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I classici attraverso l'Atlantico: la ricezione dei Padri Fondatori e Thomas Jefferson / CLASSICS ACROSS THE ATLANTIC: THE FOUNDERS' RECEPTION AND THOMAS JEFFERSON

BENEDETTI, MARTA 17 March 2016 (has links)
La tesi si occupa di verificare l’influenza che i classici greci e latini hanno esercitato su i padri fondatori americani e più in particolare su Thomas Jefferson. La prima sezione tratteggia il contesto universitario e lo studio delle lingue classiche tra seicento e settecento, comprendendo non solo le università inglesi (Oxford e Cambridge) e scozzesi, ma anche i nuovi college nati nelle colonie americane. Tale analisi dei modelli e delle pratiche educative ha permesso, in effetti, di comprendere meglio l’influenza dei classici sui rivoluzionari americani. Nello specifico viene scandagliata a fondo l’educazione ricevuta da Jefferson. Tra i numerosi spunti di studio aperti da codesto argomento, il lavoro si concentra sulle modalità con cui i classici gli furono insegnati, sul suo Commonplace Book (una raccolta di brani tratti in parte da autori antichi letti in giovinezza) e su documentazione epistolare. Quest’ultima è oggetto particolare di studio, allo scopo di scoprire quali opere antiche Jefferson, in età adulta e durante la vecchiaia, lesse e apprezzò. Essendo un collezionista di libri, comprò moltissimi testi classici come dimostrano alcuni suoi manoscritti. Nonostante manchino dati precisi a riguardo, risulta inoltre che Jefferson, benché facesse largo uso di traduzioni, preferiva leggere in originale e che probabilmente abbia letto la maggior parte di questi libri durante il ritiro dalla vita politica. La seconda parte della tesi si concentra, invece, a indagare quanto la sua educazione classica abbia contributo alla formazione della sua personalità e delle sue idee, nonché alla forma stessa del suo pensiero in merito ad alcune tematiche. Lo studio è di conseguenza dedicato all’esperienza umana di Jefferson, in particolare alla sua riflessione sulla morte e sull’eternità, temi fortemente legati alla sua ricezione di idee epicuree e stoiche. Epicureismo e Stoicismo rappresentano, in definitiva, i due sistemi filosofici antichi che hanno maggiormente influenzato la sua personalità e il suo pensiero. / The aim of the present work is to evaluate the impact of the ancient classics on the American Founding Fathers, with a particular focus on Thomas Jefferson. The first section gives a wide portrait of the academic context in which the Founders were educated, comprising not only of Oxford, Cambridge, and the Scottish universities, but also the colonial colleges. The evaluation of the educational practices in use at the time makes it possible to understand better the classical impact on revolutionary Americans. In particular, this analysis studies in depth Jefferson's education. Of the many possible perspectives and approaches to this topic, the present work focuses on the way ancient classics were taught to him, his Commonplace Book, which reports part of the ancient classics he read during his youth, and his correspondence. The latter has been studied especially to understand which other ancient writers he read, valued, and esteemed in his adulthood and old age. As book collector, Jefferson bought an incredible number of ancient classics, as attested by a few manuscripts of his book lists. Despite the dearth of sure evidence, it is very likely that he read the ancient works largely during his retirement. He loved reading them in the original, though he made great use of translations. The second part of this work is dedicated to investigating how Jefferson's classical education contributed to the building of his personality and ideas, as well as how he elaborated specific classical themes in his own life. The study is thus focused on Jefferson's personal human experience, specifically on his reflection on human mortality and the afterlife. These themes, indeed, are strictly linked to his reception of Epicurean and Stoic tenets, the two ancient philosophical systems which had the greatest and most profound impact on Jefferson's personality and thought.
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Boiardo lettore di Dante. Comunicazione letteraria e intertestualità a Ferrara nella loro dimensione storica

Cazzato, Matteo 29 May 2024 (has links)
La tesi si propone di indagare l’intertestualità dantesca nell’opera volgare di Matteo Maria Boiardo. Il fenomeno è già stato oggetto di studi – indirizzati soprattutto al poema cavalleresco, e in misura minore (specie negli ultimi anni) al canzoniere lirico – che si sono mossi però nell’alveo dell’impostazione strutturalista, con una considerazione della memoria poetica da un punto di vista formalista e tipologico. Questa corrente ha consentito sviluppi importanti negli studi filologici, ma porta a vedere il fatto letterario staccato dal suo contesto di riferimento. Se questo esito in Italia è stato arginato da una forte base storicista, va detto che gli studi sulle riprese poetiche hanno però vissuto una situazione particolare. Da una parte, infatti, lo strutturalismo fra anni ’60 e ’70 ha imposto anche in Italia, attraverso una serie di importanti lavori, il suo modo di trattare la questione, senza poi che il successivo approdo semiotico incidesse in maniera significativa. Dall’altra, la reazione di chi voleva agganciare il fenomeno al dato storico ha riportato il problema all’impostazione erudita della critica delle fonti, privilegiando la raccolta dati da mettere in relazione con le informazioni sulla storia della tradizione e della circolazione. L’obbiettivo di questa tesi è fare un passo avanti, nella convinzione che per lo studio di questi fenomeni di riuso sia la circolazione manoscritta che i dati testuali e formali vadano letti in una piena prospettiva semiotica: guardare ai fenomeni di tradizione e trasmissione testuale nell’ottica dei processi ricettivi, e considerare le scelte di memoria poetica come atti comunicativi, con un valore pragmatico. La ricerca ha l’intento di giungere ad una maggior comprensione del rapporto del dotto poeta umanistico con il modello dantesco, un’interpretazione più chiara delle strategie di riuso, determinate dal particolare modo di leggere la Commedia nel contesto specifico, e perciò attraverso un preciso filtro fra quelli disponibili al tempo. Accanto all’insieme di informazioni filologiche sulle attestazioni manoscritte nelle biblioteche del tempo, l’indagine qui condotta consente – anche da un punto di vista che potremmo definire attributivo – di indicare in Benvenuto da Imola l’esegeta di riferimento per Boiardo e il suo pubblico, proprio perché l’osservazione ravvicinata dei testi e dei loro legami fa emergere questa tradizione interpretativa come la più attiva nell’elaborazione boiardesca rivolta ai lettori. Il lavoro non ha preso le mosse da un afflato teorico, teso a riconcettualizzare l’intertestualità, ma da un intento di chiarificazione sui testi e alcuni loro aspetti che non sembravano però trovare una spiegazione soddisfacente all’interno del quadro metodologico diffuso. Il lavoro, allora, ha assunto poco alla volta anche una vena metodologica sorta dall’osservazione dei fenomeni in modo nuovo. E così, accanto all’indagine storico-letteraria, e in stretta relazione con essa, è stato possibile avanzare alcune proposte ermeneutiche sui meccanismi intertestuali in base alle dinamiche della comunicazione letteraria. E nelle pagine che seguono il percorso si articola attorno a nuclei diversi ma interconnessi: da una parte la riflessione generale a carattere semiotico sui fenomeni di memoria poetica, che vengono concettualizzati grazie agli apporti di discipline come la pragmatica; segue una ricognizione storica sulle modalità di lettura e ricezione del modello dantesco – e non solo – in base alla circolazione dei testi e dei loro apparati esegetici; si arriva poi al nucleo del lavoro con l’affondo diretto su opere e paratesti esegetici con le loro relazioni, che si instaurano all’interno del laboratorio d’autore e poi da lì arrivano al pubblico.

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