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L’alternativa democratica: Umberto Zanotti Bianco, il sud Italia e il Mediterraneo tra grande guerra e fascismo. / The democrativ alternativ: Umberto Zanotti Bianco, the Southern Italy, and the Mediterranean between the great war and fascism.

Grasso, Mirko <1979> 13 December 2013 (has links)
L’impegno civile di Umberto Zanotti Bianco (1889-1963) intrecciandosi ai principali eventi storici della prima metà del Novecento ha concorso a fare del Mezzogiorno d’Italia un laboratorio per una concreta emancipazione delle fasce sociali più umili. In queste coordinate l’azione di Zanotti Bianco è emblematica: supera la visione conservatrice di un sud incapace di fare emergere saperi e capacità organizzative mirando invece attraverso chiari, determinati e moderni progetti di riforma a far crescere il lievito della consapevolezza e della capacità di governarsi. Si può legittimamente sostenere che la complessa azione di Zanotti Bianco, pur partendo dalle migliori e più avanzate forme del pensiero meridionalista di inizio secolo, nella pratica tende a superare anche queste collocando la questione del Mezzogiorno d’Italia non solo nello scenario nazionale, tipico della fondamentale e già innovativa riflessione intorno al sud sviluppatasi da Villari a Salvemini, ma proietta le problematiche del meridione all’interno di un quadro europeo con una spiccata vocazione mediterranea. In sostanza i piani dell’intervento sociale, studiati e messi a punto inizialmente in Calabria e nelle regioni economicamente depresse del nostro Mezzogiorno, per Zanotti Bianco sembrano essere da modello anche per le più complesse questioni sociali di altri popoli del bacino del Mediterraneo i quali (come le popolazioni dell’Italia meridionale in quegli anni) apparivano deficitarii di strumenti per lo sviluppo economico, sociale, politico: è questa la tesi qui proposta. / Umberto Zanotti Bianco’s social commitment (1889-1963), intertwining as it did with the main historical events of the early XX century, contributed to making the South of Italy a workshop for the concrete enfranchisement of the lowest classes. He was the driving force of the Associazione Nazionale degli Interessi del Mezzogiorno d’Italia founded in 1910 after the Messina earthquake, with the clear objective of intervening in the name of civil progress in the areas in which the State’s action was weak, or often absent. His work became an important experiment in mobilisation linking the South of Italy to the great international issues of the early XX century. He was fascinated by Mazzini. This allowed the young intellectual to contextualise the Italian problems of the age, especially those of his South, in the complex European political frame and, in an hitherto unheard of way, also in the context of the Southern Mediterranean. Here too compared to Italian culture in general and to the most advanced movements dealing with the South of Italy at the time, which he had inevitably looked to in planning his social reform interventions. The plan for action initially studied and developed in Calabria and in the other depressed regions of the South, according to Zanotti Bianco served as a model also for an intervention in the more complex social issues of other peoples of the Mediterranean, similarly lacking tools for their economic, social and political development. In the light of the current implications of the Southern issues and renewed interest in the “souths” of the Mediterranean basin, in particular after the recent North African events and the scenario opened by the global economic crisis, the plan organised by Zanotti Bianco consequently appears interesting and full of critical ideas, well implementable in the current period.
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La drammatizzazione della storia. Uno studio del secondo Novecento attraverso i racconti del teatro di narrazione. / The dramatization of history. A study of the late twentieth century through the Italian storytelling theater.

