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Per uno studio del Melkij bes di Fedor Sologub / Towards a study of Fedor Sologub's The Petty Demon

FAVA, MONICA 12 March 2013 (has links)
La tesi propone la vicenda umana e letteraria di Fedor Sologub (1863-1927) con un’analisi dell’opera fondamentale dello scrittore, il romanzo Melkij bes (Il demone meschino), scritto tra il 1892-1902. Si ripercorrono la storia della pubblicazione, i giudizi dei contemporanei, si pongono le basi per una definizione del romanzo. Per l’analisi sono stati scelti alcuni tra i temi principali dell’opera che Sologub interpreta secondo la propria visione del mondo e sviluppa in un costante dialogo con la letteratura russa del passato (in particolare Puškin, Gogol’, Dostoevskij, Čechov). Si esamina il tema del demoniaco, a partire dal titolo Melkij bes e dalla creatura maligna chiamata Nedotykomka; si analizzano poi la figura del “piccolo uomo” e il tema della follia. Una sezione è dedicata anche alla figura di A.S. Puškin così come presentato dal protagonista del romanzo Peredonov, ma anche dallo stesso Sologub attraverso alcuni scritti degli stessi anni o successivi. Un ultimo sguardo va al ruolo dell’intreccio parallelo alla vicenda di Peredonov, la storia di Ljudmila e Saša, che propone soltanto in apparenza un mondo alternativo alla peredonovščina. L’ultimo capitolo è dedicato alla fortuna critica del Melkij bes in Russia e all’estero, con un approfondimento sulle prime traduzioni italiane del romanzo. / The dissertation focuses on the human and literary journey of Fedor Sologub (1863-1927), and particularly on the writer’s masterpiece, the novel Melkiy bes (The Petty Demon), written between 1892 and 1902. This work traces the story of the publication, the reactions of Sologub's contemporaries, and lays the basis for a definition of the novel. It analyzes some of the main themes of Melkiy bes, that Sologub interprets according to his own vision of the world, and develops in a constant dialogue with the Russian literature of the past (especially Pushkin, Gogol, Dostoevsky, Chekhov). It examines the theme of the devil, starting from the title Melkiy bes and the evil creature called Nedotykomka; then it analyzes the figure of the "little man" and the theme of madness. A section is also dedicated to the figure of A.S. Pushkin, as presented by the protagonist of the novel Peredonov, and followed by Sologub's conception of the greatest poet of Russia. A reflection is devoted also to the role of the parallel plot of Melkiy bes, the story of Lyudmila and Sasha, that offers only apparently an alternative to the evil world of peredonovščina.
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SPERANZA E SPERANZE NELLA LETTERATURA ITALIANA DEL SECONDO NOVECENTO / Hope and Hopes in Italian Literature in the Second Half of the Twentieth Century

MASETTI, LUCIA 14 May 2021 (has links)
Scopo della ricerca non è registrare esaustivamente le occorrenze della speranza nella letteratura contemporanea, bensì mostrarne con esempi significativi le molteplici sfumature, evidenziando così la sua pervasività nell’esperienza umana e la sua capacità di resistenza. In particolare è stata analizzata l’opera omnia di nove autori: Carlo Betocchi, Dino Buzzati, Italo Calvino, Giorgio Caproni, Primo Levi, Mario Luzi, Luigi Santucci, Vittorio Sereni e Ignazio Silone. Si è utilizzata una metodologia comparativa, con aperture multidisciplinari. La tesi è suddivisa in otto parti, corrispondenti a diverse declinazioni del tema centrale. La prima offre una descrizione generale della speranza e dei suoi presupposti, la seconda approfondisce il legame con l’esperienza della temporalità. Le due parti successive analizzano la speranza per come si attua nella vita del singolo, da due punti di vista complementari: in quanto virtù matura, che chiede all’uomo di essere all’altezza di sé stesso, e in quanto virtù “bambina”, che si esprime nell’attenzione alle piccole cose del quotidiano. La quinta parte si apre a considerare la speranza nelle relazioni interpersonali, la sesta si concentra sul suo rapporto con la bellezza (naturale e culturale); infine le ultime parti sviluppano il tema del trascendente, ossia della speranza in relazione alla morte e al Divino. / My research does not aim to record exhaustively the occurrences of hope in contemporary literature. It rather wants to show hope’s multiple nuances through significant examples, highlighting its pervasiveness and resistance. I specifically analyse the works of nine authors: Carlo Betocchi, Dino Buzzati, Italo Calvino, Giorgio Caproni, Primo Levi, Mario Luzi, Luigi Santucci, Vittorio Sereni and Ignazio Silone. I use a comparative methodology, with a multidisciplinary approach. My thesis is divided into eight parts, each of ones examines a different declination of the central theme. The first one offers a general description of hope and its presuppositions, the second one explores the link between hope and temporality. The next two parts analyse hope as practically displayed in individual life, from two complementary points of view: as a mature virtue, which asks every man to live up to himself, and as a "child" virtue, expressed in caring for the small things of everyday life. The fifth part opens to consider hope in interpersonal relationships, the sixth focuses on its links with natural and cultural beauty. Finally, the last two parts develop the theme of hope in relation to death and the Divine.
