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Libertà e autocoscienza in Kant tra conoscenza teoretica e filosofia morale

Tredanaro, Emanuele <1977> 09 May 2009 (has links)
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Trascendentale e temporalità. Gilles Deleuze lettore di Kant

Palazzo, Sandro <1973> 09 May 2009 (has links)
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Artificio e maschera nel pensiero di Leon Battista Alberti

Addis, Anna <1978> 09 September 2010 (has links)
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Retorica e mito in Giambattista Vico

Gualtieri, Gaetano Antonio <1960> 08 September 2011 (has links)
The purpose of this thesis is to show that Vico had the constant aim, remained unaltered in time, to support the usefulness of Rhetoric. The awareness of the strength acquired by the “anti-rhetorical” movements, particularly by the Cartesians and the Logicians from Port-Royal, obliged Vico to elaborate some strategies and counter-moves that, little by little, became more and more complex and refined, till they inspired his main work, The New Science. By taking into consideration the most significant aspects of Vico’s speculation (topic, tropes, the formation of language, the development of human thought, the new conception of philology ), this work shows that they are part of a strategy worked out by the Neapolitan philosopher, in order to demonstrate the validity, the usefulness and the modernity of Rhetoric. Every aspect of Vico’s thought reaches its peak when Vico formulates his theory about myths, which he interprets as an expression of the primitive man’s necessities and demands. The point of view expressed by this doctorate thesis emphasizes that, despite the inevitable modifications that have taken place through the centuries, Vico’s thought keeps its substantial unity. So those subjects that critical literature tends to separate are, in reality, linked and unified.
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Bergson e la filosofia tedesca contemporanea. Alle fonti de Les Deux Sources de la morale et de la religion

Zanfi, Caterina <1982> 10 October 2011 (has links)
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Tommaso Campanella e la tradizione ermetica. Approfondimenti sul concetto di 'senso'

Mazzetti, Alice <1981> 08 September 2011 (has links)
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Figure di un ossimoro. Interpretazioni della filosofia italiana dall'Unità ai nostri giorni

