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Aspetti economici e direttrici commerciali in Caonia: le anfore di Phoinike, Albania e del territorio

Vecchietti, Erika <1976> 02 July 2010 (has links)
No description available.
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La gestione dell'acqua come oggetto d'indagine per la ricostruzione delle dinamiche insediamentali e delle trasformazioni del territorio. Il caso di Samarcanda nella Media Valle dello Zeravshan (Uzbekistan) / Settlement Dynamics and Water Management for the Reconstruction of the Landscape Transformations: A Case Study form the Middle Zeravshan Valley (Samarkand, Uzbekistan)

Mantellini, Simone <1974> 05 June 2009 (has links)
The Project dealt with the development of settlement pattern and the irrigation system in Samarkand oasis. The main topic of the research is the dating of the Dargom canal, the main water supply of Samarkand in the ancient times as well as today. The Project provided a new hypothesis on the chronology of Dargom, dated back to the Early centuires of the Current Era, in relation with the different phases of the settlement patterns. The researches were carried out with several international teams and schoalrs belonging to several disciplines.
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La città di Trento tra Tardo Antico e Alto Medio Evo: la genesi della città medievale e lo spazio del sacro. / The ancient city of Trento between the Late Antiquity and the Early Middle Ages: the birth of the medieval city and the space of the sacred.

Baroncioni, Andrea <1976> 04 July 2012 (has links)
Lo scavo della chiesa di Santa MAria Maggiore ha permesso di acquisire nuove importanti informazioni sulla storia della città di Trento, sulla città tardo antica e sul processo di cristianizzazione. Il primo impianto ecclesiastico, datato a dopo la metà del V d. C. secolo, sorge su un precedente impianto termale realizzato intorno al II secolo d. C. ed appare caratterizzato da un forte carattere monumentale. La chiesa, a tre navate, presentava un presbiterio rialzato decorato in una prima fase da un opus sectile poi sostituito nel VI secolo da un mosaico policromo. Sono state rinvenute inoltre, parti consistenti della decorazione architettonica di fine VIII secolo pertinente questo stesso impianto che non subirà importanti modifiche fino alla realizzazione del successivo edificio di culto medievale, meno esteso e dai caratteri decisamente meno monumentali, caratterizzato dalla presenza di un esteso campo cimiteriale rinvenuto a nord della chiesa. A questo impianto ne succede un terzo, probabilmente a due navate, e dalla ricca decorazione pittorica demolito in età tardo rinascimentale per la realizzazione della chiesa attuale. / The excavation of the church of Santa Maria Maggiore allowed us to gain important information on the history of the city of Trento during the Late Antiquity and the process of Christianization. The first church, of the second half of Vth century AD, stands on a previous thermal structure built around the IInd century AD and is characterized by a strong monumental character. The church, with three naves, presented a raised presbytery, decorated (during the first phase) with an opus sectile then replaced in the VIth century by a polychrome mosaic. Were also found major parts of the architectural decoration of late VIIIth century, belonging to this same system, which won't be significantly modified until the completion of the subsequent medieval religious building, much less extensive and with less monumental aspect, characterized by the presence of an extensive cemetery found at north of the church. The third structural phase, organized in two naves, had rich fresco decorations, and was demolished in the Late Renaissance to build the present church.
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Colombarone (PU). Scavo del Palatium e della Basilica di San Cristoforo ad Aquilam

Tassinari, Cristian <1975> 15 June 2007 (has links)
No description available.
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Aspetti dell'architettura religiosa a Trento: il caso della basilica di S. Maria Maggiore / Architectural features of religious buildings in Trento: the S. Maria Maggiore case