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La disciplina dell’esule: la letteratura comparata in America tra esilio e utopia e il caso studio Paolo Milano

Angeletti, Valerio 11 July 2022 (has links)
Lo studio ha riflettuto su alcune costanti della letteratura comparata che accomunano tale disciplina all’esilio, quando chi lo vive è in grado di contrastare i molti traumi che esso può comportare.L’emigrazione intellettuale avvenuta nel corso degli anni Trenta e Quaranta è l’evento storico a cui lo studio ha fatto riferimento. Costringendo molti intellettuali ad abbandonare i propri posti di lavoro e le proprie case, questa emigrazione ha contribuito a una notevole mobilitazione culturale soprattutto dall’Europa verso gli Stati Uniti d’America, dove ha cominciato a svilupparsi una nuova comparatistica sovranazionale e reazionaria. L’espressione “disciplina dell’esule” suggerisce un provocatorio inquadramento del modo di vedere e affrontare il testo come il mondo: crisi, apertura verso il nuovo e inclusività sono solo alcune parole chiave che, contraddistinguendo tanto la letteratura comparata quanto l’esilio, permettono di chiarire senso e prospettive di entrambe. Si è anche affermato che un tale atteggiamento ha come presupposto due processi culturali che sono caratterizzati da una spiccata dinamicità e disponibilità al cambiamento: la denazionalizzazione della scienza e l’ibridazione del sapere. Senza di essi non avrebbe potuto formalizzarsi una comparatistica “disciplina dell’esule”, da questo punto di vista intesa come un’utopica reazione a un percorso storico tendente sempre più al nazionalismo e all’esclusione. Lo studio ha infine individuato molte di queste idee e di questi valori nell’opera “americana” di Paolo Milano, intellettuale italiano esule negli Stati Uniti che lì si costruì una carriera come professore di letteratura comparata.
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Le voci di Camus tra soggettività e ritraduzione

Sanseverino, Giulio 30 September 2022 (has links)
In quanto poiesi ibrida sul piano estetico e culturale, frutto della duplice enunciazione di autore e traduttore, oltre che di numerosi interventi intermedi da parte di agenti esterni, il testo letterario tradotto racchiude un dialogo umbratile (Prete 2011) che, se studiato da vicino, può rivelare l’irriducibilità del testo originario in quei suoi tratti di plasticità semantica (Hawthorne 2006) che varcano le frontiere linguistiche e temporali di un canone per confluire, tramite nuove parole, in un altro. In prospettiva diacronica, un simile dialogo si compone di molte voci, ognuna delle quali acquista senso sia nella catena di traduzioni che nel tempo rende fruibili differenti interpretazioni del testo e poetiche del tradurre, sia in quanto complemento concreto dell’ininterrotto lavoro di analisi critica compiuto sul testo dopo la comparsa dell’opera originale. Partendo da queste premesse, il progetto di ricerca prende le mosse dalla recente comparsa, sul mercato editoriale italiano, delle ritraduzioni de L’Étranger (1942) e La Peste (1947) di Albert Camus per i tipi Bompiani: Lo Straniero (2015), ad opera di Sergio Claudio Perroni, e La Peste (2017) di Yasmina Melaouah, che dopo parecchi decenni avviano infine un dialogo con le prime traduzioni, rispettivamente di Alberto Zevi (1947) e Beniamino Dal Fabbro (1948). L’obiettivo è quello di esporre alcune delle forme di somiglianza e divergenza dalle quali sia possibile sondare la postura traduttiva dei rispettivi autori, che su quei testi hanno proiettato inevitabilmente una propria concezione del tradurre, una storia, una poetica individuale, nondimeno figlia del proprio tempo, ossia radicata in un sistema culturale retto da norme linguistiche, editoriali e traduttive con le quali la voce del singolo deve necessariamente misurarsi. Attraverso una metodologia eclettica che si muove tra la stilistica, la semiotica, la linguistica e la narratologia delle forme letterarie, il confronto analitico condotto tra le prime e la seconde traduzioni delinea i profili di lavoro dei quattro traduttori seguendo tre principali direttrici di indagine: in primo luogo, verificare le eventuali discordanze tra le rispettive dichiarazioni paratestuali (reperite in pre/postfazioni, note alla traduzione, saggi, interviste, diari di bordo, etc.) a proposito della strategia adottata e gli esiti dell’operato concreto sui testi; in secondo luogo, esaminare l’imprescindibile