Catalano, Sophia January 2019 (has links)
Nella tesi di dottorato dal titolo ‘Figure di un ossimoro. Interpretazioni della filosofia italiana dall’Unità ai nostri giorni’ ci si propone di confrontare e analizzare tre differenti risposte alla stessa domanda: esiste una filosofia italiana? e se esiste, quali sono i caratteri che consentono di distinguerla dalle altre tradizioni nazionali? Il problema che qui si pone è quello del carattere di per sé stesso ossimorico dell’espressione ‘filosofia nazionale’, in cui l’unione dei due termini appare contraddittorio alla luce della connessione istituita tra un soggetto – la filosofia – che ha o aspira ad avere carattere o validità universale e un aggettivo – nazionale – che sembra costringerlo indebitamente all’interno di una dimensione particolare. Per questo motivo ci si concentra su tre momenti nei quali la discussione intorno a questo argomento è stata più accesa all’interno del dibattito filosofico nel nostro Paese. Il primo capitolo della tesi è dedicato a Bertrando Spaventa, colui che Giovanni Gentile considera il primo ad aver scritto una «Storia della filosofia italiana». Principale esponente (insieme a Francesco De Sanctis) dell’hegelismo napoletano, Spaventa è autore negli anni immediatamente a cavallo dell’Unità d’Italia del volume ‘La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea’. Attraverso questo lavoro, lo schema storiografico delle ‘Lezioni’ hegeliane sulla storia della filosofia veniva ampliato, includendo al suo interno alcuni filosofi italiani contemporanei (principalmente Galluppi, Rosmini e Gioberti). Seguendo dettagliatamente il percorso che ha condotto Spaventa alla composizione dell’opera, questa tesi mira a smentire le accuse di ‘nazionalismo’ che sono state mosse al suo autore nel corso degli ultimi due secoli, fino ad oggi. Smarcando la Teoria della Circolazione del pensiero italiano sia dalle interpretazioni gentiliane che da quelle marxiste, si cerca infatti di mostrare come essa in realtà, oltre a costituire dichiaratamente e consapevolmente una risposta alle posizioni giobertiane (e, più in generale, neo-guelfe), rappresenti il primo vero tentativo di superare la retorica risorgimentale sul tema ‘filosofia italiana’. La principale preoccupazione di Spaventa si dimostra quella di smentire la posizione secondo cui la filosofia italiana, per mantenersi autentica, avrebbe dovuto al tempo stesso dimostrarsi autarchica rispetto alle elaborazioni filosofiche straniere colpevoli di comprometterne il messaggio. In questo modo si mostra la circostanzialità di un’opera come ‘La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea’, mettendo al tempo stesso in evidenza come essa sia il frutto di una specifica interpretazione della filosofia hegeliana circa il rapporto tra storia e filosofia, che determina una presa di posizione a proposito del ruolo ‘rivoluzionario’ della filosofia nel processo di costituzione dell’‘epoca’. Il secondo capitolo è dedicato a Eugenio Garin, autore a sua volta di una famosa e fortunata ‘Storia della filosofia italiana’. Attraverso il confronto tra la prima edizione del ’47 e la seconda edizione del ’66, si mostra il progressivo abbandono da parte di Garin dei presupposti teorici che giustificavano la composizione di una Storia della filosofia italiana intesa à là longue durée. In particolare, si collega questo riposizionamento storiografico di Garin alla riflessione metodologica condotta nel corso degli anni ’50. Attraverso il recupero di materiale inedito, vengono ricostruite le vicende del dibattito sul rapporto tra filosofia e storia della filosofia nell’Italia degli anni ’50, contribuendo a chiarire la posizione di Garin al suo interno e la scelta da parte dello storico di frammentare la narrazione storiografica in una costellazione di momenti determinati. Nel terzo capitolo viene preso in considerazione il dibattito contemporaneo sull’Italian Theory. Attraverso una panoramica sulle posizioni più diffuse, si mettono in evidenza i vari significati che l’espressione ha assunto fuori dall’Italia (dov’è stata coniata) e nel nostro Paese. In particolare la ricerca si concentra sulla declinazione del tema offerta da Roberto Esposito, il quale, attraverso l’uso della geofilosofia di Deleuze e Guattari, si è recentemente impegnato nella ricostruzione della genealogia dell’Italian Thought. Il rapporto dialettico tra le categorie geofilosofiche di ‘terra’ e ‘territorio’ è utilizzato da Esposito per giustificare una narrazione della storia della filosofia italiana che superi le difficoltà implicite nell’utilizzo di un’aggettivazione di tipo nazionale. Attraverso un confronto con le posizioni di Spaventa e Garin, si cerca qui di mettere in evidenza come l’utilizzo dell’aggettivo ‘Italian’ crei alcuni fraintendimenti dal punto di vista storiografico. Questi tre autori, con modalità e argomentazioni diverse (che la tesi ricostruisce nel dettaglio), hanno risposto tutti affermativamente rispetto alla possibilità di distinguere una ‘filosofia italiana’ e tutti e tre hanno riconosciuto nel Rinascimento il momento genetico della ‘differenza italiana’. Per questo motivo, il quarto capitolo della tesi è dedicato alla ricostruzione delle immagini del Rinascimento che vengono presentate nei loro lavori e che si collegano alla particolare declinazione del tema ‘filosofia italiana’ offerta da ciascuno di loro, costituendo, in fondo, una sorta di ‘banco di prova’ delle loro posizioni. Bertrando Spaventa, in controtendenza rispetto alla storiografia italiana dell’epoca, propone un’immagine positiva del Rinascimento italiano, quale momento fondante della filosofia moderna. Attraverso il recupero del Rinascimento e il suo collegamento con la filosofia europea da Descartes a Hegel, Spaventa sfida apertamente la storiografia europea (da Brucker a Hegel a Tennemann), secondo la quale la mancata Riforma avrebbe impedito all’Italia l’ingresso nella modernità filosofica. Eugenio Garin (di cui si prendono in considerazione solamente i lavori degli anni ’50, composti cioè a ridosso della ‘Storia della filosofia italiana’), in accordo con quanto teorizzerà in ‘La filosofia come sapere storico’, àncora la sua ricostruzione della filosofia italiana dell’Umanesimo e del Rinascimento alla peculiare situazione storico-politica della Penisola e ne rintraccia la caratteristica principale in una certa propensione ad abbandonare ‘le grandi cattedrali di idee’ a favore di una ‘filosofia terrena’ che assume i tratti di una vera e propria ‘filosofia civile’. Spaventa, quindi, aveva cercato di mostrare le possibili connessioni che intercorrevano tra il nostro Rinascimento e la modernità europea conquistata attraverso la Riforma. Anche gli studi di Garin, una volta abbandonate le grandi narrazioni, tendevano progressivamente a concentrarsi sulla ricostruzione delle relazioni dei cenacoli culturali della penisola con il pensiero europeo. Se entrambi questi autori, quindi, avevano contribuito – in maniera ben diversa – ad accantonare quel ‘complesso di inferiorità’ che da tempo accompagnava (e spesso ancora accompagna) la filosofia italiana, reinserendola all’interno di un percorso condiviso, nella tesi si mette in evidenza che, al contrario, l’Italian Thought, ne rintraccia la peculiarità nel suo essersi mantenuta ‘autonoma’ sin dal principio. In particolare, Roberto Esposito fa dell’esclusione della filosofia italiana dai percorsi seguiti dalla filosofia moderna il suo tratto distintivo, nonché il principale fattore che ne determinerebbe la capacità di sopravvivere al crollo dei paradigmi della modernità filosofica. In questo modo, il rapporto rispetto a quel ‘complesso di inferiorità’ viene rovesciato e si trasforma, se non in una pretesa di superiorità, almeno in una possibilità di vantaggio per la filosofia italiana. Un vantaggio che, tuttavia, deriva paradossalmente dal suo essere una filosofia costitutivamente amoderna in una ‘condizione postmoderna’.
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Esperienza e rivolta: implicazioni storico-filosofiche dell'esperienza dell'assurdo e della Resistenza in Albert Camus (1939-1947)