Farinelli, Francesco <1981> 13 December 2013 (has links)
Sorto alla fine degli anni ottanta del Novecento, il teatro di narrazione ha raggiunto un notevole successo di pubblico a partire dagli anni Novanta. I suoi legami con il giornalismo d'inchiesta hanno condotto questo genere teatrale verso la narrazione di alcuni tra gli eventi pi controversi della storia dell'Italia repubblicana; eventi non ancora risolti sul piano processuale o al centro di una memoria storica fortemente divisa. Marco Baliani, Marco Paolini e Ascanio Celestini sono i tre autori che abbiamo scelto per affrontare un'analisi delle loro narrazioni in merito, rispettivamente, all'omicidio di Aldo Moro, alla strage di Ustica e all'eccidio delle Fosse Ardeatine. Oggetto della ricerca l'analisi dell'utilizzo delle fonti da dichiarate o comunque utilizzate dai narratori per la costruzione delle loro performances la loro selezione, la loro interpretazione e la loro disposizione nel testo e la messa in evidenza del problema della verità e del suo rapporto con il verosimile nelle narrazioni teatrali di eventi storici. Particolare attenzione viene inoltre posta al grande dibattito internazionale tra storia e fiction, alle strategie di coinvolgimento dell'opinione pubblica su temi morali e politici nonché all'analisi dei fattori economici e delle committenze che sono alla base di tali narrazioni. / In the eighties of the twentieth century a particular theatrical form appeared in Italy, which is known today as teatro di narrazione (storytelling theater). The storytelling theater has among its best actors and writers those involved in telling contemporary history in order to revive the memory of past events. Marco Baliani, Marco Paolini and Ascanio Celestini are among the actors who now better represent this artistic movement. The purpose of this thesis is to show how their performances are created and spread and to analyze the relationship between historical sources and drama texts of three events in the history of Italy: Mr Aldo Moro's murder, the slaughter of the Fosse Ardeatine and the massacre of Ustica. Particular attention is devoted to the international debate between history and fiction, to the analysis of the relationship between narrators and the public opinion, between morality and politics, and to the study of patronage and economic factors of these performances.
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L'immagine di Roma nella cultura russa tra fine XVIII secolo e inizio XIX secolo / The image of Rome in Russian culture between the end of the eighteenth century and early nineteenth century

Saveleva, Aleksandra <1979> 11 June 2014 (has links)
Nella tesi si osserva come nella cultura russa cambiava l’immagine di Roma. Se ancora alla fine del settecento l’antichità romana poteva risultare solamente uno strumento retorico-filologico da utilizzare per fare il proprio discorso più convincente, la generazione dei decabristi la stessa antica romanità la accostava alla cultura e storia russe tramite gli elevati ideali civici. La romanità ora risultava uno strumento di analisi della esperienza storica e politica della Russia anche nel contesto europeo. Da qui nasceva una serie di modelli russi legati all’antica Roma: il Catone di Radiscev, il Bruto dei decabristi, ecc. Vi attingeva generosamente anche una corrente di lirica russo-antica con i suoi ricchi riferimenti agli autori classici, Ovidio, Tacito, Orazio. Nasceva così una specie di Roma antica russa che viveva secondo le sue regole etiche ed estetiche. Con il fallimento dell’esperienza decabrista cambia anche l’approccio alle antichità: ci si distacca dalla visione storico-morale dell’antico, Roma non è più una categoria da emulare, ma una storia a sé stante e chiusa in sé stessa come ogni periodo storico. Essa smette di essere un criterio universale di giudizio etico e morale. Allo stesso tempo, una parte integrante della cultura russa all’epoca era il viaggio a Roma. I russi cresciuti con interesse e amore verso la Roma antica, impazienti ed emozionati, desideravano ora di vedere quella patria dei classici. Era come se fosse un appuntamento fra gli amici di vecchia data. Si affrettava a verificare di persona le muse di storia e di poesia. E con tutto questo si imparavano ad amare tutti i defetti della Roma reale, spesso inospitale, la Roma del dolore e della fatica. La voce importante nel racconto romano dei russi era anche la Roma del cristianesimo, dove ritrovare e ricoprire la propria “anima cristiana”. / In the thesis we observe how in Russian culture was changing the image of Rome. If still at the end of the Eighteenth century the Roman antiquity could only be rhetorical and philological tool to use to make your speech more convincing, the generation of the “Decembrists” used the same Roman images to approach the Russian culture and history through high civic ideals. The Roman antiquity now appeared a tool for the analysis of historical and political experience of Russia also in the European context. In this way was born a series of Russian cultural models related to ancient Rome: the Cato of Radiscev , the Brutus of the Decembrists , etc. . There were rich references to classical authors, Ovid, Tacitus, Horace also in the Russian literature. Thus was born a kind of ancient Russian Rome that lived by its own ethical and aesthetic rules. With the failure of the Decembrist experience also changes the approach to antiquity: the moral - historical vision of ancient Rome is no longer a category to emulate, but a part of History. It ceases to be a universal standard of moral and ethical judgment. At the same time, an integral part of Russian culture was the journey to Rome. The Russians who have grown with interest and love for the ancient Rome, eager and excited, wanted to see the homeland of the classics. It was as if it were a meeting between old friends. They wanted to see for themselves the muse of history and poetry, trying to lean also the real Rome, often inhospitable, the Rome of pain and fatigue. One of the major items in the Russian journey to Rome was also the Christian Rome, where to regain the own christian soul.