manifestarsi in diacronia delle norme traduttive operanti all’atto del tradurre ma attraverso il filtro delle voci individuali, che si sono espresse sotto l’influenza di vincoli differenti e in momenti distinti della vita di questi testi, contribuendo alla loro longevità; infine, testare l’adeguatezza della cosiddetta Retranlsation Hypohtesis avanzata da Berrman e Bensimon (1990) e poi formalizzata in anni più recenti da Chesterman (2000). L’indagine ha dunque interessato tanto i paratesti reperibili che fossero latori di una certa concezione del tradurre, quanto una moltitudine di passi topici estratti dalle tre versioni (i due testi di partenza e i quattro d’arrivo) de L’Étranger e de La Peste che, messi in parallelo, fungessero sul piano quantitativo e qualitativo da campo di ispezione sensibile della realizzazione dei comportamenti individuali. Questi ultimi sono stati studiati per mezzo di un modello analitico fondato, da una parte, sull’isotopia come strumento di coerenza testuale; dall’altra, sulla distinzione tra shift opzionali, obbligatori e non-shifts quale nervo scoperto del processo traduttivo (Pekkanen 2010), accogliendo inoltre proposte molteplici riguardo agli strumenti di descrizione traduttiva (Vinay e Darbelnet 1958; Murtisari 2013; Dussart 2005; Ladmiral 1979, 1997; Harvey 1995). I risultati dell’analisi sono eterogenei e non conformi alla Retranslation Hypothesis. La predominanza del letteralismo nelle prime traduzioni difficilmente si concilia con quello sforzo di acclimatazione rivolto al lettore d’arrivo che l’ipotesi assegnerebbe sistematicamente alle prime traduzioni-introduzioni, benché l’attitudine assimilatrice si rilevi nel conformismo ad alcuni imperativi culturali ed editoriali dell’epoca (l’italianizzazione onomastica; la tendenza interpuntiva nel segno dell’ipotassi; la nobilitazione del lessico). Allo stesso tempo, le due ritraduzioni, pur con spirito assai diverso e sebbene risultino in effetti più attente alle peculiarità stilistiche dei rispettivi prototesti (come vorrebbe l’ipotesi), non adottano tuttavia procedimenti che esibiscano, senza una motivazione fondata, l’alterità del testo straniero, che anzi tendono a naturalizzare in senso fraseologico, senza per questo snaturarlo. Se di miglioramento si possa parlare all’infuori dell’evoluzione dei parametri estetici tra le due epoche (fine anni ’40 del Novecento e metà degli anni ’10 del nuovo millennio), esso andrà riconosciuto, da una parte, nell’integrità oggettivamente superiore delle ritraduzioni in termini di completezza testuale e riproduzione degli stilemi – dato che nelle prime non mancano transfert imprecisi, incompleti o scorretti dovuti a calchi strutturali o lessicali, falsi amici e interpretazioni contrarie al senso degli enunciati; dall’altra parte, le migliorie vanno attribuite senza ombra di dubbio alla professionalizzazione del mestiere e a una maggiore competenza dei ritraduttori come lettori modello dei testi affrontati, che hanno potuto studiare grazie a una straordinaria disponibilità di strumenti critici non esistenti all’epoca delle prime traduzioni. Ciò sembra aver permesso loro di scandagliare le tecniche narrative e le isotopie più significative così da porle come dominanti del proprio lavoro. / Cette étude envisage les retraductions littéraires comme les étapes d'un parcours où chaque manifestation textuelle est le résultat unique de la rencontre entre les nécessités historico-culturelles qui l'ont déterminée et la poétique de l'individu qui la prend en charge en tant que médiateur. Contre l'hypothèse de la retraduction avancée par Berman et Bensimon (1990), formalisée ensuite par Chesterman (2000) et préconisant une perspective logocentrique en dehors de l'expérience concrète de la retraduction - à savoir une progression à rebours vers la lettre du texte source - la ligne de recherche adoptée ici adhère à une idée moins déterministe de l'évaluation des séries de retraduction, afin d'étudier leurs inévitables différences internes, également dans un sens positif, à la lumière tant des nombreux facteurs qui les influencent que de l'herméneutique subjective de ceux qui les réalisent. La comparaison analytique menée entre la première et la deuxième traduction de L'Étranger (1942) et de La Peste (1947) d'Albert Camus permet ainsi de délimiter les profils de travail des quatre traducteurs en suivant deux lignes principales d'investigation : d'une part, elle vérifie les éventuelles divergences entre