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Studio delle proprietà oncotiche e non incotiche dell'albumina nel paziente con cirrosi epatica e ascite / Study of the Oncotic e non Oncotic preperties of human Albumin in Patients with Cirrhosis and Ascites

Mirici Cappa, Federica <1975> 18 May 2012 (has links)
L’albumina umana (HA) è usata per le sue proprietà oncotiche per ricostituire il volume circolante in pazienti critici e nella cirrosi epatica avanzata. Tuttavia, l’albumina non è solo semplice espansore plasmatico, ma è provvista anche di proprietà non oncotiche, quali, la capacità di legare e trasportare molecole insolubili in acqua, come metalli e farmaci, il suo potere antiossidante e di detossificazione di sostanze sia endogene che esogene. Il nostro studio, è stato progettato da un lato per dimostrare che il trattamento in cronico con albumina umana nei pazienti cirrotici con ascite è in grado di ridurre l’incidenza di ascite refrattaria, delle complicanze legate all’uso dei diuretici e la ricorrenza delle ospedalizzazioni (studio randomizzato), dall’altro per determinare se le alterazioni delle proprietà non oncotiche dell’albumina, possono rappresentare degli indicatori di un aumentato rischio di complicanze cliniche e di una prognosi sfavorevole di questi pazienti (studio di coorte). METODI Studio multicentrico, prospettico, randomizzato, in 440 pts cirrotici con ascite: due bracci di trattamento: t. medica standard vs t. medica standard + albumina; Studio di coorte con 110 cirrotici vs 50 individui sani, valutati mediante -analisi proteomica per individuare con le modifiche post-trascrizionali; - Cobalt Binding Albumina (ACB) per quantificare la quota di albumina modificata dall’ischemia e IMA-Ratio. RISULTATI Studio randomizzato: non è possibile trarre conclusioni, ma emerge un dato incoraggiante, cioè i pazienti del braccio standard hanno una maggiore tendenza a chiudere lo studio per tre paracentesi / mese; Studio Coorte:-IMA e IMA-R sono aumentati in cirrosi, ma non associate a complicanze della cirrosi, l'infezione batterica è associata ad un aumento IMA e IMA-R in cirrosi. CONCLUSIONE: Lo studio randomizzato è in corso ma i dati preliminari sono incoraggianti. Lo studio coorte, ha dimostrato che la cirrosi è associata da alterazioni post-trascrizionali che coinvolgono il N-terminale ed i siti di legame Cys-34. / For the oncotic capacity, human albumin (HA) is mainly used in the clinical ground to replenish the circulating volume in critically-ill patients and in those with cirrhosis. However, HA is more than a simple plasma volume expander, being provided of other biological properties, such as binding, transport and detoxification of endo- and exo-genous substances, and antioxidant activity. Our study was designed on the one hand to demonstrate that the treatment of chronic HA in patients with cirrhosis and ascites is able to reduce the incidence of refractory ascites, complications related to the use of diuretics, the recurrence of hospitalizations (randomized study), secondly to determine whether these alterations do non oncotic properties, may represent indicators of an increased risk of clinical complications and a poor prognosis (cohort study). METHODS: Multicenter, prospective, randomized trial, on 440 cirrhotic with ascites: two groups, standard medical th (controls) vs standard medical th + albumin 2) Cohort study with 110 cirrhotic pts vs 50 healthy individuals comparable for age and sex. Assessment of functional binding sites: -the proteomic analysis will allow us to precisely identify the post-trascriptional modifications;- Albumin Cobalt Binding (ACB) to quantify the circulating ischemia-modified albumin (IMA); - IMA-R Ratio IMA/plasma albumin concentration. RESULTS: Randomized study: is not possible to draw conclusions but the most powerful that emerges is that the standard arm patients have a greater tendency to quit the study for three paracentesis/month compared to albumin arm. Cohort Study: -IMA and IMA-R are increased in cirrhosis, but not associated with complication of cirrhosis; bacterial infection is associated with increased IMA and IMA R in cirrhosis. CONCLUSION: Randomized study has yet to be concluded, but the preliminary data are encouraging. The Cohort study, has shown that cirrhosis is associated with post-transcriptional changes of albumin involving the N-terminus and the Cys-34 binding sites.