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La dialettica centro-periferia nella formazione e selezione della classe dirigente comunista. Il caso della Toscana (1945-1991) / The dialectic centre-periphery in the training and selection of the communist ruling class.Tuscany's case(1945-1991)

Conti, Achille <1984> 26 May 2014 (has links)
Il problema storico che è al centro di questo progetto di ricerca può essere così riassunto: in che modo viene selezionata la classe dirigente comunista nell’Italia repubblicana? Ovvero, detto in altri termini, in che misura le nomine dipendevano dal centro, per cooptazione, secondo la tradizione del modello di partito centralizzato, e quanto, invece, costituivano una ratifica alta di processi di selezione che si sviluppavano in periferia? Quanto contava, insomma, l’aver avuto lo scettro del comando nei territori di provenienza per ricoprire incarichi direttivi nel partito a livello nazionale? La nostra ricerca vuole quindi verificare la validità di alcuni paradigmi interpretativi, scaturiti da un’analisi complessiva della politica comunista, prendendo in esame un caso di studio locale, quello di una regione «rossa» per antonomasia come la Toscana. Tenendo conto, contestualmente, della realtà nazionale e di quella locale, cercheremo di analizzare, le ricadute che processi di portata nazionale ebbero sulla realtà locale, e in particolare, sulle modalità che regolavano la selezione della classe dirigente, dando alla ricerca un taglio prosopografico. / The historical problem, that is the focus of my research project, can be summarized in a fundamental question: how did Italian Communist Party select its own ruling class from 1945 to 1991? In other words I want to understand if selection process depends on the centre, by cooptation, or if its constitute a ratification of process developed in the periphery. In other words the topic of my research is to reconstruct, on the one hand, the way of formation of the leadership at national level and, on the other hand, to examine a local case study, Tuscany, a “red” region by definition
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Una congiuntura del progresso". La modernizzazione italiana e Lombroso (1876-1880)"

Ficarra, Pietro January 2015 (has links)
The study seeks to provide a non-teleological overview of a meaningful turning point of the "progress" in late nineteenth century Italy: the period from 1876 to 1880, when the Left wing party started to rule the country. The Italian case is set against the influential background of Europe at the dawn of the "Age of Empires". The study is based on primary sources. It provides a textual analysis of parliamentary reports, governmental documents, political newspapers and magazines. It also investigates the debates involving medical, social and criminal sciences, which were closely related to politics. It thus considers the mainstream-culture of the new "bourgeois" Italy: positivism. Specific attention is devoted to a key player of positivism, Cesare Lombroso, whose "discovery" of the "criminal man" - a sort of dangerous sub-man, that had to be neutralized as such – were about to become world famous. The study seeks to provide a multifaceted and comprehensive analysis. It deals with structures and agency, by refusing both deterministic and subjectivist approaches. The research therefore focuses on the interaction between structures and agency, looking into both the impact of social processes and the cultural-political shaping of these processes. The study hopefully provides a “view from the inside” of the risky capitalistic and democratic modernization in liberal Italy. Source analysis suggests that political elites and the rising bourgeoisie experienced a paradox: a) on the one hand, a need for a "progressive" change, in order to turn that late-comer into a competitive "nation" able to cope with social problems; b) on the other hand, a fear of the "progress" itself, whose tangible implications, i.e. the politicization of social conflict, were dangerous to this weak country. That paradox might shed some light on the later centrist political agenda of “trasformismo”. Moreover, it might support a view that liberal democratic and authoritarian trends, which paired up in liberal Italy, were the two sides of the same coin. As for the cultural developments, it might be argued that the biological theory of "crime" was a safe and nonetheless painful representation of the unbearable dark side ofthe "progress": the anti-illuministic features of that increasingly influential representation were dictated by "progressive" feelings.
