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Walter Benjamins Konzept des Eingedenkens: Über Genese, Stellung und Bedeutung eines ungebräuchlichen Begriffs in Benjamins Schriften

Marchesoni, Stefano January 2013 (has links)
Si tratta di un'indagine approfondita circa il concetto di Eingedenken" che Walter Benjamin utilizza nei suoi scritti dal 1927 fino alla morte (nel 1940)."
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L'ipotesi non necessaria: Ermeneutica demitizzante e critica utilitarista della religione in Jeremy Bentham

Russo, Raffaele January 2013 (has links)
Tra Paley e Bentham l’utilitarismo attraversò, nel giro di pochi anni, la sua linea d’ombra, e pur mantenendo dei tratti riconoscibili di continuità mutò in modo evidente la propria configurazione e organizzazione teorica. Nella prospettiva della storia di questa peculiare dottrina, lo scoccare di uno dei più importanti momenti di passaggio della modernità si può collocare con una certa precisione, tra il 1785 (l’anno della pubblicazione dei Principles of Moral and Political philosophy di Paley) e il 1789 (l’anno della pubblicazione della Introduction to the principles of Morals and Legislation di Bentham, e che evidentemente è significativo anche per altre clamorose manifestazioni di novità nel mondo istituzionale e politico). Anche in quella peculiare elaborazione collettiva che fu in quel periodo il dibattito che portò alle più importanti prese di posizione pubbliche degli utilitaristi inglesi, si può situare in quegli anni il momento in cui il progressivo “disincanto del mondo” si è fatto concezione generale e sistematica della vita associata degli uomini e del mondo cui essi appartengono. Proprio il passaggio, nel volgere di pochi anni, dall’utilitarismo di Paley a quello di Bentham, comportò – partendo da elementi dottrinali molto simili – una concezione completamente nuova della legittimazione dell’autorità, e una parte rilevante di questo spostamento teorico ed ideologico riguardò questioni apparentemente eterogenee, quali il tema dell’origine del mondo, l’opportunità o meno di prestare giuramento nei tribunali, l’analisi della coerenza logica del catechismo impiegato nell’istruzione religiosa inglese e l’indirizzo esatto della casa di un certo Anania, oscuro abitante della Damasco del primo secolo dopo Cristo.
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Coscienza dell'ordine e ordine della coscienza. Uno studio del pensiero filosofico e sociale di Frederick Denison Maurice / Conscience of Order and Order of conscience. A Study of Frederick Denison Maurice's Philosophical and Social Thought

GEROLIN, ALESSANDRA 21 February 2008 (has links)
Il presente studio è dedicato ad un'analisi del pensiero filosofico di F. D. Maurice (1805-1872), pastore anglicano, prima professore di letteratura inglese e storia presso il King's College di Londra e poi di filosofia morale e teologia presso l'Università di Cambridge, e si focalizza in particolare sui concetti di conscience e social order, nuclei speculativi in cui convergono i molteplici interessi di questo Autore. Dopo aver presentato una ricostruzione dei suoi anni di formazione, la ricerca considera i primi scritti di Maurice, di carattere etico e antropologico, dai quali emerge una decisa critica sia al soggettivismo razionalista, sia allo scetticismo empirista dell'epoca, e una riproposta dell'oggettività dell'esperienza e della conoscenza morali. Affrontando poi i suoi scritti di carattere socio-politico e di argomento religioso, si analizzano i fondamenti del vivere associato e il modello educativo proposto da Maurice, insieme ai suoi saggi su problemi storici e politici del tempo e alla polemica di argomento gnoseologico e teologico che lo ha opposto a Henry Mansel, a riguardo delle capacità e dei limiti della conoscenza umana. La ricerca considera infine il tema della coscienza collocando la trattazione mauriciana in materia di ontologia, antropologia, gnoseologia ed etica sociale. / This thesis is a study and critical analysis of the philosophical work of F. D. Maurice (1805-1872), Anglican priest, first professor of English literature and history at King's College, London, and later professor of morals and theology at Cambridge University. The thesis focuses on Maurice's ideas of conscience and social order, topics which uniquely characterise and best exemplify the divergent and speculative aspects of his thought. After reconstructing Maurice's education, the thesis considers his first writings about ethics and anthropology: these are characterized by a strong critique of both rationalistic subjectivism and the moral scepticism typical of empiricism. As a response Maurice stressed the objectivity of experience and consequent possibility of a genuinely moral knowledge. Then, considering Maurice's political and social works, the research presents an analysis of the basis of human social life, the pedagogic model proposed by the author, and his essays about the mid 19th century historical and political situation. In the same section, as a means of further elucidation, the thesis evaluates Maurice's debate with Henry Mansel about the capacity and the limits of human knowledge. The present study, finally, considers the topic of conscience, placing his thought within the fields of ontology, anthropology, knowledge, and social ethics.