Trabaccone, Andrea January 2013 (has links)
La presente ricerca si concentra sull’idea di ‘rivolta’ attraverso un’indagine specifica sulle opere concepite e pubblicate da Albert Camus tra il 1939 e il 1947 (Noces, Le Mythe de Sisyphe, Lettres à un ami allemand, Remarque sur la révolte, La Peste, gli articoli di «Combat»). La datazione indicata nel titolo si riferisce, infatti, a una precisa delimitazione della ricerca storico-filosofica a un arco di tempo determinato, la cerniera temporale costituita da due date fondamentali: il 1939, che segna l’inizio del secondo conflitto mondiale, e il 1947, l’anno dell’uscita di Camus dalla redazione di «Combat» e della pubblicazione de La Peste, romanzo che rielabora in forma allegorica l’Occupazione e la Resistenza. La svolta di senso data da Camus all’idea di ‘rivolta’ nella Remarque sur la révolte, negli anni che vanno dal 1943 al 1945, è il frutto, in primo luogo, di un confronto serrato con il nichilismo descritto e ‘appoggiato’ ne Le Mythe de Sisyphe; in secondo luogo, dello sforzo di comprensione delle congiunture storico-culturali del proprio tempo, delle implicazioni morali dell’evento della Seconda Guerra Mondiale, delle idee che circolavano nella stampa clandestina e resistente, del pensiero della Resistenza in generale. L’evoluzione della nozione di rivolta è tracciata attraverso un costante confronto con il contesto politico-culturale del tempo: prima nell’esperienza individuale dell’assurdo; poi nel vissuto collettivo della Resistenza francese all’Occupazione.
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Die Vernünftigkeit der Gefühle. Hegel e il contemporaneo dibattito sulle emozioni