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Fare gli Italiani dell’Egeo: Il Dodecaneso dall’Impero ottomano all’Impero del fascismo

Espinoza, Filippo Marco January 2017 (has links)
Scopo della tesi è indagare i modi e le forme attraverso cui la percezione dell'opinione popolare egea da parte delle autorità italiane hanno influenzato trasformazioni della vita giuridica, economica e sociale del Dodecaneso nel periodo compreso tra la spartizione dell'Impero ottomano e la proclamazione dell'Impero fascista. Attraverso questa chiave interpretativa si tenterà di enucleare alcune peculiarità del Possedimento delle Isole Italiane dell'Egeo rispetto al contesto italiano e a quello internazionale. Per ricostruire gli sviluppi e gli esiti di tale rapporto si è proceduto a una disamina analitica, mettendo a fuoco le vicende che videro coinvolti gli attori locali e gli organi di governo metropolitani, le problematiche affrontate e le decisioni prese sulla base di documenti interni (studi, memorie, carteggi) e di fonti ufficiali (pubblicistica italiana e internazionale, atti di convegno, bilanci, discorsi parlamentari, leggi e regolamenti). Si è poi cercato di interpretare i singoli eventi, evidenziando le specificità del contesto egeo rispetto agli altri territori sottoposti alla sovranità italiana, le linee di continuità o le divergenze tra le pratiche di governo italiane e quelle ottomane, le finalità attribuite alla politica locale, gli effetti della Grande depressione e dello scenario politico successivo alla Crisi di Abissinia sul tessuto sociale e sulle pratiche amministrative. Il lavoro è diviso in quattro capitoli. Il primo è un'introduzione storica che descrive l'organizzazione politica e sociale dell'Arcipelago durante gli ultimi decenni della dominazione ottomana, le vicende che spinsero gli Italiani all'occupazione del Dodecaneso, gli esiti della Guerra di Libia e delle Guerre balcaniche nell'opinione popolare egea e all'interno dei centri decisionali metropolitani. Nei due capitoli centrali si è deciso di seguire una struttura argomentativa tripartita. Vengono esposti dapprima gli scenari internazionali, con una particolare attenzione alle trattative diplomatiche che interessano la sorte dell'Arcipelago. In secondo luogo, vengono analizzate le politiche amministrative che furono pianificate e portate avanti con il perdurare della presenza italiana, tentando di mettere in luce non solo come le direttive inviate da Roma abbiano condizionato l'azione di governo degli amministratori, ma anche e soprattutto i modi e le forme in cui il preesistente quadro politico ed amministrativo ottomano, pur rimanendo formalmente in vigore, sia stato progressivamente modificato, vuoi per rispondere alle esigenze dei nuovi governanti, vuoi sulla base di spinte che provenivano dalla società civile egea. Infine si tenterà di mettere in luce come i mutamenti degli scenari internazionali e i diversi atteggiamenti adottati dall'amministrazione italiana abbiano influito sulla società dodecanesina, creando non solo oppressione e resistenza, ma anche nuove opportunità di crescita e di guadagno per le diverse classi e gruppi etnici, che adattarono le proprie condizioni di vita secondo dinamiche specifiche e furono in grado di negoziare la loro integrazione all'interno dei nuovi circuiti economici, politici e sociali prodotti dall' imperialismo italiano. L' ultimo capitolo mira invece ad evidenziare gli effetti del clima bellicistico e dell' atteggiamento più marcatamente espansionista esplicitato dal fascismo dopo la conquista dell'Etiopia nel Dodecaneso. Ciò ponendo l'accento sia sugli effetti che il nuovo clima politico, e più in particolare la rivalutazione strategica del Possedimento, ebbe sul rapporto tra Governo ed opinione popolare sia sulle valutazioni, di stampo razzista, che portarono Roma a considerare il Dodecaneso una sorta di laboratorio, o prototipo, per la futura espansione nei Balcani.
