Hubbard, A commentary on Horace: Odes Book 1, Oxford 1970; R.G.M. Nisbet-M. Hubbard, A commentary on Horace: Odes Book 2, Oxford 1978 ) e Nisbet-Rudd per il terzo ( cfr. R.G.M. Nisbet-Rudd, A commentary on Horace: Odes Book 3, Oxford, 2003 ). Trattandosi di un lessico è stato altresì fondamentale il contributo dell’ Index uerborum amatorium ( Cfr. R. Pichon, De sermone amatorio apud Latinos elegiarum scriptores, Paris 1902 ) e del ThLL. Si è infine proceduto ad individuare quei termini maggiormente significativi nell’ambito della poesia d’amore in generale, il cui riflesso è presente anche nella poesia oraziana, con una particolare attenzione al rapporto che intercorre tra Orazio e la tradizione neoterica ed elegiaca e al lessico dei colori, che vanta numerose occorrenze nella poesia d’amore, soprattutto in riferimento alla bellezza muliebre e maschile e che quindi appare di rilevante importanza per comprendere l’estetica della poesia oraziana nel ritrarre la forma degli amanti che popolano i suoi più celebri versi d’amore. / This study aims at compiling a lexicon of love terms of Horace’s poetry, namely of the words used in the first three books of the Odes. The great interest for the Venosa-born poet let us focus not only on the main themes of his poetics (e.g. modus, angulus, mors, tempus, cura, to name but a few) but also on some less well-known topics such as love. Every Odes book was carefully analyzed and the main love-related terms were ranked according to the number of occurrences. The research work done by Nisbet-Hubbard was used to support the commentary on the first and second book (see R.G.M. Nisbet-M. Hubbard, A commentary on Horace: Odes Book 1, Oxford 1970; R.G.M. Nisbet-M. Hubbard, A commentary on Horace: Odes Book 2, Oxford 1978). The commentary on the third book was made by making reference to the work done by Nisbet-Rudd (see R.G.M. Nisbet-Rudd, A commentary on Horace: Odes Book 3, Oxford, 2003 ). Being the main focus of this study the drawing up of a lexicon, the contribution made by the Index uerborum amatorium (see R. Pichon, De sermone amatorio apud Latinos elegiarum scriptores, Paris 1902 ) and by the ThLL was also very important. Finally the most meaningful terms for love poetry in general were identified. These words are also present in Horace’s poetry. In particular it was possible to detect a special connection between Horace, the neoteric and elegiac tradition and the lexicon of colours. The latter has multiple occurrences in love poetry, especially in relation to male and female beauty. As a consequence it becomes a key element to better understand the aesthetics of Horace’s poetry in depicting the lovers populating his most famous love verses.
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Giosuè Carducci nella cultura primonovecentesca / Giosuè Carducci in the Early Twentieth-Century Culture

Merci, Alessandro <1984> 27 April 2015 (has links)
La tesi indaga la ricezione di Carducci nella cultura italiana ed europea dei primi decenni del XX secolo attraverso lo studio delle commemorazioni, delle memorie, degli articoli e dei saggi dedicati al poeta maremmano, al fine di mettere in luce il complesso ruolo ricoperto dallo scrittore e le strumentalizzazioni di cui è stato vittima. / The work studies the role played by the poet Giosuè Carducci in the italian and european culture of the first decades of the twentieth-century, examinating commemorations, memories, articles and essays which deal with the poet.
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L’Orientalismo tra vocazione imperialista, suggestioni esotiche e omoerotiche. Le rappresentazioni storiche del passaggio tra l’epoca omayyade e abbaside. / Orientalism between imperialist vocation, exotic suggestions and homoerotic. The historical representations of the passage between the Umayyad and Abbasid eras

Al-kazraji, Hussein Talal Mohamed <1984> 27 April 2015 (has links)
Lo studio si tratta di mettere in evidenza il cambiamento che ha subito il termine Oriente nel secolo XX in alcuni testi della letteratura italiana contemporanea. L’opera di Edward Said, L’Orientalismo è un testo di riferimento per i nostri studi. Nel quale abbiamo focalizzato l’attenzione su alcuni aspetti salienti: il concetto di orientalismo; l’interesse nei confronti dell’Oriente sul piano politico, scientifico, letterario; l’impossibilità di separare lo studioso dalle circostanze biografiche e sociali. Siamo riusciti, quindi, a stabilire che il cambiamento dell’immagine orientale dipende da tre fattori: lo scrittore (emittente), il soggetto (la fonte) ed il lettore (destinatario), dai quali si origina l’oggetto (il testo). Basandoci su questi tre elementi abbiamo cercato di inquadrare l’interesse letterario per l’Oriente vista da una triplice prospettiva: imperialismo, fascino ed erotismo. Per studiare le prime due prospettive, abbiamo scelto due opere. La prima presenta l’immagine dell’imperialismo, si tratta di Sanya, La moglie egiziana e il Romanzo dell’Oriente Moderno (1927) di Bruno Corra. La seconda prospettiva dove troviamo l’immagine dell’Oriente fascinoso è nello scritto di Annie Vivanti, La terra di Cleopatra (1925). Il punto centrale della tesi si tratta di studiare Annie Messina (1910-1996), è una scrittrice che ha uno stile peculiare ed un approccio tutto suo al tema dell’Oriente. I testi studiati sono : "Il mirto e la rosa" (1982), "Il banchetto dell'emiro" (1997) e "La principessa e il wâlî" (1996), tutti pubblicati dalla casa editrice Sellerio.L’unico pubblicato da Mondadori è "La palma di Rusafa" (1989). L’ultima parte del lavoro abbiamo esposto un profilo storico e socio-religioso della letteratura erotica araba. In cui abbiamo rintracciato le origini dell’immagine erotico dell’Oriente e il tema dell’omosessualità, mettendo a confronto il testo omosessuale di Messina con la letteratura italiana contemporanea. / Orientalism between imperialist vocation, exotic suggestions and homoerotic. The historical representations of the passage between the Umayyad and Abbasid eras. What we want to affront in the thesis is from one part the change that has undergone the term orient in the twentieth century in some texts of contemporary Italian literature, from which originate the reflections that has determined the path for our work. The line we traced is primarily a pattern of general reading of travel literature and texts that have treated the orient , noting that the figure was an exotic oriental rich source of inspiration for writers, that reinforced them with creativity. In most cases, therefore ,the Orient has been the subject of literary production, however, it took different forms depending on the circumstances and the individual and collective needs. Despite the fact that oriental style was diffused in contemporary Italian literature, we found it difficult to have unique materials for our study. Finally, we have chosen a writer who has a peculiar style and approach of its own to the topic of the orient. She is Annie Messina (1910-1996), the granddaughter of the author Maria Messina. She made Arabic medieval ambience of tragic stories of love and passion, predominantly homosexual love. As a writer, she is little known and has not been widely studied by critics. Through his heir we could have a material original and three unpublished short stories. The style of writing is banal and repetitive, but it is very important to the setting and scenery Arabic
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Raccontare gli Antichi: le "Imagini" di Vincenzo Cartari / Telling the Ancients: Vincenzo Cartari's "Images"