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Role of immunosuppressive and biologic therapy in pediatric IBD / Ruolo della terapia immunosoppressiva e biologica nelle IBD pediatriche

Nobile, Stefano <1978> 17 April 2012 (has links)
We aimed to evaluate the role of anti-TNF-alpha therapy with infliximab and adalimumab in a cohort of pediatric patients followed by our Center from 2002 to 2012. The cohort of patients examined consisted of 40 patients: 34 with Crohn disease (85%), 5 with ulcerative colitis (12.5%), one with chronic pouchitis after IPAA for ulcerative colitis (2.5%). All patients were treated with the anti-TNF-α biologic agents infliximab and adalimumab. Thirty-six received infliximab therapy: 19/36 received only infliximab, 17/36 received infliximab and then adalimumab due to loss of response to infliximab and steroid dependency; 4 patients received only adalimumab (infliximab-naïve). Anti-TNF treatment was started before 18 years of age in 34 patients: 29 received infliximab and 5 started adalimumab during childhood. Medical charts were reviewed and safety and efficacy of anti-TNF-alpha have been determined in this population. / Nel presente studio è stato valutato il ruolo della terapia con immunosoppressori e farmaci biologici anti-TNF-alfa (infliximab e adalimumab) nel trattamento delle IBD pediatriche in una coorte di pazienti seguiti presso il Centro IBD dell'Università di Bologna dal 2002 al 2012. Il gruppo consiste di 40 pazienti: 34 con malattia di Crohn (85%), 5 con colite ulcerosa (12.5%), 1 con pouchite cronica dopo intervento di IPAA per colite ulcerosa (2.5%). Tutti i pazienti sono stati trattati con anti-TNF-alfa (infliximab-IFX e adalimumab-ADA): 19/36 solo IFX, 17/36 IFX e poi ADA per perdita di risposta e steroido-dipendenza. 4 pazienti sono stati trattati solo con ADA. La terapia con anti-TNF è stata iniziata prima dei 18 anni in 34 pazienti: 29 con IFX e 5 con ADA. E' stata condotta una analisi delle cartelle cliniche, degli esami endoscopici e di laboratorio per evidenziare l'efficacia e la sicurezza di queste terapie.
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Decorso delle coliti severe: un confronto tra colite ulcerosa e di Crohn / Clinical course of severe colitis: a comparison between Crohn’s Disease and ulcerative colitis

Modesto, Irene <1978> 16 April 2013 (has links)
Pochi sono i dati disponibili sul decorso clinico della malattia di Crohn del colon severa(CD). L'obiettivo è quello di descrivere il decorso clinico della colite di Crohn severa (CC) in una coorte di pazienti isolata con CD del colon o ileocolica, e di confrontarlo con il decorso clinico di pazienti affetti da colite ulcerosa severa (UC). 34 pazienti con CC severa sono stati identificati retrospettivamente nella nostra coorte di 593 pazienti ricoverati (2003-2012) attraverso la valutazione di CDAI score e HBI. 169 pazienti con UC severa sono stati identificati retrospettivamente in una coorte di 449 pazienti ricoverati (2003-2012) attraverso la valutazione del score di Lichtiger e di Truelove-Witts. Abbiamo valutato questi risultati: risposta agli steroidi, risposta ai farmaci biologici, tasso di colectomia acuta, tasso di colectomia durante il follow-up, megacolon e tasso di infezione da citomegalovirus. Non abbiamo trovato differenze significative nella risposta agli steroidi e biologici, della percentuale di infezione da citomegalovirus e di megacolon, mentre il tasso di colectomia in acuto è risultato essere maggiore nei pazienti con CC rispetto ai pazienti con UC; anche la differenza tra i tassi di colectomia alla fine del follow-up è risultata non significativa. Con l'analisi univariata la giovane età alla diagnosi è associata ad un aumentato rischio di colectomia in assoluto (p = 0,024) e in elezione (p = 0.022), ma non in acuto. Il tasso globale di colectomia nei pazienti con CC severa è superiore a quella dei pazienti con UC severa , ma questo dato non è supportato da una diversa risposta clinica alla terapia steroidea o terapia di salvataggio con biologici. Il vero decorso clinico della colite di Crohn severa necessita di essere chiarito da studi prospettici che includano un numero maggiore di pazienti con questo sottogruppo di malattia. / Few data are available about the clinical course of severe colonic Crohn’s disease (CD). The aim is to describe the clinical course of severe Crohn’s colitis (CC) in a patients cohort with isolated colonic or ileocolonic CD, and to compare it with the clinical course of patients with severe ulcerative colitis (UC). 