Zanfini, Massimo <1975> 09 September 2013 (has links)
Lo scavo di Santa Maria Maggiore a Trento ha permesso di mettere in luce strutture precedenti fino al I sec. d.C. . Di queste, il presente lavoro ha analizzato quelle riferibili agli edifici sacri, di cui il primo costruito nella seconda metà del V sec. d.C. . Lo studio dell'edificio è stato utilizzato per cercare di comprendere le modalità con cui è avvenuta la monumentalizzazione dei luoghi di culto a Trento, e le dinamiche di interazione tra comunità religiosa e autorità civile. / The excavation of the church of Santa Maria Maggiore in Trento allowed us to bring to light previous archaeological structures until the I B.C.. This thesis analized the structures that can be referred to the previous churches, the first built in the second half of the 5th century. The data has been studied in order to understand how the first monumental christian buildings were built in Trento, and the methods of the interaction between the christian community and the constituted authority.
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Tra Pleistocene Medio e Superiore nell’Italia nord-occidentale: Geoarcheologia di Ciota Ciara (VC) e Balzi Rossi Museo (IM)

Zambaldi, Maurizio 22 May 2020 (has links)
Il lavoro riguarda lo studio geoarcheologico di due siti chiave per le indagini sul Paleolitico dell’Italia settentrionale: Ciota Ciara in Piemonte e Balzi Rossi Museo (conosciuto anche come ‘ex-Birreria’) in Liguria. La ricerca si inserisce all’interno del recente filone di studi incentrato sulla revisione cronostratigrafica di siti pleistocenici già interessati da indagini archeologiche, ma latenti di una contestualizzazione su base stratigrafica e cronologica, parallelamente ad una scarsa disponibilità di dati paleoclimatici e paleoambientali. Entrambi i due studi di caso sono noti nell’ambito del dibattito internazionale incentrato sul popolamento umano in Europa, sulla gestione del territorio e sull’utilizzo dello spazio durante la Preistoria. I depositi indagati sono stati oggetto di campagne di scavo a partire del XX secolo e hanno restituito tracce di frequentazione antropica riconducibili al Paleolitico Medio, ma hanno al contempo messo in evidenza una sensibile carenza di dati stratigrafici. La metodologia applicata segue l’approccio geoarcheologico standard, basato sull’osservazione e la descrizione pedo-sedimentologica e stratigrafica delle evidenze riconosciute sul terreno, corroborata da analisi di laboratorio. Il focus è stato posto sullo studio microstratigrafico, effettuato principalmente per mezzo della tecnica della micromorfologia archeologica. La scelta operata ha permesso di concentrarsi su aspetti che raramente hanno trovato spazio durante le ricerche precedenti, consentendo di ottenere nuovi dati e di contribuire alla rivalutazione di quelli disponibili. La Ciota Ciara è la più conosciuta tra le cavità carsiche del Monte Fenera (Borgosesia, VC), proprio per via degli abbondanti ritrovamenti archeologici, paleontologici e delle tracce riconducibili a frequentazioni neandertaliane che conserva. Il sito costituisce infatti un unicum per il settore occidentale delle Alpi Meridionali per l’arco temporale che precede il MIS 4. L’intervento geoarcheologico si è incentrato sul deposito conservato presso l’ingresso della grotta rivolto a sud-ovest. L’analisi della disposizione stratigrafica e delle caratteristiche dei sedimenti ha indicato dinamiche sedimentarie connesse alla degradazione della dolomia del substrato e allo scorrimento di flussi concentrati di materiale preso in carico dalle acque del reticolo carsico interno e, successivamente, depositato in corrispondenza della zona atriale. A queste si sono alternate brevi fasi di stabilizzazione superficiale, indicate dalle tracce connesse ai processi postdeposizionali. Tra tutte, le evidenze riconducibili all’azione gelo suggeriscono condizioni paleoambientali e una cronologia più antica per la porzione inferiore del deposito. Nonostante parte del materiale archeologico abbia subito spostamenti, seppur a breve distanza, e non siano state riconosciute evidenze di occupazione antropica in situ, le analisi hanno accertato l’integrità della stratificazione conservata. Il sito di Balzi Rossi Museo (Ventimiglia, IM) rientra nell’omonimo complesso archeologico ed è ubicato al piede di una falesia in calcare in un contesto di costa rocciosa. L’analisi della disposizione stratigrafica e la ricostruzione delle dinamiche sedimentarie responsabili della formazione del deposito indagato (oggi parte integrante del percorso di visita del Museo) hanno permesso di riconoscere una successione che documenta l’ultimo ciclo glaciale: un paleosuolo sepolto, teatro di un’occupazione neandertaliana in situ, impostato su una piattaforma di erosione marina tirreniana del MIS 5e; una serie stratificata di brecce a supporto clastico, accumulatesi in conseguenza di eventi di crolli detritici e movimenti lenti di versante, innescati dal cambiamento climatico in senso umido e freddo; un profilo troncato di suolo, sviluppatosi sul sedimento colluviale a partire dal tardiglaciale, a sua volta protetto da depositi olocenici. Malgrado si debba tenere conto delle limitazioni che inevitabilmente caratterizzano i depositi archeologici scavati in virtù di esigenze e metodologie non più in linea con quelle attuali (o il cui studio non sia stato portato a compimento), le nuove indagini geoarcheologiche hanno permesso di ottenere dati inediti e di rivalutare su base cronostratigrafica alcune delle precedenti considerazioni. Al contempo, la presente ricerca offre uno spunto di riflessione per interrogarsi sul ruolo e l’utilità di rivalutare in chiave moderna contesti caratterizzati da problematiche archeologiche e metodologiche di lungo corso e spesso irrisolte, ma che sotto diversi aspetti possono ancora rivestire un ruolo importante per la ricerca contemporanea.
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ARCHEOLOGIA URBANA A LECCE. LE TRASFORMAZIONI DELLA CITTA' DALL'ETA' DEL FERRO ALL'ETA' TARDOROMANA