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IL RAPPORTO TRA LA PAROLA E IL PENSIERO IN ALESSANDRO MANZONI / Relationship between word and thought in Alessandro Manzoni

ZAMA, RITA 04 April 2011 (has links)
La ricerca ha approfondito il rapporto esistente tra l’ambito della parola e quello del pensiero in Alessandro Manzoni. Essa è stata articolata in due versanti: uno prevalentemente teorico denominato la parola nel pensiero dove è chiarita la Weltanschauung manzoniana sul tema in questione, l’altro sostanzialmente pratico, il pensiero nella parola, concernente l’analisi testuale delle opere letterarie e filosofiche di Manzoni. Per il primo versante, fatta luce sulla consistenza delle riflessioni filosofiche manzoniane, sui contenuti essenziali del suo pensiero e, in essi, sull’importante ruolo assunto dalla riflessione linguistica, si sono indagati gli intimi meandri speculativi inerenti il linguaggio e la parola. Per il secondo versante ci si è fatti guidare dalla riflessione manzoniana che «la parola offre intuiti al pensiero» ed «estende la cognizione» per analizzare i testi letterari non come semplici ‘concretizzazioni’ di idee precedenti, ma come ‘fucine di pensiero’. È interessante notare come le pagine letterarie, offrendo «intuiti al pensiero», precedano e incarnino quelle filosofiche e come al contempo, alla luce delle speculazioni filosofiche, le pagine letterarie acquistino maggiore profondità, in un innovativo rapporto di circolo ermeneutico, che vede nella parola letteraria ‘rivelativa’ un momento fondamentale del processo creativo e conoscitivo del Manzoni, aprendo così la strada ad ulteriori studi. / The research is an in-depth study about the relationship between word and thought in Alessandro Manzoni. It has been structured in two different parts: the first part, mainly theoretic, called la parola nel pensiero, where is clearly defined Manzoni’s Weltanschauung about this theme, the second part, basically practical, called il pensiero nella parola, concerning the textual analysis of the literary and the philosophical works by Manzoni. On the one side, after clarifying the foundation of the philosophical reflections by Manzoni, the essential contents of his thought and the important role of the linguistic thinking inside them, the last deep speculative aspects related to the language and the word have been investigated. On the other side, Manzoni’s reflection “la parola offre intuiti al pensiero” and “estende la cognizione” has been the starting point to review the literary works not only like simple forms of previous ideas but also like a breeding ground for thought. It’s interesting to notice that the literary pages offering “intuiti al pensiero”, come before and exemplify the philosophical ones and at the same time, thanks to the philosophical speculations, they gain depth inside an innovative hermeneutic circle which considers the literary word “rivelativa” a fundamental moment of the creative and cognitive process by Manzoni, opening the way for further studies.
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Parodia e soggettività in Max Stirner: per un'etica della consumazione

POZZI, MATTIA LUIGI 15 April 2013 (has links)
Il presente studio propone un’indagine critica del pensiero di Johann Caspar Schmidt, meglio noto come Max Stirner, volta sia a investigare la sua posizione all’interno del contesto filosofico della prima metà del XIX secolo, e più in generale della storia della filosofia, sia a valutare la cogenza e l’attualità della sua proposta teoretica. L’ipotesi guida della ricerca mira all’approfondimento dell’idea, già prospettata da alcuni studiosi, di una valenza ironica della riflessione stirneriana in direzione di una complessa strategia parodica, che assume come fulcro l’umorismo e si declina in un duplice movimento convergente nel plesso concettuale “unico-proprietà”. Mediante un puntuale confronto testuale con i suoi avversari diretti – Feuerbach, Bruno Bauer e Hegel – si mostrerà come Stirner operi un raddoppiamento di tali corpi di pensiero e una parodia dei propri stessi assunti, al fine di delegittimare l’ambito della significazione e attingere il piano dell’evenemenzialità dell’esistenza e della storia. La parodia stirneriana assume pertanto valenza euristica e pragmatica in quanto prospetta una diversa idea di soggettività intesa come struttura di differenza sempre operante e apre a inedite configurazioni etiche e politiche, caratterizzate da un ripensamento delle nozioni di uso e consumo. / This research proposes a critical inquiry of the thought of Johann Caspar Schmidt, best known as Max Stirner, both for investigate his peculiar position in the philosophical context of the early half of XIX century, and in the history of philosophy in general, and for understand the theoretical and topical interest of his proposal. The aim of the analysis is the widening of an ironic value of his work, suggested for some critics, in order to assert that Stirner makes a complex and humoristic parody of his contemporary context of thought – in particular of the works of Feuerbach, Bruno Bauer and Hegel – and of his own assumptions for displace the philosophical discours from the level of the meaning to the level of the event. In this way, his parody attains a heuristic and pragmatic function, suggesting a different idea of subjectivity as structure of difference and new ethical and political forms, based on the reconsideration of the notions of use and consumption.