34 Patients with severe CC were retrospectively identified in our cohort of 593 hospitalized patients (2003-2012) through the evaluation of CDAI score and HBI. 169 Patients with severe UC were retrospectively identified in our cohort of 449 hospitalized patients (2003-2012) through the evaluation of Lichtiger score  and Truelove-Witts score. We evaluated these outcomes: response to steroids, response to biologics, acute colectomy rate, colectomy rate during follow-up, megacolon and cytomegalovirus infection rate. We did not find significant differences in the response to steroids and to biologics, in the percentage of cytomegalovirus infection and of megacolon, while the rate of colectomy in acute turned out to be greater in patients with severe CC compared to patients with severe UC, and this difference appeared to be the limit of statistical significance (Chi square 3.31, p = 0.069, OR 0.39); the difference between the colectomy rates at the end of follow up was also not significant. By univariate analysis a young age at diagnosis is associated with an increased risk of colectomy in absolute (p = 0.024) and in election (p = 0.022), but not in acute. The overall rate of colectomy in patients with severe CC is greater than that of patients with severe UC, but this figure is not to be supported by a different clinical response to steroid therapy or rescue therapy with biologics.The real clinical course of severe CC requires to be clarified by prospective studies that include a larger number of patients in this subgroup of disease.
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Aspetti etici e morali della Sedazione Palliativa / Palliative sedation : Ethical and Moral Dilemmas

Moroni, Matteo <1974> 15 April 2013 (has links)
La sedazione palliativa come procedura terapeutica è ormai ampiamente affrontata e discussa in letteratura. A causa della delicatezza di tale procedura, molti studi affrontano le problematiche etiche ad essa relative con l’obiettivo di cercare una giustificazione morale e clinica. Questo lavoro intende affrontare la sedazione palliativa applicata ad un caso concreto. Seguendo la trama della storia di Matteo, uomo di 38 anni ricoverato in Hospice con diagnosi di cancro metastatico della mammella maschile (metastasi polmonari con incarceramento del polmone destro, metastasi diffuse a tutto il rachide, metastasi epatiche), verranno affrontate le problematiche etiche relative ad ogni fase della vicenda. In particolare i temi trattati sono i seguenti: il controllo di sé, la negoziazione della terapia e l’autodeterminazione; il principio di autonomia relazionale; l’etica del corpo; differenze tra sedazione palliativa ed eutanasia; le domande di fine vita e la spiritualità; documenti sul fine vita. Il paradigma teorico prescelto come punto di riferimento è quello dell’Etica della Cura. / Palliative Sedation is a medical procedure and it’s extensively discussed by literature. Because of the importance of this procedure, many studies analyze its ethical aspects to search a clinical and moral explanation. This thesis deal with palliative sedation in a real medical case. It follows Matteo’s history, 38 years old, admitted to hospice with a diagnosis of metastatic tumor of male breast (lung metastasis, liver metastasis, bone metastasis) and this analysis analyzes ethical dilemmas concerning every phase of the story. Particulary, these are the questions: self control, self-determination and the treatment’s negotiation; the relational autonomy; the Ethics of body; Differences between Palliative sedation and Euthanasia; The Spiritual Issues in End of life; the Importance of a law on Living will. The theoretical and ethics model for this analysis is The Ethics of Care.