Maurer, Caterina January 2018 (has links)
Scopo del presente lavoro è dimostrare che Hegel, benché sia assente dal contemporaneo dibattito filosofico, psicologico e neuroscientifico sulle emozioni, non si è disinteressato alle componenti della Gefühlssphäre e al loro valore conoscitivo. Terreno privilegiato ma non esclusivo d’indagine sono le sezioni antropologica e psicologica dell’Enzyklopädie (1830), nelle quali Hegel indaga tematiche che sono al centro degli interessi della contemporanea filosofia della mente e della psicologia filosofica, quali l’essere incarnata dell’anima, l’espressione delle emozioni e il loro fondamento fisiologico, l’abitudine, la volontà e, appunto, Empfindungen, Gefühle, Triebe, Neigungen e Leidenschaften. La delineazione delle caratteristiche fondamentali delle componenti della Gefühlssphäre ha consentito di comprendere “cosa” siano Empfindungen, Gefühle, Neigungen e Leidenschaften, come insorgano nell’uomo, “quale funzione” Hegel accordi loro e “perché”. La risposta a tali domande, unitamente a una ricostruzione dei diversi livelli entro cui entrano in gioco, nella Philosophie des subjektiven Geistes, le suddette componenti, ha infine permesso di delineare la “Theorie des Gefühls” hegeliana. Ciò che questa articolata “teoria” suggerisce è il ruolo fondamentale ricoperto dalla Gefühlssphäre nel processo di sviluppo che conduce l’anima naturale a riconoscersi come uno spirito che si pone degli scopi e che cerca di tradurli nel mondo esterno attraverso azioni. È però il rapporto di continuità individuato da Hegel tra Gefühl e cognizione ad approssimare la sua teoria ai più recenti studi sulle emozioni. Il lavoro si propone di mostrare come i Gefühle, intesi quali fenomeni psichici complessi, implichino secondo Hegel sia le valutazioni cognitive che il soggetto fa, di situazioni e cose in rapporto al proprio benessere e alla propria soddisfazione, sia un’attivazione fisiologica dell’organismo a cui segue l’espressione delle risposte emotive e la preparazione all’azione. I Gefühle sono quindi concepiti da Hegel quali momenti costitutivi dello sviluppo di attività razionali e sono strumenti necessari al soggetto per orientarsi nel mondo. Poiché Hegel riconosce l’importanza della Gefühlssphäre del soggetto (sempre concepito come soggetto incarnato) e dà rilievo al valore conoscitivo dei Gefühle, questo lavoro si propone infine di mostrare come egli possa rappresentare un importante interlocutore per le contemporanee trattazioni sulle emozioni, che insistono sulla connessione che sussiste tra emozione, ragione e tendenza all’azione.
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Le scepticisme comme méthode dans l'œuvre de Denis Diderot

Sperotto, Valentina January 2015 (has links)
Skepticism as method in the work of Denis Diderot. The aim of this research is to point out the characteristics of the reception of Skepticism in Diderot’s work, through an analysis of the Skeptic arguments and rhetorical devices that can be identified in Diderot’s writingsέ τur investigation reveals the presence of recurring Skeptic elements both in the early works and in the maturity, including the contributions to the Encyclopédie. Another essential topic is the use of Skepticism as a method that does not consist only in the preliminary application of skeptic’s arguments to the subject discussed by the philosopherέ We also show that Diderot’s Skeptic method entails not only the use of some typical arguments, but also the adoption of peculiar stylistic choices. We claim that this Skeptic streak explains some singularities of Diderot’s philosophy and of his materialismέ A deeper understanding of the central role played by the Skeptic themes in Diderot’s thinking makes a significant contribution to the studies on Skepticism in the Enlightenment, which emerges like a plurality of positions and forms of philosophical heritages. For these reasons we do not only present a comparison between Diderot and his skeptic sources, but also with others Enlightenment philosophers like εontesquieu, Voltaire, D’Alembert and David Hume.

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