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Certezza e realtà: uno studio sul pensiero filosofico di John Henry Newman / Certitude and Reality. A Study about the philosophical thought of John Henry Newman

BUSETTO, SAMUELE 22 January 2013 (has links)
John Henry Newman (1801-1890) ha sviluppato una riflessione filosofia originale circa la questione della certezza nel suo Essay in Aid of a Grammar of Assent (1870). Con questo saggio egli si inserisce nella britannica tradizione filosofica di riflessione sulla gnoseologica e l’atto d’assenso. La tesi presenta uno studio sulla genesi dell’opera. Anzitutto si offre una ricostruzione del pensiero newmaniano per mezzo di un excursus tra le principali opere, la corrispondenza e gli scritti contenenti il lavoro di elaborazione delle tesi contenute nel saggio. Inoltre, viene ripercorsa la tradizione britannica di riflessione sulla certezza al fine di far emergere, per paragone, l’originalità del Saggio di Newman. I fattori di questa originalità vengono, infine, esposti nell’ultimo capitolo. Questo studio permette di documentare i fattori essenziali di uno specifico realismo newmaniano fondato sul primato della persona e la dinamica di elaborazione di una diversa e più ampia concezione moderna della razionalità. Tale novità emerge dalle riflessioni svolte da Newman sulle nozioni di real, notional, probability. / In his Essay in Aid of a Grammar of Assent (1870) John Henry Newman develops an original philosophical thought about the question of certainty. By means of the Essay he enters into the British philosophical tradition of thinking about gnoseology and the act of assent. This thesis shows the genesis of that work. First of all the development of Newman’s thought is analyzed by an excursus through his main works, his correspondence and papers which hold the elaboration of Essay’s contents. Then, British tradition of thinking about certainty is retraced in order to point out, by comparison, the originality of Newman’s Essay. At last, the elements of that originality are explained in the last chapter. This study documents the essential elements of a specific newmanian realism based on the primacy of human person, and it record the development of a differently modern and wider notion of reason. Such a difference of conception is testified by Newman’s remarks about the concepts of real, notional and probability.