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Ruolo della Interleuchina-6 nella colite ulcerosa long-standing: regolazione della p53 ed induzione delle cellule mesenchimali epiteliali / Role of Interleukin-6 in long-standing ulcerative colitis: regolation of p53 and induction of epithelial-mesenchimal-transition

Liguori, Giuseppina <1980> 16 April 2013 (has links)
L’infiammazione cronica è un fattore di rischio di insorgenza del cancro, e la citochina infiammatoria IL-6 gioca un ruolo importante nella tumorigenesi. In questo studio abbiamo dimostrato che L’IL-6 down-regola l'espressione e l'attività di p53. In linee cellulari umane, IL-6 stimola la trascrizione dell’rRNA mediante espressione della proteina c-myc a livello post-trascrizionale in un meccanismo p38MAPK-dipendente. L'up-regolazione della biogenesi ribosomiale riduce l'espressione di p53 attraverso l'attivazione della via della proteina ribosomale-MDM2. La down-regolazione di p53 produce l’acquisizione di modifiche fenotipiche e funzionali caratteristiche della epitelio mesenchimale di transizione, un processo associato a trasformazione maligna e progressione tumorale. I nostri dati mostrano che questi cambiamenti avvengono anche nelle cellule epiteliali del colon di pazienti affetti da colite ulcerosa, un esempio rappresentativo di una infiammazione cronica soggetta a trasformazione neoplastica, che scompaiono dopo trattamento con farmaci antinfiammatori. Questi risultati svelano un nuovo effetto oncogenico indotto dall’IL-6 che può contribuire notevolmente ad aumentare il rischio di sviluppare il cancro non solo in pazienti con infiammazioni croniche, ma anche in quei pazienti con condizioni patologiche caratterizzate da elevato livello di IL-6 nel plasma, quali l'obesità e e il diabete mellito di tipo 2. / Chronic inflammation is an established risk factor of the onset of cancer, and the inflammatory cytokine IL-6 has been proved to play a role in tumorigenesis. Here we showed that IL-6 down-regulates the expression and activity of the tumor suppressor p53. In human cell lines, IL-6 enhanced rRNA transcription by stimulating c-myc protein expression at post-transcriptional level in a p38MAPK-dependent manner. The up-regulated ribosome biogenesis reduced the p53 expression through the activation of the ribosomal protein-MDM2 degradation pathway of p53. The p53 down-regulation induced cells to acquire phenotypic and functional changes characteristic of the epithelial-mesenchymal transition, a process associated with malignant transformation and tumor progression. We found that these changes also occurred in the colon epithelial cells of patients with ulcerative colitis, a very representative example of a chronic inflammation prone to neoplastic transformation, and disappeared after treatment with anti-inflammatory drugs. These findings unraveled a new IL-6 induced oncogenic effect which can greatly contribute to increase the risk to develop cancer not only in patients with chronic inflammations, but also in patients with those pathological conditions which are characterized by high IL-6 plasma level, such as obesity and type-2 diabetes mellitus.
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Indicazione e risultati dei trattamenti locoregionali nell’epatocarcinoma / Indications and results of locoregional therapy for the treatment of hepatocellular carcinoma

Terzi, Eleonora <1985> 15 April 2013 (has links)
La chemioembolizzazione (TACE) è uno dei trattamenti locoregionali più largamente utilizzati nel trattamento dell’epatocarcinoma (HCC). A tutt’oggi però rimangono irrisolte alcune importanti controversie sul suo impiego. Nella presente tesi sono stati analizzati alcuni dei principali oggetti di dibattito quali (1) indicazione al trattamento, (2) trattamenti multipli e schema di ritrattamento e (3) trattamento dei pazienti candidabili a trapianto di fegato. A tal fine sono stati riportati tre studi che hanno analizzato gli argomenti sopradescritti. La TACE viene comunemente eseguita nei pazienti al di fuori delle raccomandazioni delle linee guida tra cui i pazienti con nodulo singolo, i pazienti con trombosi portale e con performance status (PS) compromesso. Dallo studio 1 è emerso che la TACE può essere considerata una valida opzione terapeutica nei pazienti con HCC singolo non candidabili a trattamenti curativi, che la trombosi portale non neoplastica ed una lieve compromissione del performance status (PS-1) verosimilmente legata alla cirrosi non hanno impatto sulla sopravvivenza post-trattamento. Multipli