les déclarations paratextuelles respectives (trouvées dans les pré/postfaces, les notes de traduction, les essais, les entretiens, etc.) concernant la stratégie adoptée et les résultats du travail concret sur les textes ; d'autre part, elle examine l'inévitable manifestation en diachronie des normes de traduction opérant au moment de la traduction, mais à travers le filtre des voix individuelles qui se sont exprimées sous l'influence de différentes contraintes et à des moments distincts de la vie de ces textes, contribuant à leur longévité. Les résultats de l'analyse sont hétérogènes et non conformes à l'hypothèse de retraduction. La prédominance du littéralisme dans les premières traductions est difficilement conciliable avec l'effort d'acclimatation vers le lecteur cible que l'hypothèse attribuerait systématiquement aux premières traductions-introductions, bien que l'attitude assimilatrice se révèle dans le conformisme à certains impératifs culturels et éditoriaux de l'époque (italianisation onomastique ; tendance interponctive sous le signe de l'hypotaxe ; ennoblissement du lexique). En même temps, les deux retraductions, bien que dans un esprit très différent et bien qu'elles soient effectivement plus attentives aux particularités stylistiques de leurs proto-textes respectifs (comme le voudrait l'hypothèse), n'adoptent pas pour autant des procédés qui exhibent, sans motivation fondée, l'altérité du texte étranger, qu'elles tendent plutôt à naturaliser dans un sens phraséologique, sans pour autant le dénaturer. Si l'on peut parler d'amélioration en dehors de l'évolution des paramètres esthétiques entre les deux époques (fin des années 1940 et milieu des années 2010), il faut la reconnaître, le cas échéant, dans l'intégrité objectivement supérieure des retraductions en termes de complétude textuelle et de reproduction stylistique - étant donné que les premières ne manquent pas de transferts imprécis, incomplets ou incorrects dus à des calques structuraux ou lexicaux, des faux amis et des interprétations contraires au sens des énoncés. Par ailleurs, les améliorations sont sans doute à attribuer à la professionnalisation du métier et à la plus grande compétence des retraducteurs en tant que lecteurs modèles des textes abordés, qu'ils ont pu étudier grâce à une extraordinaire disponibilité d'outils critiques qui n'existaient pas à l'époque des premières traductions. Cela leur a permis de sonder les techniques narratives et les isotopies les plus significatives afin de les rendre dominantes dans leurs propres œuvres.
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Un groviglio di mondi. Studio sul pluralismo fisico, metafisico e letterario postmoderno

Graziani, Lorenzo 15 May 2020 (has links)
The main goal of this PhD dissertation is to explore the relation between postmodern poetics and some features of other theories developed at the same time in various areas of knowledge – mainly metaphysics, physics and sociology. If we can say that the modern paradigm was born with the question of how a multiplicity of different points of view could coexist, the postmodern paradigm seems to arise with the awareness that a systematic legitimation of differences cannot be based on a sole foundation that leads to a complete inclusion. For this reason, we argue that the concept of possible world is not only a useful heuristic metaphor adopted in different areas of the artistic and scientific postmodern culture, but it can put in constructive conversation different areas of knowledge which are usually thought to be more isolated and refractory to mutual influence than they actually are. Precisely because of the diverse usages and meanings that the term ‘world’ acquires in different contexts, the ontological commitment toward possible worlds varies significantly. They can be godly concepts, fictional scenarios, real sums of individuals that are isolated from each other, or ideal set of objects that are associated with different and mutually exclusive frames of reference and cultural coordinates. To shed a light on these matters is the main goal of the first book, entitled "What is a possible world?". The second book, entitled "Entangled worlds: the postmodernist literature", is committed to explore the topology of the possible worlds projected by postmodernist texts; in fact, the paradoxical topology that emerges from these texts appears to be inherently connected with a vast range of issues concerning our world.