POLITO, CATERINA 16 April 2010 (has links)
La ricerca s’inserisce nel quadro delle attività promosse dall’Università del Salento all’interno del Progetto “Lecce Sotterranea”, un’iniziativa nata nel 2000 che mira a sviluppare a Lecce le moderne prospettive dell’Archeologia Urbana. La stretta collaborazione avviata fra Università, Comune e Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia ha portato negli anni 2000-2009 alla realizzazione di numerosi scavi archeologici all’interno del centro storico. Questi interventi hanno evidenziato la ricchezza stratigrafica del sottosuolo leccese portando alla luce nuovi e significativi elementi per la ricostruzione della topografia della città e delle trasformazioni che ne hanno definito la fisionomia attuale. Il lavoro di ricerca è basato principalmente sull’analisi e lo studio di dati ancora inediti che, sommati ai numerosi ritrovamenti effettuati a partire dalla fine dell’Ottocento, spesso occasionali o avulsi dal contesto di provenienza, hanno permesso di pervenire ad una lettura diacronica delle fasi della città di Lecce compresa tra l’Età del Ferro e l’Età moderna. Il progetto di ricerca ha previsto lo studio analitico e contestuale di tutte le evidenze rinvenute fino ad oggi. Sono stati presi in esame, inoltre, tutti i cantieri urbani attivati nell’ambito del Progetto Lecce Sotterranea illustrando i dati emersi secondo una suddivisione in periodi e fasi cronologiche. L’utilizzo della tecnologia GIS ha permesso di gestire agevolmente la grande mole di dati recuperata negli ultimi anni e di creare una base cartografica informatizzata diacronica che comprende la sistematica localizzazione di tutte le evidenze acquisite fino ad oggi. Questa cartografia costituisce una griglia critica sulla quale posizionare ed elaborare tutti gli scavi futuri. All’interno della Piattaforma GIS di Lecce confluisce il GIS di scavo di Palazzo Vernazza, un grande archivio dati facilmente interrogabile ed in futuro consultabile attraverso il web. Sono stati individuati complessivamente IX periodi più ampi, corrispondenti alle grandi trasformazioni che hanno interessato l’area di indagine che coprono un arco cronologico che va dall’Età del Ferro a quella moderna. L’analisi contestuale di tutti i dati editi e di quelli inediti ha permesso una organica rilettura della ricostruzione urbanistica e topografica della città, permettendo di cogliere le sue trasformazioni, le continuità e le cesure avvenute durante i secoli che hanno contribuito a modellare il paesaggio urbano attuale. Il recupero di tutta la documentazione edita e di tutti i dati pregressi ha consentito, inoltre, la realizzazione di una Carta Archeologica dei rinvenimenti per la città di Lecce, al momento inesistente. Il dato grafico, rappresentato attraverso una simbologia che permette di visualizzarne il grado di affidabilità, è corredato da schede descrittive che compendiano le informazioni visualizzate nella Carta. La cartografia archeologica della città permetterà una corretta valutazione delle sue risorse archeologiche e sarà utilizzabile oltre che in ambito scientifico (ricerche archeologiche e storiche) anche in quello amministrativo (programmazione degli interventi, protezione del patrimonio). / Urban archaeology Lecce
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L'artigianato metallurgico nella Cisalpina romana: i casi di Milano e Verona. Aspetti insediativi e tecnologici