trattamenti di chemioembolizzazione vengono frequentemente eseguiti ma non esiste a tutt’oggi un numero ottimale di ritrattamenti TACE. Dallo studio 2 è emerso che il trattamento TACE eseguito “on demand” può essere efficacemente ripetuto nei pazienti che non abbiano scompenso funzionale e non siano candidabili a trattamenti curativi anche se solo una piccola percentuale di pazienti selezionati può essere sottoposto a più cicli di trattamento. La TACE è frequentemente impiegata nei pazienti in lista per trapianto di fegato ma non c’è evidenza dell’efficacia di trattamenti ripetuti in questi pazienti. Dallo studio 3 è emerso che il numero di TACE non è significativamente associato né alla necrosi tumorale, né alla recidiva né alla sopravvivenza post-trapianto. Un tempo d’attesa prima del trapianto ≤6 mesi è invece risultato essere fattore predittivo indipendente di recidiva riflettendo la possibile maggiore aggressività tumorale in questa classe di pazienti. / Transarterial chemoembolization (TACE) is largely used in the treatment of patients with HCC. Many unanswered questions relating to TACE are however still challenging. In the present thesis some controversies surrounding TACE were evaluated including (1) patient selection, (2) multiple TACE and schedules for repeat sessions and (3) TACE as neo-adjuvant treatment in patients awaiting liver transplantation. For the aim of the thesis three studies were reported. TACE is frequently performed outside the current treatment guidelines including a considerable percentage of patients with single nodule, patients with portal vein thrombosis and impaired performance status (PS). Study 1 showed that TACE is a valid treatment option for patients with single nodule of HCC not eligible for curative treatments and that bland portal vein thrombosis and a mild impairment of performance statue (PS-1) likely due to cirrhosis have no impact on survival. Multiple TACE are usually performed in the routine clinical practice but the optimal number of repeated TACE to be performed before switching to another or no treatment is still to be definitely established. Study 2 supported the policy of repeating TACE “on demand” in patients with preserved liver function and not eligible to percutaneous treatments or surgery even if only a limited proportion of patients can be submitted to more TACE cycles. TACE is a common treatment for patients awaiting liver transplant (LT) but no studies evaluating the impact of multiple TACE in those patients are available. Study 3 showed no impact of multiple TACE cycles on tumor necrosis, recurrence or overall survival. On the contrary, patients with a waiting time ≤6 months to LT had increased risk of recurrence after LT probably because the tumor biology in those patients had not enough time to be exposed.
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Il sistema degli endocannabinoidi nella cirrosi epatica complicata da infezione batterica: studio nell’uomo ed in un modello sperimentale animale / The endocannabinoid system in liver cirrhosis complicated by bacterial infection: an experimental and clinical study

Baldassarre, Maurizio <1979> 21 May 2013 (has links)
Gli endocannabinoidi (EC) sono una classe di composti che mimano gli effetti del Δ9-tetraidrocannabinolo. Essi comprendono l’anandamide (AEA) ed il 2-arachidonoilglicerolo (2-AG), molecole che interagiscono preferenzialmente con due specifici recettori, il CB1 ed il CB2. Più recente è la scoperta di due molecole EC simili, il palmitoiletanolamide (PEA) e l’oleiletanolamide (OEA), che tuttavia agiscono legando recettori diversi tra cui il PPARα ed il TRVP1. Studi sperimentali dimostrano che il sistema degli EC è attivato in corso di cirrosi epatica ed è coinvolto nel processo fibrogenico e nella patogenesi delle alterazioni emodinamiche tipiche della malattia. Esso partecipa alla patogenesi di alcune delle maggiori complicanze della cirrosi quali ascite, encefalopatia, cardiomiopatia ed infezioni batteriche. Scopo del presente studio è stato quello di studiare il ruolo degli EC nella patogenesi delle infezioni batteriche in corso di cirrosi. A tale scopo sono stati eseguiti un protocollo clinico ed uno sperimentale. Nel protocollo sperimentale la cirrosi è stata indotta mediante somministrazione di CCl4 per via inalatoria a ratti maschi Wistar. In tale protocollo i livelli circolanti di tutti gli EC sono risultati significativamente aumentati a seguito della somministrazione di LPS. La somministrazione dell’antagonista del recettore CB1, Rimonabant, inoltre, è