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La mente dei civili. Storia e storie da un manicomio di confine (Pergine Valsugana 1909-1924)

Grillini, Anna January 2016 (has links)
La tesi esamina tutte le cartelle cliniche prodotte tra il 1909 e il 1924, nel manicomio di Pergine Valsugana. Lo scopo dell'elaborato è l'analisi delle conseguenze psicofisiche lasciate dalla Grande Guerra sulla popolazione, sia civile che militare.
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Celestino Endrici: un Principe Vescovo in Italia (1918-1940)

Tenaglia, Camilla January 2019 (has links)
Celestino Endrici, nato a Don in Val di Non nel 1866, fu nominato principe vescovo di Trento dall’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe a soli 38 anni nel 1904. La diocesi trentina era una diocesi di confine e soprattutto mistilingue: comprendeva infatti 27 decanati di lingua italiana e 10 di lingua tedesca. La scelta di quel vescovo era quindi molto delicata, innanzitutto dal punto di vista nazionale, ma anche da quello sociale, a causa del dissidio interno al mondo cattolico tedesco tra conservatori e cristiano sociali. Personaggio molto attivo nel nascente associazionismo trentino, Endrici aveva compiuto i propri studi a Roma dove fu fortemente influenzato dagli insegnamenti di Leone XIII. Il suo episcopato austriaco è stato però prevalentemente ricordato per il suo infelice epilogo: durante la Prima guerra mondiale venne confinato, prima in un palazzo vescovile vicino a Trento poi in un’abbazia cistercense nei pressi di Vienna, a Heiligenkreuz. Il governo asburgico cercò di ottenere le sue dimissioni durante tutto il conflitto, contestando in particolare il suo atteggiamento verso la società germanizzatrice Tiroler Volksbund e in generale il suo approccio troppo freddo nei confronti dell’impresa bellica dell’Impero. L’esperienza del confino fu fondamentale per la posizione che Endrici riuscì ad assumere dopo la guerra: al termine delle ostilità infatti il Trentino visse un periodo di transizione per l’annessione al Regno d’Italia. Le truppe italiane entrarono a Trento il 3 novembre 1918 ed il giorno successivo venne instaurato il governatorato militare, retto dal generale Pecori Giraldi. La politica tendenzialmente moderata di questo periodo dovette però fare i conti con le sostanziali incoerenze del governo centrale, che per la prima volta nella sua storia si trovava a dover confrontarsi con delle minoranze etniche. Il 4 luglio 1919 fu quindi istituito l’Ufficio centrale per le nuove province, affidato al friulano Francesco Salata, e il 21 luglio furono nominati i commissari civili sia per la Venezia Tridentina che per la Venezia Giulia. A Trento arrivò Luigi Credaro, liberale, già ministro per l’istruzione, profondamente mal visto dalle gerarchie ecclesiastiche per la sua presunta affiliazione alla massoneria. Il processo di integrazione amministrativa e legislativa, in senso apparentemente e moderatamente autonomista, cominciato durante il Commissariato Credaro venne bruscamente interrotto dall’avvento del fascismo. Il 3 e il 4 ottobre 1922 i fascisti fecero a Bolzano e poi a Trento quelle che sono state definite le prove generali della marcia su Roma, occupando le sedi del comune bolzanino e della giunta provinciale e costringendo Credaro, tra gli altri, alle dimissioni. Saliti al potere anche a Roma i fascisti crearono la prefettura della Venezia Tridentina, di fatto uniformando le nuove province alle vecchie. Il primo prefetto fu Giuseppe Guadagnini, bolognese, che aveva partecipato alle azioni squadriste di inizio ottobre e che si insediò a Trento il 3 novembre 1922, esattamente quattro anni dopo l’entrata dell’esercito italiano in città. L’avvento del fascismo pose al vescovo la necessità di adoperarsi attivamente nella protezione del movimento cooperativo e associazionistico cattolico, molto forte in Trentino; dovette farlo in particolare in