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Young adults from disrupted families. A study on relations / YOUNG ADULTS FROM DISRUPTED FAMILIES, A STUDY ON RELATIONS / Giovani adulti figli di separati. Uno studio sulle relazioni

ROBLES, FELICIA ANNAMARIA 24 September 2018 (has links)
La famiglia nell'attualità è attraversata da cambiamenti che stanno trasformando le fondamenta della identità personale, gli assiomi della vita quotidiana. Il caso della famiglia che ha attraversato una rottura ed è contrassegnata da separazione e divorzio, solleva un gran numero di questioni umane e sociali e origina diverse transizioni, che sono state al centro dell'approfondimento oggetto di questa tesi dottorale, condotto su un campione di giovani adulti italiani. Essa mostra, nella fattispecie attraverso le peculiari caratteristiche della ricerca qualitativa, i tratti salienti di specifici metodi visuali, denominati "Family map" e "Life line". Essi hanno contribuito a definire la struttura, il posizionamento relazionale dei membri della famiglia, le stesse relazioni tra essi, nonchè di concettualizzare chi "appartiene" a una famiglia che ha attraversato un cambiamento, una transizione, che porta dunque con sè un corredo di eventi correlati. L'intervistato ha partecipato di volta in volta secondo una modalità (inter)attiva e ha descritto graficamente all'interno delle quattro specifiche sezioni ed i cerchi concentrici della mappa e poi lungo la linea, quali relazioni e fatti sono più o meno importanti. L'intervistatore ha potuto rivolgere domande volte ad acquisire informazioni su alcuni processi di cambiamento e la prospettiva peculiare di tale cambiamento, così come percepita da ciascun attore, ad esempio in riferimento ad eventi passati o presenti. Attraverso lo specifico snodarsi grafico dei supporti - allo sesso tempo fornendo un inquadramento consistente di dati- questo lavoro ha gettato luce su cosa le relazioni familiari, gli eventi e le rappresentazioni configurano nella percezione della persona coinvolta. La scommessa posta attraverso l'uso di questi metodi visuali è quella di continuare a concepire gli individui in termini di approccio relazionale, attraverso l'interdipendenza con il sè, l'altro da sè e il mondo, lungo tutto il corso della propria esistenza. Un grande contributo di questo strumento sui generis è che ha aperto le porte a numerose altre domande che stimolano la ricerca di risposte e la stessa futura ricerca riguardante i figli di separati. / Many changes are affecting the family today, transforming the foundations of self-identity, which are the core models for everyday personal life. The situation of family disruption, such as separation and divorce, raises either a number of human and social issues, and transitions which deserved to be better understood in this PhD thesis, being carried out on a sample of young Italian adults. It shows in the form of qualitative research the main features of specific visual methods, the Family map and Life line. They contributed to define the structure, the positions of family members, the relationships between them and conceptualize who belongs to a family that has changed, with crucial events related. The interviewee has been actively identifying and describing graphically (within the four sections and the concentric circles of the map and along the line) which relations and facts are more or less relevant. The interviewer could ask questions in order to get some processes of change and the actors’ own perception of such change, e.g. with reference to current state or past events. Along a specific visual development of the graphs -while providing a helpful framework- this research throwed some light on what family relationships, events and representations are on the perception of the person involved. The challenge posed for this visual methods is to continue to conceive of individuals in terms of relational approach, through the interdependence with self, others, and the world during the course of life. A great contribution of this tool sui generis is that it opened the door to numerous additional questions concerning children of divorce, that need answers and further research.
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Cioran e l'Utopia. Prospettive del grottesco

Vanini, Paolo January 2017 (has links)
Questa tesi nasce come un tentativo teoretico di rispondere a una provocazione di Cioran, per il quale «l’utopia è il grottesco in rosa». In questa sentenza, l’utopia viene definita attraverso un ossimoro che ne evidenzia gli aspetti ridicoli, come se Cioran stesse semplicemente proponendo una parodia del pensiero utopico. Scopo della tesi è mostrare il carattere dialettico di questa parodia, attraverso la quale viene diagnosticata una delle ambivalenze costitutive della coscienza utopica: la tensione antropologica verso l’idea di un bene futuro e ipotetico, a dispetto di un presente contrassegnato dalle stimmate del male. Al riguardo l’utopia risulta essere una caricatura doppiamente paradossale della storia umana perché il suo aspetto grottesco, e dunque ridicolmente mostruoso, è determinato non da un’eccessiva presenza del male, ma da una claustrofobica onnipresenza del bene. Nella letteratura critica degli ultimi anni, la posizione anti-utopica di Cioran è stata giustamente collegata sia alla sua postura scettica che al suo stile paradossale, uno