GRASSI, ELISA MARIA 03 April 2009 (has links)
Analisi di due siti di lavorazione metallurgica in altrettanti centri urbani della Cisalpina romana, Milano e Verona, contestualizzandoli nel complesso delle conoscenze già acquisite relative alle attività di lavorazione dei metalli nelle due città, a loro volta inserite nella più vasta problematica delle città dell’Italia Settentrionale.
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Etnoarcheologia dei Paesaggi Pastorali nelle Alpi: Strategie Insediative Stagionali d'Alta Quota in Trentino

Carrer, Francesco January 2012 (has links)
This research deals with the study of current pastoral seasonal settlement patterns in the uplands of Val di Fiemme (Trentino province), in order to create a quantitative locational model for predicting archaeological pastoral site locations. In fact, few archaeological sites related to pastoral economy are known in the Alps, and this lack of data affects the interpretation of the ancient pastoral strategies. A predictive model could be useful to identify new sites and to optimize archaeological surveys in mountain environments. However, inductive predictive modelling is considered a field with many unresolved theoretical problems. Ethnoarchaeology of pastoralism seems to be a good method to provide a behavioural framework for predictive modelling, and the interaction with quantitative approaches may be worthwhile to improve the ethnoarchaeological methods and theory as well. The ethnoarcheological research is divided into two parts: a “desk ethnoarchaeology†, the spatial analysis of the relationship between current pastoral/dairying sites (malghe) and mountain environment of Val di Fiemme, in order to create an inductive predictive model; and a “field ethnoarchaeology†, the study of the relationship between modern shepherds/dairymen and environment, in order to understand their locational strategies. The interaction between the first and the second part has enabled the interpretation of the settlement pattern of modern malghe in Val di Fiemme. It has hence been assumed that the model can predict the location of modern and ancient dairying sites, as the malghe are mainly related to milking, milk-processing and cheese storing activities. The final step has been the archaeological evaluation. The predictive model doesn’t predict the location of Mesolithic hunting sites in the uplands of Val di Fiemme. It predicts instead the location of some dry-stone enclosures in the upland valleys of Ortisé (Mezzana, Val di Sole, TN), while it doesn’t predict the location of rock-shelters in the same area. It has therefore been assumed that enclosures were linked to dairying economy and rock-shelters to simple (“dry†) pastoralism. Further qualitative tests of the model have been carried out in different areas of the Alpine arc. These results allow two different application of the model: a “predictive†application, aimed at finding new pastoral sites in the uplands, and an “interpretative†application, aimed at discriminating hunting sites and simple pastoral sites from dairying sites. Furthermore, this model has suggested that the interaction between predictive modelling and ethnoarchaeology is useful to tackle the theoretical and methodological problems of these fields of research.
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Dinamiche formative di due siti di riferimento del Paleolitico nella Penisola Iberica sud-orientale. Analisi micromorfologica dei depositi di Cueva Antón e Cueva Negra (Spagna, Murcia).