stata efficace nel ridurre del 50% la mortalità a 24 ore dei ratti trattati col farmaco rispetto ai ratti trattati col solo LPS. Parallelamente il Rimonabant ha determinato una riduzione dell’espressione genica di molecole pro-infiammatorie e sostanze vasoattive. Lo studio clinico, condotto su 156 pazienti, ha confermato l’attivazione del sistema degli EC in corso di cirrosi epatica. Inoltre è stata identificata una forte correlazione tra il PEA e l’OEA e l’emodinamica sistemica ed una associazione con alcune delle maggiori complicanze. L’analisi statistica ha inoltre individuato l’OEA quale predittore indipendente di insufficenza renale e di sopravvivenza globale. / Endocannabinoids (EC) are ubiquitous lipid signaling molecules, which include anandamide (AEA) and 2-arachidonoylglycerol (2-AG). Endocannabinoid-related molecules like oleoyl-ethanolamine (OEA) and palmitoyl-ethanolamine (PEA) have also been identified. ECs central and peripheral effects are mostly mediated by the specific receptors CB1 and CB2, even if other receptors, namely the TRVP1 and the PPARα, could mediate their biological response. The EC system is highly up-regulated during chronic liver disease and consistent experimental and clinical findings indicate that it plays a role in the pathogenesis of liver fibrosis and fatty liver disease associated to obesity, alcohol abuse and hepatitis C. Furthermore, a considerable amount of studies have shown that EC and their receptors contribute to the pathogenesis of the cardio-circulatory disturbances occurring in advanced cirrhosis, such as portal hypertension and hyperdynamic circulatory syndrome. More recently, the EC system has been implicated in the development of ascites, hepatic encephalopathy and the inflammatory response related to bacterial infection. Thus we performed an experimental and a clinical study, aimed to investigate the involvement of the EC system in the pathogenesis of bacterial infection and related alteration, during liver cirrhosis. The experimental protocol was conducted on male Wistar rats with CCl4 induced cirrhosis. LPS administration to cirrhotic animals was associated to a significantly increase of circulating ECs and EC-related molecules as compared to untreated animals. Besides the CB1 receptor antagonist Rimonabant administration was associated to a 50% mortality reduction in the first 24h as compared to untreated cirrhotic rats. This effect is associated with the prevention of the up-regulation of both pro-inflammatory and vasodilating substances. The clinical study confirms the activation of the EC system during liver cirrhosis. Moreover EC-related molecules concentrations significantly correlate with specific clinical features and systemic hemodynamic, while only OEA was identified as independent predictor of renal failure and global survival of cirrhotic population.
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Studio di fase I sulla reinfusione intraepatica di cellule staminali CD 133+ altamente purificate nei pazienti con malattia epatica terminale / CD133+ Stem Cells for the treatment of End-Stage Liver Disease

Brodosi, Lucia <1985> 21 May 2013 (has links)
Numerose evidenze sperimentali hanno dimostrato il contributo delle cellule staminali di derivazione midollare nei processi di rigenerazione epatica dopo danno tissutale. E’ cresciuto pertanto l’interesse sul loro potenziale impiego in pazienti con cirrosi. Questo studio si propone di valutare la fattibilità e la sicurezza della reinfusione intraepatica di cellule staminali midollari autologhe CD133+ in 12 pazienti con insufficienza epatica terminale definita da un punteggio di Model for End Stage of Liver Disease (MELD) compreso tra 17 e 25. L’efficacia in termini di funzionalità epatica rappresenta un obiettivo secondario. Previa mobilizzazione nel sangue periferico mediante somministrazione di granulocyte-colony stimulating factor (G-CSF) alla dose di 7,5 mcg/Kg/b.i.d. e raccolta per leucoaferesi, le cellule CD133+ altamente purificate vengono reinfuse in arteria epatica a partire da 5x104/Kg fino a 1x106/kg. Nei tre giorni successivi si somministra G-CSF per favorire l’espansione e l’attecchimento delle cellule. Durante la mobilizzazione, la reinfusione e nei 12 mesi successivi i pazienti sono sottoposti a periodici controlli clinici, laboratoristici e strumentali e ad attenta valutazione di effetti collaterali. Lo studio è tuttora in corso e ad oggi, 11 pazienti sono stati sottoposti a reinfusione e 4 hanno completato i 12 mesi di follow-up. Il G-CSF