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HUMANITÉS CLASSIQUES E ENSEIGNEMENT SECONDAIRE IN FRANCIA (1802-1902): ASPETTI CUTURALI, STORICI ED ECONOMICI DELLA QUESTIONE DEL SECOLO / CLASSICAL HUMANITIES AND SECONDARY SCHOOL IN FRANCE (1802-1902): CULTURE, HISTORY AND ECONOMY IN THE “QUESTION OF THE CENTURY”

LANDINI, CHIARA 17 March 2016 (has links)
Nel corso dell’Ottocento, in Francia, il principio di formazione, attraverso gli studi classici, delle élite destinate a ricoprire le più alte funzioni professionali assunse una connotazione sempre più anacronistica e il sistema scolastico fu al centro di una serie di accesi dibattiti e tentativi più o meno riusciti di riforma dei metodi di insegnamento e dei contenuti degli studi, che si acuirono soprattutto in seguito alla battaglia di Sedan. Il permanere di una cultura e di un sistema di istruzione immobile e legato alla tradizione umanistica si scontrò violentemente a fine secolo con la democratizzazione della società, il progresso scientifico e lo sviluppo economico e con la corsa alla modernizzazione della cultura. Questo elaborato si propone di ripercorrere i principali aspetti culturali, storici ed economici che scandirono la storia della pedagogia francese, analizzando il lungo ed altalenante percorso di cambiamento delle humanités classiques durante la costituzione dell’istituzione più conservatrice della Francia del XIX secolo: l’enseignement secondaire. / During the nineteenth century in France, the education through classical studies of the elite meant to play the highest professional roles became increasingly anachronistic and the school system was the main target of many debates and reforming processes. These attempts of changing teaching methods and subjects increased even further after the battle of Sedan. At the end of the century, the persistence of a stationary culture and of an educational system linked to the humanistic tradition clashed with the democratisation of the society, the scientific progress and the economic development and also with the rush to modernise this culture. The aim of this research is to trace the main cultural, historical and economic factors that distinguished the history of French education, while analysing the long and various changes of classical humanities during the establishment of French secondary school, which was the more conservative institution of the nineteenth century.
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Libertà d'avventura e verosimiglianza dei caratteri nel romanzo del Seicento: il caso del Calloandro di Giovan Ambrogio Marini

REQUILIANI, VALERIA 14 February 2011 (has links)
La tesi mira a esaminare la genesi del Calloandro di Giovan Ambrogio Marini nel contesto del ricco e dinamico contesto sociale e culturale della Genova della prima metà del XVII secolo. Le pagine prefattorie premesse alle varie edizioni dell’opera rappresentano un contributo importante per la definizione di un genere la cui diffusione non fu accompagnata, in Italia, da uno studio teorico e sistemico. Dopo una ricognizione delle fonti sulla biografia e la produzione letteraria dell’autore, nel primo capitolo viene proposta una sintesi dettagliata della trama del romanzo che illumina gli elementi fondamentali del testo e del genere. Nel secondo, si prosegue con l’analisi della struttura narrativa dell’opera, soffermando l’attenzione sulle tecniche di costruzione dell’intreccio. Quindi, si procede all’individuazione nel romanzo greco d’epoca ellenistica e nella tradizione comica i modelli letterari che influenzarono in modo più significativo la fantasia del Marini nella composizione del Calloandro. Nel quarto capitolo è affrontato il sistema dei personaggi, in cui, tra le molte figure generiche e inconsistenti, si distinguono alcuni personaggi complessi e imprevedibili: questi fanno del Calloandro un esperimento maturo del genere in cui il realismo psicologico di matrice ligure si combina con il gusto per l’avventura proprio dei romanzi di produzione veneta. / This thesis examines the origin of Giovan Ambrogio Marini’s Calloandro in Genoa’s rich and dynamic social and cultural context of the first half of the XVII century. Introductory pages to the novel’s various editions represent an important contribution about the novel’s developement in Italy, where the success of the genre wasn’t followed by a theoric and systemic study. After a research on the sources concerning the author’s biography and literary production, the first chapter presents a detailed synthesis of the novel’s plot which fixes some fundamental elements of this kind of work. The second chapter is about the novel’s narrative structure focusing on the techniques of the plot’s building. Then the third chapter describes literary models which influenced Marini’s work, in particular the Greek novels of Hellenism and the comic tradition. The fourth chapter analyses the characters' system: there are some subtle and unforeseeable characters, among many generic and insubstantial figures, that make Calloandro a unpredictable novel in which the psychological realism, typical of Ligurian novels, is combined with the taste of adventure, typical of the Venetian novels.