Anesin, Daniela January 2016 (has links)
Il presente lavoro consiste nello studio delle stratificazioni archeologiche di due siti del Paleolitico della Penisola Iberica di recente esplorazione, Cueva Antón e Cueva Negra del Estrecho del Río Quípar (Murcia, Spagna). Finalità della ricerca è di chiarire la genesi dei depositi e l’ambiente in cui è avvenuto la frequentazione umana. L’analisi delle stratificazioni di entrambi i siti si è avvalsa della descrizione e del rilievo eseguito sul terreno e dello studio microscopico del sedimento, in particolare dello studio micromorfologico di sezioni sottili. L’accumulo della stratificazione pleistocenica di Cueva Antón, sito del Paleolitico Medio composto in prevalenza da sedimento alluvionale fine, è dovuto alla periodica tracimazione del fiume Mula e registra più cicli sedimentari ben riconoscibili che descrivono lo sviluppo diacronico della pianura alluvionale del fiume Mula. La presente ricerca illustra come il fiume Mula ai tempi della frequentazione dei gruppi del Paleolitico Medio avesse una configurazione a multicanale e un regime costante ad indicare delle precipitazioni piovose varia distribuite sull’intero anno e non concentrate stagionalmente come accade oggi in un clima tipicamente Mediterraneo. L’attività fluviale è documentata da depositi fluvio-palustri, di rotta/crevasse, di riempimento di canale abbandonato, di esondazioni fini a seguito di eventi di piena. Gli apporti autoctoni nella forma di breccia sono minoritari, ma assumono maggiore importanza nella parte superiore del deposito datata al MIS 3 dove derivano dall’azione discontinua del gelo. Il deterioramento climatico ambientale è indicato micromorfologicamente dalla presenza di pedorelitti provenienti dall’erosione del suolo tipo terra rossa che ricopriva i dintorni del sito a seguito della diminuzione della copertura forestale e di una microstruttura lenticolare e frammenti angolosi di roccia locale, entrambi prodotti dal gelo superficiale. La frequentazione antropica è attestata in una varietà di ambienti sedimentari in stretta relazione con lo scorrere del fiume, dalla pianura alluvionale prossimale ad una pianura alluvionale distale interessata nelle ultime fasi di frequentazione da crioclastismo e/o crioturbazione. La microstratigrafia dell’unità archeologica III-i/j individua un’unica fase di utilizzo dei focolari riconosciuti su campo, i quali, in parte, rappresentano superfici prodotte da una singola frequentazione. Le dinamiche fluviali sono responsabili dell’alterazione delle strutture di combustione determinando il dilavamento dei materiali combusti distribuendoli presso la superficie di occupazione; l’alterazione ha visto inoltre la compartecipazione dell’alterazione microbiale dei materiali organici-limosi. Le dinamiche sedimentarie di bassa energia, l’alterazione postdeposizionale di limitata entità principalmente connessa all’idromorfia temporanea dell’ambiente alluvionale, la conformazione stessa del riparo sottoroccia hanno garantito un’ottima conservazione del record sedimentario ed archeologico rendendo il sito di Cueva Antón un archivio ad alta risoluzione. La presente ricerca riconosce che il deposito di Cueva Negra, inquadrabile nel Paleolitico Inferiore e di cui non era stata studiata né le genesi né la stratigrafia, si compone di sedimento limo sabbioso laminato di natura alluvionale. La presenza di una superficie erosiva riempita da una lente di ghiaia permette di identificare due complessi geoarcheologici riferibili al Pleistocene: inferiormente si osserva un deposito con granulometria fine che culmina al tetto in un suolo incipiente, troncato dalla suddetta superficie, al di sopra della quale si trova un deposito laminato ed uno superiore con granulometria più sabbiosa. A livello micromorfologico il sedimento si compone di materiali provenienti dalle formazioni del Pliocene affioranti poco a monte del sito presso Rambla de Tarragoya e di materiali archeologici e biologici giacenti sulla superficie del riparo stesso in parte rielaborati dal mezzo idrico a cui si aggiunge una componente autoctona derivante dalla disgregazione della volta rocciosa. L’analisi micromorfologica evidenzia come la sequenza sedimentaria colorata rilevata alla base del deposito, da cui provengono frammenti di selce e di fauna/microfauna termoalterati ritenuti testimoniare la combustione antropica, si componga di sedimento laminato derivante da un accumulo alluvionale di bassa energia, di guano, in parte rielaborato ed alterato, di carbonato di calcio pedogenetico connesso allo sviluppo di microrganismi e radici in corrispondenza di una stabilizzazione superficiale. L’analisi micromorfologica indica che tale sequenza derivi dalla termoalterazione intenzionale in situ.

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