Calderoni, Elisabetta <1985> 21 May 2015 (has links)
Con le "Imagini degli dei degli antichi", pubblicate a Venezia nel 1556 e poi in più edizioni arricchite e illustrate, l’impegnato gentiluomo estense Vincenzo Cartari realizza il primo, fortunatissimo manuale mitografico italiano in lingua volgare, diffuso e tradotto in tutta l’Europa moderna. Cartari rimodula, secondo accenti divulgativi ma fedeli, fonti latine tradizionali: come le ricche "Genealogie deorum gentilium" di Giovanni Boccaccio, l’appena precedente "De deis gentium varia et multiplex historia" di Lilio Gregorio Giraldi, i curiosi "Fasti" ovidiani, da lui stesso commentati e tradotti. Soprattutto, però, introduce il patrimonio millenario di favole ed esegesi classiche, di aperture egiziane, mediorientali, sassoni, a una chiave di lettura inedita, agile e vitalissima: l’ecfrasi. Le divinità e i loro cortei di creature minori, aneddoti leggendari e attributi identificativi si susseguono secondo un taglio iconico e selettivo. Sfilano, in trionfi intrisi di raffinato petrarchismo neoplatonico e di emblematica picta poesis rinascimentale, soltanto gli aspetti figurabili e distintivi dei personaggi mitici: perché siano «raccontate interamente» tutte le cose attinenti alle figure antiche, «con le imagini quasi di tutti i dei, e le ragioni perché fossero così dipinti». Così, le "Imagini" incontrano il favore di lettori colti e cortigiani eleganti, di pittori e ceramisti, di poeti e artigiani. Allestiscono una sorta di «manuale d’uso» pronto all’inchiostro del poeta o al pennello dell’artista, una suggestiva raccolta di «libretti figurativi» ripresi tanto dalla maniera di Paolo Veronese o di Giorgio Vasari, quanto dal classicismo dei Carracci e di Nicolas Poussin. Si rivelano, infine, summa erudita capace di attirare appunti e revisioni: l’antiquario padovano Lorenzo Pignoria, nel 1615 e di nuovo nel 1626, vi aggiunge appendici archeologiche e comparatistiche, interessate al remoto regno dei faraoni quanto agli esotici idoli orientali e dei Nuovi Mondi. / With his work "Imagini degli dei degli antichi" published in Venice in 1556 and, later, in multiple extended and illustrated editions, the committed Vincenzo Cartari, protégé of the Este dukes, created the first Italian mythographic volume in vulgar language, circulated and translated in all modern Europe. Cartari revised the traditional Latin sources with educational intents and accuracy towards the sources: like the detailed "Genealogie deorum gentilium" by Giovanni Boccaccio, the previous "De deis gentium varia et multiplex historia" by Lilio Gregorio Giraldi, the remarkable "Fasti" by Ovid, which he also commented and translated. Above all, he introduced the fantastic heritage of fables and commentaries of the Classics, with Egyptian, Middle-Eastern, Saxon influences to a bright and lively original interpretation: the Ekphrasis. The Gods and the procession of inferior creatures, the legendary tales and their attributes follow one another with an iconic and selective approach. In a triumph of refined Neoplatonic Petrarchism and classic Renaissance picta poesis, he represented only the conceivable and distinctive attributes of these mythical figures: so that all matters relevant to the ancient figures are «thoroughly explained», «with images of almost all the gods and the reasons they were thus depicted». Hence, "Imagini" was favoured by elegant educated courtiers as well as artists and writers, ceramists and artisans. It staged a sort of «user manual» ready for the ink of the poet or the brush of the painter, an evocative collection of «figurative booklets» evoked by Paolo Veronese and Giorgio Vasari, the Carracci and Nicolas Poussin. Finally, it proved to be an erudite summa that attracts criticism and revisions: the antiquarian Lorenzo Pignoria from Padua, in 1615 and again in 1626, added archeological and comparative appendices with regard to the Ancient Reign of the Pharaohs and the exotic idols of the Orient and the New World.

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