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"CARI AMICI E AMICHE ALL'ASCOLTO": GIANNA MANZINI ALLA RADIOE ALLA TELEVISIONE

SIVIERI, SARAH 13 March 2014 (has links)
Il presente lavoro costituisce la prima ricostruzione del lavoro di Gianna Manzini alla radio e alla televisione, che comincia nel 1947 e si conclude nel 1968. Gli interventi radiofonici sono divisi in trasmissioni di moda e costume e di critica letteraria (capitolo 1) e racconti scritti per la radio (capitolo 3); le trasmissioni televisive sono ripartite in sceneggiature realizzate e non realizzate (capitolo 3). I testi dei programmi sono stati identificati nei fondi archivistici della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori di Milano, dell’Archivio del Novecento dell’Università La Sapienza di Roma e della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma. Il lavoro si basa dunque sulla descrizione e l’analisi di materiale inedito, come L’Almanacco dei sogni e Il paesaggio come fatto personale, e le sceneggiature Il grande indiscreto, Il nome di battesimo e Alfredino. La ricognizione ha dimostrato come Gianna Manzini possedesse una consapevolezza mediatica tale da essere in grado di adattare il proprio stile alle specifiche esigenze del mezzo di comunicazione. Tuttavia, l’attività radio-televisiva non può essere considerata del tutto autonoma e disgiunta dalla carriera letteraria, con la quale intrattiene un rapporto strettissimo e osmotico. / This research aims at providing a first and thorough description of Gianna Manzini’s work for the Italian Broadcasting (RAI), a collaboration which started in 1947 and ended in 1968. Her works for the radio are divided into fashion and literary criticism broadcasting (chapter 1) and original radio screenplays (chapter 2); her works for the television are divided into broadcasted and non broadcasted scripts (chapter 3). The texts of these programmes have been found in the following archives: Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori (Milan), Archivio del Novecento, Università La Sapienza (Rome) and Biblioteca Nazionale Centrale (Rome). The thesis both describes and analyzes original and unpublished works and screenplays, such as L’Almanacco dei sogni, Il paesaggio come fatto personale, Il grande indiscreto, Il nome di battesimo and Alfredino. In the end, the research showed evidence that Gianna Manzini was well aware that different media require different writing characteristics and was able to act accordingly. Nonetheless, her literary and broadcasting activity cannot be considered as two separate carriers, being actually strictly bound to each other.