occasione dell’assalto alle sedi delle istituzioni cattoliche del novembre 1926 e della crisi dell’Azione cattolica nell’estate del 1931. In quel periodo Endrici dovette anche affrontare la politica fascista di assimilazione nazionale nei confronti della minoranza tedesca. Sebbene il rapporto con i decanati tedeschi della diocesi si fosse già compromesso durante la Grande guerra, il vescovo si adoperò per garantire protezione al clero tedesco. Soprattutto, Endrici fu molto attivo durante il difficile periodo delle Opzioni, un accordo del 1939 tra Hitler e Mussolini secondo cui tutti gli altoatesini avrebbero dovuto scegliere se mantenere la cittadinanza italiana oppure acquisire quella tedesca. Gli ultimi anni del suo episcopato furono però segnati da gravi problemi di salute: nel settembre 1934 fu colpito da un ictus, che ne compromise le capacità motorie. Venne quindi affiancato da monsignor Enrico Montalbetti, con cui non riuscì mai a collaborare; a causa del cattivo rapporto sia con il titolare che con le autorità locali questi fu quindi trasferito a Reggio Calabria nel 1938. Vescovo coadiutore divenne allora monsignor Oreste Rauzi, trentino e presidente dell’Azione cattolica, che affiancò Endrici fino alla sua morte, senza però succedergli per l’opposizione dei fascisti. Questa ricerca si concentra soprattutto sulla parte italiana dell’episcopato di Endrici, sia geograficamente che temporalmente. Come già ricordato, la diocesi di Trento comprendeva in quel periodo ben dieci decanati di lingua tedesca nell’Alto Adige, mentre quella di Bressanone si estendeva infatti prevalentemente sul territorio tirolese oltre il Brennero. Il carattere bilingue della diocesi pose parecchi problemi alla curia trentina, specialmente in quegli anni di forti sconvolgimenti politici e di grandi passioni nazionalistiche. Sia nel periodo asburgico che in quello italiano il vescovo di Trento si trovò a essere pastore di una componente linguistica minoritaria, che rivendicava diritti e autonomie spesso negate dall’autorità costituita. Questa chiave di lettura ha pervaso buona parte della letteratura su Endrici, non permettendo una visione più completa di quello che fu il suo episcopato. Per questo motivo si è deciso di studiare in maniera approfondita gli anni dal 1918 al 1940. Nella tesi verranno analizzate le posizioni assunte dal vescovo nelle vertenze politiche principali del periodo tra le due guerre, sia nella fase di transizione del trentino all’Italia sia durante il regime fascista. A corredo del lavoro empirico si è deciso di adottare una componente teorica, attraverso cui inserire le vicende dell’episcopato di Endrici nella più ampia cornice della politica estera del Vaticano degli anni tra le due guerre. A questo scopo ci si è serviti della teoria di relazioni internazionali che descrive la Santa Sede come un attore transnazionale multilivello. Questa impostazione multidisciplinare trova compimento nella suddivisione dei capitoli. La tesi si divide infatti in due parti. La prima ripercorre storicamente tutto il percorso di Endrici, soffermandosi sulla sua azione politica e soprattutto su alcuni passaggi chiave inseriti nel più ampio contesto politico e sociale del Trentino tra le due guerre. La seconda parte presenta invece un approfondimento dell’attività del vescovo all’interno del mondo cattolico e soprattutto dei tre livelli proposti. Seppure non convenzionale, questa suddivisione serve a mostrare in maniera più chiara la rete di rapporti di monsignor Endrici e a permetterne la comparazione con altri casi studio simili. Il vescovo di Trento potrebbe allora diventare un paradigma per lo studio di altri vescovi italiani, e non solo, durante gli anni tra le due guerre: superando così la connotazione localistica che ha caratterizzato le ricerche sulla sua figura, per inserirsi in un più ampio dibattito storiografico sulla posizione della chiesa durante il periodo fascista.