stile capace di smascherare tanto le illusioni metafisiche quanto le contraffazioni ideologiche. Da questa prospettiva il «grottesco» è stato spesso considerato come un aggettivo, che connota esteticamente le paradossali conclusioni a cui giunge Cioran rispetto alla storia; tuttavia, non è stato quasi mai considerato in quanto concetto, capace di orientare teoreticamente i presupposti del pensiero cioraniano. Per questa ragione, nella parte introduttiva della tesi, propongo una dettagliata analisi storica del concetto di grottesco, per mostrare successivamente i rapporti che il simbolismo del grottesco instaura, da un lato, con l’arte ornamentale delle grottesche rinascimentali, dall’altro, con l’immaginario utopico del mondo alla rovescia. I punti di riferimento dell’indagine saranno gli studi novecenteschi di Wolfgang Kayser, Michail Bachtin e Geoffrey Harpham. Questi autori, in modi diversi, hanno mostrato che il grottesco, per quanto sia una categoria concettualmente ambivalente, attiene a tre particolari ambiti della discussione filosofica: a) l’antropologia, nella misura in cui i corpi fantasiosi e anatomicamente impossibili del bestiario grottesco impongo una riconfigurazione del rapporto tra uomo e animale e del rapporto tra mito e storia; b) l’arte, nella misura in cui questa riconfigurazione implica un capovolgimento gerarchico delle relazioni tra forma e contenuto, centro e margini, armonia e disarmonia; c) la poesia, nella misura in cui le «trasfigurazioni» (talvolta fantasiose, talvolta demoniache) delle figure grottesche e delle decorazioni arabesche hanno rappresentato, soprattutto per il Romanticismo ottocentesco, un rapporto tragico e drammatico con la sfera del «sublime». Tutti questi ambiti si relazionano, a loro volta, con il simbolo utopico-carnevalesco della maschera grottesca, che svolge la funzione di sovvertire simbolicamente e comicamente una realtà che deve cambiare, perché troppo contraddittoria e irrazionale per permanere nello stato attuale. Per Cioran, viceversa, la realtà può cambiare solo verso il peggio, ragion per cui egli rinnega le elucubrazioni utopiche di un mondo perfettibile. Ma la sua condanna non è univoca e, soprattutto, non si traduce in un’accettazione passiva della condizione presente: egli rifiuta questo mondo, proprio perché questo mondo è troppo assurdo e deforme per essere accettabile. La sua critica all’utopia, dunque, è una posizione molto complessa, nella quale sono rintracciabili i diversi elementi del simbolismo grottesco che abbiamo precedentemente elencato. Nelle sue opere Cioran tratteggia una feroce «anatomia» della storia umana, che si converte spesso in una disillusa e malinconica «nostalgia dell’altrove», come se l’utopia si traducesse non tanto in una «speranza» rivolta al futuro, quanto in un «rimpianto» di ciò che l’uomo avrebbe potuto essere. In questo frangente, il grottesco offre una chiave di lettura originale per interpretare l’evoluzione del pensiero cioraniano dal periodo giovanile rumeno a quello francese della maturità. In un confronto serrato con i testi si mette in risalto che il giovane Cioran, di fronte al grottesco della storia – lucidamente diagnosticato già in diversi articoli degli anni Trenta – reagisce «romanticamente», affidandosi all’ideale sublime, tragico e folle della trasfigurazione. Arrivato a Parigi, e in seguito al fallimento di quella trasfigurazione, egli mette in scena una sorta di «parodia» metafisica delle sue illusioni romantiche, arrivando a celebrare, nel Précis de décomposition, «l’orrore testicolare del ridicolo di essere uomini». Questo terrore si proietterà nelle sue confutazioni dell’utopia, che egli definisce come il tentativo tragicomico «di rifare l’Eden con i mezzi della caduta, per permettere così al nuovo Adamo di conoscere i vantaggi dell’antico». Tutta questa serie di ossimori, attraverso cui Cioran delimita l’orizzonte delle utopie, sono pienamente comprensibili soltanto se inseriti nel contesto simbolico del grottesco. È ciò che è stato fatto nei quattro capitoli della tesi, grazie a uno studio minuzioso di alcune metafore del grottesco che si presentano ripetutamente nei testi cioraniani e che sono strettamente connesse al discorso utopico: la caverna, il troglodita, la prigione trasparente, il corpo squartato, il cannibale, il licantropo, l’ombra, il buffone. Nel primo capitolo ci si focalizza sulle declinazioni antropologiche della metafora della caverna e del troglodita, immagini che si richiamano sia alla condizione “paradisiaca” dell’uomo primitivo, che viveva in unisono con la natura, sia al fallimento “apocalittico” dell’uomo civile, che procede verso la catastrofe. Cioran, rielaborando in modo originale alcune riflessioni sulla città e sul riso di Simmel e di Bergson, definisce l’uomo come un «architetto delle caverne», che subisce, nel perimento moderno di una metropoli, lo stesso sentimento di angoscia esistenziale e claustrofobica che i suoi antenati dovevano aver provato nelle preistoriche spelonche. In un secondo momento, l’analisi si sposta sul versante mitologico, poiché la caverna non è soltanto la dimora del troglodita, ma anche la prigione di Saturno. E Saturno, oltre ad essere il dio del carnevale, è anche il pianeta sotto il cui segno nascono i malinconici. Attraverso un confronto con Marsilio Ficino, che aveva fatto di Saturno il patrono della sapienza filosofica, si mostra in