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Malinconia, degenerazione e abitudine in Herman Melville, Joseph Conrad e Samuel Beckett. Tre figure di rifiuto del lavoro

BELLINI, FEDERICO ALBERTO 12 March 2013 (has links)
Questo studio riguarda le rappresentazioni letterarie del rifiuto del lavoro nei testi di Herman Melville, Joseph Conrad e Samuel Beckett. Nell'introduzione mi occupo della definizione del rifiuto del lavoro quale tema letterario e delle questioni metodologiche connesse a tale problema. Al fine di situare l'analisi del tema in un più ampio contesto, i tre capitoli successivi si concentrano ciascuno su un autore in relazione a un 'sottotema': rispettivamente malinconia, degenerazione e abitudine. Il rifiuto del lavoro in Herman Melville, e in particolare in "Bartleby", emerge come una reazione contro la malinconia e il Romanticismo. "The Nigger of the 'Narcissus'" di Joseph Conrad appare invece quale un modo di affrontare degenerazione e decadenza. Infine, l'abitudine si rivela un tema centrale dell'opera di Samuel Beckett: un'analisi delle fonti e dell'evoluzione di esso nelle sue opere offre una prospettiva d'interpretazione della sua produzione letteraria. L'ultimo capitolo affronta infine il modo in cui queste diverse traiettorie creative costituiscono diversi aspetti o fasi dello stesso fenomeno, e rappresentano manifestazioni di simili processi creativi. / This study concerns the literary representations of the refusal of work in the works of Herman Melville, Joseph Conrad, and Samuel Beckett. In the introduction I deal with the definition of refusal of work as a literary theme and with the methodological issues of the chosen approach to the topic. In order to situate the analysis of the main theme in a broader context, each of the following three chapters focuses on one of the authors in relation to a sub-theme: melancholia, degeneration, and habit, respectively. The refusal of work in Herman Melville, and particularly in Bartleby, emerges as a reaction against melancholy and Romanticism. I read Joseph Conrad's The Nigger of the "Narcissus" as a way of approaching a theory of degeneration and decadence. Finally, I identify the centrality of habit to Samuel Beckett's oeuvre: an examination of the sources and evolution of this theme in his oeuvre, provides a more nuanced understanding of his aesthetic project. My final chapter addresses how these very different aesthetic trajectories function as different facets, or stages, of the same phenomenon, and as manifestations of very similar creative processes.
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Architecture, théorie et représentation au temps de la Révolution française : les dessins de l'architecture civile de Jean-Jacques Lequeu (1757-1826) à la Bibliothèque nationale de France / Architettura, teoria e rappresentazione negli anni della Rivoluzione francese : i desegni dell'architecture civile di Jean-Jacques Lequeu (1757-1826) alla Bibliothèque nationale de France / Architecture, theory and representation at the time of French Revolution : the drawings of architecture civile by Jean-Jacques Lequeu (1757-1826) at the Bibliothèque nationale de France

Boeri, Elisa 03 May 2016 (has links)
Le travail de recherche vise à encadrer la figure de Lequeu dans le paysage culturel et architectural de la Révolution française, en proposant une prise de distance critique et une mise à part des célèbres dessins des Figures lascives, à lesquels la figure de l'architecte a été parfois grossièrement éclairée. Au contraire, notre analyse se concentre sur ce qui constitue le cœur de son œuvre graphique: les planches numérotées de l'Architecture civile, que Lequeu rédige à partir de 1778, et qui sont aujourd'hui, conservées au Cabinet des estampes de la Bibliothèque nationale de France. Visionnaire dans sa tentative de créer une nouvelle conception du dessin architectural, qu'il élabore conjointement au caractère de son architecture, les plus amères des contradictions du XVIIIe siècle se concentrent en lui inévitablement attiré par le moderne, il en a systématiquement horreur et tourne son regard vers un passé idéalisé, rêvé comme un port salvateur mais insaisissable. C'est dans cette juxtaposition d'éléments qui de la littérature chevaleresque aboutit aux traités théorico-pratiques de la Renaissance, redécouvre les mouvements humains et entre en contact, pour la première fois avec l’introspection psychologique, décrit donc le rôle de Lequeu, dans l'histoire de l'architecture européenne. Les planches de !"Architecture civile interprètent à la fois les angoisses d'un artiste aux prises avec l'ancien, et la modernité de la culture technique française du XVIIIe siècle. / The research aims to explore the figure of Lequeu in the cultural and architectural panorama of the French Revolution, proposing a critical distance from the famous drawings named Figures lascives. Our analysis focused on what constitutes the core of his graphic work: the numbered drawings of Architecture Civile, that Lequeu drafts from 1778 and now conserved at the Cabinet des estampes of Bibliothèque nationale de France (Paris). Visionary in its attempt to create a new conception of architectural drawing, Lequeu developed the character of its architecture, where the most of eighteenth century's contradictions are concentrated. lnevitably attracted to the modern, it has systematically horror oh that, and turns his eyes to an idealized past, dreamed but elusive port. lt is in this juxtaposition of elements, which of place of Lequeu: no architect before him has tried such a great mix of different interests and skills. The link with the art of his time, who discovers, for the first lime, the psychological introspection, describes the role of Lequeu in the history of European architecture. The drawings of Architecture Civile interpret both the anguish of an artist struggling with the old, and the modernity of the French technical culture of the eighteenth century.

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