è stato ben tollerato e ha consentito di ottenere una buona espansione cellulare. Dopo la reinfusione sono stati documentati un ematoma inguinale e due episodi transitori di encefalopatia portosistemica. Durante il follow-up 4 pazienti sono stati trapiantati e 2 sono morti. Non è stata osservata alcuna modificazione significativa degli indici di funzione epatica. Questi risultati preliminari confermano la possibilità di mobilizzare e reinfondere un numero adeguato di cellule staminali di derivazione midollare in pazienti con malattia epatica in stadio terminale. / Bone marrow (BM) stem cells (SCs) have been shown to contribute to liver cell populations and this has sparked interest in the field of autologous SCs infusion as a possible treatment for cirrhosis. The aim of this study is to evaluate the feasibility and the safety of intrahepatic reinfusion of increasing numbers of autologous BM-derived CD133+ SCs into the hepatic artery of 12 patients with end-stage liver disease (ESLD) defined by a Model for End-Stage Liver Disease (MELD) score from 17 to 25. Secondary end point is to assess the effects on residual hepatic function. Following mobilization by granulocyte-colony stimulating factor (G-CSF) administration at the dose of 7.5 µg/Kg/b.i.d. and collection with leukapheresis, the autologous CD133+ cells are expanded in vivo and injected into the hepatic artery starting from 5x104/Kg patient’s body weight up to 1x106/kg. G-CSF is further administered for 3 days after the reinfusion to induce expansion and selective proliferative advantage to the SCs. All patients are monitored for side effects, toxicities, and changes in the clinical, hematological, and biochemical parameters during the mobilization and the reinfusion phase and for 12 months thereafter. Up to date, 11 patients have been reinfused and 4 completed the 12-month study period. On average, G-CSF was well tolerated and a good expansion in cell number was achieved. In addition, all patients well tolerated the procedure. After reinfusion 1 patient developed inguinal haematoma and 2 had a transient episode of portosystemic encephalopathy. During the follow-up, 4 patients were transplanted and 2 died. No significant modification of liver function tests was observed. These preliminary data suggest that it is feasible to mobilize and reinfuse a substantial number of highly purified autologous CD133+ SCs in patients in patients with ESLD. The potential clinical usefulness warrants further studies.
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Interculturalità, radici storiche e modelli di cura nelle istituzioni degli hospice: un percorso interdisciplinare in prospettiva comparata / Intercultural, historical roots and patterns of care in institutions hospice: an interdisciplinary course in Comparative Perspective

Colazzo, Anna Lucia <1963> 15 April 2013 (has links)
Interculturalità, radici storiche e modelli di cura nelle istituzioni degli hospice: un percorso interdisciplinare in prospettiva comparata” è uno studio di conoscenza e punto di partenza per la formazione delle equipe mediche che curano i malati terminali di culture diverse. Attraverso il confronto delle varie realtà Hospice della Regione Emilia Romagna e con il metodo del questionario semistrutturato si è fatta una fotografia dell' esperienza assistenziale in cure palliative. Si mette in luce l'esiguità della popolazione straniera negli Hospice dell'Emilia Romagna in linea con il trend dei ricoveri oncologici ospedalieri. Tuttavia è possibile pensare a una crescita importante dei pazienti di culture diverse nei prossimi decenni e alla necessità di una adeguata preparazione dei team di cura / "Intercultural, historical roots and patterns of care in institutions hospice: an interdisciplinary course in comparative perspective" is a study of knowledge and point of departure for the training of medical teams that treat terminally ill patients from different cultures. Through the comparison of different realities Hospice of Emilia Romagna and the method of semi-structured questionnaire was made a photograph of the 'experience of care in palliative care. It highlights the paucity of the foreign population in the Hospice of Emilia Romagna in line with the trend of hospital admissions cancer. However, it is possible to think of a significant growth of patients of different cultures in the coming decades and the need for adequate preparation of the health care team