che modo il culto dei Romantici per il genio malinconico sia erede della tradizione metafisica rinascimentale. Questo è importante per due motivi: in primo luogo perché l’Utopia di More (come si dimostra nel secondo capitolo) ripropone in chiave narrativa una speranza filosofica di matrice «saturnina»; in secondo luogo perché Cioran parla spesso di sé come di un pensatore malinconico, profondamento influenzato dalla poesia e dalla filosofia romantica. In virtù di questo, nella parte finale del capitolo si accenna un confronto con tre pensatori romantici che hanno discusso, in modo decisivo, della malinconia, del sublime e del grottesco: Friedrich Schlegel, Victor Hugo, Théophile Gautier. Nel secondo capitolo ci si dedica, per l’appunto, al tema dell’utopia, attraverso un confronto con tre autori che sono fondamentali per comprendere l’anti-utopismo di Cioran: Thomas More, Michel de Montaigne e Jonathan Swift. Dei tre, More è senz’altro quello più distante dalle posizioni di Cioran, ma la sua Utopia, se letta da una prospettiva ontologica, rivela come siano instabili i confini tra la finzione e la realtà, tra il presente e il futuro: più precisamente, mostra che le aspettative nei confronti del futuro dipendono dalle deformazioni prospettiche del presente. Tema ripreso, in chiave grottesca e parodistica, nei Viaggi di Gulliver, in cui la contrapposizione prospettica tra i microscopici lillipuziani e i giganteschi corpi degli abitanti di Brobdignac rivela, in controluce, la miseria dell’uomo: un animale razionale incapace di accettare le proprie reali dimensioni e ridicolmente incline a credersi più grande di quel che è. Cioran si riconosce esplicitamente in questa denuncia misantropica e considera Swift «l’autore che h[a] ammirato di più». Nella bibliografia critica di Cioran, però, sono pochi i riferimenti a Swift. Si è cercato di rispondere a questa lacuna per evidenziare un aspetto che non era stato ancora notato: il carattere «fisiologico» del pensiero cioraniano non è soltanto erede della «metafisica organicistica» di Nietzsche e Schopenhauer, ma ha anche evidenti affinità con il grottesco corporeo swiftiano. A tal proposito, inoltre, ci siamo soffermati sullo scetticismo di Montaigne, che, negli Essais, fa del suo corpo il punto di convergenza dei propri dubbi verso la realtà circostante. In particolare, abbiamo esaminato il saggio Dei cannibali, in considerazione del fatto che Cioran riprenderà, in modo distopico, il tema dell’antropofagia. Nel terzo capitolo, abbiamo confrontato da un punto di vista paradigmatico la Repubblica platonica con la critica all’utopia di Cioran: se Platone aveva elaborato la sua kallipolis per indicare il modello teorico a cui attenersi per realizzare la giustizia sociale, Cioran nega “antiplatonicamente” la possibilità stessa di ottemperare al bene, come se si stesse chiedendo: Visto che ci si muove solo per fare il male, perché non si dovrebbe fare nulla? Per rispondere a questa interrogativo, cercheremo di mostrare il carattere paradossalmente “normativo” del cioraniano invito al distacco e alla rinuncia di qualsiasi tipo di azione. Il confronto tra i due autori partirà da un’attenta analisi, da un punto di vista antropologico, del mito della caverna platonica, per vedere in che senso la condizione dei prigionieri del VII libro della Repubblica si possa relazionare allo scetticismo e alla tragica «passione del reale» di Cioran. In seguito, ci focalizzeremo sul ritratto del tiranno di Platone per confrontarlo con quello proposto da Cioran nel saggio À l’école des tyrans. Per fare questo dovremmo anche misurarci con il personaggio “platonico” di Trasimaco e con quello “cioraniano” di De Maistre, nel tentativo di approfondire il rapporto che Cioran instaura tra regime rivoluzionario e pensiero reazionario, tra ideologia e utopia: o la vanità di tutte le riforme. Questo problema viene ripreso nel quarto capitolo grazie a un parallelismo tra Cioran e Salomone, tra il pensatore marginale che aspirava alla saggezza di un clochard e il saggio sovrano dell’antichità che aveva proclamato la vanità di tutte le cose. L’assoluta e disarmante lucidità delle visioni di Salomone evocano le «rivelazioni della morte» di Lev Šestov e «l’esperienza dell’abisso» di Benjamin Fondane, altri due pensatori decisivi nella formazione di Cioran, il quale, similmente a loro, era «continuamente in lotta contro la tirannia e la nullità delle evidenze». E proprio richiamandoci a Fondane, nella parte conclusiva del lavoro ci concentriamo su Baudelaire, che, nel saggio su Quelques caricaturistes français, ha qualificato il grottesco come una forma di «creazione», come un tipo di «comico assoluto» che tanto più si avvicina al sublime quanto più si confonde con una sensazione di vertigine. Riscontriamo lo stesso genere di smarrimento nell’opera di Cioran, che diceva di essersi aggirato «con molte precauzioni, [...] nei paraggi delle profondità, per spillar loro qualche vertigine e poi svignarsela, come uno scroccone dell’abisso». Cioran, nella sua disarmante analisi della storia e dell’uomo, è stato anche uno scroccone dell’utopia e – agli antipodi da ogni visione statica e immutabile della realtà – non ha fatto altro che porsi in modo paradossale e umoristico la più seria e la più platonica delle domande: che cosa non dobbiamo fare per non peggiorare ulteriormente il mondo. Questa caverna della sofferenza umana.