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Europa als politisches Konkurrenzthema zwischen Christ- und Sozialdemokraten in Italien und Deutschland von 1945 bis zum Beginn der 60er Jahre

Bredebach, Patrick January 2012 (has links)
Die vorliegende Arbeit beschreibt die Konkurrenz der Christ- und Sozialdemokraten sowie der Sozialisten um Europa sowohl in der Bundesrepublik Deutschland als auch in Italien. Vor dem Hintergrund des aufziehenden Kalten Krieges und der anschließenden Konsolidierung beider politischen Systeme wird untersucht, wie sich die Parteien zur europäischen Integration positioniert haben, welche europapolitischen Strategien verfolgt wurden und welches Bild diese von Europa hatten. Dabei werden benachbarte Politikfelder und Wortfelder des Begriffs Europa vor dem Hintergrund der internationalen, nationalen sowie der jeweiligen innerparteilichen Situation untersucht. Die Studie legt dar, wie und wieso sich die Parteien gegeneinander positionierten und im Laufe der Zeit auch annäherten. Der Beginn des Zeitraums ist dabei das Ende des Zweiten Weltkriegs und somit der Beginn der jeweiligen politischen Systeme. Das Ende wird in der Bundesrepublik Deutschland mit dem Ende der Ära Adenauer gewählt, in Italien mit der Regierung des ersten centro-sinistra unter Aldo Moro.
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Neue Armut, Exklusion, Prekarität. Armutspolitische Debatten im deutsch-französischen Vergleich, 1970 - 1990

Hassdenteufel, Sarah January 2016 (has links)
La straordinaria crescita economica conosciuta dalla Franca, dalla Repubblica Federale Tedesca così come da quasi tutti i paesi europei nei tre decenni che seguirono la Seconda guerra mondiale, subì una fine repentina a causa dell’impennata dei prezzi del petrolio nel 1973 e nel 1979/80. A questo periodo di crescita spettacolare succedettero anni di recessione economica nei quali la disoccupazione divenne un fenomeno di massa e la povertà si estese al punto da colpire ampie fasce della popolazione, fasce che prima si ritenevano al riparo dal rischio della povertà. Il presente progetto di Dottorato si propone di indagare il modo in cui il dibattito pubblico affrontò, elaborò e comunicò la crescita della povertà e la disoccupazione nel periodo della recessione. Attraverso lo studio comparato di Francia e Germania si tratterà di analizzare come furono comunicati i rischi sociali nei due Paesi, quali cause furono trovate, come vennero elaborate, e quali possibili soluzioni furono negoziate per risolvere il problema della nuova povertà. Il progetto della tesi rientra nell’ambito della comunicazione politica come conflitto su norme dell’IGK ed è parte della ricerca sulla sicurezza sociale come costruzione comunicativa. Quest’ultima muove dalla tesi per cui sullo sfondo della comunicazione sui nuovi rischi della vita sociale sarebbero riconoscibili le diverse strade prese dai paesi europei in fatto di sicurezza sociale. Conformemente a questa tesi, il progetto si propone di spiegare i diversi sviluppi dello stato sociale in Germania e in Francia a partire dagli anni Settanta muovendo da un’analisi comparata della comunicazione dei nuovi rischi sociali.

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