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Valutazione dell'efficacia dell'infusione intraepatica di cellule staminali (SC) autologhe CD133+ in pazienti affetti da cirrosi ed insufficienza epatica di grado avanzato / Evaluation of the efficacy of intrahepatic autologous stem cells (SC) CD133+ infusion in patients with cirrhosis and advanced hepatic insufficiency

Grandini, Elena <1981> 23 January 2014 (has links)
Numerose evidenze sperimentali hanno dimostrato il contributo delle cellule staminali (SC) di derivazione midollare nei processi di rigenerazione epatica dopo danno tissutale. E’ cresciuto pertanto l’interesse sul loro potenziale impiego in pazienti con cirrosi. Questo studio si proponeva di valutare la fattibilità e la sicurezza della reinfusione intraepatica di cellule staminali midollari autologhe CD133+ in 12 pazienti con insufficienza epatica terminale. Previa mobilizzazione nel sangue periferico mediante somministrazione di granulocyte-colony stimulating factor (G-CSF) alla dose di 7,5 mcg/Kg/b.i.d. e raccolta per leucoaferesi (solo se la concentrazione di CD133 + SC era > 8/μL), le cellule CD133+ altamente purificate sono state reinfuse in arteria epatica a partire da 5x104/Kg fino a 1x106/kg. Nei tre giorni successivi è stato somministrato G-CSF per favorire l’espansione e l’attecchimento delle cellule. Durante la fase della mobilizzazione e quella della reinfusione sono stati eseguiti saggi biologici quali: caratterizzazione fenotipica delle SC circolanti, saggi clonogenici, valutazione della concentrazione sierica del Hepatocyte Growth Factor (HGF), Stromal-Derived Factor-1 (SDF-1) ed il Vascular-Endotelial Growth Factor (VEGF) e caratterizzazione fenotipica delle CD133+SC purificate. Fino ad oggi sono stati reinfusi 12 pazienti. Questi dati preliminari suggeriscono che è possibile mobilizzare e reinfondere un numero considerevole di SC autologhe CD133+ altamente purificate in pazienti con ESLD . Gli studi biologici mostrano che: il numero di progenitori ematopoietici ed endoteliali circolanti è aumentato dopo il trattamento con G–CSF; le SCs CD133+ altamente purificato esprimono marcatori emopoietici ed endoteliali; la concentrazione sierica di HGF, SDF-1, VEGF e la capacità clonogenica di progenitori emopoietici sono aumentati durante la mobilitazione e nelle fasi di reinfusione; il potenziale clonogenico dei progenitori endoteliali mostra espressione variabile. / Bone marrow (BM) stem cells (SCs) have been shown to contribute to liver cell populations and this has sparked interest in the field of autologous SCs infusion as a possible treatment for cirrhosis. The aim of this study was to evaluate the feasibility and safety of intrahepatic reinfusion of increasing numbers of autologous BM-derived CD133+ SCs into hepatic artery of 12 patients with end-stage liver disease (ESLD). For this purpose, granulocyte-colony-stimulating factor (G-CSF) at 7.5 µg/Kg/b.i.d. was administered subcutaneously (sc) from day 1 until completing the peripheral blood stem cells (PBSCs) collection. PBSCs collection started on day 5 only if the CD133+SCs concentration was >8/µL. CliniMacs device was used for the positive selection of CD133+SCs from PB of mobilized standard-volume leukapheresis. After SCs mobilization, highly purified autologous G-CSF-mobilized CD133+SCs were reinfused through hepatic artery. CD133+CSs were administered according to body weight starting from 5x104/Kg and increased every 3 patients up to 1x106/Kg. G-CSF at 5µg/Kg/day was administered sc for 3 days after reinfusion of SCs for their expansion and to induce a selective proliferative advantage in vivo. Biological assays (circulating SCs phenotype, clonogenic assays, serum concentration of hepatocyte growth factor [HGF], stromal-derived factor-1 [SDF-1] and vascular-endotelial growth factor [VEGF]) were done during the mobilization and reinfusion phases together with the phenotypic characterization of the isolated CD133+SCs. Up to date, 12 patients have been reinfused. These preliminary data suggest that it is feasible to mobilize and reinfuse a substantial number of highly purified autologous CD133+ SCs in patients with ESLD. Biological studies show that: circulating hematopoietic and endothelial progenitors are increased after G-CSF treatment; highly purified CD133+CSs express hematopoietic and endothelial markers; serum concentration of HGF, SDF-1, VEGF and clonogenic capability of hematopoietic progenitors are increased during the mobilization and reinfusion phases; clonogenic potential of endothelial progenitors shows variable expression.

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