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Incivilimento e storia filosofica nel pensiero di Antonio Rosmini

Baggio, Alberto January 2015 (has links)
Il presente lavoro si propone di indagare il tema dell'incivilimento e più in generale della storia a partire dalla prospettiva filosofica di Antonio Rosmini. Il filosofo di Rovereto risponde alle moderne teorie dello stato di natura, del perfettismo, del socialismo contrapponendo una antropologia che è propriamente antropologia filosofica. Con i grandi Agostino, Tommaso, Bonaventura ripropone nella modernità il tema fondamentale del peccato originale come nodo teologico e filosofico per comprendere l'uomo, il cittadino, il credente. La filosofia di Rosmini, basata sulla teoria del sintesismo delle tre forme dell'essere, mostra come il cristianesimo sia il vero incivilitore dei popoli. L'uomo è ontologicamente fondato in Cristo, l'umanità è per essenza cristiana. In questo modo, poiché la storia è da leggersi come storia sacra, storia della Chiesa-Società teocratica, anche la riflessione sul suo andamento non è più pensabile nel termine politico-sociale di "incivilimento", ma più propriamente in quello teologico di "cristificazione".
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FILOSOFIA E SOFFERENZA: LIBERAZIONE E SALVEZZA NEL PENSIERO DI ITALO MANCINI / Suffering and Philosophy: deliverance, salvation and redemption in the work of Italo Mancini.

CICERI, ANDREA 12 April 2014 (has links)
Il percorso intellettuale di Italo Mancini può essere considerato sotto l'aspetto del rapporto tra fede e ragione ma anche le tematiche della liberazione, della salvezza e della redenzione sono presenti nei i suoi testi fin dalle origini. L'obiettivo del presente lavoro è stato quello di ripercorrere il percorso intellettuale e culturale di Italo Mancini e mettere in luce come la questione del male, declinata all'interno delle tematiche della salvezza, della liberazione e della riconciliazione, possa essere una chiave di lettura efficace, ovverosia un “filo rosso” in grado di collegare e tenere unite un insieme di opere e di temi che a volte rischiano di sembrare eterogenei. La questione soteriologica messa in luce da Mancini ha valore dal punto di vista della storia della filosofia italiana del novecento ma, a mio avviso, ha ancor più valore dal punto di vista della filosofia teoretica in quanto cerca di prospettare nuove possibilità per il discorso razionale e religioso su Dio. / The intellectual journey of Italo Mancini may be considered under the aspect of the relationship between faith and reason, but also the themes of liberation , salvation and redemption are present in his texts from the very beginning . The objective of this work was to retrace the intellectual and cultural significance of Italo Mancini and shed light on how the question of evil , declined within the themes of salvation, liberation and reconciliation, can be an effective key to understanding the work of the italian philosopher, a "red thread" able to connect and hold together a collection of works and themes that seem mixed at times. The soteriological issue highlighted by Mancini is of grat value from the point of view of the history of Italian philosophy of the twentieth century but, in my opinion, has even more value from the point of view of theoretical philosophy as it tries to envisage new possibilities for religious and rational discourse about God.

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